venerdì 23 ottobre 2015

NOUMEA - SI PARTE PER LA NUOVA ZELANDA


La sosta a Port Moselle non è stata così piacevole, il cattivo tempo ha fatto da padrone: pioggia e vento quasi tutti i giorni. Ciò non mi ha impedito comunque di riparare il riduttore del rullaranda e di montare, con l'aiuto dell'elettricista, un pulsante di emergenza per quando il motore fa i capricci all'avviamento.
Avevamo intenzione di fare un po' i turisti, ed approfondire la conoscenza di Noumea, ma il tempo non ci ha invogliato a muoverci. Lilli addirittura è scesa dalla barca solo per andare a buttare le immondizie!
Le nostre impressioni sulla Nuova Caledonia sono positive in generale, ma con alcune precisazioni. La navigazione è piacevole, con molti ancoraggi ed acque limpide soprattutto nelle Isole Loyalteau, che si trovano circa 70 miglia a NE di Grande Terre. La cartografia è curata, i segnali marittimi diffusi e ben tenuti.
Punto negativo la temperatura dell'acqua: è fredda, 23° al massimo in questo periodo. Dovrebbe aumentare in novembre e dicembre, nell'estate tropicale, quando però inizia la stagione degli uragani. Questo aspetto riduce molto la godibilità degli ancoraggi in confronto a Vanuatu, Fiji, Polinesia.
Anche il rapporto con la gente è positivo; in particolare abbiamo apprezzato, soprattutto alle isole Loyalteau, la gentilezza e l'ospitalità dei Kanak, la fiera popolazione indigena che ha a lungo combattuto per l'indipendenza della Nuova Caledonia dalla Francia. Una battaglia politica costellata di episodi di sangue, culminati con l'assassinio nel 1989 dei due principali leader del movimento indipendentista, Tjibaou e Yewene (la cui tomba avevamo visitato a Marè) e conclusasi non con l'indipendenza, ma con il riconoscimento della rappresentanza Kanak nelle province della Nuova Caledonia, che rimane territorio francese d'oltremare.
Nei lunghi giorni passati al Marina di Port Moselle, oltre a riparazioni e pulizie, l'attività principale è stata lo studio della situazione meteorologica, per individuare il momento giusto per lasciare gli ormeggi e raggiungere la Nuova Zelanda. Vi ho dedicato non meno di una-due ore al giorno, ubriacandomi di dati che cambiavano ogni volta, anche notevolmente. Pare che quest'anno la successione di alte e basse pressioni che dal mare di Tasmania si spostano verso est sia più serrata del solito, con intervalli di soli 3-4 giorni una dall'altra. Trovare la finestra giusta che ci consenta di arrivare almeno vicino alla Nuova Zelanda non è cosa facile!
Tentando di evitare gli eccessi (troppo vento o pochissimo), avevamo individuato un onesto compromesso di vela e motore tra il 19 ed il 21 ottobre, ma la formazione di una tempesta tropicale che dal sud delle Fiji si spostava verso ovest, cioè verso di noi, ci ha costretto a rimandare.
Questa tempesta tropicale, con venti di 40-45 nodi vicino al suo centro, è arrivata sotto la Nuova Caledonia il 19 ottobre, per poi tornare indietro verso est e dissolversi un po' alla volta; così il giorno successivo al suo passaggio la decisione è presa: si parte il 22, spediamo una mail a Bob Mc Davitt, il guru meteorologo del Pacifico, perché ci prepari un piano di navigazione, che tenga conto della situazione meteo che troveremo nei prossimi giorni.
Anch'io elaboro un piano, basandomi sulla mappa dei grib files, ma quello di Bob è sicuramente più preciso.
Semplificando al massimo, la strategia per raggiungere la Nuova Zelanda dai tropici è la seguente: bisogna partire quando una alta sta passando a sud di noi, dirigersi inizialmente verso SSW, in modo da poter, a sud della latitudine 30° S, tenere una rotta ESE verso il capo N della Nuova Zelanda, dove la probabilità di trovare venti da SW, anche forti, è abbastanza elevata.

giovedì 15 ottobre 2015

COSTA EST DI GRANDE TERRE DA PORT BOQUET E RITORNO A NOUMEA

Giovedì 8 ottobre alle 7.30 salpiamo da Ile Toupeti diretti alla Baia de Ouinne, a 26 miglia. Il vento è sempre sul nostro naso tra i 20 e 25 nodi, con raffiche a 30: altra giornata di bordi con la barca piegata ed un vento apparente tra i 25 ed i 30 nodi.


Navighiamo sempre tra la costa e la barriera, che in alcuni tratti è costituita da fondali variabili da 2 a 10 metri, tra l'altro non completamente cartografati, senza alcun riparo dall'onda oceanica, che arriva a circa 2 metri di altezza.
Alle 16 arriviamo alla Baia de Ouinne, ancoriamo nell'angolo SW su un fondale di fango/sabbia sui 9-10 metri (21°59.088'S 166°41.349'E). Il log ci segna 48 miglia percorse.
La baia è aperta ad E-NE, perciò l'onda da ESE riesce ad entrare ed a rendere il nostro ancoraggio abbastanza rollante; si potrebbe mettere un ancora a poppa per tenere la prua rivolta all'onda, ma visto che resteremo solo una notte, decidiamo di sorbirci questo rollio.

Il contesto non è tra i più belli: siamo in prossimità di una cava per l'estrazione del nichel, acque torbide, alla fine della baia c'è un istmo che la separa dalla laguna interna formata dalla foce del river Ouinne. Su questo istmo c'è il villaggio, la cui maggior occupazione leggiamo essere il lavoro della cava, sulla testa nord leggiamo esserci un piccolo porticciolo privato dove si può accedere con il dinghy.
La laguna interna si può raggiungere con barche di basso pescaggio o con il dinghy, i fondali variano tra 1 e 2 metri ; potrebbe essere interessante fare un giro fino al villaggio, ma il tempo e l'ancoraggio non ci ispirano a passare qui una giornata.
Venerdì 9  lasciamo la Baia de Ouinne diretti a Baia de Yate a circa 20 miglia. Sarà il nostro ultimo ancoraggio sulla costa est di Grande Terre; come da copione il vento è costantemente tra i 20-25 nodi e la larghezza della laguna in questo tratto comincia a ridursi, per cui i bordi sono più corti e  aumentano in numero.

BORDI DA KOUAOUA A PORT BOUQUET

BORDI DA PORT BOUQUET ALLA PASS DI HAVANNAH

Alle 14.20 siamo a Baia de Yate, il log ci dice che di miglia ne abbiamo fatte 36.
L'ingresso è segnalato con l'allineamento di due triangoli contrapposti posizionati sulla montagna, sulla rotta 283°; la baia è ampia, ma la parte profonda utilizzabile per l'ancoraggio ha un raggio di circa 200 metri. Ancoriamo al centro, circa 200 metri ad W del segnale rosso che delimita il basso fondale nella parte sud, fondo di sabbia/fango sui 7-8 metri (22°09.144'S 166°56.299'E).

Come la precedente, anche questa baia è aperta ad est, così l'onda entra, smorzata solo dai bassi fondali ai margini, dove frange vistosamente.
C'è un altro ancoraggio circa mezzo miglio più all'interno, in prossimità di un ponte che unisce le due sponde, ma bisogna percorrere uno stretto passaggio, dove l'acqua torbida impedisce di distinguere le profondità; peraltro in questa baia sfocia il Petite Riviere Yate, che potrebbe accumulare detriti sulla foce, variando quindi in modo imprevedibile le profondità.

Sul lato sud della baia vediamo i tetti di un villaggio, ma anche in questo caso il rollio ed il tempo non ci invogliano a soste ed esplorazioni.

Sabato 10 ottobre salpiamo da Baia de Yate per percorrere le ultime 12 miglia di bolina sulla costa est di Grande Terre, poi saremo nella Passe di Havannah, con il vento al traverso e con l'onda smorzata dalla estesa laguna sud.
Abbiamo programmato la partenza alle 8.15, in modo da essere sulla Pass Havannah almeno  un'ora dopo la bassa marea delle 11.00 e di poterci così avvantaggiare della corrente a favore.
Il vento è costante sui 20-25 nodi; appena usciti dalla baia troviamo onde di un paio di metri, provocate dalla brusca variazione di fondale. Tiriamo il primo bordo verso NE, e poco dopo un aumento del vento sotto un groppo ci induce a ridurre ulteriormente la randa, ma la manovra non riesce, controllo se si è aperto l'interruttore di protezione del motore, ma quello è a posto, è saltato invece il riduttore meccanico del rullaranda, già riparato lo scorso anno.
In questo caso la randa si può manovrare a mano, ma bisogna sganciare il meccanismo del motore, difficile da fare con la randa che porta anche un minimo di vento; dobbiamo rimandare all'arrivo quando saremo in acque più calme e con meno vento.
Proseguiamo con i nostri continui bordeggi ed alle 12.45 siamo alla pass di Havannah, per circa 15 minuti abbiamo circa 2 nodi di corrente contraria, poi arriva la fase neutra: finalmente è tutta un'altra musica, mare e vento al traverso, l'onda non supera il metro, viaggiamo a 7-8 nodi.
Alle 14.30 raggiungiamo la Baia de Prony e ancoriamo nella Bonne Anse a SE, dove siamo già stati dopo la traversata dalle Fiji. Finalmente acque ferme, sembra di essere inchiodati al fondo, e ci concediamo una bella giornata di relax.

Il giorno dopo con il vento in poppa raggiungiamo nuovamente Noumea. Il marina di Port  Moselle non ha posti disponibili in banchina, restiamo fuori prendendo un gavitello privato momentaneamente libero. Solo fino al mattino seguente, però, quando il legittimo proprietario arriva con il suo catamarano e ci chiede gentilmente di lasciare libera la boa.
La stessa mattina il marina ci assegna un posto in banchina. Possiamo dedicarci alle riparazioni, alle pulizie e allo studio della meteorologia per la traversata verso la Nuova Zelanda.



martedì 6 ottobre 2015

COSTA EST DI GRANDE TERRE DA KOUAOUA A PORT BOUQUET


Venerdì 2 ottobre alle 7.45 salpiamo da Ouvea: il vento da ESE al traverso sui 18-20 Kn e la bella  giornata di sole ci regalano una veleggiata di 54 M entusiasmante e veloce. Verso le 14 entriamo nella laguna est di Grande Terre e alle 14.55 ancoriamo davanti al villaggio Kouaoua, fondale fangoso di 9-10 metri (21°23.661'S 165°50.000'E).


La prima impressione è di sconforto; dopo essere stati in acque azzurre e trasparenti, con spiagge bianchissime a perdita d'occhio, ci troviamo ora in mezzo alle montagne, con l'acqua color caffellatte, e un grande convogliatore minerario che fa da sfondo alla baia. Come ci siamo finiti?Siamo stati un po' catturati ed incuriositi dalla descrizione sulla guida: “Città mineraria, ricca di servizi, con una bellissima spiaggia attrezzata con docce di acqua dolce, c'è anche il più grande convogliatore del mondo lungo 13 km”.
La realtà invece è completamente diversa: la bellissima spiaggia non esiste, e tantomeno le docce; il villaggio, situato alla foce di un piccolo fiume, ha solo un piccolo supermercato, l'ufficio postale e la gendarmeria, il convogliatore sarà lungo circa 200 metri.

Quando scendiamo a terra è sabato, per le strade poca gente, i più sono sicuramente nelle loro belle case, tutte recintate e con il proprio giardino, tantissime piante di mango che fra qualche mese saranno cariche di frutti,  qualche timido “bonjour” quando incroci gli occhi di qualcuno.

In compenso l’ancoraggio è super protetto, a 360°, non entra una raffica di vento.
La sera, mentre stiamo guardando un filmetto della nostra cineteca, improvvisamente sentiamo a prua un gran rumore: il motore del salpancora si è avviato, da solo, e sta tirando su la catena! Sarebbe stata una scena da incubo, se non ci fosse immediatamente venuta in mente l'esperienza  dell'amico Umberto su Be Quiet II (gemella di Refola). Senza panico, quindi, nel buio della dinette corro al quadro comandi 24V e disattivo l'interruttore generale del salpancora; poi allento la frizione, calo i metri di catena che il bricconcello aveva tirato su, e torniamo al film.
Per Umberto e Ornella lo stesso inconveniente è stato molto più traumatico: ancorati nella baia di Le Marin in Martinica, disseminata di bassi fondali e con il reef sottovento, sono stati svegliati nel cuore della notte (dormivano nella cabina di poppa) dal colpo che l'ancora ha dato al musone dopo che il salpancora fantasma aveva recuperato tutta la catena. Possiamo immaginare come sia stato quel risveglio! “Da allora” ci diceva Umberto “non appena concluse le manovre di ancoraggio  stacco gli interruttori degli strumenti”. Così avrei dovuto fare anch'io, ma un po' per negligenza, un po' per dimenticanza non ho fatto tesoro dei suggerimenti dell'amico e … siamo stati fortunati.
Il mattino seguente smonto il salpancora, i contatti del pulsante che comanda il recupero sono incrostati di sale e con l'umidità della sera hanno fatto continuità come se qualcuno avesse premuto il pulsante; una bella ripulita, rimonto il coperchio e tutto funziona, ma d'ora in poi credo che non ci dimenticheremo di staccare l'interruttore, all'arrivo.
Il programma di navigazione per i prossimi giorni è di percorrere la laguna est di Grande Terre (l'isola principale della Nuova Caledonia), larga mediamente 5 miglia, delimitata da una lunga barriera corallina che in alcuni tratti smorza quasi del tutto l'onda oceanica. Navigheremo controvento (quindi le distanze saranno raddoppiate dai continui bordeggi) e dovremo evitare gli innumerevoli bassi fondali disseminati all'interno della laguna (cartografati e spesso anche segnalati). Insomma, ci sarà da divertirsi!
Domenica 4 ottobre impieghiamo una buona mezz'ora per salpare: la catena è intrisa di fango, portiamo una canna a prua e la laviamo metro su metro con acqua dolce. In due a bordo, con il nostro serbatoio da 1000 litri, possiamo concederci questi lussi.
La nostra destinazione è Anse Lavaisierre: come da previsioni il vento è da ESE sui 20-25 nodi, con raffiche a 30, altezza delle onde 1-1,5 metri. Con randa e genoa ridotti procediamo di bolina stretta filando  6-7 nodi;  sulla carta sono poco meno di 20 M, ma all'arrivo, alle 14.20, registriamo che ne abbiamo percorse 35.
Ansa Lavaisierre è un'ampia baia, chiusa ad est dall'alto isolotto Ile Nani (193 metri) ed a nord da un lungo reef con una pass larga circa 350 metri; all'interno la protezione è di 360°.

L'avvicinamento alla pass è stato, diciamo così, emozionante: accendo il motore, ma realizzo solo qualche istante dopo che in realtà non è in moto ... siamo a vela con il vento al traverso, lanciati a 8 nodi sull'imboccatura della pass ... scendo in sala motore per azionare manualmente la elettrovalvola di massa, del cui corretto funzionamento non sono sicuro … dico a Lilli di girare la chiave di accensione... niente da fare! Tentiamo e ritentiamo più volte, senza risultato, mentre la pass si avvicina sempre di più …. non ho altro tempo, impartisco a Lilli le istruzioni  per la manovra a vela: “Superato l'ingresso togliamo la capottina, avvolgiamo il genoa, proseguiamo con la randa fino alla zona di ancoraggio, tu vai a prua e prepari l'ancora a pennello, quando siamo in prossimità del fondale giusto, vado con la prua al vento e calo l'ancora, abbiamo spazio di manovra, sarà facile...”. Lilli annuisce, non dice una parola.
Senza troppe illusioni, quasi meccanicamente, giro nuovamente la chiave e … VRRRUUUM! questa volta il motore parte. Lilli tira un sospiro di sollievo.
Ancoriamo davanti ad una spiaggetta, accolti dai saluti entusiasti di un  gruppo di bambini;  il fondale è sui 4-6 metri di sabbia e coralli, l'acqua è pulita, ma le raffiche di vento continuano a spazzolare la baia (21°29.552'S 166°03.652'E).

A terra non vediamo un villaggio né abitazioni, dev'esserci un qualche punto di appoggio per la famigliola che probabilmente è venuta qui a passare la domenica. Infatti al tramonto i genitori caricano la masnada di ragazzini su una barca a motore e se ne vanno; anche il vento cessa quasi completamente, restiamo da soli a dondolare dolcemente nel silenzio.
Lunedì 5 ottobre riprendiamo la navigazione per una tappa di 22 miglia. Il vento è sempre sui 20-22 nodi, con raffiche a 25, e naturalmente sempre sul naso. Bordo su bordo arriviamo a Port Boquet (le miglia sono diventate 43), dove ancoriamo a nord dell'isolotto Nemou, davanti ad una bella spiaggia, su un fondo di sabbia e coralli sui 9-10 metri (21°40.400'S 166°22.899'E). Il contesto è bello, l'isola è disabitata, a terra c'è un palmeto ed un cartello con la scritta “Ilot Privè”.

Anche Port Boquet è una grande baia racchiusa dalla propria barriera corallina, con tre pass di accesso; all'interno, due isolotti di altezza cospicua (Nemou e Toupeti, 173 e 340 metri rispettivamente) riparano dalle raffiche del vento dominante; ci sono diversi ancoraggi con protezione a 360°.

Martedì 6 ci spostiamo di sole 5 miglia all'interno di Port Boquet, ancoriamo nella deserta baia a NW dell'Ile Toupeti; ancoraggio meno spettacolare del precedente, ma altrettanto ridossato dal vento, fondo di fango e terra rossa sui 8-10 mt. (21°41.382'S 166°25.365'E), abbiamo l'antenna telefonica sulla sommità del monte ed il segnale pieno, siamo in prossimità della pass di uscita che domani affronteremo per l'ennesima tappa di bolina.




venerdì 2 ottobre 2015

ISOLE LOYAUTE'- OUVEA


Martedì 29 settembre, alle 7.25, salpiamo da baia de Gaatcha: abbiamo 44 miglia da percorrere e purtroppo solo 5 nodi di apparente in poppa; diamo motore a basso regime con genoa e mezzana aperte.
Verso le 13 calo la traina, in modo da pulire l'eventuale pescato all'arrivo senza che rimanga troppo tempo al sole in coperta; non passa molto tempo prima che il sibilo del cicalino ci avverta della presa. È un bel dorado, lo vediamo in lontananza fare alcuni salti fuori dall'acqua e poi liberarsi. Riprovo e, dopo un po', un'altra presa: questa volta dopo i salti il pesce rimane attaccato, riduco la velocità e comincio a recuperare, si fa una gran fatica a girare la manovella del mulinello, ma piano piano riesco a portarlo a 10 metri dalla barca. È un altro grosso dorado lungo più di un metro, con dei bellissimi colori dal blu al giallo, Lilli prepara il raffio  ma ancora una volta,  mentre già pregusto di avercela fatta, il pesce fa un guizzo e si libera, peccato!
Verso le 15 arriviamo ad Ouvea, entriamo a SW dell'atollo, Passe de Coetlogon, segnalata con due beacon verdi a dritta ed uno rosso a sinistra.

Ancoriamo nella baia de Mouly, il primo villaggio sul lato sud della laguna, davanti alla chiesa, su un fondale sabbioso di 6-7 metri (20°43.111'S 166°25.207'E).

Acque calme e limpide, una lunghissima spiaggia bianca che si estende a perdita d'occhio, sembra di essere tornati alle Tuamotu.



Il giorno seguente scendiamo a terra col dinghy e secondo le usanze delle isole Loyauté ci presentiamo dal Chief con “le manou”, un piccolo omaggio consistente in un pareo acquistato a Noumea, al quale abbiamo aggiunto 1000 CFP (circa 8 euro).

Il Chief ci ringrazia, ci dà il benvenuto ed il permesso di girare liberamente. Ci consiglia di visitare le falesie, anzi invita la figlia che si sta recando da quelle parti a darci un passaggio con l'auto.
Ouvea è una stretta striscia di terra a forma di C rovescia, che racchiude una grande laguna aperta ad ovest; ci sono tre villaggi nell'isola, Mouly e Fayaouè nella metà sud e Saint Joseph nella parte nord.
Con la macchina dei nostri gentili ospiti percorriamo circa 6 dei 30 km dell'unica strada che collega i centri abitati, arrivando fino alla stupenda laguna interna di Lekiny, collegata con un ponte da cui si domina una vista spettacolare sull'isoletta di Fayawa.


Proprio sulla laguna di Lekiny la figlia del Chief gestisce uno snack, con annesso camping; non ci sono clienti, ma ci offre la possibilità di mangiare, 1500 CFP per un piatto di riso , pesce e verdure, 2000 CFP per il crab, grosso granchio di barriera (circa 13 e 17€ rispettivamente). La vista alle falesie invece si fa in gommone, accompagnati da una guida (2000 CFP per persona), che va  contattata telefonicamente per organizzare  l'appuntamento.

Decidiamo, per il momento, di gustarci il pesce ed il crab (buonissimo), mentre per l'escursione prendiamo nota del numero di telefono riservandoci di pensarci, a seconda del tempo che passeremo ad Ouvea.

Nel pomeriggio dopo essere rientrati in barca in autostop, scarichiamo le previsioni meteo per i prossimi giorni: una perturbazione che passerà a sud della Nuova Caledonia, da sabato 3 ottobre, rinforza gli alisei fino a 35 nodi, che caleranno martedì a 25 nodi ... siamo un po' indecisi se restare ad Ouvea fino a martedì o partire prima dell'arrivo del ventone.
Il nostro spirito prudente e conservativo ci fa scegliere la seconda alternativa: percorreremo le 50 miglia che ci separano dalla costa est di Grande Terre con mare meno formato e guadagneremo strada verso il ritorno a Noumea, lungo la quale ci aspettano delle belle sbolinate con il vento rinforzato di SE.
A questo punto, presa la decisione di partire il 2 ottobre, l'escursione alle falesie salta. Il primo ottobre al mattino ci spostiamo con la barca di 7 miglia, a Fayaouè, che è anche il villaggio principale dell'isola. Ancoriamo in prossimità della grande antenna delle telecomunicazioni vicino alla posta, di fronte allo scivolo in cemento per l'alaggio delle imbarcazioni, su un fondale sabbioso di 4-5 metri (20°39.073'S 166°31.837'E).

Facciamo un po' di spesa al supermercato, una passeggiata sulla spiaggia dalla sabbia bianca e fine come la farina, e prima del tramonto rientriamo al nostro primo ancoraggio alla baia de Mouly.


Domani lasceremo Ouvea. È un peccato perché in altre condizioni l'arcipelago delle Loyauté  avrebbe meritato una visita più prolungata: oltre all'escursione alle falesie, la parte nord di Ouvea con il villaggio di Saint-Joseph, l'ilot Deguala e 20 miglia più nord ancora il piccolo atollo delle Ile Bautemps-Beauprè. Ma sono tutti ancoraggi da bel tempo, purtroppo, e come sappiamo per chi va per mare a comandare sono le condizioni meteo … ci torneremo?