lunedì 16 maggio 2022

Ultime (dis)avventure alle Bahamas

 

Martedì 10 maggio, alle 7 del mattino, siamo pronti a salpare. Via VHF chiamiamo come prescritto la Capitaneria di Porto per chiedere il permesso di uscire dal porto di Nassau, ma ci viene negato. “Una nave da crociera sta arrivando, dovete aspettare che entri e completi le manovre di ormeggio.” Attendiamo pazienti una buona mezz’ora, richiamiamo e … stessa risposta: ne sta arrivando un’altra. La cosa si ripete una terza volta finché, prima che una quarta nave si profili all’orizzonte, alle 9.20 salpiamo e lasciamo Nassau senza chiamare nessuno.

A bordo del loro piccolo catamarano “White Cat”, ci seguono a ruota Richard e Odette, giovane coppia neozelandese. Non appena fuori dal porto, insieme a un bel vento da nord sui 15-18 nodi, troviamo un mare un po’ incrociato con onde di 1 metro-1 metro e mezzo che non impensieriscono Refola, ma preoccupano invece la povera Odette che soffre il mare: dopo neanche cinque minuti di sballonzolamento ci chiamano alla radio per dirci che tornano indietro per aspettare condizioni migliori.

Un peccato perché dopo circa mezzo miglio l’onda fastidiosa si è già placata. Alle 15 circa siamo a Chub Cay, dove è prevista la sosta notturna in un ancoraggio a detta di tutti un po’ rollante. Poiché siamo in anticipo, decidiamo di seguire un’indicazione trovata su Facebook nel gruppo “Bahamas Land & Sea”: si tratta di un punto di ancoraggio in mezzo al nulla, su fondale di circa 4 metri, che dovrebbe trovarsi 18 miglia più a nord, 2 miglia a NNE di un segnale luminoso che indica il “NW Shoal”, basso fondale di NW. Il navigatore autore di questo post sostiene di avervi ancorato almeno una ventina di volte, senza alcun problema. Proseguiamo quindi in direzione NW ed alle 18.15 giungiamo in prossimità delle coordinate trovate su Facebook: nessuna traccia del segnale che avrebbe dovuto esserci, comunque il fondale è sabbioso, la profondità sui 4-5 metri. Caliamo l’ancora e 50 metri di catena. Effettivamente non si rolla, ma il vento stabile sui 18-20 nodi provoca un discreto beccheggio, con una piccola onda corta e aguzza (25°30.843’N 78°13.890’W).

Passiamo una notte tranquilla ed il mattino seguente ci alziamo prima dell’alba per affrontare la tappa di 70 miglia fino a Bimini. Mentre facciamo colazione sentiamo un forte rumore a prua, che sembra venire dal salpancora. A forza di saltare sulla piccola onda aguzza, l’impiombatura del cavo parastrappi ha ceduto ed il nostro gancio bello e robusto, dopo quasi 18 anni di onorato servizio, è finito in mare. Ci dispiace lasciarlo, ma abbiamo fretta di partire.

Salpiamo alle 6.15 dell’11 maggio (compleanno di Lilli!) e mettiamo la prua verso NW; il vento da nord, all’inizio sui 12-14 nodi, poi aumenta a 15-18. Procediamo a vela; siamo sul Great Bahama Bank, un estesissimo basso fondale su cui navighiamo per miglia e miglia su 4-5 metri d’acqua.

Alle 15 aggiriamo a nord l’isola di Bimini, ne costeggiamo il lato occidentale ed alle 16 siamo davanti al passaggio che conduce all’interno della laguna, ignari della difficoltà in cui a momenti incapperemo. La marea è crescente, il nostro pescaggio di 2,05 metri non dovrebbe creare problemi; c’è però un’onda da ovest abbastanza importante, di circa 1 metro, che spinge verso terra; a completare il quadro, una serie di segnali rossi e verdi che ci provocano disorientamento. Lilli ed io stiamo discutendo cercando di interpretarli quando sentiamo la chiglia sbattere con fragore sul fondo di sabbia con piccole rocce. Aumento istintivamente i giri al motore, ma la barca non si muove. L’onda successiva ci spinge in avanti, ma di nuovo tocchiamo il fondo e siamo di nuovo fermi. Sono secondi interminabili: mentre io resto al timone per essere pronto a manovrare appena liberi Lilli chiama al VHF per avere consigli da altre barche. Rispondono in due ma nel frattempo ci siamo disincagliati: un’onda finalmente ci solleva abbastanza da liberarci.

Ripreso il fiato, imbocchiamo il canale che adesso vediamo chiaramente, con i rossi a destra e i verdi a sinistra. Lo percorriamo tutto, superando numerosi marina, fino a raggiungere la zona di ancoraggio che avevamo prescelto, prossima all’estremità settentrionale dell’isola, lato laguna. Alle 17.00, finalmente, caliamo l’ancora in acque perfettamente piatte, su un fondale di sabbia di 4-5 metri (25°45.196’N 79°16.550’W). Lilli richiama al VHF per dire che va tutto bene.

Va davvero tutto bene? Refola è forte e non ha riportato danni, ma noi restiamo scossi ed increduli per giorni, continuando a chiederci dove abbiamo sbagliato.

Andiamo a vedere un relitto spiaggiato sul lato occidentale dell’isola e per due volte ci rechiamo col dinghy all’ingresso per cercare di comprendere la dinamica dell’incaglio, ma non è semplice: tutto si è svolto in 5 minuti, la traccia sul plotter indica che siamo passati SUL segnale verde, ma non ricordiamo se lo abbiamo lasciato a sinistra o a dritta.






 Ho pilotato fidandomi della cartografia Navionics, mantenendomi su profondità che dovevano essere sui 4 metri, ma probabilmente la cartografia elettronica è imprecisa e l’onda ha fatto la differenza. Vogliamo però essere sinceri: a differenza di quanto eravamo soliti fare nelle pass del Pacifico, non ci siamo preparati adeguatamente a questo ingresso. Se lo avessimo fatto, avremmo saputo che è sconsigliato affrontarlo con onda da W, che i bassi fondali lì intorno sono “shifting sand”, ovvero bassi fondali che vengono continuamente spostati dall’effetto di maree, correnti e mareggiate. In buona sostanza, avremmo dovuto aspettare un momento più favorevole, come ha fatto il catamarano che ci precedeva, che ha proseguito verso gli ancoraggi di Bimini sud. Lezione imparata!  

Il nostro ancoraggio è molto tranquillo, l’acqua è scura ma in compenso ultra piatta. A movimentare la situazione ci pensano gli idrovolanti, che più volte al giorno usano la laguna come pista di atterraggio, talvolta sembrando sfiorare i nostri alberi.




Nelle spedizioni di studio sulla disavventura dell’ingresso troviamo il tempo di fare un giro a terra ad Alice Town. Lasciamo il dinghy al Brown’s Marina e andiamo in cerca della dogana (dove faremo l’uscita), per vederne collocazione e orari. Pranziamo in un ristorantino: io prendo un piatto tipico delle Bahamas, il conch fritto, il mollusco che vive in grosse conchiglie a 3 o 5 punte. Discreto, ma non entusiasmante. Chiediamo al Brown’s Marina quanto costerebbe l’ormeggio per Refola: “1,75 US$/piede - ci risponde l’addetto - ma chiamatemi prima di arrivare per essere sicuri che ci sia posto”. Quest’ultima precisazione ci sembra un po' esagerata, visto che il marina è praticamente vuoto; inoltre il tizio ci chiede 10 $ per aver lasciato due ore il dinghy al suo pontile. Negative vibrations: non passeremo qui l’ultima notte prima della partenza.

 


Nel frattempo arrivano anche gli amici neozelandesi sul piccolo “White Cat”; decidiamo insieme di partire lunedì sera e fare navigazione notturna attraversando il Canale di Florida e la corrente del golfo con rotta su West Palm Beach. Lilli è contenta: temeva un arrivo serale con l’incombenza del buio, mentre atterrare di mattina le crea meno ansia.

 


Alle 18.30 di lunedì 16 maggio tiriamo su l’ancora e percorriamo le 3 miglia di canale fino alla pass. Mille volte abbiamo recitato a memoria, come fosse una poesia, il percorso di uscita: un alto palo da lasciare a sinistra, due segnali rossi da lasciare a sinistra fino a raggiungere un verde da lasciare a destra, superato il quale si accosta di 90° a dritta e lasciando a sinistra l’ultimo rosso si è fuori! La situazione è tranquilla, poco vento, acque calme e poca onda, ma noi proviamo ugualmente un po' di apprensione. Finalmente affrontiamo l’uscita: io al timone, Lilli al mio fianco che mi ripete continuamente la profondità che legge sullo strumento digitale sottocoperta.

In pochi minuti siamo fuori: gran sospiro di sollievo e rotta su West Palm Beach, USA!