mercoledì 30 settembre 2015

ISOLE LOYAUTE' – LIFOU

Giovedì 24 settembre salpiamo alle 6.55 da Port Tadine; lasciamo Maré e mettiamo la prua verso la nostra seconda meta alle Isole Loyauté, Lifou.
Il vento è sui 10-12 nodi ed è girato a nord, perciò troppo stretto per la nostra rotta di 320; per proseguire a vela dovremmo fare almeno due bordi e poiché la distanza da coprire è di 54 miglia in linea diretta, ciò significherebbe arrivare con il buio in un posto che non conosciamo e su cui  anche la guida è povera di dettagli. Sappiamo che c'è un porto dove arriva il traghetto, sappiamo che ci sono molti reef nei dintorni del porto, ma non sappiamo esattamente dove si trova l'ancoraggio.
Ergo cerchiamo di evitare l'arrivo con il buio: niente bordi, teniamo le vele a riva e diamo motore a 1600 giri/minuto.
Per ingannare il tempo calo la traina: verso le 9.30 una presa si porta via velocemente 200-300 metri di lenza. Tento di riavvolgere, ma è impossibile, vedo saltare fuori dall'acqua un grosso pesce spada, che spicca ancora due salti e poi … ci lascia solo il filo.
Recupero, rifaccio la lenza con un altro polipetto artificiale, più piccolo del primo in modo da attrarre pesci più piccoli, e calo giù nuovamente la traina.
Non passa mezz'ora e nuovamente avverto il sibilo del cicalino: stesso copione, un altro pesce spada, forse un po' più piccolo, ma che tira anche lui come un forsennato. Riduciamo la velocità della barca, riesco a recuperare un bel tratto, mancano solo un cinquantina di metri ... lo vediamo poco distante, di un blu elettrico molto intenso, che ci sopravanza lateralmente, ridò velocità alla barca per tenerlo in tiro, ma lui dà un altro forte strattone e si libera, andato … Recupero la lenza;  l'amo a due punte è completamente aperto. Peccato, ce l'avevamo quasi fatta, ma in fondo non sono deluso, anzi sono soddisfatto perché tutto sommato si è conquistato la sua libertà. Per oggi, comunque, la pesca è conclusa.
Al VHF, Noumea Radio dirama un avviso che riguarda la zona in cui navighiamo: “Carcassa di balena alla deriva a SE di Lifou; coordinate indicative ...”. L'annuncio è in francese e non riusciamo subito a capire le coordinate, per fortuna viene ripetuto più volte a distanza di 15 minuti e riusciamo finalmente ad afferrare latitudine e longitudine. Cavolo, la carcassa è segnalata proprio sulla nostra rotta, a circa 10 miglia. Rafforziamo l'attenzione della guardia, valutando che se la balena è semi sommersa sarà difficile vederla a più di 100 metri di distanza, e come se non bastasse il cielo è nuvoloso e la visibilità non ideale. A un certo punto comincia anche a piovere, non si vede più niente, e Lilli comincia a farmi domande su quanto può essere dura una carcassa di balena su che danni ci può fare … Siamo fortunati, attraversiamo indenni il tratto senza vedere (né sbattere contro) alcunché.
Ad una decina di miglia dall'arrivo, ci supera il grande catamarano che fa servizio da Noumea a Lifou due volte alla settimana. Alle 15.20 siamo davanti al porto; le indicazioni lette sulla guida sono corrette (allineamento per 197° su due triangoli contrapposti, passando in mezzo ad una coppia di boe rosso e verde). Quello che invece non ci aspettavamo era trovare, nella parte interna del porto, un minuscolo ma perfettamente organizzato marina, con il suo frangiflutti, pontili galleggianti di buona fattura, colonnine per acqua ed elettricità. Sulla nostra guida (Multimedial Cruising Guide To New Caledonia), che però risale ad una decina di anni fa, c'era scritto che si poteva ancorare all'interno della rada, che offriva però poco spazio per stare alla ruota.
Il Marina ospita una decina di barche a vela, alcune piccole imbarcazioni a motore ed un catamarano a motore di media grandezza, destinato ad escursioni turistiche.

Dal molo un giovane ci fa segno di ormeggiare all'inglese sul primo pontile galleggiante a sinistra dell'ingresso, e viene a darci un aiuto per prendere le cime.



Gli uffici del marina sono chiusi e dalle informazioni acquisite presso un velista su una barca ormeggiata non si sa di preciso quando riaprirà, forse il prossimo lunedì.

Passiamo la prima notte al pontile: l'acqua è limpidissima, il fondale è ridotto ma anche con la bassa marea marcata di questi giorni di luna piena abbiamo oltre mezzo metro sotto la chiglia. Il mattino seguente assistiamo allo scarico del peschereccio arrivato dopo di noi, quando il sole era già tramontato: circa 800 kg. di pescato, grande quantità di tonni, lampughe e tre grossi pesce spada da circa 120 kg ciascuno.


Uno dei giovani pescatori mi spiega che questo è il quantitativo medio di tre giorni di pesca; la tecnica utilizzata è la seguente: una linea di ami lunga 13 km, sospesa  in profondità per mezzo di una serie di boe, sui grossi ami vengono messi piccoli pesci o tranci, all'inizio ed alla fine della linea due radio boe per poter facilmente recuperare la posizione.
Il peschereccio è anche dotato di una grande stiva e della macchina per la produzione del ghiaccio, così il pescato viene ripulito e messo sotto ghiaccio fino all'arrivo.
A terra, attigua al porticciolo, c'è una fornitissima pescheria, che oltre a presentare sul banco i prodotti freschi, vende una grande varietà di prodotti surgelati non solo di pesce, ma anche verdure, perfino le lumache.
Più tardi in mattinata ci avvisano che dobbiamo spostarci: il catamarano turistico deve fare rifornimento e noi siamo al pontile del distributore di carburante, che non avevamo riconosciuto perché racchiuso una piccola casupola in mattoni. Ormeggiamo quindi sul pontile di fronte dove mettendoci in diagonale tra due finger occupiamo due posti barca. Con i 16 metri di Refola, se avessimo ormeggiato normalmente la nostra prua sarebbe stata troppo sporgente e avrebbe  occupato lo spazio di manovra. Con due cime cortissime a poppa e quattro spring, stiamo da papa, ed abbiamo acqua ed elettricità!

Appena fuori dal marina c'è una officina con noleggio auto; ci informiamo sulle tariffe: 5650 CFP (circa 45€) per una giornata, la decisione è presto presa, prenotiamo un'auto per l'indomani.
Sabato mattina, mentre ci stiamo preparando per il nostro giro turistico, viene a trovarci il responsabile del marina, che era venuto per un giro di controllo. “L'ufficio aprirà lunedì mattina” ci dice, la nostra partenza è prevista proprio lunedì ed allora chiediamo di pagare subito, in modo da non essere vincolati da orari. 6600 CFP per tre giorni, la prima notte al pontile del distributore ci viene regalata. Gentile!
Passiamo tutta la giornata in giro per l'isola. Anche qui come a Maré, lunghe spiagge bianche, alte falesie calcaree, ovunque acque limpidissime (sempre fredde per i nostri gusti, ma vediamo che la gente fa il bagno lo stesso); le case sono molto curate, con prati rasati e giardini fioriti.





In un villaggio troviamo una specie di festa-mercato con una lunga fila di bancarelle adornate da foglie di palma intrecciate, dove vengono esposti e venduti prodotti delle coltivazioni, lavorazioni di marmellate, monili e sculture in legno. Ciascuna è dotata di una cucina, sul retro, e si può mangiare con pochi soldi. Peccato che noi avevamo già pranzato in un resort, per un prezzo non proprio stracciato!


  
Lunedì 28 settembre alle 7.25, un po' a malincuore, lasciamo le acque limpidissime e ferme del Marina di We. Siamo diretti sulla costa ovest di Lifou, aggireremo l'isola a nord l'isola, e con un percorso di 44 miglia raggiungeremo l'ancoraggio; il vento è variabile tra i 10 e 16 nodi, riusciamo a navigare sempre a vela e alle 14.45 ancoriamo davanti alla spiaggia del villaggio Drueulu, che avevamo visitato il giorno precedente nel nostro giro turistico.
Siamo nella baia de Gaatcha, a sud della grande Baia de Santal, fondale sabbioso di 8-9 metri  (20°55.415'S 167°04.954'E). La baia è aperta e con 10 nodi da est c'è un po' di beccheggio; poco male, tanto ci fermiamo solo una notte, domani lasceremo Lifou per spostarci più a nord, nell'atollo di Ouvea.

venerdì 25 settembre 2015

Da Noumea a Maré, Isole Loyauté


La nostra crociera in Nuova Caledonia comincia sabato di 19 settembre: alle 9.30 molliamo gli ormeggi dal Marina Port Moselle. Navigheremo qualche giorno nella laguna meridionale di Grande Terre, l'isola principale, per poi andare a visitare le Isole della Lealtà …..
La prima tappa è alla Baia de Prony, a 30 miglia, dove abbiamo fatto la prima sosta dopo la traversata dalle Fiji. La baia offre molti ancoraggi ben ridossati; questa volta scegliamo Ilot Casy, dove c'è una riserva di coralli, l'ancoraggio è vietato ma sono stati predisposti una decina di gavitelli.
Durante il percorso abbiamo poco vento, navighiamo con il motore a basso regime e le vele spiegate, per alcuni tratti abbiamo anche circa un nodo di corrente a favore. Alle 14.40 arriviamo a destinazione; dei 10 gavitelli presenti 6 sono occupati, prendiamo quello più a nord, sotto la chiglia abbiamo 3-4 metri d'acqua, ma l'acqua è talmente limpida che sembra di toccare il fondo, con  bellissimi rami di corallo (22°21.361S 166°50.524'E).

I gavitelli sono in buono stato di manutenzione, a terra c'è un pontile in legno, che probabilmente serviva una specie di resort, ora in stato di abbandono. A terra, a parte alcune persone che avevano piantato un paio di tende, non vediamo alcuna altra presenza.
Domenica 20 ci regaliamo una giornata di relax: c'è un bel sole, ma l'acqua è freddina,  sui 23-24°. La temperatura dell'aria invece subisce degli sbalzi notevoli, 15° la notte per arrivare a 25°-27° nelle ore centrali della giornata.
La sera del sabato avevamo sentito alla radio SSB l'amico Leopoldo, in navigazione dalle Vanuatu, che dovrebbe atterrare in Nuova Caledonia questa mattina; lo abbiamo chiamato al VHF, qualche volta, senza però ottenere risposta.
Lunedì 21 riprendiamo la navigazione alle 7.30, con destinazione l'isola dei Pini (Ile des Pins), a 38 miglia nell'estremo SE della laguna di Grande Terre. Abbiamo 15 nodi di vento in prua, e come se non bastasse anche corrente  contraria: col motore a 1800 giri velocità a fatica supera i 4 nodi. Velocemente decidiamo di cambiare programma: abbandoniamo la meta dell'isola dei Pini, faremo una sosta a Port Koube, a 10 miglia, per ripartire nel tardo pomeriggio, navigando in notturna fino a Maré, l'isola più a sud del gruppo Loyautè, a 82 miglia.
Port Koube è una baia ampia e ben riparata nell'isoletta di Quen, l'accesso è parzialmente ostruito da alcuni bassi fondali corallini, ma il passaggio è ampio ed il reef è identificabile dall'onda che frange; all'interno il mare è calmo, la baia è deserta. Siamo circondati da colline con scarsa vegetazione, la terra è rossastra ed anche le piccole spiagge sono di sabbia rossa. Ancoriamo nella parte sud, denominata Baie Tranquille (nome davvero azzeccato) su 12-13 metri di sabbia (22°26.839'S 166°48.879'E).

Si tratta solo di una sosta tecnica, per arrivare a Maré con le prime luci dell'alba.
Alle 16 salpiamo, abbiamo circa due ore per arrivare alla pass di Havannah quando inizia a far buio; la marea calante dovrebbe darci un po' di corrente a favore, la minima è alle 18.26. In realtà quando raggiungiamo la pass  siamo nella stanca; incrociamo due navi in entrata, una delle quali ci chiama al VHF per avvisarci che le nostre luci di via sono poco visibili; avevamo acceso quelle in testa d'albero, che ad un primo controllo ci sembrano a posto, ma ad ogni buon conto accendiamo anche le luci di via basse, fino all'uscita della pass.
Il vento è sui 15-18 nodi al traverso, riduciamo le vele in modo da tenere una velocità media sui 6 nodi, non vogliamo arrivare nel buio! Con il primo chiarore dell'alba siamo a 3 miglia dall'arrivo;  una volta raggiunta la zona ancoraggio, proprio fuori dal piccolo porto di Tadine, facciamo un giro di perlustrazione. Per godere della protezione del frangiflutti rispetto all'onda da sud, bisognerebbe ancorare ad ovest dell'entrata, ma in quella posizione si potrebbero creare difficoltà alle manovre delle navi; decidiamo quindi di stare fuori, a sud-est del porto. Alle 6.15 ancoriamo a circa 300 metri dal frangiflutti, su un fondale di sabbia e corallo sui 14-15 metri (21°33.004'S 167°52.515'E).

Dopo un po' di riposo, nel primo pomeriggio, aliamo il dinghy per fare un giro in paese. All'interno del porto, sul versante nord, a sinistra dell'ingresso, c'è un robusto pontile galleggiante, adatto all'ormeggio all'inglese di una barca. I fondali sembrano adeguati anche con la bassa marea (circa 2,5-3 metri); lo stesso pontile viene utilizzato, sul lato opposto, come dinghy-dock.
Port Tadine, pur essendo il villaggio principale di Maré, non dà certo l'impressione di un grande centro abitato: vediamo poche abitazioni, ma in prossimità del porto ci sono il municipio (Marie), una banca, l'ufficio postale, la gendarmeria, l'ufficio informazioni turistiche, un piccolo mercato ortofrutticolo ed un supermercato discretamente fornito.
La nostra prima esigenza è collegarci ad internet, perché abbiamo diverse mail da spedire e da ricevere. Ci dicono che l'unico posto dove è possibile avere una connessione è un centro culturale che si trova sul lato opposto dell'isola, a circa 50 km; riusciamo però a dare un'occhiata veloce alla posta in arrivo, per gentile concessione di un impiegato dell'ufficio che gestisce l'acqua dolce, che cortesemente ci cede per qualche minuto la sua scrivania ed il suo computer.
All'ufficio informazioni turistiche, grazie all'aiuto di due simpatiche ragazze, prenotiamo per il giorno dopo il noleggio di un'auto; la tariffa per un giorno è 6000 CFP (circa 50 €).
Mercoledì 23 settembre, giornata da turisti: Maré è davvero bella. Acqua ovunque limpida e trasparente, alcuni tratti di costa con rocce calcaree di corallo, altri con spiagge bianchissime.



Facciamo il giro dell'isola e restiamo impressionati per la cura delle strade, niente buche, bordi segnalati e curati con erba rasata.
A Pede, circa due miglia a SE dal nostro ancoraggio, visitiamo la tomba di Yewene Yewene (YeYe) uno dei leader del movimento indipendentista della popolazione locale dei Kanak, ucciso nel 1989.

Nella piccola guida, presa all'ufficio turistico, leggiamo fra le possibili sistemazioni per turisti l'”Accoglienza in tribù”: si tratta di piccoli e spartani “resort”, dotati di bungalow, cucina e tavola calda, che si trovano nelle vicinanze di villaggi tradizionali. Ne abbiamo visitati parecchi, molto carini, tutti senza clienti.
Un altro punto cospicuo è “Il salto del guerriero”, dove la costa diventa un alto costone di roccia calcarea a strapiombo sul mare.


Arriva l'ora di pranzo e ci rendiamo conto di non aver visto ristoranti. Di fronte all'aeroporto di Roche troviamo un piccolo mercato ortofrutticolo, dove un gruppo di donne, finito l'orario di vendita, passano il tempo giocando a bingo. Uno dei banchi è attrezzato per mangiare: un pentolone di riso, un altro con pollo in umido, un terzo con insalata mista e polipo.
Decisi a non badare a spese, ci concediamo questo lauto pranzo. Il cibo è niente male, le signore gentili e sorridenti; spendiamo in due 850 CFP (circa 7 €), compreso il dolce (una crepe ed una frittella).
Arriviamo al centro culturale intitolato a Yewene Yewene, dove c'è un piccolo museo che ricorda le imprese dei Kanak per la conquista della libertà ed il riconoscimento dei propri diritti.

Qui c'è anche la biblioteca con la famosa postazione internet. Gentilmente una signora in abiti tradizionali ci accende il computer, ma siamo sfortunati: proprio oggi c'è una interruzione del servizio, dalle 12 alle 17, per lavori sulla rete …. occasione sfumata.
Dato che il giorno prima una signora (incontrata per caso davanti all'ufficio postale) ci aveva invitato alla festa che i pescatori di Rho, villaggio sulla baia a nord dell'isola, organizzano davanti alla loro chiesa, andiamo a vedere se la baia offre possibilità di ancoraggio; negativo: a parte l'ancoraggio di Tadine e Pede, non ci sono altri posti dove stare tranquilli e fermarsi anche di notte.
Abbandoniamo così l'idea di spostarci a Rho e decidiamo invece di proseguire, giovedì 24 settembre, verso l'isola di Lifou.

PS: Siamo riusciti a risolvere il problema della connessione ad internet: abbiamo acquistato una sim locale (6185 CFP, circa 52 €, incluso traffico per 3000), che inseriamo nell'I-phone (grazie Uni!) e utilizziamo come hotspot personale per collegarci col PC. 24 ore di connessione senza limiti per 400 CFP (che vengono scalati dal credito iniziale di 3000). Hurrà!!!

giovedì 24 settembre 2015

Prime foto dalla Nuova Caledonia

Ilot Porc Epic  (isola Porcospino)

Il marina di Port Moselle

La reception

La skipper solitaria Catherine

Festeggiamo con gli amici Gerard e Claudine di Cassiopea



lunedì 21 settembre 2015

NUOVA CALEDONIA - BONNE ANSE - PORT MOSELLE


Da una settimana siamo in Nuova Caledonia! Scusandoci del ritardo, riprendiamo il racconto .
Eravamo all'ultimo giorno della traversata dalle Fiji, il 12 settembre.
Dopo miglia e miglia senza incontrare anima (o barca) viva, nel pomeriggio del 12 raggiungiamo e superiamo una barca che procede nella nostra stessa direzione. Dal sistema AIS vediamo che la barca si chiama Scoot e la chiamiamo al VHF: risponde Catherine, ci dice che è partita da Suva il giorno prima di noi, facciamo due chiacchiere veloci, poi ci salutiamo con un arrivederci a Noumea o in qualche ancoraggio.
Dalla mezzanotte il vento inizia a calare fino a stabilizzarsi nelle prime ore del mattino del 13 sui 12-13 nodi. Alle 7.30 siamo alla pass di Havannah; nonostante la massima di marea già passata (era alle 6.50) troviamo ancora una corrente entrante di circa 2 nodi, che ci fa volare dentro a 9 nodi di velocità. La pass è molto ampia e segnalata, e proseguiamo sull'allineamento di 247° su due coni bianchi posizionati molto in alto, sull'altura di Capo Ndoua.
Alle 9.30 entriamo nella grande baia di Prony e ci dirigiamo nella sua parte SE, la Bonne Anse, dove ancoriamo su un fondo di sabbia e coralli bassi, profondità sui 12 metri (22°23.079'S 166°53.845'E). Acque ferme e limpide, ma davvero fredde ... rinuncio al rituale bagno per controllare l'ancora.
Un riposino, e poi festeggiamo il nostro atterraggio in Nuova Caledonia stappando una bottiglia di Cartizze. È stata una traversata buona e veloce: 670 miglia in 3 giorni e 20 ore, velocità media 7,28 nodi.
Lunedì 14, dopo una bella dormita, riprendiamo la navigazione.
Da Bonne Anse abbiamo circa 30 miglia, sempre all'interno della barriera corallina, fino alla capitale Noumea, unico porto di ingresso in Nuova Caledonia. Allo scopo di evitare ispezioni a bordo, il nostro amico Gerard di Cassiopea ci ha consigliato di arrivare verso le 17, ancorare fuori del marina, avvisare via VHF il Port Control che ci sarebbe recati a terra il giorno dopo. Così, per non essere in anticipo, facciamo una sosta a Ilot Baylli, riserva di pesca dove però è consentito l'ancoraggio degli yacht: posto bello, isola deserta, fondo di sabbia sui 9-10 metri (22°18.191'S 166°34.436'E).
Quando è ora di muoverci, poco dopo le 15, il vento è rinforzato sui 20-22 nodi da SE e si è alzata un po' di maretta. Alle 17 entriamo nel grande porto naturale di Noumea: ad est e ad ovest dell'ingresso due ampie aree di ancoraggio sono delimitate da croci di Sant'Andrea gialle, a nord si trova il porto commerciale, ad est il marina Port Moselle.
Numerosissimi gavitelli privati, quasi tutti occupati, occupano la gran parte dell'area di ancoraggio,
il che ci costringe a calare l'ancora nel canale di transito. Col vento da sud est, e scorrendo 50 metri di catena, riusciamo a posizionarci all'interno dell'area di ancoraggio ovest, ad una decina di metri dalle barche alla boa. Il fondale di fango duro, eccellente tenuta, è sui 13 metri (22° 16.656'S 166°25.746'E). Dobbiamo solo stare attenti ad eventuali giri di vento, perché ci troveremmo proprio nel canale di traffico delle navi, e non sarebbe carino.
Lilli chiama Port Moselle sul canale 67 VHF, annunciando il nostro arrivo dalle Fiji; il nostro interlocutore dopo alcune domande sulla provenienza e sulle dimensioni della barca, ci invita ad entrare nel marina, ma noi rispondiamo che preferiamo restare fuori all'ancora e presentarci il giorno seguente con i documenti. "Bene - dice - allora a domani!" Tiriamo un sospiro di sollievo: la prima parte del piano suggerito da Gerard sembra aver funzionato.
Il mattino seguente mettiamo in atto la seconda parte: entriamo nel Marina con il dinghy portando con noi, oltre ai documenti ed alla spazzatura, un sacchetto contenente due uova, una cipolla, una testa d'aglio, una patata, un pomodoro, prodotti banditi in Nuova Caledonia che avremmo diligentemente consegnato alla Biosecurity.
Facciamo il giro degli uffici per le pratiche di ingresso: prima l'immigrazione, poi la dogana ed infine la Biosecurity. Tutti si dimostrano gentili ed accoglienti, la dogana non chiede nemmeno se abbiamo qualcosa da dichiarare, come alcool o tabacco, la Biosecurity ci ringrazia di aver portato i prodotti tabù; pare che venire ad ispezionare le barche sia l'ultimo dei loro desideri, insomma tutto semplice e facile, e nessuna tassa da pagare!
Quando torniamo al Marina ci facciamo assegnare un posto in banchina, sullo stesso pontile di Cassiopea, e nel pomeriggio ormeggiamo a pochi passi da Gerard e Cluadine, che andiamo subito a ringraziare per i preziosi consigli.
Noumea è una città moderna, occidentale per intenderci: palazzi, macchine, negozi. Quello che ci delude enormemente è la povertà del sistema di telecomunicazione: non esiste internet veloce, c'è un solo operatore telefonico, NCL Mobilis, che non vende chiavette per collegare il pc alla rete. Il wifi gratuito presente in centro città fornisce connessioni instabili e lentissime, sono bloccate le chiamate audio e video su Skype . in confronto, le povere e disastrate Vanuatu sono avanzatissime!
Il costo della vita è un po' più caro che altrove, soprattutto i prodotti alimentari ed ortofrutticoli, per lo più d'importazione.
Passiamo qualche giorno al marina, dedicandoci ad accurate pulizie della barca, al ripristino della cambusa presso il fornitissimo supermercato Casinò. Chiamiamo un elettricista per controllare l'avviamento motore, che da qualche settimana fa le bizze, tenendoci in ansia ogni qualvolta mettiamo in moto; l'intervento del tecnico non risolve il problema, ma quanto meno sembrano potersi escludere anomalie al motorino di avviamento e alla batteria. Ok, la ricerca e l'apprensione continuano...
Una bella sorpresa è stata la visita di Catherine di Scoot, che avevamo sentito via VHF all'arrivo in Nuova Caledonia: non solo è una bellissima giovane ragazza, non solo è la skipper, ma è anche una navigratrice solitaria, che dopo la sosta qui riprenderà il mare verso l'Australia. Lilli è piena di ammirazione e, devo dire, anch'io.
Decisi a non farci catturare dalle mollezze della vita di banchina, sabato 19 settembre lasciamo il Marina di Port Moselle ed iniziamo il nostro giro nella laguna e nelle isole vicine.

mercoledì 16 settembre 2015

Le foto di Navadra, Malolo e Vuda



L’avvicinamento a Navadra

Il nostro ancoraggio, inizialmente solitario

Poi arrivano i “vicini”…

Arrivati a Malolo, una triste visione….

Eolia, bellissima barca di una navigatore italiano, è finita sul reef …

Il bar ristorante galleggiante accanto al nostro ancoraggio …

… che purtroppo stava chiudendo

Arrivati a Vuda, un brindisi offerto da Flavio …

… gestore e proprietario di questo bellissimo negozio di specialità italiane

Il Vuda Point Marina, dove facciamo le pratiche di uscita dalle Fiji

Lo stretto canale di ingresso/uscita dal Marina

Il 9 settembre riaffrontiamo il Pacifico

… per arrivare il 13 settembre in Nuova Caledonia



sabato 12 settembre 2015

NAVADRA - MALOLO - VUDA MARINA


Sabato 5 settembre lasciamo l'ancoraggio di Waia per una breve tappa di 13 miglia fino a Navadra: c'è poco vento, ma vista la breve distanza sfruttiamo quello che c'è; alle 12.15 ancoriamo su un fondale sabbioso di 16-17 metri (17°27.564'S 177°02.730'E).
La baia è racchiusa ad est da Navadra, a sud da Vanua Levu (piccola isola omonima della maggiore) ed a ovest dall'isolotto alto e massiccio Vanua Lailai; la protezione dai venti dominanti da SE è buona. Solo quando il vento è debole, come ora, entra onda da nord e si rolla un po'; lo scenario circostante è in compenso molto bello, con una bellissima spiaggia su Vanua Levu che, in bassa marea, si estende fino a collegare l'isolotto Vanua Lailai.
Nel pomeriggio arrivano due catamarani: nonostante l'area di ancoraggio sia bella ampia, sembra proprio che entrambi siano attratti dalla zona in cui siamo noi, tanto che ci mettono un po' a studiare la situazione, scendendo perfino in acqua per verificare l'esatta posizione della nostra ancora, e calando la loro a pochi metri. Con tutto il posto che c'è! Poco male, visto che c'è poco vento e non si prevedono rinforzi, faccio buon viso.
Il nostro giro alle Fiji sta per finire, da qualche giorno sto tenendo d'occhio le previsioni a 15 giorni per individuare una buona finestra per la traversata verso la Nuova Caledonia, circa 700 miglia.
La situazione è un po' variabile, ma sembra che il 9 settembre sia un giorno buono. Decidiamo quindi di accelerare l'avvicinamento a Vuda Marina e sabato 5 lasciamo il rollante ancoraggio di Navadra per una tappa di 25 miglia fino a Malolo; purtroppo il vento latita, e ce la sciroppiamo tutta a motore.
La tappa di Malolo era per noi già in programma, ma un ulteriore motivo per andarci ce l'ha dato la brutta notizia ricevuta un paio di settimane fa nel solito collegamento radio SSB (net del Pacifico): una barca italiana, Eolia, è andata sul reef proprio qui a Malolo, l'incidente è accaduto verso le 2 di notte.
Lo skipper Eugenio, che avevamo sentito qualche volta in radio lo scorso anno, aveva avuto già problemi, forse al motore, nella traversata dalla Nuova Zelanda alle Fiji, iniziata il 27 luglio e durata 18 giorni, tanto che mancando sue notizie, i parenti avevano mandato una mail a Luigi, il nostro net-controller, per raccogliere qualche informazione e appurare se c'era stata qualche chiamata di soccorso. Noi eravamo a Lautoka, in quei giorni, in attesa del permesso di navigazione, ed abbiamo saputo dalla Capitaneria che Eolia era arrivata il 13 agosto nel porto di Suva.
Percorrendo il canale di SW a Malolo, vediamo una barca coricata vicino al reef; immediatamente pensiamo ad Eolia, lasciamo il canale e ci avviciniamo quanto possibile, con estrema cautela perché il fondale risale piuttosto velocemente e ci sono parecchie "patate" (teste di corallo semi-affioranti). Non riusciamo a leggere il nome della barca, e prudentemente ci allontaniamo, con il dubbio e pieni di tristezza.
La nostra destinazione sarebbe stata Musket Cove a circa 3 miglia, ma vediamo con il binocolo che la zona di ancoraggio è gremita di barche; lo avevamo previsto, perché siamo nella settimana delle regate di fine stagione. Notiamo però, circa un miglio a SE, alcune barche ancorate vicino al reef, in prossimità di un bar/ristorante galleggiante. Il posto è splendido, l'acqua cristallina: diamo ancora sulla sabbia su una profondità di 9-10 metri (17°47.688'S 177°08.348'E).
Con il dinghy andiamo a vedere da vicino la barca piegata sul reef: è proprio Eolia, appoggiata sul fianco in una zona sabbiosa di mezzo metro d'acqua, con pochi coralli. Lo scafo non sembra avere danni evidenti, due ancore la tengono verso l'interno della laguna ... inspiegabile come sia arrivata fin qui.
Dopo aver scattato qualche fotografia, per tirarci un po' su andiamo col dinghy al ristorante/bar galleggiante che però era in chiusura (alle 17); una ad una, le barche ancorate vicino a noi se ne vanno, ne resta una sola, che però non ha nessuno a bordo. Finalmente passiamo una notte con la barca ferma come fosse nell'invaso, e il mattino seguente abbiamo la sorpresa di galleggiare su un'acqua talmente immobile e trasparente che sembra di toccare il fondo. Mi concedo, prima di partire, l'ultimo bagno nelle limpide acque fijiane (Lilli no, perché ha freddo!).
Salpiamo diretti a Lautoka, dobbiamo fare la spesa in città e poi spostarci a Vuda Marina per il rifornimento di gasolio e le pratiche di uscita; alla nostra richiesta di un posto, il marina ci risponde (via e-mail) che posti in banchina non ce n'è, possiamo eventualmente attaccarci alla boa posta nel centro del piccolo bacino, e noi accettiamo questa soluzione.
A Vuda ritroviamo Marzia e Sandro del Parmelia, conosciuti alle San Blas nel 2013 e rivisti più volte in Pacifico nel 2014. Sandro è in partenza per l'Italia, mentre Marzia si ferma ancora un po' di tempo per il rimessaggio ed alcuni lavori da fare.
Da loro, che erano a Malolo quando Eolia è andata sul reef ed hanno anche collaborato alle operazioni per spostarla in acque più sicure, apprendiamo qualche particolare sull'incidente.
Sembra che qualche navigatore avesse suggerito a Eugenio, partito da Suva con destinazione Malolo, che nell'eventuale atterraggio notturno era più facile entrare dalla pass di NW e non dal Navula passage; cosa poi sia successo è un mistero (si è addormentato, si è spento il motore?) fatto sta che è andato sul reef esterno, circa 3 miglia a SW di Musket Cove, erano le 2 di notte ed era solo a bordo; quelli del bar/ristorante sono stati i primi a dargli soccorso, con i primi chiarori dell'alba. Nei giorni seguenti, con l'ausilio di un rimorchiatore, hanno trascinato Eolia per circa 150 metri portandola all'interno della laguna, dove si trova ora, ed ora dovranno usare dei palloni per metterla in acque più profonde. Eugenio non l'abbiamo visto, ci sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più, giusto per fare tesoro delle cattive esperienze altrui.
Durante la sosta a Vuda andiamo a trovare un personaggio di cui avevamo sentito parlare dagli amici navigatori italiani: Flavio, che gestisce (a Nadi vicino all'aereoporto) un negozio di prodotti alimentari e vini importati dall'Italia, dove organizza serate di degustazioni ed insegna la cucina italiana.
Ci accoglie come vecchi amici e ci racconta un po' la sua storia: è alle Fiji da 20 anni, prima faceva il pilota su auto sportive, si è trasferito qui con la moglie ed ha aperto questa attività, all'inizio è stata dura perché il governo fijiano, influenzato dalle direttive Australiane e Neozelandesi, gli impediva di commercializzare prodotti europei. Le cose sono cambiate nel 2006, a seguito del colpo di stato; è riuscito a prendere accordi con il nuovo governo fijiano e a far arrivare, pur con dazi molto elevati, i suoi prodotti dall'Italia.
Il negozio è molto apprezzato anche dai locali e la sua clientela fissa sono i numerosi resort sparsi intorno alle Fiji; purtroppo quando le cose iniziavano ad andare bene, la moglie se n'è andata prematuramente, a causa di un male incurabile.
Mentre ci raccontava tutte queste cose, non ha esitato a stappare per noi una bottiglia di Cartizze, facendoci assaggiare i suoi salumi e formaggi. Compriamo qualche bottiglia e un po' di parmigiano, purtroppo non possiamo fare una scorta più consistente perché rischiamo che la Biosecurity, all'arrivo in Nuova Caledonia, ci confischi tutto (bruciano ancora le esperienze del formaggio requisito al Gianca ed ad Angelo qui alle Fiji, e tutta la carne sequestrata in Nuova Zelanda).
E' un peccato non poterci fermare più a lungo . ma domani abbiamo fissato la partenza per la Nuova Caledonia, d'altronde come si fa a perdere la finestra?
Insomma siamo sempre un po' di corsa, tanto che nel frattempo siamo partiti, quindi le foto le invieremo una volta arrivati in nuova Caledonia, quando avremo la connessione internet.

TRAVERSATA FIJI - NUOVA CALEDONIA


Da Vuda Marina a Noumea, unico porto di ingresso in Nuova Caledonia, ci sono circa 700 miglia, 4-5 giorni di navigazione, i venti ed il mare dominanti sono da ESE perciò al gran lasco: sulla carta, quindi, una traversata facile facile.
Ma per scegliere la finestra giusta ci sono alcune variabili da prendere in considerazione:
-la zona di convergenza sub tropicale gioca spesso brutti scherzi senza preavviso, specie quando è attraversata da un fronte;
-il Navula Passage per uscire dalle Fiji è meglio farlo con la corrente uscente (2 kn a favore) perciò con marea calante;
-l'Havannah Passage per entrare in Nuova Caledonia, va preso 3 ore dopo la minima, con corrente a favore per evitare le onde stazionarie ed i vortici che si creano prima della pass.
L'osservazione dei grib files nei 10 giorni precedenti la nostra partenza aveva mostrato una certa variabilità dei venti, ed ogni giorno cambiava qualcosa, tuttavia la partenza del 9 settembre si confermava sempre come la meno peggio, con venti medio-leggeri sui 15-18 nodi ed anche il mare in calo da 2,5 metri ad 1,5.
Le ultime previsioni da grib, consultate proprio la mattina del 9, prima della partenza, fornivano un quadro ancora leggermente diverso (oltre ad esserci differenza tra le diverse fonti): saremmo partiti con poco vento, il primo giorno, poi avremmo avuto ancora vento scarso il secondo e vento costante sui 15-20 nodi per il resto del viaggio. Pazienza!, mi son detto, faremo un po' di motore, ormai tutto è pronto, compreso l'appuntamento con la dogana. Il bollettino a 48 ore invece, pur confermando la zona di convergenza oltre 600 miglia a nord, prevedeva venti sui 20-25 nodi sul nostro primo tratto e mare agitato.
Lasciamo il marina di Vuda alle 13, in modo da raggiungere intorno alle 16 il Navula Passage e godere della corrente a favore nell'uscita. Calcolo inoltre che con una velocità media tra 6,5 e 6,8 nodi dovremmo arrivare alla pass di Havannah nel pomeriggio del 13 settembre, giusto per affrontare l'entrata con la marea crescente.
In prossimità del Navula Passage il vento c'è eccome: 20, 25, poi 30 nodi fissi al traverso/lasco, onda sui 3 metri al traverso. Refola, pur con randa e genoa ridotti, vola a 9-10 nodi, tutto questo fino a mezzanotte, poi gradatamente inizia a calare.
Il secondo giorno, con il vento sui 10-12 nodi girato in poppa, siamo costretti a dare motore, perché con il mare incrociato le vele sbattono e sollecitano troppo tutta l'attrezzatura.
20 ore di motore, il mattino dell'11 settembre ritorna il vento, da SE sui 14-16 nodi, e il mare nel frattempo si è calmato. Nel giro di poche ore, il vento rinforza nuovamente e si stabilizza sui 25 nodi, mentre il mare ricomincia a montare con onda corta al traverso sui 2-3 metri; qualche rollata sulle onde più grandi, ma tutto sommato si sta abbastanza bene, la velocità media è sempre sugli 8 nodi. Nelle ultime 24 ore abbiamo percorso 196 miglia.
Ieri sera ci siamo fatti un bel minestrone di verdure; ormai ci sentiamo vicini all'atterraggio: domani 13 settembre, all'alba, saremo alla pass Havannah, probabilmente nell'ora di stanca, poi una decina di miglia e ci concederemo un meritato riposo, prima di presentarci a Noumea per le pratiche d'ingresso.

giovedì 3 settembre 2015

FIJI: YASAWA da SAWA-I-LAU a WAYA


Sabato 29 agosto lasciamo l'ancoraggio di Sawa-I-Lau. Il vento è ancora sostenuto, sui 20-22 nodi; la nostra meta è Blue Lagoon, a 13 miglia, un posto molto frequentato dagli yacht perché offre una protezione a 360°, anche dal rollio. Essendovi alcuni lussuosi resort , è servito giornalmente da idrovolanti e da un grande catamarano di linea, che continuamente sbarcano e imbarcano decine di turisti; l'anno scorso abbiamo sostato qui un paio di giorni e tutto questo traffico ci ha lasciato qualche riserva sulla godibilità del luogo. Inoltre le profondità sono elevate, da 16 a 22 metri, bisogna dare molto calumo, e se ci fossero molte barche si potrebbero avere difficoltà a stare alla ruota.
C'è però un'alternativa: sull'immagine satellitare abbiamo visto nell'isola di Nacula, a 6 miglia da Sawa-I-Lau e quindi a  metà strada, una bella baia con una lunga spiaggia bianca, Malakati Bay. Dal satellite sembra non solo bella ma anche ben protetta dal vento fresco da sud-est, certo sono da verificare i fondali... decidiamo di andare a vedere.
L'acqua è pulita e trasparente, la protezione ottima, solo qualche sporadica raffica scende nella baia, siamo l'unica barca presente e c'è anche il segnale telefonico-internet... senza esitazione decidiamo di fermarci ed alle 10.15 gettiamo l'ancora su un fondo sabbioso di 5-6 metri (16°53.508'S 177°24.540'E).


Nel pomeriggio ci avvicina una canoa. Cosa frequente ed usuale alle Vanuatu, ma qui alle Fiji molto più rara; inoltre, alle Vanuatu ci accostavano con canoe a un bilanciere, costruite da loro, scavate da grossi tronchi d'albero, mentre qui l'anziano signore è a bordo di una canoa in vetroresina … ci fa un po' specie, e avvertiamo un po' di nostalgia. Vuole venderci delle papaie, ma avendone fatto scorta a Yandua, ne siamo pieni; ci chiede comunque dei soldi, 5 o 10 dollari fijiani. Noi restiamo ancora più perplessi, non è l'atteggiamento accogliente e caloroso cui eravamo abituati alle Vanuatu, ma lo accontentiamo acquistando una papaia per 5 dollari. Ci dice “Se scendete a terra, dovete vedere il chief” e anche questa sembrava più un'intimazione che un invito. Una volta allontanatosi, Lilli ed io ci guardiamo in faccia e realizziamo che … questo incontro ci ha tolto ogni voglia di visitare il villaggio.
Arrivano altre due barche, come tante altre volte notiamo che vedere una barca ancorata sullo sfondo di una lunga spiaggia bianca suscita sempre un'irresistibile attrazione.
Il mattino seguente, attrezzato di bombola e respiratore, dedico un paio d'ore alla pulizia della carena, mentre nel resto della giornata, semplicemente, ci godiamo il relax.
Lunedì 31 agosto salpiamo da Nacula e percorriamo il breve tratto fino alla Blue Lagoon, passando in mezzo a isolotti e bassi fondali, tutti ben visibili (abbiamo il sole alto alle spalle); ci sono sei  barche alla fonda, non c'è la ressa dello scorso anno, ma non si sta nemmeno larghissimi. Tra le sei c'è anche Bonaparte, compagna della bella veleggiata da Yandua a Sawa-I-Lau. Non abbiamo in mente di fermarci, ma un po' per salutare gli amici e un po' per mettere a punto la rotta successiva, alle 10.40 ancoriamo su un fondale sabbioso di 18 metri (16°56.710'S 177°21.972'E), proprio dietro a Bonaparte. Ci salutiamo e scambiamo due parole al VHF: Peter ci dice che lascerà la barca lì con la moglie a bordo, perché deve rientrare per qualche giorno in Nuova Zelanda.
Noi gli comunichiamo che proseguiamo per Naviti, 12 miglia più a sud.

Alle 11 salpiamo e questa volta inauguriamo un percorso nuovo: usciamo da Blue Lagoon per la pass di SE, navighiamo nel mare interno tra le Yasawa e Viti Levu, poi entriamo a Naviti per la pass di NE e procediamo fino a Vunayawa Bay, nostra destinazione. La cartografia Navionics non ha dettagli, mentre C-Map è buona; integrando la navigazione con le immagini satellitari scaricate su Sas Planet, il percorso è sicuro e piacevole.
Arriviamo alle 13.10, c'è la bassa marea che ci assicura una buona visibilità dei reef, ora quasi affioranti; caliamo l'ancora su fondale sabbioso, con macchie scure di alghe, di 10-11 metri (17°04.948'S 177°16.625'E). Un po' più al largo di noi, è alla fonda un cabinato a motore.


Naviti, e questo ancoraggio in particolare, ci erano rimasti impressi lo scorso anno per i bei coralli sul  reef adiacente (Nukusa), anche se la giornata un po' nuvolosa non aveva dato pienamente risalto ai colori. Siamo tornati con la speranza che questa volta vada meglio; ma siamo solo parzialmente accontentati: il giorno seguente c'è un po' di sole, coperto a tratti da qualche nuvola. Non c'è proprio la luce che desideravamo, ma ugualmente indossiamo le mute leggere e ci tuffiamo dalla barca per raggiungere a nuoto il reef, a circa 300 metri. Pinneggiamo per una mezz'oretta lungo la barriera, ma Lilli ha freddo e rientriamo. Insomma anche questa volta non avevamo le condizioni ideali, ma il sito comunque è molto bello, ricco di pesci (le foto non gli rendono giustizia).


Durante la sosta si è avvicinata una barca di locali con a bordo due giovani ed un ragazzino, ci chiedono una bottiglia d'acqua e dei crakers, li accontentiamo; sono pescatori, hanno preso una grande tartaruga e delle grosse conchiglie di cui si mangia il mollusco, ci chiedono se vogliamo aragoste a 20 $ fiji cadauna, ok rispondo io se è grossa 15 $ te li do... non sono più tornati.
Il secondo giorno il vento cala sui 15 nodi e l'ancoraggio diventa un po' rollante, l'onda arriva da nord al traverso e in certi momenti è davvero fastidiosa. Ci consoliamo con una cenetta a base di canederli (ricetta di Martina), che gustiamo affogati nel burro fuso … una leccornia!!!
Mercoledì 2 settembre leviamo l'ancora, ben volentieri perché il rollio è diventato insopportabile, e facciamo rotta su Waya, a 18 miglia.
Il vento, all'inizio sui 15-20 nodi, cala durante il percorso a 10 nodi, ma riusciamo comunque a navigare sempre a vela, pur passando in mezzo a numerosi bassi fondali (sempre ben visibili).
La nostra destinazione è un ancoraggio che l'anno scorso avevamo visto solo da terra, durante una passeggiata: dall'alto, con l'acqua trasparente e di tutte le sfumature dell'azzurro a seconda delle diverse profondità, la baia era proprio una cartolina. Avremmo voluto venirci con la barca, ma con il vento girato a sud non avremmo avuto una protezione adeguata.
Quest'anno invece ci va bene! Alle 12 entriamo a Likuliku Bay, sul lato NW di Waya, dove ancoriamo davanti al resort Octopus su un fondale di 12-13 metri, sabbioso con qualche macchia di alghe (17°16.486'S 177°06.172'E); sono già presenti altre 5 barche, ma di posto ce n'è.
Per entrare nella baia bisogna avere condizioni di buona visibilità, perché c'è da fare un po' di slalom tra i bassi fondali; ha però il pregio di essere protetto a nord dall'estremità di Waya (Punta Bekua) e quindi il rollio è quasi inesistente.


Ci concediamo, tanto per cambiare, due giorni di relax, interrotto solo dalla visita di un signore (in canoa di plastica, accompagnato dal figlioletto, ci offre banane e papaie per 5 $ fiji, che acquistiamo volentieri) che abita in una casa isolata sulla spiaggia nell'ansa nord della baia e fa il giro delle barche con i prodotti del suo garden, e dai catamarani dalla linea Cruiser Fiji, che sostano in baia qualche minuto per sbarcare o prelevare gli ospiti del resort.