sabato 29 agosto 2015

FIJI: YASAWA - SAWA I LAU


Giovedì 27 alle 7.30 salpiamo da Yandua. Abbiamo 53 miglia da fare e c'è un bel vento, sui 15-20 nodi; la giornata si presenta bella ed interessante: scapolati i reef davanti alla baia, abbiamo un altro passaggio a 4 miglia fra scogli ed un altro ampio reef, prima di arrivare nelle Bligh Water. Anche qui siamo già passati lo scorso anno, perciò grazie alle tracce andiamo sul sicuro; poi un tratto di mare aperto fino a 10 miglia dall'arrivo, dove dovremo attraversare una serie di reef basandoci sulla cartografia elettronica e soprattutto sui nostri occhi.
Le Bligh Waters sono una sorta di mare interno delle Fiji, racchiuso tra le barriere coralline delle due isole maggiori, Viti Levu e Vanua Levu; si estendono per circa 50 miglia in longitudine e 20 in latitudine, con una profondità di circa 500 metri. Devono il nome al famoso capitano Bligh, comandante della nave Bounty, che dopo l'ammutinamento fu abbandonato alle isole Tonga su una scialuppa  di 22 piedi, con le 18 persone che gli erano rimaste fedeli e pochi viveri. Era il 1789; Bligh, passando per queste acque senza fermarsi (i cannibali c’erano, a quel tempo) compì la memorabile impresa di colmare in 47 giorni le 3.800 miglia (in linea d’aria) dalle Tonga all’Indonesia, sbarcando incolume tutto l’equipaggio a Kupang, nell’isola di Timor.
Peter di Bonaparte è dietro di noi circa 1,5 miglia. Quando il giorno precedente ci aveva detto “anche noi andiamo a Sawa I Lau, vi seguiamo” dentro di me sorridevo: competizione assicurata, vediamo se ce la fa a starci dietro, ne faremo un boccone.
Bonaparte è un Benetau 50, con armo frazionato. Lo seguo sull'AIS, con il binocolo vedo la sua randa ridotta, Refola è nelle migliori condizioni, vento e mare al traverso, viaggiamo a 8 nodi, ma Bonaparte non si stacca … tiro fuori tutta la randa e metto anche la mezzana, ma Bonaparte è sempre lì dietro, incollato, anzi orza un po' e ci rosicchia qualche centinaio di metri … altro che boccone!
Alle 15.30 arriviamo comunque per primi nella baia ad ovest di Sawa i Lau, ma prima della pass Bonaparte ci aveva recuperato  mezzo miglio. È bravo Peter, e sa portare bene la sua barca.
Sawa I Lau la conosciamo, ha una baia profonda, 20-30 metri mediamente; per trovare fondali meno profondi bisogna spostarsi nella parte NE, dove ancoriamo su un fondale sabbioso di 15 metri (16°50.775'S 177°28.009'E). Oltre a noi e Bonaparte, sono ancorate un'altra barca a vela (italiana!) ed una nave da crociera.


Circa un'ora dopo l'ancoraggio il vento rinforza, le raffiche aggirando la rocca di Sawa, alta 222 metri, entrano nella baia a 25-30 nodi. Abbiamo già filato 60 metri di catena, ma ora sotto la chiglia ci sono 20 metri d'acqua; ingrandisco l'immagine satellitare e vedo che la barca si trova sopra una macchia scura che fa pensare ad un fondo di corallo... qui bisogna andare a vedere, penso, se la catena si incattiva nel corallo durante il brandeggio sono problemi.
Maschera e pinne e via, l'acqua è abbastanza limpida, scendendo di qualche metro riesco a vedere il fondo: sotto la barca non sono coralli, ma tratti di alghe, e la differenza di colore del fondale è stata rilevata dalla foto satellitare. Perlustro tutta la lunghezza del calumo fino all'ancora, non ci sono coralli … tiro un sospiro di sollievo.
Risalgo a bordo e caliamo altri 12 metri di catena, il segnale dei 70 metri sfiora l'acqua, setto  l'allarme ancora a 0,026 M (48 metri) per evitare che suoni con il brandeggio e trascrivo due rilevamenti a terra. Ora possiamo dormire sonni tranquilli.   
Il giorno seguente salpano prima la nave, poi la barca italiana che avevamo deciso di andare a trovare per fare due chiacchiere (un OVNI immatricolato a Genova, ma non siamo riusciti a vedere il nome); noi abbiamo deciso di fermarci, la baia è ancora spazzata dal vento, ma dubito che più avanti ci siano posti più riparati, qui abbiamo anche internet, l'ancoraggio ormai è collaudato ed abbiamo un bel panorama.



Anche Bonaparte salpa e si avvicina per salutarci: “Bella veleggiata ieri!”, Lilli mi fa da interprete “Complimenti Peter, hai una barca molto veloce” lui fa un sorriso di conferma, “ci rivediamo più avanti, buon vento”.

giovedì 27 agosto 2015

COSTA SW DI VANUA LEVU - YANDUA


Salpiamo da Savu Savu alle 10.30 di domenica 23 agosto, il nostro piano di navigazione prevede di navigare verso ovest, tra la costa SW di Vanua Levu e la barriera corallina, fino all'isola di Yandua. Questo tratto di mare è ampio e con pochi cambi di direzione, i reef sono segnalati, si può tranquillamente fare a vela; inoltre, navigando verso ovest,  il vento predominante da ESE spinge la barca dal traverso al lasco, praticamente senza onda. Dopo tanta bolina, è una pacchia!
La prima tappa è di sole 24 miglia, fino a Nasonisoni Bay,  una profonda insenatura che si estende per circa 1,5 miglia verso nord tra reef e mangrovie,  classificata “hurricane hole”; il vento è debole sui 10 nodi, comunque sufficiente per filare a vela 5-6 nodi. Alle 14.40 siamo a destinazione, caliamo l'ancora su un fondale sabbia/fango di 7-8 mt di (16°55.559'S 179°0.948'E).

L'acqua è torbida e non invoglia certo a fare il bagno, il panorama non è attraente, c'è comunque il segnale telefonico e internet.

Sulla costa ovest dell'insenatura c'è un villaggio; nel tardo pomeriggio si avvicina una barca con a bordo un anziano signore con la sua nipotina, facciamo due chiacchiere, ci racconta che il suo villaggio non ha acqua dolce ed è in corso uno studio per risolvere questo problema, mentre l'energia viene fornita a tempo da un generatore; parliamo dei posti che abbiamo appena visitato, Levuka la vecchia capitale e Makongai, dove suo nonno ha vissuto 15 anni.
Il giorno seguente salpiamo alle 8.10 per la seconda tappa, di 37 miglia, fino a Bua Bay. Il vento è sempre debole sui 10 nodi. Verso le 12 una spiacevole sorpresa: accostando sulla rotta 325° per l'ultimo bordo di 15 miglia, il vento ci arriva in poppa e la velocità della barca scende a 3 nodi, decido perciò di accendere il motore, ma … non parte! Il motorino di avviamento non gira.
Scendo in sala motore e verifico la tensione sul morsetto della bobina di lancio, sembra tutto a posto, ma quando si gira la chiave di messa in moto non succede niente. Provo a battere con il martello sul motorino (in passato, con il precedente motorino sostituito lo scorso anno a Raiatea, questo antico metodo aveva funzionato), provo a fare il ponte direttamente sulla bobina di lancio, niente da fare.
Lascio Lilli al timone e tiro fuori il libro di manutenzione del motore (Yanmar 100 cavalli) per cercare qualche indizio, il motorino di avviamento è nuovo, ha solo un anno... Non trovo niente di utile, buio assoluto. Non mi resta che sostituire il motorino con il vecchio che ho fatto revisionare, ma purtroppo il motore è ancora caldo ed è impossibile metterci le mani. Bisogna arrivare all'ancoraggio e a questa velocità ci saremo verso le 17, ci sarà ancora un'ora di luce, eventualmente per l'ancoraggio ci aiuteremo con il dinghy... Ho la mente piena di questi foschi  pensieri, ma, giusto per prova, giro nuovamente la chiave e questa volta … bruummm! il motorino parte ed il motore si avvia.
Grande sospiro di sollievo, ma il problema non  è risolto e non sarò tranquillo fino a quando non avrò capito il motivo di questo inconveniente, perché ora ci è andata bene (se non andava in moto avevamo comunque il tempo di arrivare all'ancoraggio a vela e fare il lavoro in un posto riparato), ma se la cosa si ripetesse in altre condizioni, magari con ventone e mare formato davanti a una pass?
Alle 14.50 siamo nell'ampia Bua Bay, ancoriamo nella parte più interna su un fondale sabbia/fango di 5 metri (16°51.959'S 178°36.223'E), l'acqua è anche qui torbida, tutta la costa è contornata da mangrovie, però anche qui abbiamo segnale telefonico ed internet.

Terminato l'ancoraggio, ricomincio a pensare al problema dell'avviamento e mi viene in mente quanto mi aveva raccontato l'amico Gianni di Eutikia (un'Amel gemella di Refola): un problema analogo sul motorino di avviamento era causato dal falso contatto del faston che porta corrente al relè della bobina di lancio.
Provo allora a togliere il faston, c'è un po' di gioco, potrebbe essere questa la causa. Stringo con la pinza il faston e ricollego, provo più volte la messa in moto e tutto funziona... tutto finito allora? No, d'ora in poi quando siamo in fase di atterraggio a vela, bisogna tener conto che il motore potrebbe non accendersi e quindi bisogna avere il tempo e lo spazio per fare  la manovra a vela.
Dopo il tramonto si avvicina una barca di locali, con a bordo 5 donne e 2 uomini di varie età. Hanno un atteggiamento molto cordiale, ci dicono che stanno andando a pesca di granchi vicino alle mangrovie, sono attrezzati di grosse torce. Le donne sono incuriosite della nostra barca e senza chiedere il permesso salgono a bordo e cominciano a girare sulla coperta, si stendono sulla tuga per guardare l'interno dall'oblò della dinette … Lilli è un po' contrariata ma cerca di non darlo a vedere, tiene la conversazione con un giovane sulla barca, mentre io seguo i movimenti delle donne … dopo circa un quarto d'ora, è quasi buio, si decidono a tornare sulla loro barca e, salutandoci calorosamente, si allontanano.
Martedì 25 agosto salpiamo alle 8.15 per una tappa di 24 miglia fino all'isola di Yandua, che si affaccia sulle Bligh Water, fuori dalla barriera di Vanua Levu.
Il vento come da previsione è arrivato, il primo mattino sui 15-20 nodi, poi a 20-25 con raffiche a 28; in tre ore siamo già davanti alla baia, dopo aver aggirato l'isola da nord.
Cukuvou Harbour, dove ancoriamo, si trova sulla costa ovest di Yandua; l'ingresso è parzialmente ostruito da un basso fondale interrotto al centro da un'apertura larga circa 100 metri. Il sole è alto, i reef sono ben visibili, inoltre abbiamo su SasPlanet le tracce del nostro passaggio qui lo scorso anno. Entriamo a motore (acceso per tempo) con la randa cazzata a ferro, mentre il vento va dai 25 ai 30 nodi; alle 11.25 ancoriamo su un fondale sabbioso di 13 metri (16°48.980'S 178°17.078'E).

Questo ancoraggio ci era stato segnalato lo scorso anno dall'amico turco, che ci aveva parlato anche dei bei coralli che contornano la baia: il posto ci era piaciuto, panorama, spiaggia, acque chiare, ma purtroppo il cielo nuvoloso ed il vento non ci avevano permesso di apprezzare pienamente le sue bellezze. Così abbiamo deciso di ritornarci anche quest'anno, ma la situazione non è purtroppo cambiata di molto: il primo giorno un bel sole ma con vento costante a 20-25 nodi, il secondo giorno il vento è calato a 10-15 nodi, ma in compenso il sole si nasconde... pazienza, ci consoliamo andando a terra e facendo scorta di cocchi e papaie.


Dopo di noi è arrivata anche una barca di neozelandesi, “Bonaparte”, partita come noi da Bua Bay; domani entrambi lasceremo Yandua, attraverseremo le Bligh Water per approdare alle Yasawa Group.


sabato 22 agosto 2015

Fiji: da MAKONGAI a SAVU SAVU

Martedì 18 agosto alle 12.55 lasciamo, come detto un po' a malincuore, Levuka. Attraversiamo l'ampia pass 2 miglia ad est della città, sul cui limite sud è posizionato un grande segnale luminoso; appena fuori issiamo le vele ed un bel venticello sui 15 nodi cancella il dispiacere di essere partiti un po' in fretta.
Alle 15.15 siamo alla pass a NW di Makongai, che conosciamo bene essendo stati qui lo scorso anno, e alle 15.45 ancoriamo nella baia davanti al centro di allevamento marino Maricolture, su un fondale sabbioso sui 13 metri (17°26.487'S 178°57.165'E); ci sono già altre 7 barche ancorate.

Il mattino seguente si annuncia una bella giornata di sole: aliamo il dinghy e scendiamo a terra. Conservavamo un bel ricordo di questo posto, ci avevano accolto e raccontato con molto entusiasmo delle attività per allevare tridacne e tartarughe, dell'ambizioso progetto per conservare i resti del lebbrosario (chiuso nel 1969) prima che la fitta vegetazione tropicale ne cancelli le tracce; confidavano che il governo finanziasse questo tentativo di recupero di un pezzo importante della storia locale, ed anche la costruzione di una strada di collegamento al villaggio principale, che si trova dalla parte opposta dell'isola.
Oggi non ritroviamo quasi nulla di quell'energia comunicativa: incontriamo solo bambini e due giovani uomini che, seppure sorridenti, non sembrano interessati ai visitatori.

Il centro di allevamento marino, rispetto all'anno scorso, ci appare meno attivo: molte vasche vuote, due vecchie tartarughe giganti e niente piccoli, mentre di tridacne ci sono solo esemplari giovanissimi.

Nessuno fa cenno al lebbrosario, e noi pensiamo che forse il governo ha risposto picche al loro progetto...  ripercorriamo per conto nostro il sentiero tra le rovine fino al cimitero, dove l'anno scorso ci avevano accompagnato, con la sensazione che qualcosa si sia perso.

Per consolarci facciamo un po' di snorkeling sul nostro corallo preferito, dove alloggia una tridacna gigante (90 cm): è sempre lì, con il solito pesciolino che fa da guardia perché nessuno le si avvicini troppo (vedi blog del 4/10/2014).




Giovedì 20 agosto lasciamo Makongai. Usciamo questa volta dalla pass NE, che è nuova per noi; comunque abbiamo tre way-point riportati dal Compendium delle Fiji e l'immagine satellitare. La affrontiamo alle 8.25, con la marea crescente (la massima sarà alle 9.30), corrente praticamente nulla ed assenza di onde stazionarie; insomma facile facile, in pochi minuti siamo fuori, ed abbiamo risparmiato 5 miglia rispetto alla rotta tramite la pass di NW, da cui eravamo entrati.
Il nostro piano di navigazione prevede una tappa di circa 48 miglia, fino a Savu Savu, ma se la direzione del vento ci obbligasse a fare bordi o se il vento dovesse calare abbiamo l'opzione di una tappa più corta (27 miglia) fino a Namena Island, dove peraltro abbiamo fatto sosta anche lo scorso anno.
Ma la navigazione non ci riserva sorprese, il vento resta tra i 10 e i 15 nodi, comoda andatura di bolina larga / traverso, filiamo spediti con tutte le vele spiegate e alle 14.50 chiamiamo il Waitui Marina di Savu Savu sul canale 16 VHF, e ci facciamo assegnare un gavitello.

Questo posto ci ispira simpatia: la baia è ben protetta ed arieggiata, la piccola città di Savu Savu, che si affaccia sulla baia, ha un tono allegro e quasi caraibico, ed offre ampia scelta per i rifornimenti (supermercati, mercato ortofrutticolo, negozi vari). Poi ci piace l'atmosfera familiare del Waitui Marina, dove la simpatica manager Jolene si ricordava di noi ed anche di Cristiano ed Eliane, e al cui piccolo “ristorante” mangiamo il migliore fish and chips della stagione, spendendo 10 euro in due (comprese le birre). Lo preferiamo di gran lunga al più blasonato “Coprashed Marina”, raffinato ma … freddo.
Passiamo tre giorni tra relax, spese, lavoretti in barca; riusciamo pure a far riparare una lampada a led, dallo stesso elettricista che l'anno scorso ci ha venduto l'inverter.



Il tempo questa volta è stato dalla nostra, qualche nuvoletta, ma tanto sole. Rabbocchiamo la cambusa e domani, 23 agosto, saluteremo Savu Savu.

giovedì 20 agosto 2015

COSTA NORD DI VITI LEVU, FIJI


La costa nord ed est di Viti Levu è caratterizza dalla presenza di estesi bassi fondali e reef affioranti, la maggior parte segnalati fin dai tempi della dominazione inglese; questi segnali sono quasi tutti ancora presenti oggi ed è possibile navigare in acque profonde e sicure per tutto il percorso.
Navigazione da fare perlopiù a motore, a causa dei frequenti cambi di direzione, anche se qualche tratto con il vento favorevole può essere percorso a vela. Inoltre, poiché i segnali non sono luminosi, la navigazione notturna è da escludere.
Di grande aiuto, se non indispensabile, la cartografia elettronica: noi abbiamo preventivamente tracciato la rotta sul plotter, seguendo passo passo l'avanzamento e prendendo nota dei segnali mancanti.
La costa, dal punto di vista panoramico e turistico, non suscita grande interesse, e infatti sono poche le barche che si avventurano da queste parti. Noi eravamo curiosi di fare un percorso nuovo e inoltre questa navigazione “interna” ci fa guadagnare mare verso est, evitando di dover fare bordi navigando contro i venti dominanti nelle acque a nord di Viti Levu, che sono anch'esse disseminate di reef.

Il giorno della partenza, sabato 15 agosto, il meteo non ci aiuta: il cielo è plumbeo, la visibilità ridotta, comunque con un'attenta guardia (Lilli) ed un attento pilotaggio (il sottoscritto) intraprendiamo il nostro percorso a zig zag e tutto fila liscio.
La prima sosta è dopo 27 miglia, a Vatubuli, un'insenatura tra due reef che si estende verso sud per circa mezzo miglio. Siamo fortunati: arriviamo alle 12.50, quando c'è bassa marea, ed i reef sono ben visibili. Il canale di accesso è largo circa 60 metri; gettiamo l'ancora su un fondo di 5-6 metri, sabbia e fango, ottima tenuta (17°23.402'S 177°47.700'E). Solo poche ore più tardi, con l'alta marea, i reef scompaiono del tutto e il luogo sembra totalmente diverso.

Questo ancoraggio solitario, ben protetto anche dal vento da est/sud da un'alta collina, ci era stato segnalato da un navigatore turco, incontrato lo scorso anno a Vanua Balavu nelle Lau.
Il secondo giorno proseguiamo per altre 27 miglia, sempre a zig zag, fino all'isoletta Yanutha, separata da Viti Levu da un canale largo meno di 400 metri, dove ci fermiamo per la notte. Il panorama che ci circonda è decisamente più attraente del precedente, anche se il cielo sempre nuvoloso non ci consente di apprezzarlo pienamente. Eravamo stati qui anche lo scorso anno, ma questa volta ancoriamo più vicino all'isola, dove c'è una bella spiaggia, fondo di sabbia/fango sui 13 metri, ottima tenuta (17°18.520'S 178°13.607'E).
La piccola Yanutha è un'isola privata, occupata da un resort, che al nostro passaggio non sembra avere tanti clienti; l'area è servita da un eccellente segnale internet, Vodafone e Digicel.

Se fosse apparso il sole avremmo prolungato la nostra sosta qui,  ma poiché anche il terzo giorno,  lunedì 17 agosto, il cielo si ostina ad essere grigio e coperto di nuvole, riprendiamo la navigazione verso est.
In questa tappa, di 36 miglia, abbandoniamo la costa di Viti Levu ed il canale segnalato e ci spostiamo ai margini della barriera corallina, fino a Naigani Island. Ancoriamo a nord dell'isola, davanti ad una bella spiaggia, fondo di sabbia sui 12 metri (17°34.273'S 178°40.626'E).    
La quarta ed ultima sosta è a Levuka, sul versante est di Ovalau Island, solo 14 miglia da Naigani; anche Ovalau ha la barriera corallina che la circonda: noi entriamo da nord e costeggiamo l'isola fino a Levuka, dove ancoriamo a nord del porto su un fondale sabbioso di 12 metri (17°40.936'S 178°50.164'E).
Siamo davanti alla cittadina, ma il posto non è molto riparato, inoltre a terra c'è un grosso generatore che probabilmente funziona ininterrottamente, e che fa un bel baccano.

Scendiamo a terra con il dinghy, che lasciamo al moletto della dogana, per comprare pane e limoni.  La piccola città ci riserva alcune sorprese interessanti: niente palazzi moderni, sul lungomare (che è anche la strada principale) si affacciano vecchie costruzioni in legno, più o meno ben conservate, ma comunque molto suggestive. Presso l'ufficio turistico, adiacente alla biblioteca pubblica (accogliente e curata), è allestito un minuscolo “museo”, in cui con fotografie e oggetti vari è illustrata la storia locale. A Levuka, il 10 ottobre 1874, è stato firmato lo storico atto con cui i rappresentanti delle comunità fijiane hanno ceduto alla Regina d'Inghilterra Vittoria la sovranità su tutto l'arcipelago (per definirne i confini, nell'atto, hanno usato le  coordinate: area compresa tra i paralleli 15 e 22 Sud e tra il meridiano 177 Ovest e il 175 Est).

Levuka era la città più fiorente, allora, soprattutto per l'esportazione di copra e legno di sandalo; è stata la prima capitale delle Fiji, e sembra che la gente del posto ne vada fiera, conservando con cura e valorizzando al massimo tutto ciò che documenta la loro storia passata (la chiesa, i vecchi magazzini, le vecchie insegne dei negozi, la vecchia stazione di polizia, il vecchio tribunale, la vecchia prigione).


Qui, ad opera di due intraprendenti commercianti, è nata quella che oggi è la più estesa catena di supermercati delle Fiji; in tutti i grossi centri abitati si trovano i magazzini MH, ma solo qui a Levuka sul frontale del negozio appaiono i nomi dei fondatori, Mr. Morris a Mr. Hedstrom.


Quando torniamo in barca sono le 12.30: salpando subito abbiamo il tempo di raggiungere Makongai Island, a 18 miglia. Peccato che l'ancoraggio sia così scomodo, perché Levuka avrebbe meritato una permanenza più lunga.  

sabato 15 agosto 2015

LAUTOKA, isola di Viti Levu, Fiji

L'atterraggio alle Fiji è stato molto bello: nelle ultime 24 ore una percorrenza da record (186 miglia, velocità media 7,75 nodi), poi l'entrata a vela nella pass Navula, a 9-10 nodi, con la marea crescente che ci regala una corrente a favore di circa 2,5 nodi.
Il Navula Passage è ampio e ben segnalato con beacon alti e luminosi (rosso a sinistra e verde a destra), inoltre c'è un allineamento luminoso per 77°, l'ingresso è quindi facile anche di notte.
Alle 11.15 del 10 agosto ancoriamo a Momi Bay, appena dentro la pass, proprio davanti ai segnali di allineamento, su un fondale fangoso di 9 metri (17°54.953'S 177°16.073'E).

Per una volta, contravvenendo alle regole, Lilli ed io scegliamo di passare una giornata da clandestini, dedicandola ai festeggiamenti e al riposo. D'altronde, per essere ligi dovremmo navigare ancora 3-4 ore fino a Lautoka, arriveremmo nel pomeriggio con le pratiche di ingresso da fare, la gente che saliva a bordo, fino a sera non avremmo avuto un attimo di tregua.
Invece abbiamo scongelato le ultime due porzioni di pasticcio e ci siamo finalmente gustati l'aperitivo del tramonto.
Dopo una bella dormita, il giorno seguente salpiamo per Lautoka, a 24 miglia, ma poiché essendo partiti con calma saremmo arrivati giusto nella pausa pranzo (il che ci avrebbe costretto a pagare un extra alla Dogana), a circa tre miglia dall'arrivo decidiamo di contravvenire nuovamente alle regole e ci fermiamo a Saweni Bay, 9 metri di fondo su fango (17°38.352'S 177°23.735'E); la baia è bella, ampia e riparata, ci sono altre 5 barche ancorate, sostiamo per il pranzo e salpiamo infine per Lautoka.
Per entrare in barca alle Fiji è necessario inviare preventivamente, almeno 48 ore prima, una e-mail con allegato l'apposito modulo di Advance Notification for Yacht (scaricabile da internet al sito www.frca.org.fj, destinatario yachtreport@frca.org.fj). E noi questo l'avevamo fatto; non ci eravamo però accorti, se non all'ultimo momento, che la guida “A mariners guide to Fiji” edizione 2015 (distribuita gratuitamente nei marina e nei negozi di nautica non solo alle Fiji, ma anche in Nuova Zelanda e alle Tonga) riporta una novità rispetto alle procedure del 2014, cioè che due diversi moduli di preavviso devono essere inviati anche alle autorità della Health Quarantine e della Bio-Security (quarantena e sicurezza biologica). E questo noi non l'avevamo fatto! All'apprensione (soprattutto di Lilli, ovviamente) per il rischio di essere multati si aggiunge anche il timore che nell'ispezione a bordo trovino tutto il vino, gli alcolici e le sigarette, che abbiamo regolarmente comprato al Duty Free delle Vanuatu, ma in quantità di molto eccedenti i limiti di importazione consentiti alle Fiji.
Alle 14.15 chiamiamo sul canale 16 VHF il Lautoka Port Control per chiedere l'autorizzazione ad entrare ed ancorare; dichiariamo di venire dalle Vanuatu e di dover espletare le formalità di ingresso.  Ci rilassiamo nel sentirci rispondere che ok, possiamo entrare, e che ci aspettano a terra per le pratiche.
Alle 14.30 caliamo l'ancora circa 200 metri a nord del porto, su un fondale fangoso di circa 8-9 metri (17°36.076'S 177°26.469'E).






Aliamo il dinghy e ci rechiamo a terra, ma ancora prima di legare il gommone ci avvicina l'addetto alla Quarantena il quale ci informa che, poiché proveniamo dalle Vanuatu che sono un paese a rischio per la malaria, deve venire a bordo a spruzzare un anti-mosquito! Ripetutamente ci chiede se stiamo bene, e dopo aver inondato la barca di un comune DDT finalmente ci consegna la Clearance del Ministero della Salute. In dogana ci fanno compilare nuovamente il modulo di preavviso che avevamo già inviato via mail (avvertenza: meglio stamparlo e portarlo con sé, perché loro lo pretendono ma non ne salvano copia) e solo verso le 17 riusciamo a completare l'ingresso doganale, ottenendo anche i timbri sul passaporto. Per terminare ci manca la Bio-security, che ha sede lì accanto ma nel frattempo ha chiuso i battenti, ed il permesso di navigazione nelle acque fijiane (da richiedere in città, al District Office). Queste due operazioni le rimandiamo al giorno dopo.
Prima che faccia buio, riusciamo a fare un salto in città (raggiungibile a piedi in 15 minuti, oppure in autobus -0,70 FJ$- o in taxi -da 3 a 5 FJ$-) per comprare due schede sim (una Digicel per le telefonate ed una Vodafone da usare con la chiavetta modem per i dati) e per un po' di spesa al bel mercato ortofrutticolo ed al supermercato della catena MH.

Lautoka è la seconda città delle Fiji, dopo la capitale Suva; è anche questa una città moderna, movimentata, con molti negozi alla moda.


Come a Suva, moltissimi indiani, giunti come schiavi in epoca coloniale ed ora a tutti gli effetti facenti parte della comunità che si definisce indo-fijiana.
Ci sono voluti tre giorni per avere il permesso di navigazione. Ora, dopo aver pagato 279,50 FJ$ (114,60 €) per la Quarantena, 201,83 FJ$ (82,75 €) per la Bio Security (hanno preteso 100 FJ$ in più per le immondizie, la cui raccolta secondo la guida citata doveva essere compresa nella tariffa base), siamo liberi di andarcene a zonzo per le Fiji. Ci resta solo l'obbligo di riportare settimanalmente la nostra posizione al solito indirizzo yachtreport@frca.org.fj
Stamattina, sabato 15 agosto, salpiamo da Lautoka ed iniziamo il nostro nuovo giro alle Fiji.

domenica 9 agosto 2015

IN NAVIGAZIONE DA PORT VILA (VANUATU) A LAUTOKA (FIJI)


Partiamo alle 08.00 di venerdì 7 agosto, cielo coperto, vento sui 20-25 nodi e mare al mascone sui 2,5-3,5 metri, navigazione scomoda di bolina, ma sapevamo che il primo giorno sarebbe stato così, poi dovrebbe migliorare...
Per abituarsi ai turni ci vuole tempo, il cielo grigio, il mare grigio non aiutano, Lilli si lamenta: mi avevi promesso una traversata dolce e rilassante..., naturalmente scherza, ma anch'io in effetti pensavo ad una navigazione più tranquilla.
Per qualche momento ho pensato che forse avremmo fatto meglio a mettere la prua verso la Nuova Caledonia.
Questa parte del nostro piano di navigazione (centinaia di miglia contro vento o quasi) ha suscitato perplessità e sorpresa in tutti quelli con cui ne abbiamo parlato, ma dietro c'è tutta una storia. Il nostro progetto iniziale, costruito a casa all'inizio dell'anno, prevedeva di partire dalla Nuova Zelanda per tornare alle Fiji, che ci erano piaciute molto, poi salire a nord di circa 600 miglia, fino alle Tuvalu (Funafuti), per scendere a sud ovest di circa 850 miglia fino alle Vanuatu, ed infine completare la stagione in Nuova Caledonia circa 300 miglia a SSW; a fine ottobre saremmo ritornati in Nuova Zelanda, per mettere Refola al sicuro a terra.
Ma il progetto è stato modificato già all'inizio, in maggio. Cristiano, che imbarcava in Nuova Zelanda il nostro amico Luciano, faceva rotta sulle Vanuatu, per poi proseguire a NW su Torres; per navigare e passare un po' di tempo insieme a loro abbiamo deciso di invertire il senso del nostro giro (da antiorario ad orario). Si cominciava quindi dalle Vanuatu, noi dopo saremmo saliti a Tuvalu, poi scesi alle Fiji ed infine avremmo proseguito per Nuova Caledonia e Nuova Zelanda.
Sulla carta ci poteva stare, ma bisogna fare i conti anche con il meteo e con il tempo a disposizione. Man mano che si avvicinava la data per il passaggio verso Tuvalu, ci rendevamo sempre più conto che era meglio cambiare programma: avremmo avuto 7-8 giorni di bolina, per arrivare alle Tuvalu dove da un mese è stabile la zona di convergenza del Sud Pacifico (SPCZ), che significa trovare tempo perturbato, e alla fine avremmo avuto pochissimo tempo da passare in Nuova Caledonia.
Negli ultimi giorni a Port Vila si è prospettata una nuova soluzione. Dopo il transito della bassa pressione che ci ha fatto passare giorni interi sotto la pioggia sono previsti venti da sud, di cui possiamo approfittare per fare una rotta di 90° diretta su Lautoka (Fiji); verificata giorno dopo giorno questa ipotesi, a 48 ore dalla partenza la decisione è presa.
Ed eccoci infatti per mare, in quasi 400 miglia non abbiamo incontrato nessuno, l'inizio è stato tosto ma la situazione migliora, il secondo giorno arriva il sole, prendiamo dimestichezza a dormire nello "shaker" di poppa (sì perché ogni onda che arriva provoca prima un movimento sussultorio e subito dopo un brusco movimento orizzontale, proprio quello che si fa fare a ghiaccio e liquore per preparare un drink).
Il terzo giorno anche il mare si "ammorbidisce", onda più lunga dal mascone al traverso, il vento cala sui 15-18 nodi, insomma adesso che siamo quasi arrivati si sta decisamente meglio, e stiamo già pensando come festeggiare il nostro arrivo.
In questo momento sono le 12 local time Vanuatu, 01.00 UTC mancano 168 miglia al waypoint della pass Malolo, dovremmo arrivare nel pomeriggio di lunedì 10 agosto.

giovedì 6 agosto 2015

PORT VILA AGAIN


Salpiamo alle 12.40 di lunedì 27 luglio. La distanza da coprire è di circa 105 miglia, ma navigheremo di bolina e dovremo fare almeno due bordi. Il vento è meno teso delle tappe precedenti, all'inizio sui 20-22 nodi, poi verso sera sui 15-20, sempre da ESE; l'onda è sui 2,5-3 metri, ma in alcuni tratti, sottovento alle isole di Ambrym, Epi ed Emae, cala a circa un metro e mezzo.
Questa nuova navigazione notturna, a distanza di 12 giorni dalla precedente, risulta più agevole anche per Lilli; oltre tutto una luna crescente e quasi piena illumina il mare fino alle 4 del mattino.
Alle 9 siamo già praticamente arrivati. Prima di entrare al marina, approfittiamo delle calme acque della grande baia Mele per fare la taratura della bussola elettronica del pilota automatico, che aveva un errore di 20°: due giri completi tenendo una velocità inferiore a 2 nodi, nuovo allineamento con la bussola magnetica e la taratura è completata; alle 9.30 ormeggiamo al pontile dello Yachting World Marina, il log segna 135 miglia percorse.
Questo posto ci ricorda ovviamente la preoccupazione e la paura che qui abbiamo avuto per Luciano. Da quando è tornato in Italia abbiamo sempre avuto notizie della sua povera gamba, e per fortuna (ma ci sono voluti due mesi) la sua tremenda infezione è risolta.
I giorni di sosta passano velocemente, e capitiamo proprio quando si festeggia il 35esimo anniversario dell’indipendenza delle Vanuatu dal “condominio” anglo-francese.


Ma oltre al relax ci sono diversi lavoretti da fare, tra cui i più importanti: verniciare le bombole del gas, che sono ormai impresentabili per la ruggine che continua ad aumentare; modificare il passaggio dei cavi dei pannelli solari, che disturbano il segnale AIS del nuovo plotter; montare il nuovo fishfinder, gentile omaggio che abbiamo ricevuto dalla Navionics grazie alla casa editrice di Antonio Penati, il Frangente.
A Port Vila ritroviamo gli amici di Dream Time e anche Antonio di By Myself, che insieme ai suoi due giovani ospiti, Nadj e Sabele, avevamo salutato a Wangharei. Loro avevano lasciato la Nuova Zelanda un giorno prima di noi, diretti alle Tonga. Passiamo insieme alcune belle serate.
Ormeggiato vicino a noi un altro Amel, Pacific Cool. L'armatore, il simpatico Bill, è una vecchia conoscenza; lo abbiamo incontrato la prima volta a Raiatea, due anni fa, quando aveva appena comprato la barca che era in vendita presso il cantiere CNI; Bill non aveva nessuna conoscenza delle barche Amel, nessuno gli aveva dato istruzioni. Pacific Cool gli era piaciuta e l'aveva acquistata, ma quando è stato il momento di metterla in acqua si è trovato subito in difficoltà per far funzionare l'elica di prua (per fortuna ero vicino e sono corso sulla sua barca per dargli un aiuto). Lo abbiamo poi ritrovato in Nuova Zelanda, e qui a Port Vila un mese e mezzo fa; ora parte in solitario per l'Australia, dove lo raggiungerà la moglie.
Per qualche ragione ho sempre considerato Bill un audace fortunato, ed i fatti recenti confermano questa mia sensazione: già il giorno della partenza, salutati tutti e mollati gli ormeggi, ritorna in banchina dopo un paio d'ore, con una lunga scucitura sul genoa e l'alternatore di potenza che si era allentato; ha potuto rimediare comodamente in banchina ed è ripartito il giorno seguente.

Oggi riceviamo una lunga mail dove Bill ci racconta le disavventure di questa traversata in solitario:
è caduto in acqua mentre cercava di portare in coperta il dinghy che aveva appeso alle gruette di poppa, per fortuna era legato e così è riuscito a risalire, ma quanta paura e quanta fatica...
Poi si è spento il motore, ma con il manuale ha capito che si trattava del filtro gasolio e pur non avendolo mai cambiato è riuscito a far ripartire il motore, infine anche il generatore non ne voleva sapere di accendersi, ma la determinazione di Bill ha fatto sì che individuasse uno spinotto un po' aperto e che risolvesse anche questo problema; ha passato brutti momenti, ma alla fine tutto è andato bene.
Vicino a noi anche un grosso catamarano americano, con a bordo 6 bambini dai 4 ai 10 anni, che hanno rallegrato le giornate di tutta la banchina: iniziavano i giochi alla mattina alle 7 e finivano alle 5 del pomeriggio, inventandone ogni giorno di nuovi, non erano troppo chiassosi, anzi Lilli ed ci divertivamo spesso a guardarli.
Ora siamo tutti in attesa della finestra giusta per partire: Dream Time per la Nuova Caledonia, By Myself per il nord (Torres, Timor e Oceano Indiano), noi per le Fiji; il 5 agosto si apre la finestra per By Myself ed il 7 anche quella di Refola.


La nostra permanenza alle Vanuatu è durata 80 giorni: abbiamo navigato molto, toccando 20 isole con 31 diversi ancoraggi. A parte il marina di Port Vila, siamo stati sempre in baia. Se all'inizio eravamo un po' perplessi, un po' alla volta le Vanuatu ci hanno conquistato: la gente innanzitutto molto gentile ed amichevole, ancoraggi protetti ed acque cristalline, le isole sono talmente tante e vicine che quasi tutti gli spostamenti si possono fare con tappe giornaliere. Nonostante il tempo sia stato abbastanza variabile, abbiamo avuto sempre vento e raramente abbiamo saltato un bagno. In conclusione le Vanuatu non hanno nulla da invidiare alle isole più note (tipo Fiji e  Polinesia),  e meritano senz'altro un posto tra le star del Pacifico e tra i luoghi più belli al mondo.