giovedì 26 aprile 2018

Maldive: MAAGAA - VELASSARU FALHU

Domenica 22 aprile attraversiamo in diagonale, con direzione SE, l’atollo Alif Alif (AA o North Ari Atoll): 16 miglia senza ostacoli, ancora una volta a motore. In prossimità della nostra destinazione, nelle ultime 2 miglia, la cartografia elettronica ancora una volta è scarsamente allineata alle immagini satellitari.
Arriviamo verso le 13 alla piccola pass di accesso alla laguna di Maagaa.
Siamo a mezza marea crescente, e questo dettaglio è importante, perché in caso di incaglio avremmo più possibilità di liberarci. La pass ha una larghezza utile di circa 15 metri; sul versante sinistro, entrando, c’è un isolotto artificiale sovrastato da un’altissima antenna telefonica (“service islands”, le chiamano, isole di servizio) con una sorta di molo in cemento, mentre sul versante destro c’è il reef, con alcuni aguzzi scoglietti affioranti. 
Non abbiamo dati sulla profondità della pass ma solo un WP di ancoraggio all’interno della laguna, segnalato da Totem, una barca che è stata qui nel 2014. Il sole è alto, la visibilità buona; ci infiliamo tra i due paletti che indicano l’inizio della pass. L’acqua è talmente trasparente che sembra di toccare il fondo ogni momento, procediamo lentamente con il fiato sospeso, mentre l’ecoscandaglio registra la continua diminuzione della profondità sotto la chiglia: 4 metri, poi 3, poi 2, 1.8, 1.5, 1.4 … finalmente dopo un centinaio di metri il fondale riprende ad abbassarsi ed il nostro respiro torna regolare. Siamo dentro!
Procediamo all’interno della laguna verso ovest per circa mezzo miglio, il fondale è omogeneo e sabbioso senza patate, ancoriamo su 15 metri (3°59.811’N 72°56.611’E).

Nel pomeriggio torniamo alla pass con il dinghy, la marea è ancora crescente e la corrente è entrante, di circa 1 nodo; facciamo il bagno lasciandoci trasportare nell’acqua limpidissima, attorniati da piccoli pesci, tra cui spicca una grande razza che sembra volare sott’acqua. Non sembra vero di essere passati di qui con la barca.
Durante la sosta ci rendiamo conto che la “nostra” laguna è usata dagli idrovolanti come pista di atterraggio (o meglio di ammaraggio): 2-3 volte al giorno li vediamo arrivare, affiancarsi ad una piccola piattaforma galleggiante, procedere alle operazioni di scarico/carico turisti e ripartire. Ogni volta, pochi minuti prima dell’ammaraggio, qualche barca proveniente dai resort vicini entra in laguna, attende vicino alla pass che l’idrovolante completi le manovre di ormeggio, e a sua volta scarica/carica 5-6 persone. Alle 18 arriva l’ultimo aereo, che rimane attraccato alla piattaforma durante la notte per ripartire il mattino dopo, alle 6. 


La laguna di Maagaa ha una forma ellittica, con gli assi lunghi l’uno poco più di 1 miglio e l’altro poco più di mezzo miglio; la piccola pass, artificiale, è l’unico accesso.
Leggiamo sul portolano “Maldives Cruising Guide” che la laguna e l’isola di Maagaa fanno parte del resort della attigua Ellaidhoo e che pertanto, anche solo per recarsi a terra con il dinghy, bisognerebbe chiedere l’autorizzazione alla reception del resort. Facciamo gli gnorri ed il giorno seguente, alato il dinghy, facciamo un’escursione sull’isoletta di Maagaa unica porzione emersa del piccolo atollo a parte l’isolotto artificiale della pass. L’acqua è più pulita di quella degli ancoraggi precedenti, e in prossimità dell’isola riusciamo a vedere anche una manta, di circa un metro.
Dalla spiaggia sporge verso la laguna un lungo pontile di legno, che da vicino vediamo danneggiato in due punti. 

Un giovane ci viene incontro: siamo pronti a ricevere una ramanzina e a fornire giustificazioni per la nostra incursione, ma invece lui sfodera un sorriso smagliante e ci dà il benvenuto, dicendoci che possiamo tranquillamente scendere a terra e visitare l’isola. Si chiama Hussein, viene dal Bangladesh ed è l’unico essere umano presente! Per dovere di ospitalità si offre come guida e ci racconta la storia del resort: lui lavora qui (come una sorta di custode) da 11 anni ed ha visto nascere il progetto di Maagaa. Il proprietario, maldiviano, è lo stesso del resort di Ellaidhoo, e voleva aumentare la ricettività costruendo delle villette esclusive su Maagaa. I lavori sono partiti e giunti ad un notevole stadio di avanzamento: quasi pronte le parti comuni, le infrastrutture e i servizi, edificate 5 villette con piscina, idromassaggio e vista mozzafiato sulla laguna o sull’oceano. 
Mancava poco per terminare, gli arredi e le finiture interne, ma … sono finiti i soldi e tutto si è bloccato. Attualmente il proprietario ha dato in gestione il resort di Ellaidhoo ad una società srilankese ed ha messo in vendita l’isola di Maagaa.
E così il nostro Hussein vive qui da solo, fa la guardia alla struttura e tiene pulita la spiaggia, raccogliendo rami, plastica e rifiuti vari trasportati dalla corrente; solo durante le ferie torna dalla sua famiglia in Bangladesh. Mentre ci racconta tutto questo ci mostra le ville, quello che avrebbe dovuto diventare il ristorante, quella che avrebbe dovuto essere la reception, per accompagnarci poi ad un altro lungo pontile che si sporge verso l’oceano, da cui ammiriamo coralli e pesci variopinti, in un’acqua trasparente come il vetro.
Gli chiediamo delle mante. “Ne abbiamo vista una qui vicino” gli dico. “Sì -conferma- ora cominciano ad arrivare dentro la laguna, con il SW l’acqua è più ricca di plancton di cui si nutrono”.
Nel salutarci Hussein, molto gentilmente, ribadisce che possiamo girare tranquillamente sull’isola fare il bagno dove preferiamo.
Facciamo un po’ di snorkeling su qualche testa di corallo lì vicino, all’interno della laguna, senza vedere niente di interessante (gran parte del corallo non gode di buona salute).

Costeggiamo poi con il dinghy il versante sud della laguna e, viste le condizioni ideali di calma piatta, caliamo l’ancorotto sulla barriera per dare un’occhiata alla sua parete esterna, dove la profondità passa improvvisamente da un metro e mezzo a 40. Qui si che è uno spettacolo: l’acqua è di una trasparenza eccezionale, la visibilità si estende fin dove arriva la luce del sole, i corallo è vivo e siamo attorniati da tantissimi pesci. 


L’escursione ci ha riempito di entusiasmo; questo ancoraggio, fra tutti quelli fatti fino ad ora, merita 3 stellette: per la protezione, per l’acqua pulita, per quello che si può vedere.
Martedì 24 lasciamo Maagaa. Uscire dalla pass ci risulta più facile rispetto all’ingresso, perché abbiamo la traccia e conosciamo i fondali; passiamo con marea calante ed una debole corrente uscente, fondale minimo 3,6 metri.
Una volta in mare aperto, insistiamo nel mettere la traina (non si sa mai!) e facciamo rotta su Velassaru Falhu, a 30 miglia.
Velassaru si trova nel South Malè Atoll, abbiamo quindi circa 28 miglia di acque profonde e libere. Verso mezzogiorno il vento rinforza sui 10 nodi, abbiamo un apparente al giardinetto di 6 nodi; apriamo il genoa e spegniamo il motore per la prima volta dopo settimane, non sembra vero… finalmente procediamo a vela, anche se con una velocità media tra 3,7 e 4 nodi!
Raggiungiamo la pass tra Bolifushi e Velassaru, accendiamo il motore e riavvolgiamo il genoa; nella pass il fondale minimo è di 10 metri, scorriamo sulla destra un grande resort e aggiriamo da est il vasto basso fondale di Velassaru. Risalendo verso nord la laguna interna il sole alto ci fa notare, a debita distanza, numerosi reef semiaffioranti, non segnalati sulla cartografia elettronica, ma anche poco visibili sull’immagine satellitare. Ancoriamo su un fondale sabbioso di 16-17 metri, a circa 200 metri dal reef ovest (4°06.711’N 73°24.784’E).


Guardandoci intorno, si capisce al volo che non siamo più in un posto isolato, circondati dalla natura: vediamo a 5 miglia la città di Malè stagliarsi nell’orizzonte, siamo circondati da isole resort e c’è un discreto movimento di barche che fanno la spola tra i villaggi e l’aeroporto. D’altra parte questa è solo una sosta per la notte. Domani ci sposteremo a Himmafushi, nel North Malè Atoll, a circa 17 miglia.