venerdì 20 aprile 2018

Maldive: GOIDHOO - HIMMIYA FALHU - RASFARI

Venerdì 13 aprile percorriamo le 37 miglia della tappa da Dharavandhoo a Goidhoo ancora una volta interamente a motore; c’è poca aria, fa un gran caldo, ma per fortuna siamo protetti dal grande tendalino che copre la tuga di poppa. Nel tragitto peschiamo un piccolo tonnetto da 20 centimetri; memore dell’esperienza precedente, lo ributto subito in mare dando modo al fortunato tonnetto di dileguarsi immediatamente con un guizzo. Umberto mi guarda incredulo, ma capisce quando gli spiego che sono stato assalito dai sensi di colpa dopo aver “ucciso” un tonnetto altrettanto piccolo, pochi giorni fa.
La nostra destinazione, Goidhho, è un atollo di forma ovale racchiuso da una barriera corallina affiorante; nella parte nord ci sono quattro isolette abitate. Goidhoo, la più grande, dà il nome a tutto l’atollo ed è dotata di un porto cui piccole navi possono accedere direttamente tramite una stretta pass situata a nord. Poiché non è nostra intenzione entrare in porto, ma stare tranquilli ancorati in laguna, entriamo nell’atollo da sud: la pass non è ben visibile sulla cartografia elettronica, ma noi procediamo senza difficoltà grazie alla traccia di Zoomax… Il WP dell’inizio della pass è 4°48.756’N 72°53.655’E.
Dalla pass sud a Goidhoo ci sono ancora 6 miglia, libere da ostacoli; solo nell’ultimo miglio bisogna prestare attenzione ad alcune macchie di corallo la cui profondità non è certa. Nel tragitto interno peschiamo un combattivo carangide sui 5 kg., che purtroppo riesce a liberarsi mentre tentiamo di agganciarlo con il raffio, lasciandoci a bocca asciutta.
Alle 14.30 ancoriamo ad ovest di Goidhoo, su un fondale sabbioso di 16 metri (4°52.213’N 72°58.890’E); è un posto tranquillo e riparato, con acque limpide. Il cielo purtroppo si è nel frattempo annuvolato, riducendo di molto la magia dei colori; io compio la mia solita breve immersione per controllare la posizione dell’ancora e la catena, ma rimandiamo all’indomani un giro in gommone per lo snorkeling.
La mattina dopo riceviamo la visita di una piccola barca a motore con a bordo due giovani ed un bambino. Sono educati, sorridenti, e curiosi di vedere la barca: in ottimo inglese ci chiedono il permesso di salire a bordo per fare qualche foto. Naturalmente acconsentiamo. Uno di loro ha fatto lo skipper su un catamarano per turisti, l’altro è un istruttore di diving; ci indicano la zona dove si possono vedere le mante e una bella macchia di corallo, segnalata da una boetta, e si congedano con grandi saluti.
Con il dinghy raggiungiamo il porto a nord a circa ¾ di miglio, per visitare il villaggio. Veniamo accolti gentilmente da alcune persone, che ci chiedono se abbiamo bisogno di qualcosa. “Frutta e verdura fresca” dico io. “Qui la potete trovare, ci sono le piantagioni” risponde il più anziano di loro. Due giovani si offrono di accompagnarci nella ricerca. Entriamo in due piccoli empori alimentari, dove troviamo alcuni manghi e null’altro. “Le piantagioni sono lontane, bisognerebbe andarci con il furgoncino” dice uno dei ragazzi. “Non importa, facciamo solo un giretto per il paese” dice Lilli. Ma il ragazzo voleva proprio aiutarci e prontamente telefona a qualcuno per avvisare che desideriamo della frutta; “Proseguite su questa strada, troverete chi vi darà delle banane. E non preoccupatevi di cercarlo, vi riconoscerà lui…”. Infatti dopo qualche minuto di cammino (le strade sono tutte rigorosamente di sabbia, percorse solo da biciclette e motorini) passiamo vicino ad una casa da cui esce un uomo con un mezzo caschetto di piccole banane mature. “Sono un regalo, non dovete pagare niente” si affretta a dire il nostro interlocutore. Ringraziamo, sorpresi da questo gesto di generosità; completiamo il giro al villaggio e ritorniamo al nostro dinghy.
Sulla via del ritorno ci fermiamo sul banco di corallo segnalatoci, ci leghiamo al cavo della boetta, e ci godiamo una mezz’ora di snorkeling al limite delle acque profonde. Il sito è molto bello, con tanti diversi tipi di corallo, vivi e colorati e soprattutto tanti, tantissimi pesci variopinti, di tutte le dimensioni.


Nel pomeriggio la dinette di Refola si trasforma in una premiata forneria: Ornella mi insegna il suo metodo per cuocere al forno una deliziosa ciabatta.
Domenica 15 aprile salpiamo per una tappa di circa 40 miglia alla volta di Himmiya Falhu, a NW dell’atollo Kaafu, dove si trova la capitale delle Maldive, Malè. Superata l’ampia pass fra gli isolotti di Akirifushi e Himmiya con una corrente contraria di 2-3 nodi, il cielo coperto ci rende un po' difficile individuare il passaggio settentrionale di accesso alla laguna di Himmiya. Non abbiamo tracce di altri navigatori passati di qui, ma solo le coordinate degli ancoraggi di Adina e Totem, due barche di cui seguiamo le avventure tramite i loro blog. Procediamo quindi con cautela, Lilli e Umberto di vedetta a prua, e una volta superato il reef, passando su un fondale minimo di circa 6 metri, ancoriamo su fondale sabbioso di 10 metri (4°36.572’N 73°23.415’E). L’acqua è limpidissima ma a mezza marea c’è ancora una corrente nord sui 2 nodi, per cui aspetto un’ora per andare a vedere l’ancora, che trovo completamente affondata nella sabbia.

Il posto è isolato, un ancoraggio nel mezzo del nulla, la corrente ci limita nei bagni, così l’indomani decidiamo di salpare per raggiungere Rasfari, 15 miglia più a sud, altra isoletta dell’atollo Kaafu.
Per evitare di zigzagare tra i reef torniamo in acque profonde, navigando quindi all’esterno dell’atollo. La giornata è, dal punto di vista meteorologico, davvero particolare: il mare è piatto e liscio come l’olio, l’aria è più che mai tersa e trasparente, il cielo sembra più alto e vasto del solito ed è chiazzato da grosse nubi, ad est grigie e minacciose, ad ovest bianche e vaporose. Sopra di noi splende il sole e tutti i colori sono esaltati all’ennesima potenza. Uno spettacolo!
Rientriamo nell’atollo attraverso la pass a sud di Rasfari, per poi accedere alla sua piccola laguna, sul lato est dell’isoletta. Mentre la pass non presenta difficoltà, l’ingresso in laguna è un po’ più arduo. Anche qui non abbiamo tracce da seguire, e la cartografia elettronica non è affatto precisa: in queste situazioni non si può che avanzare con estrema cautela, tenendo un’attenta guardia a prua. Percorriamo lentamente i circa 300 metri del passaggio trovando profondità medie sui 5 metri. Ho segnato alcuni WP per questo tratto: wp1 4°23.534’N 73°21.431’E, wp2 4°23.575’N 73°21.384’E, wp3 4°23.601’N 73°21.377’E.
Risaliamo mezzo miglio lungo il versante ovest della laguna ed ancoriamo su un fondale di sabbia chiara, senza coralli, di 17 metri  (4°24.115’N 73°21.474’E). L’acqua limpida, la totale assenza di corrente, qualche razza dove il fondale risale sui 10 metri, rendono questo posto solitario estremamente piacevole.
Aliamo il dinghy per un giretto di perlustrazione. L’isoletta di Rasfari è disabitata ed ospita solo un’altissima antenna per la propagazione del segnale telefonico; un lungo pontile in legno, in buono stato di manutenzione, collega un moletto in cemento dotato di scalette. Lunghi tratti di spiaggia sono protetti da un basso frangiflutti formato con sassi corallini levigati dal mare.

Quando atterriamo, un giovane ci viene incontro sul pontile. Per un attimo pensiamo che voglia mandarci via, ma ci rassereniamo vedendolo avanzare sorridendo. Lavora per la compagnia telefonica, che periodicamente lo invia qui in missione per controllare l’impianto. 3-4 giorni di lavoro in assoluta solitudine, prima che vengano a riprenderlo per riportarlo a Malè, dove vive. Evidentemente di stare da solo non ne può proprio più: “Sarebbe proibito scendere a terra, ma siete i benvenuti. Basta che non diciate a nessuno che vi ho fatto visitare l’isola, altrimenti mi licenziano”.
Così ci fa da guida. Sotto la grande antenna, seminascoste dalle altissime palme, due costruzioni recenti: in una contiene l’alloggio per i trasfertisti e per le apparecchiature, l’altra il gruppo elettrogeno; una superficie di almeno 200 m2 di pannelli solari fa da tettoia ad un magazzino senza pareti.
Un sentiero in sabbia tra le palme, curiosamente delimitato da centinaia di taniche in plastica verdi, tutte uguali e perfettamente allineati, attraversa l’isoletta fino alla sua estremità meridionale, con una bianchissima spiaggia.
In vena di confidenze, ci racconta che qualche anno fa, all’insaputa della società, aveva portato con sé la fidanzata, cosa che aveva trasformato un impegno di lavoro solitario e noioso in una bellissima ed esclusiva vacanza. Avvertiamo che avrebbe piacere di trattenerci, ma è quasi ora di pranzo e noi vorremmo fare un po’ di snorkeling… solo più tardi, una volta rientrati in barca, ci rendiamo conto con rammarico che per ricambiare la sua ospitalità avremmo potuto invitarlo a bordo a mangiare con noi… peccato, la prossima volta saremo più bravi.
Da qualche giorno si susseguono nel cielo intensi addensamenti nuvolosi, spesso scurissimi, che sembrano preannunciare un peggioramento del tempo. E infatti la notte è segnata da due temporali, con pioggia scosciante e raffiche di vento a 25 nodi, uno da est e l’altro da ovest, ma l’ancoraggio si rivela buono e sicuro.

Ancora una volta, però, il piano di navigazione decreta la fine di questa piacevole sosta; la mattina di mercoledì 18 aprile salpiamo, sotto un cielo coperto, alla volta del piccolo atollo di Rasdhoo.