mercoledì 25 maggio 2022

Refola alla scoperta dell'America: West Palm Beach e Fort Pierce (Florida)

 Partendo dalle Bahamas la rotta per raggiungere gli Stati Uniti, o più precisamente la Florida, deve necessariamente attraversare lo stretto di Florida e con esso la corrente del Golfo, che ha intensità variabile ma direzione stabile: spinge sempre verso nord.

Proprio per questo il nostro piano di navigazione prevede un primo tratto con rotta 290°, per raggiungere nel più breve tempo possibile la fascia della corrente; una volta entrati nel flusso, puntiamo con rotta 330° su un WP costiero posizionato circa 20 miglia più a sud della nostra destinazione, che è West Palm Beach. A condurci a destino ci penserà la corrente.

Il piano funziona: serata e notte passano tranquillamente, senza sorprese, con un traffico navale non troppo intenso, presente solo nella parte orientale del canale. Come al solito per le navigazioni notturne ci avvicendiamo in turni di tre ore; una volta in vista della costa Lilli incontra qualche difficoltà nell’interpretare le molteplici luci. Dopo anni di navigazione d’altura ci vuole un po’ ad abituarsi alla navigazione costiera, e tanto più in America dove c’è un aeroporto ogni 30 km, con una frequenza di aerei che supera di gran lunga quella dei nostri treni regionali. Per non parlare delle luci di terra, a dir poco fantasiose.

Alle 7.30 di martedì 17 maggio siamo davanti all’ingresso di West Palm Beach.


Imbocchiamo il canale, ben indicato da segnali rossi e verdi (rossi a dritta, verdi a sinistra!), che percorriamo senza difficoltà durante la stanca di marea. Alle 8.00 ancoriamo di fronte alla dogana, dove formalizzeremo l’ingresso, su un fondale sabbioso di circa 7 metri (26°45.981’N 80°02.589’W).

Gli amici Richard e Odette sul piccolo catamarano White Cat arrivano poco dopo.

Sulle pratiche di ingresso e di navigazione negli USA bisognerebbe scrivere un libro. Di recente è stata introdotta una APP (CBP Roam), scaricabile gratuitamente sui cellulari, che dovrebbe facilitare le operazioni. Per essere pronta e non ritrovarsi impreparata Lilli l’aveva scaricata e studiata da tempo, all’inizio anche con l’aiuto di Cristina che le ha generosamente sacrificato non poche ore del suo tempo di vacanza alle Bahamas. Ma la preparazione e lo studio non sono valsi a molto: al momento di spedire il form per registrare l’ingresso negli USA, appare subito evidente che la APP non gradisce di essere usata con un numero italiano, ne vuole uno americano! Il problema va risolto: dobbiamo assolutamente procurarci, e in fretta, una sim-card americana. Il nostro amico Richard ha già fatto in mattinata un primo tentativo, fallito perché non ha trovato un posto sicuro in cui lasciare il dinghy. Insieme facciamo un nuovo piano di battaglia: atterreremo col gommone di Richard nel posto più vicino possibile al negozio T-Mobile (distante circa un chilometro) e poiché questo approdo si trova sotto un ponte e non c’è possibilità di legare il dinghy, io resterò di guardia mentre Lilli e Richard andranno ad acquistare le sim-card. Ritornano dopo circa 90 minuti con le schede; noi abbiamo scelto l’opzione tutto incluso, traffico illimitato per 60 $ / mese, ma scopriamo presto che questo vale solo per il mio cellulare, mentre usando l’hot spot per connettere il pc, il tablet ed il cellulare di Lilli il traffico è limitato a 15 giga/mese. Ce li faremo bastare!

Prima di sera Lilli riesce, tramite la app CBP Roam, ad inviare all’ufficio Custom & Border Protection la comunicazione del nostro arrivo. Fatta questa prima operazione la procedura prevede che l’equipaggio al completo si presenti all’ufficio CBP per l’identificazione; l’indomani mattina, lavati e stirati, siamo tutti e quattro alla Custom: c’è un po' di coda e dobbiamo fare la fila, ma alla fine dopo circa due ore, con grande sollievo di Lilli, siamo ufficialmente autorizzati a stare negli Stati Uniti d’America per 6 mesi e Refola ha un permesso di navigazione di un anno. D’ora in poi, a quanto pare, dovremo solo comunicare i nostri spostamenti tramite la app.

Tutti contenti, insieme agli amici neozelandesi, rientriamo alle barche e prendiamo accordi per festeggiare l’evento con una bottiglia di prosecco.


Purtroppo invece, solo qualche ora dopo, Odette ci comunica che insospettita dal mal di gola che avvertiva da giorni ha fatto il test per il Covid ed è risultato positivo. È dispiaciuta e preoccupata, teme di averci contagiato, ma Lilli la consola e rassicura: siamo due vecchie rocce… il festeggiamento viene rinviato a data da destinarsi.

Il giorno dopo Richard e Odette decidono di ripartire: visto che devono stare in isolamento tanto vale guadagnare miglia verso nord. Noi ci fermiamo qualche giorno in più, anche perché pur essendo rocce preferiamo esser sicuri di non aver beccato il Covid.

West Palm Beach non è un posto dalle grandi attrattive. Grandi strade assolate a 4 corsie, nessuno a piedi, traffico incessante di auto e camion. Sabato 21 maggio, dovendo fare un po’ di spesa, andiamo con il dinghy al Marina Municipale, dove paghiamo 16 $ per ormeggiare il dinghy; facciamo una lunga camminata sotto il sole per raggiungere il supermercato Publix, ben fornito e non troppo caro; per rinfrancarci pranziamo al ristorante del marina e rientriamo in barca.

Stiamo bene e sono passati tre giorni: la giovane Odette non ci ha trasmesso il covid e quindi possiamo ripartire, limitandoci comunque ad una breve tappa giornaliera: 54 miglia fino a Fort Pierce. 

Domenica 22 maggio salpiamo alle 9.00 e grazie a vento e corrente favorevoli alle 16.00 siamo davanti all’ingresso di Fort Pierce; alle 16.30 ancoriamo in acque piatte su un fondale di 4-5 metri (27°27.909’N 80°18.519’W). Siamo al margine dell’Atlantic Intracoastal Waterway, l’autostrada d’acqua che dalla Florida risale fino a New York; è un’alternativa alla navigazione esterna nell’oceano, ma non adatta a noi per due motivi: la maggior parte dei ponti fissi ha una luce di 65 piedi ed il nostro albero di maestra con le antenne ne misura 68, ed i fondali in bassa marea sono spesso troppo limitati per il nostro pescaggio di 2,05 metri. 

La corrente di marea è notevole ed orienta la barca anche a dispetto del vento, così la prua di Refola si rivolge per 6 ore verso l’uscita in oceano e per 6 ore nella direzione opposta, ma nel complesso l’ormeggio è tranquillo.


Caliamo il dinghy per andare a terra; il marina poco distante non accetta visitatori e non ci lascia attraccare, dobbiamo percorrere oltre un miglio fino al Marina Municipale.

Visitiamo la minuscola cittadina e pranziamo in un locale tipicamente americano, con un numero spropositato di schermi sintonizzati su diversi canali.

 



Per il prosieguo del nostro viaggio aspettiamo da Richard e Odette informazioni sulle profondità del canale d’ingresso a St. Augustine, dove dovremmo ritrovarci. Speriamo arrivino buone notizie!