martedì 28 luglio 2015

MALAKULA: Port Stanley e Port Sandwich


Giovedì 23 luglio alle 7.35 salpiamo da Ratua: la nostra meta è Port Stanley nell'isola di Malakula, a circa 30 miglia, purtroppo controvento.
La marea crescente provoca nel canale di uscita 2 nodi di corrente diretta ad ovest, anche questa contro! Impieghiamo un'ora e mezza per fare le 5 miglia del Malo Passage e mettere la prua verso sud.
Fuori il vento è sui 14-16 nodi, con onda corta sui 2-3 metri: Lilli ed io ci guardiamo e ci diciamo “beh, è sopportabile ...”; verso le 11.30, però, il vento rinforza a 22-27 nodi, il mare si fa agitato, le onde frangono in coperta e spesso arrivano in prua, riducendo di colpo visibilità e velocità, anche a 2 nodi. Siamo ovviamente costretti a fare bordi ed infatti quasi raddoppiamo le miglia.
Arriviamo a Port Stanley alle 17.00, dopo 51 miglia, con visibilità già scadente. Refola è come un pugile un po' suonato dopo 12 riprese: quanti ganci al mascone ... qualche uppercut sul muso l'ha messa al tappeto, ma si è sempre rialzata... ai punti ha vinto il mare.
Port Stanley è una baia molto grande, un cul de sac profondo circa 3 miglia, delineato da una serie di isolotti contigui ad est e dalla costa di Malakula a sud ed ovest; l'area è disseminata di bassi fondali corallini, poco e mal segnalati sulla cartografia elettronica, solo l'immagine satellitare di Sas Planet ci fornisce l'esatta posizione dei reef.
Ancoriamo a sud di Uri Island, su un fondale sabbioso di circa 11 metri (16°05.863'S 167°27.642'E). In verità la prima volta abbiamo calato l'ancora 100 metri più avanti, dove il fondale era più basso (sugli 8 metri), ma per fortuna sono sceso in acqua a controllare: il fondo nonostante la poca visibilità era ancora distinguibile, non c'era un metro di sabbia, solo coralli alti e massicci, che oltre a non garantire alcuna tenuta ci avrebbero creato problemi al momento di salpare. Esplorando i dintorni individuo una zona sabbiosa, di cui riesco a memorizzare la posizione prendendo a riferimento un'altra barca ancorata poco distante. Velocemente salgo a bordo e rifacciamo l'ancoraggio. Ora possiamo stare tranquilli!
Abbiamo un riparo efficiente dal mare, ma forse, dopo nove ore di dura bolina, ci aspettavamo qualcosa di più carino. Certo il cielo sempre coperto di nuvole non aiuta ad apprezzare questo posto.

Il giorno seguente alcune canoe vengono a farci visita, una di queste con a bordo tre ragazzi, che ci chiedono se abbiamo occhiali da sole. Purtroppo non li possiamo accontentare, e diamo loro un lecca-lecca a testa, di consolazione.
Come detto i dintorni non sono molto attraenti, non scendiamo a terra e passiamo l'intera giornata a riposare; domani dovremo affrontare un'altra impegnativa tappa di bolina, 35 miglia fino a Port Sandwich, nella parte sud-est di Malakula. C'è da dire che la tappa precedente ci aveva colto un po' alla sprovvista, e siamo arrivati abbastanza provati, ma ora siamo più determinati e consapevoli di quello che ci aspetta, anche Refola vuole la rivincita ed è impaziente di salire di nuovo sul ring.
Sabato 25 luglio anticipiamo la partenza alle 6.30.  Il vento per un paio d'ore è sui 15-20 nodi, poi rinforza via via fino a 22-27 sempre da 120°, alzando l'onda, con periodo molto breve, che si presenta spesso di prua.
Il fatto è che il pilota automatico le onde non le vede, perciò mi decido a prendere il timone cercando di cavalcarle: orzando quando arrivano e poggiando sulla cresta, in modo che lo scafo non trovi il versante ripido, ma una più docile discesa. Con il timone in mano la situazione migliora di molto, anche Lilli prova ma incontra qualche difficoltà; in effetti non è semplice, ma vedo che man mano che passa il tempo ci prendo sempre più la mano.

Facciamo due lunghi bordi a perdere, di 10 miglia, ma onda su onda guadagniamo acqua verso la meta. Alle 16 entriamo a Port Sandwich, al riparo dal vento e dal mare, c'è ancora il sole e  ancoriamo su un fondo di circa 14 metri, sabbia e fango (16°26.348'S 167°47.019'E).
Siamo stanchi, ma soddisfatti e felici, e ci premiamo con una bella birra ghiacciata. Refola ha retto le 12 riprese, ha accusato qualche colpo, ma è sempre rimasta sulle gambe, saltando con leggerezza. E, questa volta, ai punti ha vinto Refola!
A Port Sandwich ci eravamo già stati il mese scorso, ma in condizioni meteo più tranquille; questa volta apprezziamo pienamente quanto sia bello, dopo una giornata passata a saltare sulle onde, trovare un riparo così perfetto.




Domenica ci concediamo un'altra giornata di riposo; dopo un piovasco mattutino uno splendido arcobaleno, radente sulla baia, preannuncia il ritorno del sole.

Speriamo sia di buon auspicio per la prossima tappa che, concludendo il nostro giro alle Vanuatu, ci riporterà a Port Vila.

venerdì 24 luglio 2015

Ratua Island


Martedì 21 luglio, alle 7.05, salpiamo l'ancora da Oyster Island. Alle 7.15 siamo davanti alla pass; nei giorni precedenti avevamo attentamente osservato l'escursione delle maree, tenendo come riferimento uno scoglietto isolato vicino al nostro ancoraggio: la partenza è programmata in modo da uscire circa 20 minuti prima dell'inversione (da alta a bassa), in modo da avere un po' di tempo per liberarci in caso di incaglio.
Tutto fila liscio, il fondale minimo che troviamo è di 2,80 metri; il vento è sui 18-20 nodi, e rinforza con il sole a 20-22, esattamente sul naso per la nostra rotta. Facciamo alcuni bordi nel canale tra Santo e le isole Mavea e Aese, al riparo dall'onda, e poi con un altro bordo verso il largo ci mettiamo in rotta per il Malo Passage.
Alle 11.35, dopo aver filato 28 miglia, ancoriamo ad ovest di Ratua Island, su un fondale di 5 metri, sabbioso con qualche testa di corallo isolata (15° 36.673’ S 167° 10.570’ E ); il posto è ben riparato da onda e vento, acqua trasparente e spiagge bianche, uno degli ancoraggi più belli trovati alle Vanuatu.

Ratua è una piccola isola privata, nel canale tra Aore e Malo; in questo stretto canale le correnti di marea possono raggiungere i 5-6 nodi, con direzione ovest quando cresce ed est quando cala.
Ritroviamo qui il Najad Mawari, già incontrato a Thion ed ad Asanvari; Bob e Sue ci informano che alla sera ci sarà uno spettacolo di Water Music organizzato dal resort, così ci diamo appuntamento a terra.
Verso sera  andiamo a terra per lo spettacolo; al resort sono molto gentili, ci accolgono al loro pontiletto privato e ci prendono la cima per legare il gommone, come ad un grande albergo di lusso lasci la vettura davanti all'ingresso ed il personale te la parcheggia; una gentile signorina ci porge il benvenuto e ci indica il percorso del bar e ristorante (forse ci ha scambiato per clienti del resort); tutto è molto curato ed ordinato, ci prendiamo una birra ed in prima fila su comode poltroncine di vimini insieme agli inglesi Bob e Sue ci gustiamo la Water Music.
Era un'esperienza che ci mancava, non essendo riusciti a farla a Gaua, l'isola in cui ha origine. Tutto sommato siamo stati fortunati ed abbiamo trovato le condizioni migliori: al buio ma con le musiciste illuminate da un imponente impianto luci (il resort in quanto ad elettricità non bada a spese, le parti comuni sono illuminate 24 ore al giorno). Sei ragazze di cui 2 piuttosto corpulente, in acqua fino alla cintura, con indosso “abiti” di foglie, percuotevano l'acqua con le mani, cantando e ballando. Uno spettacolo originale e simpatico, crediamo anche piuttosto faticoso (le “canzoni” infatti erano piuttosto brevi).

Il giorno seguente, con il dinghy, scendiamo a terra sull'isola di Aore. In prossimità del moletto in cemento vediamo una costruzione adibita ad officina, ci viene incontro un giovanotto ben vestito sui 35 anni, che si presenta come il direttore della scuola, ci dà il benvenuto, ci informa come ogni mercoledì c'è un piccolo mercato di verdure dagli isolani di Malo, mentre al porticciolo una equipe di volontari australiani sta lavorando per costruire uno scivolo per alare grosse barche; l'officina e lo scivolo appartengono alla scuola, che estende la sua proprietà fin sopra la collina. Ci chiede se desideriamo visitare la scuola, dichiarandosi ben lieto di farci da guida.

La costruzione dello scivolo

Il “mercato” della verdura

La scuola

Naturalmente accettiamo l'invito. Il giovane direttore è nativo delle Salomon, è venuto qui per lavoro, ha sposato una donna del posto ed hanno 2 bambini. Camminando nel parco con l'elrba perfettamente rasata ed una vista mozzafiato sulla baia e su Ratua, ci parla della scuola con orgoglio ed entusiasmo: è una scuola privata, della chiesa Avventista del settimo giorno. Ospita 240 studenti tra primarie e secondarie; è dotata di mense e dormitori, dal momento che quasi tutti i ragazzi provengono da diverse isole, anche lontane, come Tanna e le Banks.
Ci viene mostrata la biblioteca, l'aula attrezzata a laboratorio di scienze, la sala computer (con collegamento internet, che il direttore vorrebbe estendere alla biblioteca) e quella riservata agli insegnanti. Alcune parti della struttura avrebbero bisogno di essere rinnovate, molti aiuti giungono  dal governo australiano, ma il loro obbiettivo è di cercare di essere sempre più autonomi.
Alle spalle degli edifici scolastici, verso la collina, ci sono i “garden”, gli orti dove si coltivano frutta e verdura per la mensa. Gli studenti vi dedicano 2 ore al giorno per 3 giorni alla settimana, tutto serve per ridurre i costi delle rette.
Gli chiediamo incuriositi a quanto ammontano queste rette, ci risponde che variano a seconda dell'età dei ragazzi, 700-800 US $ per i più piccoli, 1200-1300 US $ per i più grandi, spesa annuale che comprende vitto e alloggio.
Sono cifra impegnative se si considerano le difficoltà a guadagnare denaro e il fatto che le famiglie da queste parti sono molto numerose … sicuramente una scuola del genere non è alla portata di molti.
Ci congediamo dal nostro simpatico e zelante direttore, che ci scatta una foto con la baia di Ratua - e Refola -  sullo sfondo.

La nostra esplorazione prosegue con un po' di snorkelling  tra i coralli davanti a Ratua, veramente belli e ricchi di pesce (aveva ragione il gestore del resort, che quando siamo arrivati ci si è avvicinato con una barca a motore, raccomandandoci di mettere l'ancora nell'area sabbiosa, per evitare di rovinare il corallo).
Completiamo la nostra escursione con una passeggiata a piedi sull'isola di Ratua.

il resort si estende su tutta l'isola, i bungalow sono delle suite esclusive arredate in stile orientale, isolati uno dall'altro ed ognuno con una propria spiaggetta privata.



Sempre in foggia orientale, un gruppo di camere sono invece disposte intorno ad un giardino ricco di piante e fiori, con una specie di salotto comune che si affaccia sulla spiaggia. I vialetti, naturalmente non asfaltati, sono bordati con grossi tronchi, i prati sono curati, numerosi cavalli, a cui è dedicato un vero “ranch”, sono a disposizione dei clienti, così come calessini e biciclette. C'è addirittura un piccolo aeroporto, o meglio una striscia di prato, ritagliata in una grande distesa di palme.


La gestione del resort è davvero molto ospitale con i navigatori: collegamento wi-fi gratuito, libertà di girare per l'isola e di usufruire dei servizi. Il resort è uno dei più belli che abbiamo visto da queste parti, costa una cifra, ovviamente, ma stranamente è pieno di ospiti … anche i ricchi piangono, forse, ma non proprio sempre...

mercoledì 22 luglio 2015

ESPIRITU SANTO – Peterson Bay

Alle 7.50 salpiamo da Thion Island con un vento leggero, sui 10-14 nodi. Facendo un lungo bordo verso il largo riusciamo comunque a navigare quasi sempre a vela ed alle 14 di venerdì 17 luglio arriviamo davanti a Peterson Bay, un'ampia baia superprotetta che si estende per circa 2 miglia lungo la costa orientale di Espiritu Santo, con una larghezza massima di 600-700 metri.
Peterson Bay è racchiusa ad ovest da Espiritu Santo ed a est da una serie di piccole isole contigue; la più grande  è Oyster Island, la cui punta SW divide la baia in due parti: Peterson Bay Nord e Peterson Bay Sud.
Con la bassa marea il reef  tra le isole è affiorante, ma ci sono due pass: una a nord, non segnalata, tra Oyster Island e Malvapevu Island,  stretta e con fondale minimo di 1 metro e 60; l'altra a sud, più ampia e segnalata, con fondale minimo di 4,8 metri per il passaggio più esterno e di 1 metro e mezzo per quello più interno.
Ovviamente, per il nostro pescaggio, dobbiamo accedere a Peterson Bay da sud.
Il primo passaggio, indicato da una coppia di gavitelli verde e rosso, non crea problemi anche con la bassa marea; entriamo ed  ancoriamo tra le isole di Malolo e Malwape, su un fondale di 16 metri di sabbia (15°22.811'S 167°11.670'E).

La sosta è forzata per attendere l'alta marea, dal momento che la pass successiva ha un fondale minimo di 1,5 metri ed il nostro pescaggio è 2,05. Frank e Dora, gli amici tedeschi incontrati a Thion, ci raggiungono allo stesso ancoraggio una mezz'ora dopo il nostro arrivo.
L'alta marea dovrebbe essere intorno alle 18, orario non felice perché a quell'ora, da queste parti, è già buio. Con il loro Morgan Elan, che pesca 1 metro e 40, Frank e Dora salpano ed entrano alle 16.45. Siamo in contatto con la radio VHF e dopo il passaggio Frank ci comunica che ha registrato un fondale minimo di 2 metri e 30. Bene, avremo almeno 25 centimetri di acqua sotto la chiglia! Salpiamo velocemente anche noi ed alle 17 affrontiamo la pass, che essendo piuttosto tortuosa è segnalata da tre coppie di gavitelli verdi e rossi. In corrispondenza dell'ultima coppia troviamo il fondale minimo, di 2 metri e 70. Siamo dentro!
Ormai in acque sicure, procediamo in direzione nord per mezzo miglio ed ancoriamo ad ovest di Oyster Island, su un fondale  sabbioso di 10 metri (15°22.380'S 167°11.468'E); ci sono altre 5-6 barche, il mare è piatto.

Peterson Bay offre numerosi ancoraggi, ma il più gettonato è proprio questo di Oyster Island, per molteplici motivi: è il più riparato, si può accedere gratuitamente ad internet grazie alla connessione del resort, si può andare facilmente sulla sponda di Santo usufruendo del traghettino del resort oppure col dinghy, in questo caso utilizzando (sempre gratuitamente) un ingegnoso sistema messo a disposizione dal resort, che permette di legare il dinghy  ad un circuito chiuso rinviato a terra, in modo tale da non doverlo trascinare all'asciutto e di poterlo recuperare in qualsiasi momento, indipendentemente dalle escursioni di marea.

Ma oltre alla sua buona fama, ci ha spinto qui anche la curiosità. Tre settimane fa, quando eravamo a Luganville, in un supermercato abbiamo trovato una giovane coppia di italiani da tempo residenti in Australia, in vacanza alle Vanuatu. Ci avevano detto di aver affittato una casa proprio in questa baia, a Malvanua Island, e invitato ad andare lì con la barca, avremmo mangiato insieme una bella pastasciutta! Mentre noi soffrivamo l'ancoraggio rollante di fronte al Beachfront Resort, loro ci dicevano che a Malvanua non c'era onda e nemmeno un alito di vento! Erano accompagnati dal proprietario della casa, che a sua volta ci sollecitava ad ancorare lì per qualche giorno; noi avevamo in programma di risalire verso le Banks, e abbiamo declinato l'invito, restando comunque incuriositi dalle tanto decantate attrattive di Peterson Bay.
Ebbene, una volta qui andiamo col dinghy a Malvanua, a trovare Torquil, il proprietario della Guest House! Ci accoglie calorosamente e ci mostra la sua bellissima casa, con una vista eccezionale sulla baia. Gli ospiti italo-australiani sono partiti, ed è in attesa di nuovi clienti. Ci racconta la sua storia: scozzese, poliziotto, ritiratosi dal lavoro si è trasferito prima in Nuova Zelanda, dove è rimasto 10 anni, da cinque anni è alle Vanuatu. Ha sottoscritto con un chief (capo villaggio locale) un contratto di leasing ed è diventato per 75 anni proprietario di due isole legate da un reef; una l'ha lasciata intatta, su Malvanua ha costruito due case, una per sé e l'altra, con quattro posti letto, che viene affittata a 330 $ australiani per notte; alla scadenza del leasing dovrebbe essere rimborsato per quello che ha costruito, in alternativa viene prolungato il leasing. 
Il contratto di leasing gli è costato 450.000 $ australiani, da pagare a rate, più una rata annuale di 70.000 vatu (circa 600 €); ci è sembrato soddisfatto della sua scelta, ed a ragione diciamo noi! Il posto è incantevole, in mezz'ora può andare a Luganville e rifornirsi di ogni cosa, con un minimo di presenze ha anche la possibilità di guadagnare; gli facciamo i complimenti e per chi volesse saperne di più questo è il suo sito web: www. Malvanuaisland.com.

Nella Paterson Bay sfociano due fiumi, uno nella parte nord di fronte ad Oyster Island, l'altro nell'estremo sud; entrambi si possono risalire con il dinghy per circa un miglio e mezzo fino alla sorgente, che giustamente viene chiamata Blue Hole (buco blu). Si tratta infatti di una specie di laghetto (una ventina di metri di diametro), dove l'acqua, dolce e di un'incredibile trasparenza, appare di un blu intenso a causa della profondità. Abbiamo fatto entrambe le escursioni, e siamo restati davvero incantati non solo dalla sorgente ma anche dal percorso sul fiume; mai vista acqua così chiara, in cui si specchiava la foresta tropicale. Normalmente la visita agli Blue Hole costa 500 vatu (circa 4,5 euro) a testa, noi siamo stati fortunati e non abbiamo pagato niente, perché non c'era nessuno a chiederci i soldi. Unica accortezza: ci sono un paio di passaggi poco profondi, soprattutto nella parte iniziale della risalita, meglio aspettare almeno mezza marea per evitare di toccare con l'elica.






E infine ecco il Blue Hole

Prima di partire salutiamo invitandoli per un drink gli amici tedeschi Frank e Dora, che ci hanno indicato questo ancoraggio e ci sono stati preziosi per l'ingresso. Anche loro  stanno facendo lentamente il giro del mondo, hanno acquistato la barca in Florida, ed ora, dopo le Banks, faranno rotta per l'Australia.
La nostra sosta ad Oyster Island si conclude con un'ottima cenetta al Resort.

Domani sveglia alle 6, perché alle 7.15 abbiamo l'appuntamento con l'alta marea, per poter uscire dalla pass.


lunedì 20 luglio 2015

ESPIRITU SANTO - Thion Island


Salpiamo da Waterfall Bay alle 20.20 di martedì 14 luglio. Partire con il buio fa sempre un po' di impressione, ma dopo qualche miglio ci si abitua all'oscurità , gli occhi si adeguano e si riesce ad orientarsi.
E' la prima navigazione notturna dopo oltre due mesi di brevi tappe giornaliere; anche se solo per una notte, Lilli fatica un po' a riprendere il ritmo dei turni. La prima guardia tocca a lei, dalle 21 alle 24. Il vento nelle prime due ore è sui 15-20 nodi e procediamo di bolina con genoa e randa ridotti, poi cala a 10-12 nodi, sempre da SE, ma con l'apparente riusciamo a mantenere un velocità media decente, sui 5 nodi.
Alle 10.00 del mattino dopo arriviamo a Thion Island, una piccola isola molto vicina alla costa nord-orientale di Espiritu Santo. Ancoriamo 300 metri a SE dell'isolotto di Becephale (che sulla cartografia Navionics non esiste, ma per fortuna è riportato sulla guida Tusker), su un fondale sabbioso di 14-15 metri (15°02.152'S 167°04.997'E).

Il posto è molto bello, siamo contornati da spiagge bianche…

… e l'acqua assume tutte le tonalità del blu, dell'azzurro e del turchese.

Con la bassa marea si può camminare a piedi sul reef emerso da Thion fino alla terraferma dove c'è il villaggio.

L'insenatura, che esploriamo col dinghy, prosegue per quasi un miglio, fino alla foce di un fiume. La parte più interna della baia prende il nome di Port Orly, dove si può ancorare dopo aver attraversato un reef con fondale minimo sui 5 metri.
Atterriamo in prossimità del moletto in cemento di Port Orly; da lì una stradina conduce al villaggio in cinque minuti.
Incontriamo una coppia di navigatori tedeschi che sono alle Vanuatu da un anno, Frank e Dora. Saputo che siamo diretti a sud, ci consigliano un altro bellissimo ancoraggio, Oyster Island, a circa 25 miglia, dove loro stessi sono diretti; ci forniscono utilissime e precise indicazioni sull'ingresso, che si può fare solo con l'alta marea.
Il villaggio è meno attraente di altri visti alle Vanuatu: le abitazioni sono metà casa/metà capanna, con pareti in blocchetti di cemento grezzo e tetto di paglia, e poco curate.

In compenso c'è una banca, una chiesa con campanile, una grande scuola con primarie e secondarie; il negozio principale vende solo cibo in scatola, il pane – ci dicono – sarebbe stato disponibile in serata.

Dopo le “fatiche” della navigazione notturna, ci concediamo una giornata di riposo; venerdì 17 riprenderemo il mare con destinazione Oyster Island.

sabato 18 luglio 2015

VANUA LAVA - Waterfall Bay


Domenica 12 luglio partiamo da Ureparapara, riprendendo la navigazione verso sud che ci porterà nuovamente alla capitale delle Vanuatu, Port Vila.
Passeremo nuovamente da Vanua Lava, ma mentre nel percorso verso nord ne avevamo costeggiato il versante est , fermandoci a Sola Bay, ora la scorreremo sul lato ovest, ancorando a  Waterfall Bay, distante 25 miglia.
All'uscita di Lorup Bay troviamo le già note onde insidiose, alte e corte; dopo averle superate mettiamo la prua sulla rotta di 180°, e di bolina con un vento apparente tra i 25 e i 30 nodi filiamo veloci verso la nostra meta.
Non appena giungiamo sottovento all'isola di Vanua Lava l'onda diminuisce sensibilmente; cala però anche il vento, che ora ci arriva a raffiche, da direzioni diverse: con pazienza seguiamo i suoi capricci e con un paio di bordi ci infiliamo nella Waterfall Bay, riparata dalla risacca sia a sud che a nord da un vasto reef .
Fondale completamente sabbioso di circa 11 metri, acqua limpida e calma, quello che si desidera in ogni ancoraggio (13°49.612'S 167°22.946'E).

Durante lo snorkeling, incontro una sirenetta …

Waterfall (cascata, in inglese) Bay prende il nome appunto da una cascata a due getti che da un pianoro sulla collina scende in riva al mare, sugli scogli della parte meridionale della baia. L'atterraggio col dinghy non è dei più agevoli: si può tentare nelle due ore di alta marea, con un percorso a zig-zag tra il reef, facendo attenzione all'onda che monta sul reef e frange sulla costa. Noi abbiamo evitato questa prova: per vedere le cascate, molto comodamente siamo andati al largo con il dinghy ed abbiamo aggirato il basso fondale.

Una bella sorpresa è stata ritrovare qui Frida, la barca con cui avevamo passato il canale di Panama e che abbiamo incontrato più volte alle Vanuatu; siamo debitori di un aperitivo nei loro confronti ed il tramonto di oggi è l'occasione giusta.
Sappiate che quando si parla di aperitivo, da queste parti, non si intende andare in un bar, ma semplicemente bere un drink in pozzetto. Lo facciamo quasi ogni sera Lilli ed io, e condividerlo con altri navigatori è altrettanto divertente.
Frank ed Eve, armatori di Frida, sono una simpatica coppia di tedeschi: lui ingegnere meccanico, sulla cinquantina, ha cambiato molti lavori, e prima di partire era nel campo della formazione; lei appena un po' più giovane, fa la consulente aziendale part time e riesce tuttora a tenere in piedi la sua attività, tornando in Germania per qualche mese ogni anno.
Hanno acquistato la barca a Trinidad, nei Caraibi, ed hanno deciso di fare il giro del mondo; dopo le Vanuatu proseguiranno verso l'Indonesia e l'anno prossimo concluderanno il giro attraversando l'oceano Indiano e risalendo l'Atlantico Meridionale fino a Trinidad, dove venderanno la barca per far rientro in Germania, e al lavoro.
Tra una chiacchiera, un racconto e uno scambio di informazioni, passiamo con loro una bella serata (a forza di spuntini, il drink diventa anche la cena). Domani le nostre rotte si separano: loro puntano a nord, noi invece ritorneremo a sud … chissà se li incontreremo ancora.
Per quanto riguarda invece i contatti con la gente del posto, qui non c'è stato il via vai di canoe trovato altrove. L'unica visita che abbiamo ricevuto è stata quella del “paramount chief” (capo supremo) Kerely, che si è avvicinato a Refola con la sua canoa, insieme al suo figlioletto più piccolo.
In un inglese perfetto ci ha raccontato di avere altri 4 figli più grandi e due nipotini. Lui è nato qui, una vasta parte di questa costa, compresa la fascia interna, apparteneva a sua madre. “Waterfall è un bel posto – ci dice – sebbene un po' isolato. La nave passa solo 3-4 volte all'anno e per qualsiasi esigenza bisogna andare a piedi a Sola, circa 30 km, attraversando la montagna: non ci sono strade, ma solo sentieri. Il villaggio che era sopra le cascate è ormai abbandonato, la gente si è trasferita e sono rimaste solo poche famiglie nelle capanne vicino al mare”.
Chiediamo a Kerely se si stava meglio prima dell'indipendenza, quando c'era il “Governo Condominium” anglo/francese. Risponde: “E' una domanda difficile … con l'indipendenza sono arrivati molti problemi, ai quali non eravamo preparati, soprattutto la mancanza di denaro e le difficoltà per procurarselo. Forse l'indipendenza è arrivata troppo presto... nonostante ciò, penso sia meglio ora. Prima molti di noi si trovavano a dover vendere e lasciare le proprie terre, mentre ora molti stanno facendo ritorno alle isole ... nelle città delle Vanuatu, come Port Vila e Luganville, si conduce una vita simile a quella che conoscete voi. Noi che viviamo nelle isole, soprattutto remote come questa, ci sentiamo invece profondamente liberi: possediamo la nostra terra, abbiamo da mangiare, passiamo il tempo come meglio crediamo... Se riusciamo ad avere i soldi per pagare le rette scolastiche e per qualche piccolo acquisto, siamo davvero felici”.
Offriamo a Kerely un set di saponette,  lui ci ringrazia e chiede se abbiamo anche un asciugamano che vorrebbe scambiare con un po' di frutta, lo accontentiamo ed il giorno seguente arriva con un casco di banane, tre papaie e dei pomodori, poi ci chiede se possiamo avvisare qualche altra barca in arrivo di portargli una batteria da 12 V, tipo auto, da collegare ai pannelli solari per l'illuminazione, che lui provvederà a pagare regolarmente.
Ci salutiamo con la promessa di diffondere tra gli amici navigatori la sua richiesta: “Vedrai che in qualche modo la batteria arriverà”, lui risponde con un grande sorriso.
Il sole è ormai tramontato, Lilli ed io ci prepariamo per la notturna di 76 miglia, che ci porterà a nord di Espiritu Santo. 

mercoledì 15 luglio 2015

ROWA ISLAND - UREPARAPARA LORUP BAY


Venerdì 10 luglio salpiamo da Sola Bay alle 9.00, dopo una veloce salita a metà albero per smontare il faro di coperta, che si era staccato dalla sua sede ed era penzoloni, trattenuto solo dai fili di alimentazione; a Port Vila, dove le acque sono più ferme, dovrò fissarlo nuovamente.
Appena fuori dalla baia ci dà il benvenuto un bel vento sui 20-25 nodi, prima al traverso poi al gran lasco; anche l'onda, all'inizio sui 1,5-2 metri, si stabilizza sui 2-3 con un periodo molto breve, 3-4 secondi.
Caliamo la traina, e poco dopo sentiamo partire il mulinello: un grosso pesce abbocca, facendo scorrere in pochi secondi un centinaio di metri di filo . purtroppo, quando arrivo a chiudere la frizione, il filo si spezza ed il pesce ancora una volta se ne va, con tutta l'esca.
Prima di pranzo ci fermiamo per una sosta a Rowa Island, un gruppo di isolotti disabitati, contornati da un'ampia barriera corallina, 10 miglia a NE di Vanua Lava; il posto è segnalato sulla guida come un bell'ancoraggio, a patto che il vento sia inferiore a 15 nodi.
Lo scenario è spettacolare, ancoriamo su un fondale sabbioso di 10-12 metri, con qualche ben visibile macchia di corallo (13°38.093'S 167°30.385'E). Ma il vento continua a soffiare a 20-25 nodi, l'onda supera il reef ed arriva alla barca con l'altezza di un metro.
Così restiamo giusto il tempo per un bagno e per mangiare, e riprendiamo la corsa. Alle 15.15 raggiungiamo la nostra destinazione, Lorup Bay sull'isola Ureparapara.
Diamo ancora su un fondale di 17 metri di sabbia e fango, che sale gradualmente fino a 10, davanti al villaggio (13°32.484'S 167°20.473'E).
Ureparapara è l'isola più settentrionale del gruppo delle Banks e come molte delle Vanuatu è di origine vulcanica. Noi siamo, praticamente, all'ancora nel vecchio cratere. L'isola è quasi perfettamente rotonda, salvo un'ampia e profonda insenatura che sul lato NE ne raggiunge il centro. Fuori da Lorup Bay l'onda è notevole, accentuata dal brusco cambio di fondale (da 1000 a 100 metri) circa un miglio al largo, ma fa a tempo a smorzarsi nelle due miglia fino alla parte più interna, il che rende l'ancoraggio più che accettabile dal punto di vista del rollio.
Ritroviamo qui il catamarano a motore "Ieta", incontrato alcuni giorni fa a Gaua. Visto da fuori, Ieta ha quasi l'aspetto di una nave militare; Lilli trova che sia, esteticamente, davvero brutta; anch'io non la trovo troppo attraente, però mi sembra che sia molto "marina" e ne sono incuriosito . e non mi sbagliavo!
Mark ed Agnes, gli armatori, ci invitano a bordo per un drink e, devo dire, restiamo davvero impressionati dalla visita e dai numeri della barca.
Ieta è stata progetta dallo stesso Mark e fatta costruire in Nuova Caledonia: struttura in composito, lunghezza 25 metri, larghezza 9 metri, due motori da 300 CV, 14 pannelli solari che producono 2.8 KW a 24 V, linea di ancoraggio con 110 metri di catena da 13mm ed un'ancora tipo Rocna da 110 kg, serbatoio di gasolio da 7000 litri, che assicura un'autonomia di 3200 miglia.
Oltre all'eleganza ed ampiezza degli spazi interni, tutto è studiato con cura, sovradimensionato nella tenuta e resistenza, ridondante nell'esercizio; la cabina di guida, posizionata sul ponte più alto, potrebbe essere paragonata a quella di una nave.
Mark ha fatto molte esperienze su barche a vela (ha attrezzato uno dei sui dinghy con albero e timone, e si diverte a veleggiare nelle baie); sua moglie invece non ama la vela e così sono arrivati al compromesso del catamarano oceanico a motore.
Entrambi nati in Francia, Mark e Agnes abitano da molti anni in Nuova Caledonia; il loro piano di navigazione prevede il giro del mondo controvento: Polinesia, Isola di Pasqua, Patagonia, Brasile, Caraibi, Atlantico e infine Mediterraneo.
Qui a Lorup Bay sono riprese le visite delle canoe, il chief Nicholson ci invita per il mattino seguente ad una breve cerimonia di benvenuto a casa sua.
Ci presentiamo con dei piccoli regali: un chilo di pasta ed uno di riso, una polo ed un paio di bermuda. Nicholson ci ringrazia e ci presenta la sua famiglia, poi ci racconta un po' del villaggio, e della loro vita: sono felici della loro libertà e di ciò che hanno, le loro entrate provengono esclusivamente dalla vendita della copra (la polpa del cocco), a volte gli approvvigionamenti (zucchero, riso, the, sapone .) sono un problema perché la nave arriva ogni 2-3 mesi.
Ci dice che nelle prossime settimane ospiterà un gruppo di medici australiani; un po' imbarazzato, confessa che gli sarebbero molto utili due rotoli di carta igienica ed un lenzuolo, "magari ci potete aiutare...". Gli assicuriamo che possiamo provvedere, e felice ci fa da guida per il villaggio, presentandoci molte persone, tra cui il giovane prete della chiesa anglicana.
Siamo anche invitati al concerto della banda di percussioni su bambù, nella serata, abbiamo ringraziato ma declinato l'invito perchè non amiamo girare con il dinghy tra i reef di notte.
Quando stavamo per tornare in barca a prendere le cose richieste, la figlia di Nicholson ci domanda se abbiamo delle batterie per la sua torcia; in realtà le batterie, da tempo scariche, avevano lasciato l'acido ed era tutto da buttare, abbiamo provveduto con una nuova torcia e batterie di ricambio, per lei e per un cugino che aveva dimostrato lo stesso bisogno. In cambio abbiamo ricevuto un po' di pompelmi e limoni . è ovvio che non si tratta di valutare se lo scambio è stato adeguato, l'importante è essere stati utili, e aver visto nei loro visi sorridenti la gratitudine.

Le foto di Rowa Island e Ureparapara, Lorup Bay


Navigando verso Ureparapara ci concediamo una breve sosta per il pranzo a Rowa Island, un gruppo di isolotti disabitati, contornati da un'ampia barriera corallina

Ad Ureparapara veniamo ricevuti dal capo del villaggio, presentati all’intera famiglia. In segno di ospitalità, ci offrono una ghirlanda di fiori

La curatissima casa del capo villaggio, formata da diverse capanne

Lasciamo Ureparara sotto un cielo nuvoloso


lunedì 13 luglio 2015

BANKS - VANUA LAVU Sola Bay


Martedì 7 luglio partiamo di buon'ora, anche se abbiamo solo 27 miglia da percorrere; il vento intorno a mezzogiorno calerà e dobbiamo fare economia di gasolio.
Riusciamo a fare tutto il percorso a vela e alle 12.30 diamo ancora a Sola Bay, sul lato sud di Port Patterson, su un fondale di sabbia di 5-6 metri (13°52.430'S 167°33.203'E).
Sulla guida abbiamo letto che qui ci sono i coccodrilli, ma ciononostante mi tuffo per controllare l'ancora e il fondale nei dintorni; l'acqua non è limpidissima, ma si distingue il fondo di sabbia e non ci sono coralli. Per sicurezza evito di restare a lungo in acqua . non vorrei fare brutti incontri.
Sola è il villaggio principale di Vanua Lavu ed anche il centro amministrativo della provincia formata dalle Isole Torres e Banks, che viene chiamata "TORBA". Vi hanno sede una stazione di Polizia, un ufficio postale, una banca, un tribunale; era presente anche un ufficio della dogana, attualmente chiuso per mancanza di personale.
Notiamo subito una differenza dalle altre isole: non si avvicinano canoe a darti il benvenuto, ed anche per le strade la gente ti saluta con meno cordialità . ne restiamo un po' delusi.
Poco dopo di noi arriva un catamarano d'altri tempi, tipo Warrant, con a bordo un gruppo di 8 fijiani; osserviamo la loro manovra di ancoraggio e restiamo colpiti dal timone a barra, costituito da un lungo palo, fissato allo scafo con delle cime, con la parte terminale a forma di pala. Il motore è costituito da due eliche fissate ad un asse sospeso tra i due scafi: quando si prevede l'uso del motore, l'asse viene abbassato fino ad immergere le eliche, azionate dalla corrente delle batterie.
Più tardi , a terra, incontriamo uno dei marinai; ci spiega che a bordo ci sono inviati del governo delle Fiji, la cui missione è organizzare incontri e seminari ad operatori locali, in tutte le Vanuatu. Chiediamo notizie sul catamarano: non hanno né frigo, né dissalatore, né generatore, né pilota automatico ... solo un paio di pannelli per caricare le batterie, eppure solcano l'oceano, e sono venuti dalla Nuova Zelanda, come noi!
Il litorale della baia ha una grande spiaggia, al centro della quale si trova un resort ben curato, con Yacht Club (ormai abbiamo capito che qui "Yacht Club" non significa servizi per le barche, ma che gli equipaggi sono i benvenuti per mangiare qualcosa, scambiare libri e informazioni). Robert, il proprietario, è una persona estremamente gentile e disponibile e si dà da fare per incrementare il turismo; ci informiamo subito sulla presenza di coccodrilli: lui ce la conferma, ma solo nella parte nord di Port Patterson, in prossimità di Nawono Bay. Ci dice, rassicurante (?), che se non sono molestati non attaccano le persone, anche se sono grossi, alcuni esemplari arrivano a 6 metri di lunghezza.
Quando gli chiediamo se ha una connessione internet, ci dice che era disponibile fino a quando si è guastato il trasformatore 24/12 V e se ne abbiamo uno disponibile si può ripristinare. Purtroppo ne siamo sprovvisti, ma lui si offre per accompagnarci al Centro Amministrativo della provincia di TORBA, ed intercedere affinché ci consentano di usare la loro rete.
Detto fatto ci rechiamo in questi uffici, dove veniamo presentati ad un europeo (tedesco? non abbiamo ben capito, ha girato mezzo mondo) che risulta essere un consulente volontario che lavora qui da un paio di anni. Persona altrettanto gentile e disponibile, che ci mette a disposizione un pc; noi speravamo di ottenere la password della loro rete, ma questo era proprio tabù.
Allo Yacht Club ci fermiamo per il pranzo: pesce al curry con due ciotole di riso e verdura, cocco fresco come bevanda. Robert ci chiede, e sembrava imbarazzato, 300 vatu a testa (circa 2,7 ?). Incredibile!
Durante la nostra passeggiata siamo avvicinati da un giovane sulla trentina. Dopo le solite presentazioni, Richy ci racconta i suoi progetti (per ora solo sogni): la moglie che ora è in maternità, lavora per il governo nel settore turistico, il suo desiderio sarebbe di incentivare il turismo mettendo a disposizione servizi e strutture adeguate. Lui è originario dell'isola di Gaua, dove il padre è proprietario della cascata attigua al grande lago; purtroppo ora tutta l'area, troppo distante dalla costa, viene visitata solo raramente, non ci sono strade di accesso, ma solo sentieri da percorrere necessariamente a piedi. Ebbene, lui vorrebbe organizzare un servizio di idrovolante, che può ammarare sul lago e fare un giro panoramico su tutte le isole! Una bellissima idea, molto ambiziosa, gli abbiamo detto, ma lui era fiducioso anche perché ha delle conoscenze che lo possono aiutare; gli abbiamo augurato davvero sinceramente di poter realizzare i suoi progetti.
Il giorno seguente, approfittando della calma di vento, facciamo un'escursione con il dinghy alle isolette che si trovano a 3 miglia dal nostro ancoraggio, Kwakea e Nawila, separate da Vanua Lava da uno stretto canale di 0,4 miglia, Maseunar Channel. Le due isolette sono contornate da un'unica barriera corallina, ma sulla parte di Kawakea che si affaccia sul canale c'è una bellissima spiaggia, con sabbia bianca e acqua limpidissima.
Credevamo che l'isola fosse disabitata, ma una volta a terra vediamo un piccolo resort (chiuso ed in stato di abbandono) e troviamo due giovanotti, che in un inglese molto approssimativo ci informano che tutta l'isola ed il resort sono di proprietà di un ricco australiano, che altre persone vivono insieme a loro, ma ora sono a Sola. Non sembravano soffrire di solitudine, e d'altra parte il posto è davvero bellissimo.
Un po' di snorkeling (abbiamo visto di meglio) e rientriamo in barca per pranzo.
Domani, venerdì 10 luglio, ritorna il vento, così riprenderemo la navigazione verso l'ultima isola delle Banks, Ureparapara.

Le foto di Vanua Lavu - Sola Bay


Sola è il villaggio principale di Vanua Lavu. Questo il nostro ancoraggio

Sola è il centro amministrativo della provincia formata dalle Isole Torres e Banks, una “metropoli” con uffici …

… e addirittura un tribunale, senza porte né finestre

Il catamarano inviato dal governo delle Fiji per aiutare i villaggi delle Vanuatu

Un bungalow dello "Yacht Club" di Sola

Una foto con autoscatto mentre aspettiamo di pranzare allo Yacht Club

Con il dinghy raggiungiamo l’isoletta di Kawakea …

… acqua limpidissima e questi fondali