lunedì 19 giugno 2023

DA NEWPORT A BOSTON


Mercoledì 24 maggio alle 8.45 lasciamo Newport per una tappa di 45 miglia fino a Martha’s Vineyard, una delle isole più rinomate ed esclusive della East Coast americana. C’è pochissimo vento, andiamo a motore. Ecco i nostri due nuovi ospiti:

Fabrizio e Jesus si sono ambientati subito su Refola, e mostrano di apprezzare enormemente la filosofia che sta dietro alle barche Amel, almeno quelle vecchiotte come la nostra: attenzione massima alla sicurezza e al comfort, soluzioni semplici per evitare il più possibile problemi e preoccupazioni. Proprio spinti dal loro interesse per le Amel erano venuti a trovarci all’inizio di luglio 2022 sul pontile del Regatta Point Marina di Deltaville, dove tengono stabilmente il loro Catalina 46 Water Dawg. Scambi di cene e aperitivi, e da allora siamo rimasti sempre in contatto: sono venuti a trovarci a Verona durante le vacanze di Natale 2022, hanno dato un’occhiata a Refola nel cantiere Stingray Point durante la nostra assenza…  Nel momento in cui hanno espresso il desiderio di provare un’esperienza di navigazione su una barca Amel, siamo stati ben lieti di proporre loro un giro su Refola. Fabrizio è nato a Cantù e vive da trent’anni negli USA, Jesus è originario di Portorico, ma parla benissimo l’italiano: la conversazione è facile!!! Abbiamo due Fabrizi a bordo: per non fare confusione Lilli li ribattezza Fabrizio Ita e Fabrizio Usa.

Arriviamo a Martha’s Vineyard alle 16. Attendiamo l’apertura di uno stretto ponte mobile ed entriamo nella vasta laguna dove ancoriamo in 4-5 metri di fondale fangoso (41°27.207’N 70°35.082’W).


 


Con la solita eccezione di Lilli, andiamo a terra con il dinghy e scopriamo un paesino carino a vocazione prettamente turistica, tanti bei negozi, soprattutto di abbigliamento, un sacco di gente a passeggio. Prima di rientrare ci fermiamo in una pescheria e compriamo una buona quantità di cozze, da cucinare in barca.

Una volta a bordo, vediamo Jesus assumere il ruolo di chef e prepararci una pepata di cozze al pomodoro con spaghetti, una prelibatezza!

Venerdì 26 maggio alle 8.15 attendiamo nuovamente l’apertura del piccolo ponte e mettiamo la prua su Nantucket, a 30 miglia, altra gemma turistica di questa parte di costa americana sull’atlantico.

Ci troviamo in una zona di alta pressione, sui 1024 millibar, e il poco vento che c’è ci viene principalmente sul naso: navighiamo a motore e arriviamo alle 13.25.


Il canale di accesso alla grande baia su cui si affaccia la cittadina di Nantucket si trova sul versante settentrionale dell’isola. Gran parte dell’area è occupata da gavitelli e, rispettando lo spazio di manovra per i numerosi traghetti provenienti da Martha’s, Newport, Boston, resta davvero poco posto per ancorare. Prendiamo quindi, al costo di 65 $ /notte, una boa (41°17.001N 70°05.449’W).

Caliamo il dinghy per un giro di perlustrazione a terra (lasciando ancora una volta Lilli in barca) e troviamo un paese che si sviluppa quasi completamente intorno al porto, con numerosissimi negozi, bar, ristoranti, tutti molto frequentati. Dopo questo bagno di folla siamo ben contanti di risalire a bordo per l’aperitivo serale, con il nostro solito Gin&Tonic.

Il giorno seguente programmiamo una partenza nel tardo pomeriggio, alle 17.35, per raggiungere Cape Cod, una penisola a forma di uncino, ambita meta estiva non solo per i locali (siamo ormai in Massachusetts), ma per tutto il nord est americano. La nostra meta è Provincetown, la distanza da coprire 86 miglia. Finalmente troviamo un po’ di vento: 10-15 nodi da SW; iniziamo con vela e motore fino alle 21.30, poi solo vela con il vento in poppa fino a destino.


La notte scorre tranquilla; all’alba, dopo aver aggirato a nord la penisola, arriviamo avvolti in un panorama incantato: una lunga striscia di dune di sabbia, che ci introduce nella grande baia di Provincetown.

Alle 7.15 caliamo l’ancora in prossimità dell’ingresso E del porto, su un fondale sabbioso di 4-5 metri (42°03.174N 70°10.416W).

Fabrizio e Jesus conoscono bene questa zona: per molti anni, quando ancora vivevano a NYC (ora la loro casa è in New Jersey, in mezzo ai boschi) facevano base a Provincetown per le vacanze. Hanno ancora molti amici qui, con cui sono restati in contatto; già il primo giorno infatti scendiamo a terra nel pomeriggio per incontrarne alcuni, con cui avevano preso appuntamento. Poi giriamo per il centro, gremito di gente, passeggiando ancora una volta tra negozi, bar, ristoranti e belle case.




Il giorno seguente gli amici di Fabrizio e Jesus ci invitano a casa loro per un drink (e non solo). L’invito era esteso anche a Lilli, ma lei declina per i noti motivi. La casa è bellissima, a tre piani, con un’incantevole vista panoramica sulla baia. Ci vengono offerti, oltre all’aperitivo, torta, caffè, gelato; tutto squisito.

 

Sulla via del ritorno, non manchiamo di fermarci in pescheria: ci facciamo preparare due grosse aragoste (cucinate a vapore) per la nostra cena a bordo. Le aragoste locali, bisogna riconoscerlo, meritano tutta la loro fama: sono infatti buonissime, con due grosse chele come i nostri astici e tanta carne all’interno.

Mercoledì 31 maggio alle ore 9.00 salpiamo per Boston, a 48 miglia. Abbiamo poco vento da SE, che prendiamo al gran lasco; procediamo a vela e motore fino alle 17.00, quando arriviamo al Boston Harbour Shipyard & Marina, dove avevamo prenotato un ormeggio (come sempre “salato”), attraverso l’efficiente motore di ricerca Dokcwa.




Anche a Boston avremo un cambio di equipaggio: scendono Fabrizio e Jesus, con i quali siamo stati benissimo e di cui sentiremo la mancanza (solo fino alla prossima volta) e arriveranno i “veterani” Angelo e Cristina, già compagni di tante avventure, che rimarranno a bordo fino al Mediterraneo.

Evvai !!!!

 

 

mercoledì 7 giugno 2023

Da Long Island, NY a Newport, RI

 

Alle 10,55 di lunedì 8 maggio lasciamo, insalutati ospiti, l’Hudson Point Marina di New Jersey City, di fronte a Manhattan. In tanti anni non ci era mai successo di stare in un marina per giorni senza vedere alcuno: né marinai, né receptionist, neanche addetti alle pulizie! Il pagamento, salatissimo, avviene automaticamente tramite l’applicazione Dockwa sulla carta di credito, immediatamente all’arrivo. Dopo di che ci si può scordare di avere assistenza, informazioni e qualunque altra cosa. Ogni commento è superfluo. 

Dal Marina aggiriamo a sud Low Manhattan col suo Financial District, passiamo sotto i ponti di Brooklyn e di Manhattan e proseguiamo risalendo l’East River. 


L’East River ci conduce nel Long Island Sound, il braccio di mare che separa il Connecticut, a Nord, da Long Island, a Sud. La prima sosta sarà a Port Washington, distante 21 miglia.

Il nostro giovane amico, nonché meccanico, Will ci aveva messo in guardia su un punto critico di questo percorso: si tratta di Hell Gate (porta dell’inferno!) dove le forti correnti creano turbolenze e gorghi che possono mettere in difficoltà le imbarcazioni. È necessario, dice Will, raggiungere Hell Gate durante la slack (la stanca, quando la corrente si inverte). Lilli si mette a studiare il nuovo libro che Will ci ha consigliato di comprare e calcola l’orario migliore; io programmo la partenza per le 10.55 e superiamo il punto critico alle 12.40, circondati da una calma assoluta. Programmazione e tempismo perfetti.

Alle 14.55 giungiamo a destinazione, ancoriamo fuori dal vastissimo campo boe, su un fondale fangoso di circa 5,5 metri (40°49.642N 73°42.799’W).

Mentre Lilli, sempre infortunata, e Ornella, solidale, restano in barca, noi uomini facciamo un’escursione a terra con il dinghy. Abbiamo due mete, entrambe poco distanti: il negozio della West Marine dove acquistiamo il nuovo gancio per la catena dell’ancora con la relativa cima e un supermercato per un piccolo rabbocco alla cambusa.

Il giorno seguente, come pattuito, ci raggiunge Will, che finalmente riesce a portare a termine la sostituzione delle cinghie degli alternatori.

Mercoledì 10 maggio salpiamo diretti ad Oyster Bay, a 19 miglia. Partenza alle 9.55, arrivo alle 13.10, ancoriamo in un tratto libero da boe su 4-6 metri di fondale fangoso (40°52.886’N 73°31.375’W).

Il tempo incerto non ci invoglia a scendere a terra ma in compenso assistiamo ad una regata serale, con tanto di barca giuria e campo segnalato.

Dopo Oyster Bay, nel programma, avevo inserito una puntata a Thimbles Island, Connecticut, sul versante nord del Long Island Sound; ma la distanza, di 45 miglia, non piace a Lilli che preferisce tappe più brevi. La accontento perché è il suo compleanno: l’11 maggio navighiamo solo 26 miglia, fino a Port Jefferson. C’è poco vento, procediamo a motore e arriviamo alle 13.40; ancoriamo a nord del campo boe, su 4-6 metri di sabbia-fango (40°57.275’N 73°04.506’W).

Port Jefferson è una cittadina molto animata e turistica, la gente vi arriva in macchina da New York City, oppure col traghetto di linea da Bridgeport, Connecticut.

La tappa successiva è di avvicinamento a Sag Harbour. Ci fermiamo per la notte a Truman Beach, distante 40 miglia che percorriamo a motore, senza vento; solo nell’ultimo tratto arriva un venticello sui 14-15 nodi da SW, ma l’insenatura è ampia e tranquilla, ancoriamo su 6 metri di fondale sabbioso (41°08.423’N 72°19.887’W).

Il giorno successivo ci restano 18 miglia per raggiungere Sag Harbour; prima di ancorare ci riforniamo di diesel ed acqua al distributore del marina e ci spostiamo poi appena fuori dal campo boe, dove caliamo l’ancora in 3 metri d’acqua con fondale fangoso (41°00.588’N 72°17.777’W).

Anche Sag Harbour è una cittadina a vocazione turistica. Ci restiamo 5 giorni, recandoci a terra quasi tutti i giorni per varie attività: un giorno (solo noi maschietti) noleggio biciclette ed escursione sulla costa oceanica (distante 12 km in direzione sud), un pomeriggio/sera cena fuori per una bella pizza, una mattina dedicata alla lavanderia. La povera Lilli rimane sempre in barca, in paziente attesa.

 



Giovedì 18 maggio salpiamo da Sag Harbour alle 9.45, diretti a Block Island, a 40 miglia. All’inizio un debole vento da NE, praticamente sul naso, ci costringe a motore per più di un’ora. Ma verso le 11, rinforzandosi e girando prima a SW e poi a SE, ci permette di fare una stupenda veleggiata: 8-9 nodi di velocità, con 1,5 nodi di corrente a favore ed un vento apparente di 10-15 nodi.

Arriviamo a Block Island alle 15.30 e ancoriamo su 4-5 metri d’acqua, con fondale di fango duro (41°11.476’N 71°34.532’W). Venerdì 19 doveva essere dedicato alla visita dell’isola (Ornella aveva letto nella sua guida che si tratta di un luogo interessante) ma la giornata non è bella e fa freddo, tanto che nessuno ha voglia di andare a terra. Restiamo a ciondolare in barca e comunque, dopo ampia discussione, decidiamo non prolungare la sosta e di partire il giorno successivo.

Così facciamo: alle 9,30 di sabato 20 maggio salpiamo alla volta di Newport, Rhode Island, a 23 miglia. Piove, c’è scarsa visibilità e vento a raffiche da SW fino a 30 nodi. Lo prendiamo al gran lasco e non ci crea problemi. Alle 13 siamo a destino, sotto una pioggia a tratti torrenziale.

Sappiamo da mesi che proprio in questi giorni a Newport sono presenti le barche della Ocean Race (la ex Volvo Ocean Race), la maratona velica intorno al mondo iniziata il 15 gennaio ad Alicante in Spagna che si concluderà a inizio luglio col gran finale, per la prima volta in Italia, a Genova.

Proprio il 20 maggio era prevista per queste barche “da guerra” la In-port race, una breve regata che si svolge in ogni punto di sosta (il cui risultato non influenza la graduatoria finale dell’Ocean Race, tranne che in caso di parità di punteggio). Noi eravamo preoccupati di infilarci all’arrivo nel campo di regata, ma apprendiamo già al mattino che la In-port race è cancellata a causa delle avverse condizioni meteo: poca visibilità, vento troppo rafficoso. Riusciamo così a raggiungere, senza disturbare, il pontile del Newport Harbor Hotel & Marina (41°29.278N 71°19.035W) dove avevamo prenotato l’ormeggio per quattro notti, ai soliti incredibili prezzi cui i marina USA ci stanno purtroppo abituando: “solo” 242 $ al giorno!

La In-port race viene riprogrammata per domenica 21 maggio, quando il tempo finalmente si ristabilisce, con il cielo sereno e un bel sole caldo. In barba al pubblico pagante (275 $ a persona) Umberto, Fabrizio ed io riusciamo ad assistervi da un piccolo gazebo poco distante dal Marina. Non capiamo granché delle regole di regata, ma ci godiamo ugualmente lo spettacolo, per noi gratuito! Conclusa la gara, senza rientrare in porto, le barche sono partite per la quinta tappa dell’Ocean Race, di 3500 miglia, fino ad Aarhus, Danimarca.

Andiamo a visitare, poco distante dal Marina, il festival delle ostriche: un capannone brulicante di gente dove numerosi banchi offrivano vari tipi di ostriche al “modico”  prezzo di 3 $ cad.


Lunedì 22 è il giorno della partenza di Umberto ed Ornella, che in serata prenderanno da Boston l’aereo che li riporterà a casa. Per non correre rischi di arrivare tardi avevano prenotato con grande anticipo con Lyft (equivalente, ma meno caro di Uber) un taxi che avrebbe dovuto venirli a prendere alle 14,45. Ebbene, abbiamo capito che la prenotazione delle corse NON è una buona cosa. Per ben due volte, a pochi minuti dall’arrivo al Newport Harbor Hotel & Marina, l’autista rinuncia alla corsa lasciandoci in un’attesa sempre più nervosa, che si conclude dopo quasi un’ora. Alla fine, per fortuna, ce l’hanno fatta e in aeroporto tutto è filato liscio. Abbiamo trascorso con loro delle belle settimane e sicuramente ci mancheranno.

Martedì 23, cambio di equipaggio: arrivano i nostri amici americani Fabrizio e Jesus, che navigheranno con noi fino a Boston.

L’avventura continua…