sabato 30 maggio 2015

Le foto di Aneityum, Vanuatu

 

17:44.59S 168:18.82E

L’ancoraggio di Aneityum, la più meridionale delle isole Vanuatu

Prima del ciclone Pam, le connessioni esistevano …

Mystery Island vista da Aneityum

E vista da vicino

Il primo bagno, dopo il freddo patito in Nuova Zelanda

Il pentolone dei cannibali, per cucinare i turisti

La pista di atterraggio a Mistery Island


Le foto di Tanna, Vanuatu

17:44.59S 168:18.82E

La baia di Port Resolution

L’atterraggio per visitare il villaggio

Lo Yacht Club di Port Resolution, o meglio quel che è rimasto dopo il ciclone Pam



Il villaggio





Neanche le palme sono state risparmiate da Pam, sul lato est dell’isola

La bellissima spiaggia di White Sand

Un momento di relax

Il vulcano Yasur


ERROMANGO ed EFATE, Vanuatu

 

17:44.59S 168:18.82E

All'alba di sabato 23 maggio salpiamo le 2 ancore e impostiamo la rotta su Port Vila, la capitale delle Vanuatu, nell'isola di Efate. Dobbiamo percorrere circa 140 miglia, ma il vento è debole e le previsioni meteo annunciano che diminuirà in giornata e ruoterà a nord, da domenica pomeriggio riprenderà debole da sud e rinforzerà da sud-est in serata e nella notte.
La nostra rotta è 330°, avremo all'inizio il vento al traverso e poi sempre più debole in prua, così abbiamo preparato il piano B: se il vento ci molla, ci fermiamo ad Erromango a circa 54 miglia, sostiamo la notte ed aspettiamo il vento da sud.
Le previsioni si rivelano esatte: alle 15, quando siamo al traverso della punta occidentale di Erromango, il vento scompare completamente. Diamo motore per le ultime 7 miglia, fino a Dillon's Bay, il villaggio principale di Erromango.
Alle 16 ancoriamo circa 200 metri a sud-ovest della foce del Williams River, su un fondale sabbioso di 8-9 metri (18°49.188'S 169°0.752'E). La baia è aperta da SW a N, ma offre un buon riparo per i venti dominanti di SE, l'acqua è pulita e trasparente.
Appena terminato l'ancoraggio, vediamo avvicinarsi a bordo della sua piccola canoa con bilanciere un cortese signore di nome David. Si presenta, chiede il permesso di salire su Refola e ci racconta che sta costruendo uno Yacht Club per accogliere le barche di passaggio: la baia è un buon ridosso, l'ancoraggio è sicuro e lui intende offrire ai velisti servizi di ristorante, bar, docce, lavanderia. Con una certa commozione ci spiega che era solito offrire frutta e verdura fresca alle barche in arrivo, ma quest'anno, a causa del ciclone Pam che ha devastato le Vanuatu il 13 marzo scorso, questo non è più possibile. Il ciclone ha spazzato via tutti i loro orti e le coltivazioni (chiamati “garden”): niente più ortaggi, né banane, né manghi, perfino le palme da cocco sono state spogliate e a volte abbattute. Erromango significa “terra dei manghi”, l'isola era autosufficiente per quanto riguarda i prodotti della terra, mentre dopo il passaggio di Pam ci vorranno circa due anni per vedere rifiorire la produzione come in passato.
Ci invita a scendere a terra, il giorno dopo, per conoscere la sua numerosa famiglia (è nonno di 13 nipoti) e visitare la sua casa.
I nostri amici francesi, a bordo della barca gemella Cassiopea, hanno seguito le nostre orme ed ancorano anche loro a Dillon's Bay.
Cristiano invece, su Libero, sceglie il percorso ad est di Erromango: vuole tentare di proseguire per Port Vila, anche perché Luciano dalla sera precedente non sta bene ed ha la febbre alta. Solo il giorno dopo, al consueto collegamento radio, apprendiamo che anche lui, una volta arrivato a nord di Erromango, si è trovato con il vento in prua e si è dovuto fermare, quando era già buio.
Domenica mattina, 24 maggio, scendiamo a terra con il dinghy degli amici francesi, atterrando sulla spiaggia sassosa. Quasi tutta la popolazione del villaggio, vestita a festa, si trova in chiesa, per assistere alla funzione che dura quasi tutta la mattinata.
Facciamo due passi verso l'interno, lungo il fiume: molti ragazzini sono intenti a giocare sulle rive; due giovani donne stanno andando a fare il bucato nell'ansa poco distante, dove il ruscello fa un'ampia curva e si formano tra i grossi sassi numerose vasche. Si fermano, salutano e ci chiedono da dove veniamo, sono gentili e sorridenti e parlano un buon inglese.
Al ritorno dal nostro giro, troviamo David ad aspettarci fuori dalla chiesa. Ci fa strada fino alla casa che stra costruendo per lo Yacht Club, nella parte nord del villaggio. Situata su un roccione alto una ventina di metri rispetto alla spiaggia, struttura a due piani in cemento (cosa piuttosto rara da queste parti), si distingue bene anche dal mare grazie ai muri esterni dipinti di giallo e il tetto blu. David ci racconta di aver ereditato il terreno da sua madre, e che è stata lei ad indicargli il punto esatto in cui la casa sarebbe stata sicura.
La costruzione è ancora al grezzo: il piano terra accoglierà la sala principale dello Yacht Club, con la cucina, la lavanderia, i servizi igienici e le docce; al piano di sopra, con una splendida vista sulla baia, saranno allestite delle camere. All'esterno, una sorta di giardino botanico, con piante grasse e vialetti in ghiaino, un gazebo con annessa area BBQ . Da quel che vediamo oggi, quando tutto sarà pronto il posto sarà davvero bellissimo e molto accogliente.
David mi chiede consiglio su come realizzare le finestre, e mi invita a fargli un piccolo disegno.
Ci presenta la sua famiglia: Pam ha scoperchiato la casa in cui abitavano, al centro del villaggio ed ora, in attesa di rifare il tetto, sono tutti accampati qui. La moglie ha gli occhi lucidi quando dice a Lilli che per il momento è costretta a dormire in quella che sarà la cucina dello Yacht Club, ma che non vede l'ora di tornare nella loro casa.
Ci congediamo dalla famiglia verso mezzogiorno, Gerard e Claudine promettono un loro ritorno nei prossimi mesi, noi invece per l'anno prossimo; nel pomeriggio, però, David ci accosta nuovamente dalla sua canoa: aveva dimenticato di farci firmare il suo “guest book”!
Ormai è ora di partire: poco dopo le 17 salpa Cassiopea e alle 17.40 anche Refola. Il vento da SE è intorno ai 12 nodi, c'è un'onda da sud sui 2 metri. Con genoa ridotto e mezzana facciamo un lungo bordo al lasco per mantenere la barca stabile con una velocità media di 6 nodi e mezzo: 84 miglia ci separano dall'ingresso della grande baia di Port Vila, dove vogliamo arrivare alle 6, quando fa luce.
Alle 2.00, quando Lilli deve iniziare il suo turno di guardia, il vento è girato ad ESE; strambiamo e con le mure a dritta, il vento dal traverso al giardinetto, Refola sfugge leggera anche ai più grandi treni di onda.
Alle 6.30 di lunedì 25 maggio siamo a destino: una volta nella grande baia, passiamo tra una coppia di boe (rosso a destra, verde a sinistra), e raggiungiamo la zona di ancoraggio prevista per quarantena e dogana. In cerca dello Yachting World Marina, proseguiamo verso SE superando un'altra coppia di boe, il fondale per un breve tratto si riduce a 4 metri. Sono le 7.30 quando, per aspettare l'apertura dell'ufficio, prendiamo una boa davanti al Marina: ci troviamo nel tratto di mare tra la città di Port Vila e l'isolotto Iririki; proprio sopra di noi passano i cavi della linea elettrica, sulla cartografia elettronica indicati con una luce verticale di sicurezza di 19 metri, ma da sotto ci sembra ben più alta.
Alle 8.30 il marina ci assegna un posto in banchina, dotata di corpi morti, acqua potabile ed elettricità, costo giornaliero 2400 vatu onnicomprensivo, mentre il gavitello costa 1200 vatu (rispettivamente 22 e 11 €).
Successivamente arrivano anche Cassiopea e Libero.
Subito dopo la visita della dogana, Cristiano accompagna Luciano al vicino ospedale; non hanno posti letto e così dopo la visita al pronto soccorso viene dimesso, gli prescrivono e consegnano dosi massicce di antibiotici. La diagnosi è cellulite infettiva, dovrà tornare a farsi visitare fra un paio di giorni. Speriamo tutto si risolva bene e in fretta !

Dillon’s Bay

Il Williams River

Il futuro Yacht Club di David

Da sinistra: David, Lilli, Gerard di Cassiopea, la moglie di David e Claudine, moglie di Gerard

Port Vila : l’albero di Refola sotto la linea elettrica aerea

Il World Yachting Club di Port Vila

Il campo boe del Marina



In ritardo, foto di Whangarei ed altro...

17:44.59S 168:18.82E

Giunti a Port Vila, capitale delle Vanuatu, possiamo finalmente spedire delle foto.
Le prime riguardano la gita alle cascate di Whangarei. Insieme a Lilli e al sottoscritto, erano presenti: Cristiano e il suo equipaggio formato da Luciano e dal giovane inglese Nick, l’amico e navigatore solitario Giorgio, che purtroppo, avendola scattata, non è presente nella foto di gruppo.





Poi c’è stata la serata di salsa, in cui anche Lilli, per qualche secondo, si è lanciata nel ballo



E veniamo ad argomenti più seri: ecco le nuove ruote per facilitare gli atterraggi del dinghy di Refola

Ed infine un’immagine della nostra traversata Nuova Zelanda – Vanuatu, 1180 miglia


sabato 23 maggio 2015

ANEITYUM - TANNA

19:31.58S 169:29.69E

L'isola di Aneityum è l'avamposto meridionale delle isole Vanuatu.
La baia di Anelgowhat, dove abbiamo ancorato, è ben ridossata da 3 quadranti ed aperta solo ad ovest; la barriera corallina e a sud l'isolotto di Inyeug (ribattezzato a beneficio dei turisti Mystery Island) la rendono un ancoraggio sicuro, anche con 25-30 nodi di vento, il massimo che si può desiderare dopo una traversata di 8 giorni.
Abelgowhat è il villaggio principale dell'isola, anche se quasi si stenta a vederlo dal mare, tanto le case sono sparse ed immerse in una vegetazione fittissima. Due fattori ne stanno probabilmente incrementando lo sviluppo: la sosta di grandi navi da crociera a Mistery Island (una volta alla settimana nella buona stagione), e la possibilità offerta ai diportisti di atterrare qui richiedendo in anticipo un permesso temporaneo di ingresso nelle acque territoriali di Vanuatu.
Mistery Island, che andiamo ad esplorare col dinghy, è per buona parte occupata dalla pista di atterraggio su prato dell'aeroporto, ed è una riserva marina, nessuno vi abita. Solo in occasione dell'arrivo della nave da crociera l'isoletta si trasforma in una sorta di attrazione turistica: decine e decine di bancherelle (che noi abbiamo visto spoglie) si riempono di oggetti di artigianato, di frutta esotica e di cibi, in altre vengono proposte immersioni e giri in canoa, altre ancora diventano bar. Non mancano numerosi servizi igienici, allestiti in rudimentali piccole capanne con il tetto di foglie di palma, dislocate ovunque in mezzo alla vegetazione. Tutto questo per le centinaia di passeggeri, scaricati ogni settimana dalla nave da crociera, che ritengono di passare una mezza giornata in una remota isola tropicale. Poveri turisti diremmo noi, ma per la gente del posto è una manna che viene dal cielo: i turisti pagano in moneta sonante, spesso con valuta pregiata, e infatti il piccolissimo villaggio è dotato di una banca (cosa piuttosto rara in Pacifico), in cui lavora un'unica impiegata, ma che è sempre affollata!
In ogni caso, così come l'abbiamo vista noi, cioè deserta, Mystery Island è davvero bella: circondata dalla sua barriera corallina (l'accesso è segnalato da gavitelli rossi e verdi, fino al pontile sul lato NE), ha spiagge bianchissime e acqua trasparente, di cui abbiamo approfittato, dando ufficialmente inizio alla nostra terza stagione tropicale!
Come abbiamo detto Aneityum non è porto d'ingresso alle Vanuatu, ma quando ci sono barche che hanno preannunciato il loro arrivo un piccolo ufficio viene presenziato alternativamente da personale della Dogana o dell'Immigrazione, che viene appositamente inviato dalla capitale Port Vila. Nei nostri giorni di sosta abbiamo visto entrambi gli addetti e abbiamo pagato 10.000 vatu (circa 92 ?) all'agente della dogana (5.000 vatu per la dogana e 5.000 vatu per la quarantena), poi altri 4800 vatu all'agente dell'immigrazione, per il visto sul passaporto valido un mese, di cui dovremo richiedere l'estensione a Port Vila.
La gente del posto è molto cordiale e ben disposta verso gli estranei, difficile incontrare qualcuno che non saluti e che non sorrida. Anche qui l'uragano Pam ha purtroppo lasciato il segno: non vittime, ma case distrutte, tralicci delle telecomunicazioni abbattuti, gravi danni agli orti, alberi sradicati o del tutto spogliati; la gente ne parla commossa ma con grande dignità.
Giovedì 21 maggio, all'alba, salpiamo con destinazione isola di Tanna, e precisamente una baia a cui Cook ha dato il nome della sua nave, Port Resolution; si trova sul lato est di Tanna, a circa 48 miglia. Le previsioni meteo ci danno un vento sui 15 nodi da ESE, ma solo usciti dalla copertura dell'isola ne sentiamo la vera intensità.
A vele spiegate al traverso, Refola vola a 8-9 nodi, le raffiche di apparente arrivano a 22 nodi, una mano alla randa ed un po' di riduzione al genoa, danno più stabilità; a mezzogiorno siamo in prossimità dell'ingresso della baia.
Dalla punta sud che delimita la baia esce un basso fondale roccioso dove frange l'onda, ma non si distingue alcun passaggio; solo dopo aver controllato la traccia che ci hanno inviato Anna e Paolo di Zoomax volgiamo la prua verso terra e poco dopo scorgiamo l'ampia baia aprirsi a SW. Finalmente orientati per l'ingresso, vediamo il mare spianarsi all'interno.
Gettiamo l'ancora su un fondale di 4,3 metri in bassa marea (19°31.586'S 169°29.695'E).
Di seguito a noi arrivano anche gli amici di Libero e Cassiopee, e poiché con la prua orientata al vento sui 120°, siamo al traverso della piccola onda che comunque entra nella baia, per eliminare il fastidioso rollio decidiamo di mettere un'ancora a poppa per tenere la prua orientata verso l'uscita. In questo modo il rollio si riduce al minimo ed il beccheggio quasi non si sente.
La manovra va a buon fine per Libero e Refola, ma Cassiopee, a causa della rottura di un grillo girevole si trova con il problema di cercare la seconda ancora rimasta sul fondo. L'acqua non è affatto limpida ed i primi tentativi di recupero falliscono. Solo il mattino seguente, con l'aiuto di alcuni pescatori, l'amico Gerard riesce a ritrovare e riportare a bordo l'ancora con i suoi 3 metri di catena.
Nella baia ci sono molti pescatori, sulle caratteristiche canoe con bilanciere ricavate da grossi tronchi d'albero, attrezzati con reti leggere a maglia stretta.
Mi soffermo ad osservare la loro strategia: quando avvistano branchi di pesce di piccolo taglio (circa 15 cm) entrare nella baia, un gruppetto di 2 -3 canoe segue il branco e distende dietro di esso una cinquantina di metri di rete; un altro pescatore si pone davanti al branco che avanza e batte il remo sulla superficie dell'acqua per far cambiare direzione al branco, contemporaneamente le canoe che tengono la rete si chiudono a cerchio per catturare il maggior numero possibile di pesci. A questo punto i pescatori recuperano la rete e adagiano il pescato sul fondo della canoa.
Questa manovra si ripete molte volte nella giornata, fino a quando il sole tramonta, verso le 17.
A poca distanza da Port Resolution si trova il vulcano Yasur, ancora attivo. Infatti sul lato ovest della baia osserviamo numerose fumarole ed le tipiche macchie di zolfo sulle rocce. La guida Lonely Planet afferma che questo è il vulcano più accessibile del mondo: vengono organizzate escursioni a bordo di fuori strada, che portano fino a poche centinaia di metri dal cratere, su cui ci si può "affacciare" da una distanza minima. Il tam tam dei velisti ci aveva suggerito che un certo Stanley, a Port Resolution, era l'uomo da contattare per prendere accordi.
La mattina di venerdì 22 maggio scendiamo a terra sul lato est della baia, sormontato da un alto costone sul quale si trova lo Yacht Club; nell'atterraggio, in bassa marea, bisogna fare attenzione alle numerose formazioni coralline semi affioranti, ma la piccola spiaggetta dove si può lasciare il dinghy è riparata e senza risacca.
Qui troviamo Johnson, che ci porge un caloroso benvenuto e si propone per accompagnarci a visitare lo Yacht Club (ora chiuso per i danni provocati dal ciclone), il villaggio e poco oltre la bellissima spiaggia (White Sand Beach) rivolta ad est sull'oceano. Volentieri accogliamo la sua offerta, tanto più dopo aver scoperto che è il fratello di Stanley, l'uomo che stavamo cercando per la gita al vulcano.
Il villaggio è molto grande, vi vivono quasi 600 persone. Non ci sono case in muratura, ma solo pavimenti in legno rialzati su cui vengono fissati pali che sorreggono tetti di foglie di palma. Persone come sempre gentili e sorridenti, una miriade di bambini di tutte le età.
Dopo il giro di perlustrazione Johnson ci conduce da Stanley, con cui concordiamo per il pomeriggio la visita al vulcano: pagheremo 2.500 vatu a persona per il trasporto e 3.350 vatu a persona per l'ingresso al parco. Al cambio significa circa 50 ? a testa, che comunque spendiamo volentieri visto che queste entrate rappresentano almeno un minimo sostegno per i cinque villaggi dislocati intorno alla baia.
Stanley, che sembra rappresentare le comunità verso i visitatori, ci consegna un piccolo pieghevole dove è raccontata l'antica leggenda sull'origine del vulcano, alcune istruzioni di comportamento da tenere ed un elenco di cose utili da donare, per chi vuole aiutare la gente dei villaggi. Così all'appuntamento delle 16 per l'escursione ogni barca porta qualcosa : cibo, ami da pesca, colori e quaderni per la scuola.
Equipaggiati con torce e leggere giacche a vento, arriviamo sulla bocca del vulcano con il sole tramontato e l'orizzonte ancora chiaro; poco dopo, velocemente, arriva il buio. Dal cratere si sollevano dense nubi di fumo bianco, ma si distingue il rosso della lava incandescente che ribolle come in un grande pentolone, ogni tanto si sente un rombo crescente che sembra venire dalle viscere della terra, cui segue un'esplosione: grossi lapilli di lava si alzano in cielo, sembra di essere alle porte dell'inferno.
Rimaniamo incantati per circa un'ora ad ammirare lo spettacolo, che ci mostra tutta la potenza che può sprigionare un vulcano. È già notte quando saliamo nuovamente sul fuoristrada ed alle 19.30 siamo di nuovo allo Yacht Club. Johnson ci invita (solo gli uomini) ad una riunione per bere la kava con gli amici, ma decliniamo perché l'indomani ci alziamo presto per la partenza.
Non è un addio comunque, ma per noi solo un arrivederci all'anno prossimo: torneremo per vedere appese allo Yacht Club la bandiera italiana ed il guidone del Paterazzo, che abbiamo lasciato.

lunedì 18 maggio 2015

ARRIVATI!!!

20:14.32S 169:46.65E

Alle 7.30 di domenica 17 maggio gettiamo l'ancora nella baia a sud-ovest di Aneityum.
Per evitare un atterraggio notturno, abbiamo navigato le ultime 24 ore col "freno a mano" tirato, vale a dire che abbiamo percorso le ultime 150 miglia sottoinvelati, per ridurre la velocità.
Questa traversata è stata molto emozionante, non solo perché è la prima che abbiamo affrontato Lilli ed io da soli, ma anche per la varietà delle condizioni meteo che abbiamo incontrato.
Bob Mc Davitt ci aveva inviato un piano di navigazione preciso, con 3 cambi di rotta in relazione ai mutamenti di vento previsti. Ovviamente il piano andava verificato mano a mano che si procedeva; a complicare il gioco, un'alta pressione con assenza di vento che era sempre presente 50 miglia a nord del nostro percorso, e ad un certo punto ci ha costretti a fare un bordo a perdere di 74 miglia, per evitare un giorno in più di andatura a motore.
Ogni due giorni scaricavo grib files aggiornati e i dati tutto sommato confermavano la traccia di Bob. Noi però abbiamo fatto un po' meglio: rispetto alle sue previsioni, meno ore di motore e arrivo con 12 ore di anticipo!
L'ultimo giorno di navigazione, come già sapevamo, è stato tosto: il vento si è stabilizzato a 20-25 nodi, con raffiche continue a 30, il mare si è alzato con onde da 4 a 5 metri, per un lungo tratto abbiamo avuto il vento al gran lasco/fil di ruota e treni d'onda che facevano rollare la barca vistosamente, rendendo necessaria un'oltremodo attenta guardia al timone.
Quando mancavano circa sei ore alla meta, finalmente abbiamo strambato: il mare è andato in poppa piena, le rollate sono diminuite e tutto è diventato più facile.
L'arrivo è stato entusiasmante: fino a 5 miglia dall'arrivo eravamo immersi nel buio più pesto, negli ultimi 40 minuti abbiamo iniziato prima a distinguere prima il profilo dell'isola, poi il contorno del reef, e infine l'ampia pass. Siamo entrati a vela con 25 nodi di vento e 3 metri di onda al traverso. Una volta superata la pass il mare si fa piatto, rolliamo il genoa e diamo motore con la randa ridotta, proseguiamo per circa un miglio seguendo l'allineamento a terra fino al punto di ancoraggio, su fondale sabbioso di 12 metri (20°14.328'S 169°46.656'E) .
I nostri compagni di viaggio sono stati meno fortunati: Libero è incappata in una serie di venti contrari ed ha continuato a perdere miglia, arriverà probabilmente martedì mattina. Cassiopee l'abbiamo incrociata giovedì pomeriggio che andava diretta a motore a destinazione a causa di un guasto al pilota automatico; Gerard e Claudine, i francesi a bordo, sono arrivati sabato pomeriggio alle 15, distrutti dopo 3 giorni al timone. Solo in questi momenti si coglie l'importanza del nostro fedele pilota automatico, nonché di averne aggiunto anche un altro di rispetto.
Abbiamo percorso 1164 miglia in 7 giorni e 20 ore; velocità media 6,19 nodi, circa 50 ore di motore, di cui la metà a medio regime in assenza di vento, e il rimanente a minimo regime, giusto per dare un'aiutino al vento scarso e caricare le batterie.
Refola, col suo equipaggio ridotto, ha superato a pieni voti questa prima prova di navigazione d'altura.
Qui non c'è l'ombra di una connessione possibile, l'uragano Pam di marzo 2015 ha distrutto le antenne : niente internet, niente whatsup, appena possibile manderemo qualche foto.

giovedì 14 maggio 2015

SUPERATA META' TRAVERSATA

24:59.17S 172:18.08E

Tutto bene a bordo di Refola, la nostra traversata in coppia solitaria procede spedita e tranquilla.
Lilli ed io abbiamo ripreso in fretta il nostro piede marino ed anche i turni di guardia (ovviamente più serrati che in passato) sono ormai consolidati ed assorbiti dal nostro organismo. Ci siamo organizzati con turni di tre ore: inizia il sottoscritto la sera dalle 21 alle 24, poi Lilli mi dà il cambio fino alle 3 e cosi via. Siamo entrambi svegli e presenti per cucinare e per i pasti dalle 12 alle 15 e dalle 18 alle 21; tutto funziona come un orologio svizzero.
Due barche amiche stanno facendo lo stesso nostro percorso, partite anch'esse sabato 9 maggio.
Libero, la barca di Cristiano con a bordo Luciano e il giovane Nicholas, è partita da Marsden Cove poche ore dopo di noi: per tre giorni ci siamo sentiti in radio SSB ai due appuntamenti delle 9.30 e delle 19.00, ma da un paio di giorni non li sentiamo più. Probabilmente ci siamo allontanati ed ora siamo la distanza fra le due barche cade nel cono d'ombra della trasmissione.
L'altra barca è la gemella Cassiopee, degli amici francesi Gerard e Claudine, partiti da Opua, quindi con un discreto vantaggio in termini di miglia. Con loro abbiamo contatti solo via mail, grazie al famoso modem Pactor che dopo averci fatto tanto penare funziona ora perfettamente.
Veniamo alla navigazione: il secondo giorno di navigazione abbiamo dovuto togliere il balooner, perché si è rotta la penna in plastica che si aggancia in testa d'albero. Per fortuna ce ne siamo accorti in tempo, prima che scendesse da solo e andasse a finire in acqua! Abbiamo potuto ammainarlo con calma e ho provveduto subito alla sostituzione della penna (che nel gergo degli amelisti chiamiamo "topina") per renderlo di nuovo pronto all'uso.
Martedì 12, quarto giorno di navigazione, ci siamo sorbiti 12 ore di bolina con venti sui 20-25 nodi, non esattamente piacevoli ma veloci; per il resto abbiamo avuto solo venti leggeri.
Il nostro atterraggio è previsto sull'isola di Aneityum, la più a sud delle Vanuatu; poiché non è porto d'ingresso, abbiamo chiesto ed ottenuto via mail un permesso di sosta provvisoria.
Alle 22 del 13 maggio (in Italia le 12.00) mancano 430 miglia all'arrivo, circa 3 giorni di navigazione. Sappiamo già che l'arrivo sarà accompagnato da un bel ventone in poppa da SSE, sui 20-25 nodi. Ci sarà di che divertirsi.

lunedì 11 maggio 2015

PARTITI !

30:51.52S 174:35.45E

I dodici giorni trascorsi al Town Basin, il marina al centro della piccola città di Whangarei, sono stati decisamente intensi: frenetici per i lavori a bordo, allegri per la vita sociale, e soprattutto colorati da continui colpi di scena, che di giorno in giorno ci facevano cambiare programma (o la data di partenza).
Cominciamo dalla vita sociale: già appena arrivati al Town Basin ci rendiamo conto che il pontile funziona come una via di un piccolo paese. La gente ABITA sulle barche, tra loro si chiamano "vicini di casa", si invitano l'un l'altro per drink e aperitivi che spesso si prolungano per molte ore, fino a raggiungere tassi alcolici non indifferenti. Veniamo coinvolti in uno di questi meeting, le persone sono tutte simpatiche e gentili, ma devo dire che la mia testa è sempre lì, al lavoro che mi aspetta in barca. Quando poi arrivano anche Cristiano e Luciano con Libero (e un nuovo membro dell'equipaggio, Nicholas, un 26enne giramondo inglese, mai salito su una barca a vela), si ricostruisce la piccola comunità italiana ed insieme facciamo una gita a piedi alle cascate di Whangarei, organizziamo un BBQ nel piccolo parco attiguo al marina, partecipiamo ad una serata danzante i cui protagonisti sono una coppia di giovani italiani, Eros ed Elisa, la cui storia è davvero singolare. 
Entrambi ingegneri, dopo la laurea sono partiti dall'Italia in cerca di fortuna e migliori opportunità. Dapprima sono stati in Australia, dove Eros ha lavorato come ingegnere mentre Elisa si è adattata a lavori occasionali. Da due anni invece si sono trasferiti in Nuova Zelanda, dove Elisa ha trovato un buon posto da ingegnere, mentre Eros ha fatto il cuoco, il fornaio, il pizzaiolo, fino a quando è riuscito ad entrare in una multinazionale di costruzioni. Tutto a posto dunque? Sì, tranne il fatto che la piccola e sonnacchiosa Whangarei, dove quasi tutto chiude alle 5 del pomeriggio, andava un po' stretta all'intraprendente coppia romagnola, che con l'obiettivo di trasformare Whangarei nella Rimini neozelandese ha messo in piedi una scuola serale di salsa, di cui erano ovviamente già provetti ballerini. E' stato un grande successo: oltre a molti locali, Cristiano e sua moglie Eliane si sono iscritti e ne è nata una grande amicizia. E così anche noi abbiamo partecipato ad una serata promozionale dei loro corsi, tenuta da Reeva, il ristorante pizzeria del marina. Un gran pienone, una serata piacevole.
E veniamo ai lavori: alla mia lista, già lunga, si è aggiunto il montaggio delle nuove ruote da applicare a poppa del dinghy, appena acquistate. E' un modello molto ben congegnato e di facile utilizzo: ci sarà utile nell'atterraggio su spiaggia in presenza di onde, quando è importante allontanarsi velocemente dal bagnasciuga.
Un altro elemento delicato è la sostituzione della scheda del modem Pactor: ne ho comprato una nuova con dispositivo bluetooth, per poter collegare i pc al modem senza cavi e prese USB. Provvedo da solo al montaggio della nuova scheda, ma allo scopo di evitare sorprese chiedo aiuto a Luciano, esperto informatico, per il test di funzionamento. Purtroppo il test è un disastro: nonostante la competenza di Luciano, non solo non riusciamo a far funzionare il modem Pactor in modalità bluetooth, ma sembra persa anche la possibilità di utilizzarlo come prima, cioè con cavo e presa USB. 
Dopo molti tentativi, protrattisi fino a tarda sera, sia noi che Luciano gettiamo la spugna. Non ci resta che chiamare in Italia Antonio Pezzoni, da cui abbiamo acquistato la nuova scheda: ma purtroppo è venerdì I° maggio e fino a lunedì non se ne parla. Per guadagnare tempo, gli invio una mail anticipandogli il problema. Anche lui è un esperto informatico, sicuramente collegandosi al nostro pc (con Teamvewer) sistemerà tutto.
Il programma di partenza, in questo momento, è di spostarci in settimana ad Opua, circa 90 miglia più a Nord, per espletare le pratiche doganali di uscita e da lì partire per i tropici. E qui cominciano i colpi di scena.
Il primo elemento è la situazione meteo che nel frattempo, tra un lavoro e un altro, continuo a studiare. Purtroppo ci detta scadenze inesorabili: l'ultimo giorno buono per salire ad Opua è martedì 5, dopodiché fino a venerdì 8 la zona sarà coperta da una perturbazione con forti venti da Nord, che avremmo dritti sul muso; d'altra parte, ci stiamo avvicinando all'inverno australe ed è normale che le basse pressioni siano più numerose e ravvicinate. Domenica 3 maggio leggo con attenzione la previsione settimanale di Bob Mc Davitt, il guru neozelandese della meteorologia in Pacifico: Bob scrive chiaramente che chi vuole lasciare la Nuova Zelanda in direzione tropici dovrebbe farlo questa settimana, da lunedì 4 a sabato 9 maggio; passata questa data, si dovranno attendere almeno altre due settimane prima che si presenti un'altra finestra adeguata.
Col mio inguaribile ottimismo, penso: ce la possiamo fare! Approfittando dell'apertura dei supermercati 7 giorni su 7, riempiamo la cambusa facendo la spola coi carrelli pieni avanti e indietro fino alla barca; lunedì 4 Pezzoni ci sistemerà il modem Pactor e martedì 5 partiremo per Opua. Faremo dogana e venerdì 8 lasceremo il freddo della Nuova Zelanda...
Scriviamo una mail a Bob Mc Devitt per chiedergli, come già l'anno scorso per venire qui dalle Fiji, di farci da router in questa traversata verso le isole Vanuatu. Gli indichiamo i dati della barca e il nostro programma, anche per avere una conferma di come avevo interpretato le sue previsioni.
La sua risposta arriva a stretto giro: "Sì, la partenza dell'8 maggio è buona, ma bisogna fare i conti con un fronte che incontrereste a metà percorso e soprattutto con una profonda depressione che trovereste all'arrivo alle Vanuatu. Siete davvero sicuri di confermare questa data o preferite aspettare condizioni più agevoli?". Sono spiazzato: certo che non desidero condizioni difficili, ma anche l'attesa non è una prospettiva allettante; l'anno scorso i nostri amici delle barche Joel e Waki sono stati fermi un mese in Nuova Zelanda, dal 7 giugno al 7 luglio, prima di trovare una buona finestra meteo, che poi non è stata nemmeno tanto buona per Joel, che si è trovata in una forte burrasca prima di atterrare in Nuova Caledonia!
Sospendo per qualche ora la decisione. D'altra parte bisogna assolutamente risolvere il problema del modem Pactor, che ci è indispensabile in traversata per inviare e ricevere mail con la radio SSB: è l'unico modo per avere previsioni meteorologiche, non voglio assolutamente farne a meno.
Arriva finalmente il lunedì sera (in Italia lunedì mattina), guardo trepidante le mail ma Pezzoni non ci ha risposto. Comincio a sentirmi impaziente, ormai la partenza di martedì 5 è sfumata. "E' segno del destino", mi dico; vuol dire che seguiremo il suggerimento del guru Bob e aspetteremo. Magari noleggiamo una macchina e facciamo un giro di qualche giorno per la Nuova Zelanda. Rassegnato, scrivo a Bob che rinvio la partenza, anche a causa di problemi tecnici a bordo.
Il martedì sera riusciamo a parlare con Pezzoni, che subito ci dice rassicurante: "è una banalità, la risolviamo in pochi minuti". Ma non è vero: le porte virtuali del pc si sono incasinate, Pezzoni non può far nulla dall'Italia e ci consiglia di cercare un esperto locale. E dove vado a cercarlo? Mi sento completamente disarmato.
A ribaltare completamente le cose arriva una nuova mail di Bob il guru: "La situazione per la partenza di sabato 8 è migliorata, il fronte che si incontra durante il percorso sarà indebolito ed anche la perturbazione che doveva colpire le Vanuatu sta spostandosi verso l'Australia, fatemi sapere le vostre decisioni."
Questa mail ha su di me l'effetto di un'iniezione di adrenalina. Altro che fare i turisti, dobbiamo risolvere il problema del modem e partire!
Provo a chiedere in giro se qualcuno conosce un esperto informatico: Eros non ha indicazioni da darmi, Giorgio di Waki ci dice che un altro velista, Massimo, ha un amico ad Auckland, ma Massimo è in Italia ed Auckland a 130 km. Insomma, ci dobbiamo arrangiare.
Giovedì mattina di buon ora io e Lilli ci mettiamo al lavoro (quando il gioco si fa duro, i duri cominciamo a giocare): ricontrolliamo tutti i collegamenti, e sono risoluto nel peggiore dei casi a rimontare la vecchia scheda. Finalmente un colpo di fortuna: mi accorgo che la spina del collegamento USB non è inserita bene, probabilmente si è spostata durante il rimontaggio. Era questo che bloccava il Pactor: scarichiamo da internet i drivers aggiornati et voilà, tutto funziona perfettamente!
A questo punto sciolgo tutte le riserve: venerdì mattina lasceremo Town Basin, andremo a fare dogana qui vicino, a Mardsen Cove, lasciando perdere Opua e sabato partiremo per le Vanuatu.
Comunico a Cristiano che la mia decisione è presa; lui è ancora indeciso, mentre sentiamo dagli amici francesi dell'Amel Cassiopee che partiranno anche loro sabato, da Opua.
Chiamiamo la dogana di Marsden Cove, ci dicono che per le pratiche di uscita c'è una lunga lista di attesa e dovremo aspettare il nostro turno. Ma ormai nulla può fermarmi. Confermo al guru Bob la data di partenza per sabato 9 maggio.
Venerdì 8, sotto una pioggia leggera ma incessante, lasciamo Town Basin e ripercorriamo verso il mare l'estuario del fiume su cui si affaccia Whangarei, fino a Marsden Cove.
La mattina dopo, puntualissimo, Bob ci invia il piano di navigazione con rotte, venti, stato del mare. Anche il gentilissimo agente di dogana non ci fa aspettare e arriva molto prima del previsto.
Alle 11,30 di sabato 9 maggio molliamo gli ormeggi per cominciare la nostra prima traversata da soli a bordo di Refola. Lilli è emozionata, ma pronta.
Appena siamo in mare aperto un vento leggero da S-SW ci spinge in poppa. Armiamo i tangoni, issiamo il balooner, la vela va su e si gonfia senza intoppi.
Facciamo turni di tre ore, onda da 1 a 2 metri in poppa, a mezzanotte do il cambio a Lilli. Il cielo è stellato, la luna illumina il mare ... mi sento un uomo fortunato.