domenica 30 novembre 2014

Opua - Whangarei (Nuova Zelanda)

35:43.42’S 174:19.56’E

Dopo una traversata molto bella e fortunata (rispetto agli amici che sono partiti solo qualche giorno dopo di noi), una volta atterrati ad Opua sabato 1° novembre le ore, i giorni hanno cominciato a volare, tra una riparazione e l’altra, l’acquisto di pezzi di ricambio, la scelta di un nuovo chart plotter da mettere in pozzetto… Fino al 25 ottobre, alle Fiji, eravamo immersi in un ambiente e in un clima tipicamente tropicali. L’arrivo in Nuova Zelanda ci ha improvvisamente catapultati in un mondo completamente diverso: fa freddo (tre coperte sul letto, calzettoni e maglie di pile), intorno ci sono colline verdi, pascoli e mucche, a terra di nuovo strade e automobili … insomma sembra di essere in Europa, anzi, nel Nord Europa!
A Opua ci sono due grossi rivenditori di articoli nautici, il Cater Marine, cui ci siamo rivolti noi, e Bursco: sono entrambi fornitissimi di tutto, e quello che manca arriva in 1-2 giorni. Dopo aver studiato le diverse possibilita’ e approfondito quali sono le potenzialità dei plotter Raymarine, rompiamo gli indugi ed ordiniamo il C97, schermo da 9”, che supporta la cartografia Navionics, si interfaccia con il fishfinder e con l’AIS; mercoledì 5 novembre passiamo i cavi e il giorno seguente il nuovo strumento è già’ installato e funzionante.
Venerdì 7 novembre salutiamo Gianca e Angelo, che di buon mattino prendono il bus per Auckland, dove nel pomeriggio arriveranno le loro consorti; affitteranno una macchina e faranno i turisti terricoli per una decina di giorni, a zonzo per la Nuova Zelanda.
Sabato 8, dopo il pieno di gasolio al distributore self-service, con equipaggio minimo (Lilli ed io) Refola lascia il marina di Opua con destinazione Whangarei. Abbiamo passato otto giorni in questo bel marina, dove l’alternarsi della marea, con escursioni di circa 2 metri, crea correnti che arrivano a 5 nodi. I costi sono accettabili (circa 23 €/g), unico neo la distanza da centri abitati, il più vicino è Pahia, a 7 km.
Appena imboccato il canale segnalato che ci porta fuori dalla baia, verso il mare, il pilota automatico comincia a “dare i numeri”: gli si comanda di accostare di 10° e se ne prende 90°! Cosa succede? La bussola elettronica del pilota non è più allineata con la bussola magnetica, forse si è ubriacata con l’alternanza delle correnti; usciamo dal canale pilotando a mano e quando abbiamo sufficiente spazio eseguiamo la procedura dei “giri bussola”: due giri completi di 360° a bassa velocità, per permettere alla bussola elettronica di riallinearsi … ci vuole un po’ di pazienza, ma finalmente a fine procedura il pilota riprende ad eseguire correttamente i comandi.
Il vento è sui 10-15 nodi ma purtroppo proprio sul naso, perciò percorriamo a motore le prime 48 miglia fino a Tutukaka Harbour, dove ancoriamo per passare la notte. Bella baia riparata, ingresso segnalato con allineamento anche luminoso, fondo di sabbia sui 5-6 metri (35°36.998’S 174°32.116’E).
Il giorno seguente, domenica 9 novembre, riprendiamo la navigazione alle 8.20 ed alle 11.40, dopo 20 miglia, siamo all’imbocco del lungo fiordo che conduce al piccolo centro di Whangarei, dove grazie alla mediazione del negozio Cater Marine abbiamo prenotato un posto nel marina Town Basin. La marea è calante, la corrente uscente, quindi in attesa dell’inversione di marea ancoriamo a Urguharts Bay, su un fondale di sabbia di 8-10 metri (35°50.835’S 174°19.568’E). In previsione del rinforzo di vento nei prossimi giorni, approfittiamo della sosta e del riparo per ammainare, piegare e riporre il grosso genoa. Una faticaccia, ma andava fatto!
Alle 16.05 riprendiamo la navigazione: per arrivare al Town Basin di Whangarei abbiamo da percorrere ancora 15 miglia; il canale è ben segnalato e nel primo tratto anche dragato sui 10 metri, poi il fondale si riduce progressivamente e nelle ultime tre miglia alcuni punti (in bassa marea) sono sotto i due metri. Verso le 18.00, due ore dopo la minima di marea, con il nostro pescaggio di 2.05 metri sfioriamo un paio di volte il fondo fangoso. Prima di avvicinarsi alla cittadina c’è un bellissimo ponte che si apre per far passare le barche. Bisogna chiamare il “Bridge Control” con il VHF (canale 64) e chiedere il permesso di passare, l’operatore chiede l’altezza dell’albero ed immediatamente ferma il traffico automobilistico ed aziona il sollevamento dell’arcata; l’operazione si svolge in pochi minuti: rallentiamo senza fermarci con la corrente che ci avvicina a due nodi e quando è completata l’apertura imbocchiamo lo stretto passaggio sotto il ponte. Emozionante!
Alle 18.45 ormeggiamo al Marina Town Basin; è domenica ed il marina è chiuso, ma l’organizzazione è perfetta: sappiamo qual’è il posto assegnatoci, e come procurarci le chiavi del pontile e dei servizi.
Il marina è ben attrezzato, può ospitare circa 280 barche, alcune all’inglese sul lungo pontile del lato sinistro del canale, molte nei pontili a pettine sul lato destro, e le rimanenti assicurate con cime da ormeggio ad alti pali conficcati nel fondo fangoso; negozi di souvenir e ristoranti rendono la struttura piacevole e molto frequentata anche dai locali.
La piccola città di Whangarei offre ai diportisti molte opportunità di acquisti: negozi specializzati del settore nautico, grandi magazzini, in prossimità del marina c’è anche un capannone con compravendita di usato nautico.
Nella periferia ci sono 5-6 cantieri per mettere le barche in secco, alcuni anche con posti in acqua; al marina Marsden Cove, poco distante dall’imbocco del canale e adiacente al molo di attracco delle navi, è possibile espletare le formalità di ingresso in Nuova Zelanda (come ad Opua). Noi abbiamo scelto il cantiere Nordsand, più vicino a Whangarei, dove erano già stati Giorgio e Leopoldo.
L’alaggio di Refola è fissato per mercoledì 12 alle 11,30: puntuali come un orologio svizzero, alle 10.00 lasciamo il marina di Town Basin e ripercorriamo a ritroso per due miglia il canale, verso il mare, ripassando sotto il ponte ad arcata mobile. Tutto è stato calcolato per spostarci ed entrare con la marea in crescita; Nordsand tira su le barche trainando l’invaso con un carrello (l’invaso scende in acqua su uno scivolo, la barca viene fissata e poi un trattore tira in secco) e questo e’ stato uno dei motivi della nostra scelta di questo cantiere: con il nostro rollbar, il travel lift, se non è molto grande, possono sorgere problemi.
In cantiere incontriamo Gigi ed Irene, che da più di 15 anni hanno fatto base in questa area del Pacifico; stanno mettendo a nuovo la loro barca “Va pensiero”, dopo un lungo periodo di ingaggi su grosse barche, da Adriatica nel loro primo giro del mondo, fino alla recente Canova, un super tecnologico Baltic 72.
Mentre Lilli ed io siamo impegnati nei lavori per il rimessaggio e l’invernaggio di Refola, arrivano in Nuova Zelanda anche Giorgio e Cristiano, dopo un’impegnativa traversata dalle Fiji segnata da una tempesta tropicale a metà percorso; per festeggiare organizziamo un simpatico barbecue al cantiere, cui partecipano anche i nostri compagni di viaggio, Gianca ed Angelo, insieme ad Erna e Cristina.
Il 19 novembre, non senza emozione, lasciamo Refola in buone mani, accudita e custodita: rientriamo in Italia per qualche mese, e torneremo a bordo nella prossima primavera 2015, per riprendere il nostro viaggio con altre nuove avventure…

Pioggia e nuvole al marina di Opua

martedì 4 novembre 2014

Traversata Fiji - Nuova Zelanda 1100 Miglia (3)

 

35:18.96S 174:07.28E

L’ultimo giorno di navigazione doveva portarci venti leggeri, che avrebbero dovuto girare ad WNW e permetterci di mettere prua su Opua, con una andatura al traverso; in realtà il vento ha continuato a soffiare da SW, a tratti anche con raffiche a 20 nodi, con un’onda corta al mascone.
Fino all’ultimo abbiamo sperato che il vento girasse, facilitandoci l’ingresso nella Bay of Islands con il bordo giusto … invece siamo arrivati sotto Capo Brett, circa 3 miglia fuori rotta, e poi il vento ci ha mollato del tutto. Conclusione: percorriamo a motore le ultime 15 miglia, nella grande e frastagliata baia.
Paesaggio “irlandese” con colline verdeggianti; è sabato, molte sono le barche fuori per il week-and, pescatori e barche a vela per fare due bordi.
Alle 13 ormeggiamo al molo della quarantena presso il marina di Opua; abbiamo concluso la nostra traversata di 1158 M, in 7 giorni, 5 ore e 30 minuti. E’ stata una buona traversata, fatta tutta di bolina, la maggior parte con venti trai 10 ed i 20 nodi; la soddisfazione più grande è di aver fatto solo 30 ore di motore e perciò di aver scelto anche una buona finestra.
Non appena entrati nelle acque territoriali, abbiamo comunicato via VHF a Radio Maritime il nostro ETA (Estimated Time Arrival) perche’ avvisassero la dogana del nostro arrivo.
Infatti, dopo circa mezzora, arriva la squadra della custom: con fare gentile ma determinato, prima si dedicano alle scartoffie e poi, con molta più attenzione e meticolosità, alla confisca dei cibi proibiti.
Eravamo già al corrente delle severe restrizioni, applicate anche in Australia, all’importazione dii prodotti alimentari che potrebbero inquinare l’ambiente. Eravamo quindi preparati: avevamo lasciato fuori solo un po’ di cipolle e di aglio, e nascosto sotto il pagliolo il resto di frutta e verdura, il freezer era pieno carne e pesce e anche di verdura congelata ed abbiamo pensato di non dichiararlo; finita la prima fase, il più anziano della squadra, che rappresentava sicuramente il capo, dice: “qui sotto c’è un freezer, indicando la seduta della dinette, vediamo cosa c’è dentro”. Siamo stati scoperti! E così, impotenti, vediamo volare in un grande sacco nero 5 bistecche, una confezione di pancetta per la nostra carbonara, oltre a 3- 4 sacchetti di verdura congelata … Lilli ed io siamo rimasti di stucco ed amereggiati, più per la figura meschina che non per ciò che abbiamo perso. La visita poi è proseguita con un’altra squadra di due agenti che hanno perquisito la barca da cima a fondo, alzando paglioli ed aprendo stipetti di loro iniziativa, alla ricerca di altre cose proibite, hanno sequestrato due rametti di corallo che tenevamo per ricordo delle Tuamotu … insomma, è stata dura, rimpiangiamo i succulenti mangiarini sequestrati, ma in compenso abbiamo un pezzo di carta con un timbro “FULL CLEARANCE”, e ci accontentiamo !

Refola fila di bolina verso la Nuova Zelanda

La dura vita dell’equipaggio di Refola

TERRA ! il faro di Capo Brett

L’isolotto di Piercy all’imbocco di Bay of Islands

L’infausto pontile della quarantena



Traversata Fiji - Nuova Zelanda 1100 Miglia (3)

35:18.96S 174:07.28E

L’ultimo giorno di navigazione doveva portarci venti leggeri, che avrebbero dovuto girare ad WNW e permetterci di mettere prua su Opua, con una andatura al traverso; in realtà il vento ha continuato a soffiare da SW, a tratti anche con raffiche a 20 nodi, con un’onda corta al mascone.
Fino all’ultimo abbiamo sperato che il vento girasse, facilitandoci l’ingresso nella Bay of Islands con il bordo giusto … invece siamo arrivati sotto Capo Brett, circa 3 miglia fuori rotta, e poi il vento ci ha mollato del tutto. Conclusione: percorriamo a motore le ultime 15 miglia, nella grande e frastagliata baia.
Paesaggio “irlandese” con colline verdeggianti; è sabato, molte sono le barche fuori per il week-and, pescatori e barche a vela per fare due bordi.
Alle 13 ormeggiamo al molo della quarantena presso il marina di Opua; abbiamo concluso la nostra traversata di 1158 M, in 7 giorni, 5 ore e 30 minuti. E’ stata una buona traversata, fatta tutta di bolina, la maggior parte con venti trai 10 ed i 20 nodi; la soddisfazione più grande è di aver fatto solo 30 ore di motore e perciò di aver scelto anche una buona finestra.
Non appena entrati nelle acque territoriali, abbiamo comunicato via VHF a Radio Maritime il nostro ETA (Estimated Time Arrival) perchè avvisassero la dogana del nostro arrivo.
Infatti, dopo circa mezzora, arriva la squadra della custom: con fare gentile ma determinato, prima si dedicano alle scartoffie e poi, con molta più attenzione e meticolosità, alla confisca dei cibi proibiti.
Eravamo già al corrente delle severe restrizioni, applicate anche in Australia, all’importazione dii prodotti alimentari che potrebbero inquinare l’ambiente. Eravamo quindi preparati: avevamo lasciato fuori solo un po’ di cipolle e di aglio, e nascosto sotto il pagliolo il resto di frutta e verdura, il freezer era pieno carne e pesce e anche di verdura congelata ed abbiamo pensato di non dichiararlo; finita la prima fase, il più anziano della squadra, che rappresentava sicuramente il capo, dice: “qui sotto c’è un freezer, indicando la seduta della dinette, vediamo cosa c’è dentro”. Siamo stati scoperti! E così, impotenti, vediamo volare in un grande sacco nero 5 bistecche, una confezione di pancetta per la nostra carbonara, oltre a 3- 4 sacchetti di verdura congelata … Lilli ed io siamo rimasti di stucco ed amareggiati, più per la figura meschina che non per ciò che abbiamo perso. La visita poi è proseguita con un’altra squadra di due agenti che hanno perquisito la barca da cima a fondo, alzando paglioli ed aprendo stipetti di loro iniziativa, alla ricerca di altre cose proibite, hanno sequestrato due rametti di corallo che tenevamo per ricordo delle Tuamotu … insomma, è stata dura, rimpiangiamo i succulenti mangiarini sequestrati, ma in compenso abbiamo un pezzo di carta con un timbro “FULL CLEARANCE”, e ci accontentiamo !

Refola fila di bolina verso la Nuova Zelanda

La dura vita dell’equipaggio di Refola

TERRA ! il faro di Capo Brett

L’isolotto di Piercy all’imbocco di Bay of Islands

L’infausto pontile della quarantena

venerdì 31 ottobre 2014

Traversata Fiji - Nuova Zelanda 1100 Miglia (2)

32:52.82S 174:29.23E

La navigazione prosegue bene, anche dal punto di vista della pesca: il 27 ottobre all’imbrunire, vincendo le sue strenue resistenze, tiriamo su un combattivo dorado di circa 10 kg; finiamo di sfilettarlo quasi al buio, illuminando il ponte a poppa con la luce del rollbar … una faticaccia con la barca sbandata e rollante sull’onda!
Alle 4.00 del 28 il vento cala ulteriormente, a 6-8 nodi, procediamo a motore a basso regime (1800 g/min), il mare è quasi olio, solo una leggera onda lunga da sud; approfittiamo di questa calma per fare docce, cucinare pizze e melanzane grigliate. Il morale a bordo è alto, anche perchè le comunicazioni con le altre barche funzionano e non ci sentiamo soli: abbiamo diversi appuntamenti radio, oltre al solito net italiano con Luigi. Parlando al VHF con una barca 20 miglia più avanti scopriamo che è partita dalle Fiji un giorno prima di noi, per cui su di loro abbiamo recuperato circa 120 miglia in 4 giorni! Un’altra la superiamo il giorno successivo … ovviamente il Gianca, che non nasconde il suo spirito competitivo, è al settimo cielo!
Avanziamo a motore per “sole” 27 ore, poi il vento arriva da NW, la pressione barometrica che era salita fino a 1017 mbar comincia a calare, stiamo uscendo dalla alta.
Bob Mc Davitt ci invia un aggiornamento del percorso: procedere con rotta 180° fino alla latitudine 30° sud, dove incontreremo un fronte con il vento che gira a SW, a quel punto la rotta diventa SE, fino a quando il vento girerà nuovamente ad ovest e potremo fare rotta diretta su Opua; ci informa inoltre che nella notte fra il 30 ed il 31 incontreremo onde sui 5 metri, probabilmente non frangente e con periodo lungo, il vento sarà debole, ma è comunque consigliabile un’attenta guardia al timone.
Il 30 ottobre, pertanto, siamo in “trepida” attesa di questo moto ondoso che nelle previsioni scaricate 5 giorni fa, dava picchi di 24 piedi (8 metri); in realtà gli effetti dell’onda non si sono proprio sentiti, mare lungo, vento sui 10-12 nodi da SSW, bolina stretta, nella notte diamo qualche aiutino di motore a 1200 g/min, quando il vento scende sotto i 10 nodi.
La temperatura si è decisamente abbassata, doppia coperta per la notte, indumenti di pile per il giorno, e pensare che solo qualche giorno fa eravamo ai tropici e morivamo di caldo al Vuda Marina …
Un po’ di cifre: il terzo giorno di navigazione percorriamo 137 miglia (8 ore a motore), il quarto 172 miglia (19 ore a motore), il quinto giorno 162 miglia; alle 12.00 del 31 ottobre, sesto giorno, 143 miglia; ormai mancano 149 miglia all’arrivo, domani è previsto l’atterraggio ad Opua.

martedì 28 ottobre 2014

Traversata Fiji - Nuova Zelanda 1100 Miglia (1)

23:56.28S 174:02.05E

Sabato 25 ottobre, dopo tanti rimuginamenti sulla situazione meteo, è la data fissata per la nostra partenza per l'ultima lunga tappa oceanica di questa stagione: la traversata dalle isole Fiji ad Opua, Nuova Zelanda, distante circa 1100 miglia.
La giornata si presenta nuvolosa con pioggia, come previsto; salpiamo l'ancora verso le 7,30 del mattino, dopo l'ultimo saluto via VHF agli amici Cristiano, Eliane e Giorgio. L'uscita da Navula Passage alle 9.15, con la marea calante, ci regala 2.5 nodi di corrente a favore. Dopo due mesi passati a zonzo per il vasto arcipelago Fijiano, sempre più o meno protetti da isole, isolette e barriere coralline, siamo di nuovo in oceano. Appena fuori, infatti, il vento si fa sentire (anche più del previsto): 20-25 nodi con raffiche a 30 nei groppi da SSE, mare formato e corto con onda sui 3 metri, procediamo di bolina stretta.
Siamo nella zona di convergenza subtropicale (SPCZ), caratterizzata da perturbazioni e fenomeni temporaleschi; man mano che procediamo verso sud, però, il vento cala e si stabilizza sui 15-20 nodi, gira a SE e ci consente una bolina larga sui 60°, più confortevole; fino a mezzogiorno del 26 ottobre, in 28 ore di navigazione, percorriamo 196 miglia; a bordo tutto bene, anche se qualche stomaco ha risentito del costante sbandamento.
La seconda giornata abbiamo di nuovo il cielo sereno e un bel sole, siamo fuori dalla fastidiosa zona di convergenza, il vento è costante sui 15-20 nodi e nelle 24 ore percorriamo 185 miglia.
Da mezzogiorno del 27, come da previsioni, il vento cala sui 10 nodi: stiamo ora attraversando una vasta zona di alta pressione. Manca una giornata al primo way-point indicatoci dal meteo-guru Bob McDavitt (25S 173E): da qui in poi dovremo osservare bene come si evolvono le basse pressioni ed evitare di incappare in qualche burrasca con mare e vento contrari ? per ora sappiamo che una di queste passa sulla Nuova Zelanda il 30-31 ottobre, alzando onde fino a 5 metri, il cui effetto arriva alla latitudine di 23° sud ? il vento invece, per fortuna, si dovrebbe indebolire ?. (continua)

venerdì 24 ottobre 2014

Le foto di Navadra

 

17:41.16S 177:22.96E

Refola a vele spiegate

Attenzione agli scogli !!!

Barbecue sulla spiaggia con Eliane, Cristiano e Giorgio

Una vera festa …

Mana, la nostra spiaggia privata




Navadra I. - Mana I. - Vuda Marina (Mamanuca Group - Fiji)

17:40.86S 177:23.15E

Venerdi 17 ottobre salpiamo per Navadra a 15 miglia, c'è un bel vento sui 15 nodi da ESE, che ci permette di fare tutto il percorso a vela; alle 10.15 ancoriamo ad ovest di Navadra, su fondo sabbioso di 21 metri (17°27.486'S 177°02.563'E).
Ci sono altre 4 barche ancorate, il posto è davvero bello, come avevamo sentito da amici e navigatori . La baia è chiusa ad est da Navadra, a sud da Vanua Levu ed a ovest dall'isolotto alto e massiccio Vanua Lailai, la protezione dai venti dominanti è buona; solo quando il vento è debole, entra onda da nord e si rolla un po'.
Cristiano durante il tragitto ha pescato un bel tonnetto, così organizziamo un barbecue sulla bellissima spiaggia di Vanua Levu, il fuoco davanti ad una grotta ed il tonno sulle braci tenero e gustoso; il giorno seguente lo dedichiamo allo snorkeling tra i coralli.
Domenica 19 alle 7.30 salpiamo alla volta di Mana a 19 miglia; il vento questa volta quasi assente ci costringe ad andare a motore. Con una piccola deviazione, passiamo davanti a Monuriki, una piccola isola resa famosa dal film Castaway con Tom Henke, girato qui.
La pass di Mana Island ci era stata descritta da altri navigatori come difficile e contorta. La giornata è un po' nuvolosa, la visibilità non eccellente, quindi decidiamo di avvicinarci all'ingresso e, in caso le condizioni non fossero buone, proseguire. Alle 11.00 siamo davanti alla pass: quello che nessuno ci aveva detto è che è ben segnalata! Seguendo le coppie di paletti, rossi a sinistra e verdi a dritta, anche con un percorso ad ?esse? tra i reef, si arriva facilmente all'interno della laguna; con la bassa marea, troviamo un fondale minimo di 3,9 metri.
Ancoriamo su circa 12 metri di fondo sabbioso (17°40.885'S 177°06.682'E); l'isola è famosa per i numerosi resort che si affacciano sulla laguna e sulla costa nord dell'isola, c'è l'areoporto ed anche un potente segnale internet.
Nel pomeriggio andiamo a terra ed assistiamo ad un originale matrimonio: celebrato sulla spiaggia dove era stata preparata la ?sala?, tutti gli invitati seduti su poltroncine appositamente allestite, pazientemente in attesa con lo sposo, la sposa che con i classici 15' di ritardo arriva dal cielo a bordo di un idrovolante; dopo l'ammaraggio l'idrovolante si avvicina alla spiaggia, due energumeni fijiani in abito tradizionale prendono in braccio la sposa e la consegnano allo sposo.
La sera ceniamo al ristorante a terra, 12 ? a testa per un piatto unico e birra, dove assistiamo all'esibizione di un gruppo di giovani ragazzi che cantano e ballano; la festa si conclude con i fuochi d'artificio, e al rientro in barca, finalmente dopo tante notti danzanti, dormiamo una notte su Refola immobile, come fosse a terra.
Lunedi 20 salpiamo alle 8.15, salutiamo Libero e Waki che rimangono a Mana: noi abbiamo prenotato un posto al Vuda Marina, per fare alcuni lavoretti prima della partenza per la Nuova Zelanda.
Il vento è ENE sul naso, a motore passiamo all'interno di Malolo Island, anch'essa famosa per i suoi resort; la maggior parte dei reef sono segnalati cosicchè il percorso all'interno della laguna risulta abbastanza facile.
Sempre a motore percorriamo le ultime 15 miglia che ci separano da Vuda Marina. Arriviamo alle 12.30 davanti al canale dragato e segnalato che porta all'interno della barriera, chiamiamo al VHF canale 16 il marina, che ci risponde di aspettare fino alle 14.00 per l'ingresso.
Per entrare al marina, ci sono disposizioni precise: attendere l'autorizzazione per percorrere lo stretto canale, velocità massima 3 nodi, una volta all'interno si ormeggia provvisoriamente ad una boa rossa posta al centro del bacino, fino all'arrivo del marinaio che assegnerà il posto e presterà assistenza per l'ormeggio.
Il marina non è molto grande ed è affollato, c'è un po' tutto, lavanderia a gettoni, un piccolo negozio di generi alimentari, un negozio di articoli nautici, distributore di carburante ed un buon ristorante a prezzi modici.
I giorni a Vuda Marina passano veloci, con un caldo asfissiante senza aria, e mille cose da fare; qui ritroviamo anche Leopoldo che ha fatto la stagione alle Fiji, ritroviamo anche gli amici di Cassiopee, Amel SM gemello del nostro, conosciuti 9 anni fa a Monastir.
Ripuliamo il serbatoio del gasolio dalla morchia che già una volta aveva sporcato il filtro, ma l'impegno più grande è lo studio della situazione meteo, per trovare la finestra giusta per la tratta Fiji - Nuova Zelanda. Questo e' l'argomento principale di discussione tra le barche, dal momento che quasi tutte come noi sono dirette in Nuova Zelanda per uscire dalla zona uragani.
A Vuda peraltro, c'è la possibilità di mettere la barca a terra in una buca, e a detta di molti la sistemazione è a prova di ciclone.
Per questa traversata partecipiamo al Rally ?All Points 2014?, del tutto particolare: iscrizione gratuita, nessuna data fissata per la partenza, ognuno parte da dove vuole (Fiji, Tonga, Vanuatu, Nuova Caledonia). Si arriva tutti ad Opua, nell'isola nord della Nuova Zelanda, dove dal 15 novembre si da' avvio ai festeggiamenti, che culminano il 23 con l'estrazione (una sorta di lotteria) dei premi per le barche registrate all'arrivo. Peccato che noi, il 15 novembre, avremo già tirato la barca a secco a Whangarei, il 20 saremo in Italia e quindi non abbiamo nessuna possibilità di vincere ?.
Dopo vari approfondimenti sul meteo, rimangono due date possibili per la partenza: venerdì 24 e lunedì 27 (sostenuta con convinzione da Gerard di Cassiopee); per toglierci qualche dubbio chiediamo informazioni via e-mail a Bob Mc Davitt, il guru della meteo nel Pacifico, il quale risponde che non ci sono controindicazioni per partire venerdì 24.
Il mattino di venerdì 24 ottobre finalmente sciogliamo ogni riserva sulla partenza, ci presentiamo all'ufficio della dogana, che funziona su prenotazione al Vuda Marina (60$ per la prenotazione), e formalizziamo l'uscita dalle Fiji, con l'obbligo lasciare la terraferma entro un'ora e le acque territoriale entro 24 ore.
In realtà facciamo rifornimento al distributore alle 14.30 e lasciamo il Marina verso le 15. Dopo due mesi passati in acque protette, dovremo riabituarci alla navigazione in mare aperto, e pertanto decidiamo di fermarci per la notte a Malolo, a 15 miglia, in modo tale da ripartire il mattino seguente e avere un'intera giornata per riprendere il ritmo oceanico.
A Malolo incontriamo nuovamente Cristiano e Giorgio, che vengono col dinghy a salutarci. Stanno andando a fare un barbecue sulla spiaggia, e ci invitano a unirci a loro ? ma noi, ormai del tutto immersi nello spirito della partenza per la traversata, decliniamo.
Sabato 25 alle 7.30 salpiamo da Malolo per affrontare le 1100 miglia che ci separano da Opua in Nuova Zelanda.

Le foto di Mana

17:41.16S 177:22.96E

La marinaia Lilli sempre vigile a prua …

Festa locale … ?

Ospite importante …?

NOOO!!! Matrimonio americano!

Le foto di Vuda Marina

17:41.16S 177:22.96E

L’ingresso al Marina Vuda

La vista del marina Vuda dal ristorante

Il canale di accesso in bassa marea

Le barche “interrate” per la stagione degli uragani

domenica 19 ottobre 2014

Tavewa I. Blue Lagoon - Naviti Somosomo - Waya (Yasawa Group - Fiji)

17:04.89S 177:16.61E

Sabato 11 ottobre, con vento quasi assente e cielo spesso coperto di nuvole, percorriamo a motore le 11 miglia che ci separano da Blue Lagoon; la navigazione è abbastanza difficile in queste condizioni di scarsa visibilità, nonostante abbiamo le tracce delle barche amiche Joel e Zoomax, che sono state qui lo scorso anno.
Molti sono i bassi fondali, anche estesi, mal segnalati se non assenti sulla cartografia elettronica; un valido aiuto, come già detto altre volte, lo abbiamo dalle foto satellite che abbiamo scaricato da internet, a diversi livelli di zoom, con il programma Sas Planet; proprio quando la visibilità è scarsa, l’immagine satellitare su cui vediamo Refola muoversi (grazie al rilevamento del segnale GPS), ci permette di distinguere in anticipo il diverso colore dei fondali.
Alle 11.10, dopo aver zigzagato tra una serie di banchi corallini, ancoriamo ad ovest di Tavewa Island, più conosciuta come Blue Lagoon; fondale di sabbia sui 16-18 metri (16°56.676’S 177°22.039’E).
Siamo di nuovo immersi nella “civilta’”: grande concentrazione di resort, idrovolanti e catamarani che si susseguono ad imbarcare/sbarcare gruppi di turisti, altre sei barche ancorate, un potente segnale internet … Piacevole quest’ultimo aspetto, per il resto, a parte il panorama in sè apprezzabile, sembrava di essere alla Malpensa o dentro il porto di Genova.
Il giorno seguente, snorkeling sui coralli, alcuni molto belli proprio adiacenti l’ancoraggio.
Lunedi 13 ottobre, la flottiglia italiana composta da Refola, Waki e Libero salpa per una breve tappa di 13 miglia, fino alla grande baia a nord dell’isola Naviti, in prossimità del villaggio Somo Somo (non c’è grande fantasia di nomi qui, dopo Suva, Komo, Savu Savu, questa è la seconda Somo Somo che incontriamo!). Ancoriamo nella piccola baia un miglio a NNE del villaggio, su un fondale di sabbia sui 15 metri (17°04.890’S 177°16.617’E).
Questo ancoraggio ci era stato segnalato oltre che dagli amici di Zoomax e Joel, anche da altri navigatori, che hanno trovato un corallo particolarmente bello e vario; andiamo per lo snorkeling intorno alla Punta Nukusa, che ci avevano descritto come un “Coral Garden”, e infatti nonostante la luce del sole offuscata dalle nuvole, troviamo una grande varietà di coralli, flora sottomarina e pesci.
Martedi 14 ottobre, con cielo ancora coperto e sotto la pioggia, lasciamo Naviti Island con la speranza di trovare bel tempo altrove; la nostra meta è Drawaga Island a 10 miglia. Speranza prestissimo rivelatasi l’illusione: alle 11.00 ancoriamo ad ovest di Drawaga (17°10.293’S 177°11.263’E) su un fondale di 18-20 metri. C’è rollio ed acqua torbida e poichè siamo arrivati per primi comunichiamo per radio VHF agli amici di Waki e Libero che è meglio proseguire sulla successiva isola a sud, Waya.
Alle 12.30 arriviamo nella baia a nord di Waya, Nalauwaki bay, c’è poco vento, ma entra onda da est e si rolla anche qui … facciamo una sosta per il pranzo e alle 14.30 ripartiamo per spostarci di altre 9 miglia nella baia a sud di Waya, Yalobi bay, dove ancoriamo davanti alla scuola con i tetti blu, su un fondale sabbioso di 12-14 metri (17°18.594’S 177°07.372’E).
Insomma, un piccola odissea, ma finalmente prima del tramonto torna un po’ di sole e tutto sembra assumere più fascino, la spiaggia, i colori della montagna, i diversi colori dell’acqua.
Mercoledì 15 ci alziamo con tanti progetti, lo snorkeling nella piccola pass fra le 2 isole (Waya e Wayasewa), la visita al villaggio Yalobi, qualche passeggiata; in realtà già a metà mattina comincia entrare una fastidiosa onda da sud, verso cui non siamo protetti. A fine mattina il vento è già oltre i 15 nodi, alle 13.45 Cristiano ci chiama al VHF: “ Ragazzi qui si mette male, che si fa?”
“Questo vento da sud non era previsto, l’unico posto vicino e riparato è la baia a nord, dove eravamo ieri, aspettiamo altri 15 minuti e se non cala salpiamo!” rispondo io … in barba alle previsioni, il vento aumenta ed è stabile sui 20 nodi, l’onda arriva ormai ad 1 metro. Senza bisogno di nessun altra comunicazione, ogni barca si prepara a salpare. Noi, a causa del forte beccheggio, non riusciamo nemmeno ad issare il gommone a poppa e optiamo quindi per trainarlo; alle 14.15 tutta la flottiglia italiana ha salpato e si dirige nuovamente a Nalauwaki bay.
Alle 16.00 ancoriamo mezzo miglio a nord del villaggio, su un fondale sabbioso di 22 metri (17°16.286’S 177°06.784’E): ci sono altre sei barche che hanno trovato rifugio qui, fuggendo dagli ancoraggi vicini.
Con il vento teso, arrivano le raffiche; per un po’ il mare resta piatto, ma non dura molto, alla notte il vento cala e poi capricciosamente gira prima a NW, poi a N ed infine si stabilizza a NE e così si ricomincia a ballare…
Giovedì 16 ottobre facciamo un giro a terra fino al Resort Octopus , sul lato opposto della collina, ed un po’ di snorkeling sul reef sotto costa.
La sera il vento rinforza sui 20 nodi da NE (la baia è esposta da NW a NE, si starebbe di nuovo bene nella baia a sud, ma spostarsi di nuovo è impensabile): l’onda è fastidiosa, l’allarme ancora suona, l’ecoscandaglio ci segnala che il fondale è passato da 18 a 12 metri, forse la catena si è stesa completamente, ma abbiamo il basso fondale alle spalle! Nonostante il buio pesto, decido di spostarmi di circa 300 mt, in acque più profonde e sicure.
Avendo rollato abbastanza, domani 17 ottobre salperemo verso sud, in cerca di un ancoraggio più riparato…

Blu Lagoon come Malpensa …

Ma in compenso lo snorkeling ci regala queste immagini







… a cui si aggiunge, per non farsi mancare nulla, uno squalotto …

Le foto di Naviti

 

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… lo spettacolo piu’ bello e’ sott’acqua…

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Le foto di Waya

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I colori della baia Yalobi, a sud di Waya

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Un giro di perlustrazione col dinghy

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La baia Nalauwaki, a nord di Waya

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Il nostro ancoraggio a nord

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La baia del resort Octopus …

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… e la sua spiaggia

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domenica 12 ottobre 2014

Yasawa I. (Fiji)

 16:80.93S 177:27.93E

Martedi 7 ottobre alle 6.30 salpiamo da Yandua, con Cristiano che ci segue a ruota, c’e’ alta marea e cielo grigio, si fatica a distinguere le secche dalle acque profonde; seguiamo la traccia precedente per circa 4 miglia, fino all’uscita della barriera che ci riporta nelle Bligh Water, poi rotta per ovest con il vento al gran lasco sui 20 nodi; il cielo si e’ aperto ed un bel sole ci accompagna per tutto il percorso. La pesca e’ tornata fruttuosa: un wahoo sui 6 kili ed un tonnetto di circa 3 rimpinguano a dovere il nostro freezer.

Alle 13.00 superiamo il reef che si estende a nord dell’isola Yasawa, la piu’ settentrionale del gruppo, fondale minimo 13 metri, c’e’ una buona luce che ci fa vedere distintamente i bassi fondali ed i piccoli  scogli. Alle 14.35, dopo aver percorso 55 miglia, ancoriamo a Narawa Bay, davanti ad una bella e lunga spiaggia bianca, su un fondale di sabbia di 7-8 metri (16°44.011’S 177°33.743’E).

Troviamo ad attenderci Giorgio, che naviga in solitario sul suo Pretorian “Waki”, e che sentiamo ogni sera via radio SSB al net italiano delle 6.00 UTC; la sera gran cenone su Refola, in compagnia degli amici di Libero e Waki.

A cominciare dal tardo pomeriggio il vento rinforza e continua ad ululare per tutta la notte ed il giorno seguente a 25-30 nodi, l’ancoraggio e’ ben protetto e la tenuta dell’ancora ottima; non secondario, abbiamo anche un buon segnale per internet. Il giorno seguente una delegazione formata da Giorgio, Cristiano e Giancarlo si reca a piedi al villaggio di Yasawairara, distante circa 7 km, per fare il sevu sevu. La notte di mercoledi 8, verso le 22, vediamo l’eclissi sulla luna piena:  le nuvole che corrono veloci nel cielo disturbano un po’, ma a tratti e’ chiaramente visibile l’ombra della terra che oscura tre quarti della superficie lunare.

Giovedi 9 ottobre ci spostiamo a sud dell’isola, in prossimita’ del villaggio Nabukeru; bella veleggiata di 14 miglia, con il vento al lasco sui 15-20 nodi, alle 11.40 ancoriamo a NW di Sawa-I-Lau  su un fondale di 22-24 mt di sabbia (16°50.935’S 177°27.928’E) ..

Nel pomeriggio scendiamo a terra per fare il sevu sevu: solita breve cerimonia, ma alla fine riceviamo dal capo villaggio la “calda” raccomandazione di passare dalle “ladies” (le sue compaesane) per vedere la raccolta di collane e monili vari che mettono in vendita per i turisti.

Mentre eravamo in visita dal capo, infatti, le “ladies”, una decina di signore ben in carne, avevano steso a terra parei e stuoie e messo in bella vista tutti i loro lavori: ci sembrava scortese sottrarci e  cosi’ onoriamo l’ospitalita’ acquistando qualche articolo.

L’attrattiva principale che rende famoso questo ancoraggio sono le grotte subacquee dell’isolotto  Sawa-I-Lau ; tutte le mattine alle 9.30, dal villaggio Tamusua, un miglio ad ovest di Nabukeru, arriva il “proprietario” delle grotte con una squadra di assistenti. Apre il cancello che da’ accesso alle grotte, riscuote la tariffa (20 $ fijiani a persona + 10 per ogni gruppo), mentre i suoi assistenti armati di torce subacquee, si occupano di accompagnare i turisti e di evitare incidenti.

Venerdi 10 ottobre decidiamo di visitare queste grotte: insieme a noi, dai resort vicini, arrivano 3-4 barche piene di turisti. Ovviamente il boss da’ la precedenza a loro (turisti doc), anche perche’ tramite il nostro portavoce Cristiano noi ci mettiamo a contrattare sul prezzo, peraltro senza ottenere un bel niente! Si accede alle grotte per mezzo di una scala in cemento che parte dalla piccola spiaggia e sale per circa 15 metri fino al cancello. Da li’ si riscende in grotta fino al livello del mare: ci si ritrova in una prima caverna, con acqua profonda una decina di metri, grande ed illuminata dal sole tramite una grossa apertura in alto, tra le ripide pareti di roccia; da questo primo antro si diramano altre caverne, piu’ piccole e piu’ buie, da raggiungere attraverso percorsi subacquei, abbastanza brevi (circa 10-15 sec).

E’ necessario essere attrezzati di torcia subacquea, perche’ a parte la prima sala, le altre sono senza luce ed e’ facile perdere l’orientamento; gli assistenti si posizionano ai due lati del passaggio piu’ difficile, per aiutare chi si trova in difficolta’, ma negli altri posti ognuno si deve arrangiare.

E’ stata un’esperienza emozionante e per tutti e’ valsa la pena di spendere un po’ di dollari (quasi 10 euro a testa!); abbiamo proseguito lo snorkeling sul mare davanti alle grotte, dove ci sono bei coralli e molte specie di pesci di piccola taglia.

Il 10 ottobre e’ festa nazionale  alle Fiji (anniversario dell’indipendenza dal dominio coloniale britannico, ottenuta nel 1970); il capo villaggio di Nabukeru ci aveva invitato a partecipare ai festeggiamenti e cosi’ nel pomeriggio siamo scesi a terra. Apparentemente il villaggio era tranquillo e sonnacchioso come al solito, ma poi girando siamo arrivati alla “Community hall”, una casa un po’ piu’ grande delle altre, punto di ritrovo per le assemblee e le feste del villaggio.  Tutti seduti per terra, le donne da una parte, a guardare e chiacchierare, e gli uomini dall’altra, a bere la kava nella classica ciotola di cocco. Cortesemente ci invitano ad entrare, ma solo Angelo ed io decidiamo di provare questa benedetta kava (dopo averne regalata tanta nei nostri “sevu sevu”),

gli altri optano per una passeggiata sulla spiaggia … ebbene, abbiamo bevuto una ciotola di kava a testa (e’ assolutamente scortese non finirla): e’ come bere dell’acqua sporca di terra, che lascia in bocca un leggero sapore di pepe. In tutte le Fiji la kava e’ un caposaldo delle loro tradizioni; si beve in compagnia, e pare che con una certa quantita’ si abbiano effetti narcotizzanti. Noi siamo rimasti lucidi, comunque…

Sabato 11 ottobre lasciamo l’ancoraggio di Sawa-I-Lau per spostarci circa 10 miglia a sud, nella famosa Blu Lagoon del gruppo delle Yasawa, dove e’ stato girato il film con Brook Shields.  

Alessandro

La spedizione a terra di Giancarlo, Cristiano, Giorgio

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Lilli di vedetta a prua per l’arrivo a Sawa-I-Lau

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Sawa-I-Lau, la spiaggia e le caratteristiche rocce a fungo

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Il resto della flottiglia italiana: Libero di Cristiano e Waki di Giorgio

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I nostri eroi col capo villaggio di Nabukeru (Cristiano, Angelo, Sandro)

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Le “ladies” di Nabukeru vendono i loro souvenir

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Il placido ancoraggio di Sawa-I-Lau

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L’ingresso alle grotte

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La prima caverna …

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… la luce viene dall’alto …

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