lunedì 15 agosto 2016

PNG: HERMIT ISLANDS

1°31.850'S 145°01.917'E
Passata senza inconvenienti la notte a Lorengau, sabato 6 agosto alle 8.40 salpiamo diretti al gruppo  delle Hermit Islands, a 160 miglia.
Percorriamo una quindicina di miglia all'interno della barriera di Manus, controllando i bassi fondali sulla carta, abbastanza dettagliata, sulla mappa satellitare di Sas Planet, e ovviamente con occhi e binocolo; usciamo dalla laguna alle 11.00, tra Hus Island e Oneta island. 
In assenza di vento, navighiamo a motore a basso regime, 1500-1600 g/min, in modo da contenere il consumo di carburante a 3 litri/ora, velocità media 6 nodi.
Durante la notte incrociamo nuovamente la rotta delle navi dirette e provenienti dalla Cina: 6 navi nell'arco di due ore. Fortunatamente grazie all'AIS vediamo in anticipo l'incrocio, a quale distanza avverrà, fra quanto tempo; abbiamo impostato il sistema in modo che emetta un allarme per incroci con distanza inferiore a 2 miglia, nel qual caso può essere utile chiamare la nave per confermare o correggere la rotta. In pratica un giochino che aiuta a stare svegli, e a far passare il tempo della guardia!
Alle 10.15 di domenica 7 agosto varchiamo la West Entrance, molto ampia e facile, senza corrente;  le Hermit sono un gruppo di isole circondate da un'unica barriera, di forma quasi circolare; proseguiamo all'interno della laguna per circa 10 miglia, fino a Carola Bay, a sud di Luf Island, dove c'è il villaggio principale del gruppo.
Da distante, con emozione data la rarità dell'evento, vediamo che nella baia è ancorata un'altra barca …  ma una volta vicini realizziamo che è in stato di abbandono e senza l'albero di maestra. Facciamo un giro di perlustrazione e ci rendiamo subito conto delle difficoltà di ancoraggio: dove sulla carta è segnata sabbia le profondità sono tra i 35 e 42 metri, fino in prossimità del reef costiero; le coordinate che abbiamo ricevuto dagli amici di A-Gogo sono su un fondale di 10 metri, pieno di coralli e patate, proprio dove si trova barca abbandonata. Abbiamo letto che alcuni navigatori passati di qui consigliano di mettere uno spezzone di catena intorno ad una testa di corallo e fare una ritenuta con una cima a poppa. Alla fine della nostra esplorazione scegliamo il posto che ci sembra meno peggio, a NE, nel punto più lontano dal villaggio, dove diamo fondo sui 16-18 metri, poca sabbia, coralli per fortuna bassi, filando 60 metri di catena (1°31.168'S 145°05.299'E).  
Mentre cercavamo l'ancoraggio si era avvicinata una canoa con a bordo Ben, sulla quarantina,che ci dice di essere da un paio d'anni delegato ad accogliere gli yachts; gli promettiamo di andare al villaggio nel  pomeriggio, ma in realtà abbiamo bisogno di un po' riposo, poi alle 17 c'è il collegamento radio con gli amici navigatori italiani, quindi rimandiamo la visita all'indomani.
Il mattino seguente scendiamo a terra col dinghy e troviamo ad accoglierci Frieda, una cordiale donna sulla cinquantina. Ci comunica che Ben è impegnato e ci fa strada fino alla sua casa, dove ci presenta la sorella  Loise. Noi sapevamo già di loro dal blog di Adina, una barca inglese passata di qui lo scorso gennaio, che le descriveva come simpatiche e divertenti: è proprio vero!
Ci fanno sedere vicino ad un tavolino ed aprono davanti a noi il grosso volume del "Visitor Book".
Lilli tenta di cominciare dal fondo, dai messaggi più recenti, ma viene subito bloccata:  "No, comincia dall'inizio!". Cavoli, l'inizio è nel 2004! La lettura comunque non è affatto noiosa, perché le due ironiche sorelle aggiungono commenti e smorfie quasi ad ogni pagina. Ci sono disegni, foto di barche e di persone; ad un certo punto Loise sbotta: "Questo tizio con la faccia spiritata era un bianco, sposato con questa bellissima donna africana; è stato qui qualche giorno, un mattino è partito senza dire niente ed ha lasciato a terra la moglie. Noi l'abbiamo ospitata fino a quando
la poveretta, grazie ad una barca di passaggio, ha potuto raggiungere Port Moresby, dove ha raccontato la sua vicenda alla polizia. La polizia ha fatto le sue indagini, ha rintracciato la barca del marito ad Honiara, nelle Salomon, ha concordato con la polizia di Honiara di bloccare l'imbarcazione ed ha spedito la donna in aereo, costringendo il marito a riprendersi la moglie!"
Loise sembra molto compiaciuta del finale di questa storia, mi guarda fisso negli occhi e sorridendo mi dice: "Tu non farai come quello, vero?"
Chiediamo informazioni sulla barca abbandonata. "È di un australiano" risponde Frieda "è stato qui qualche settimana nel 2012, poi un giorno è partito verso ovest, ma ha trovato brutto tempo, ha disalberato ed è tornato indietro. Quando è passata la nave ha lasciato qui la barca ed è tornato in Australia, dicendo che sarebbe tornato, ma ormai sono passati 4 anni e temo che non lo vedremo più..."
Finita la lettura del libro, le nostre ospiti ce lo consegnano affinché possiamo scrivere anche noi, con calma, in barca e dispongono sul tavolo i loro "doni": papaie, banane, una grossa zucca, uova fresche, tutto di loro produzione. Noi in cambio lasciamo braghette e maglietta da bambino, una camicia da adulto, un kg di riso, sapone da bucato e filo da pesca.
Ci riaccompagnano al dinghy, dandoci appuntamento nel pomeriggio per la restituzione del libro.
Torniamo in barca sotto un cielo plumbeo, è già ora di pranzo ma non posso rimandare un lavoro importante: cambiare lo zinco dell'elica, completamente consumato. Metto le bombole e scendo in acqua, seguito da Lilli che non volendo perdermi di vistasi rimane in superficie a guardarmi con la maschera. Il lavoro è presto fatto; approfitto dell'immersione per controllare la catena: a circa 25 metri di profondità la catena fa un angolo retto intorno ad una bassa testa di corallo. Memorizzo la direzione, per quando salperemo.
Dopo pranzo scriviamo il nostro pezzetto sul log book, e notiamo che sulla copertina c'è scritto: "Gli yacht che vogliono aiutare la comunità sono invitati a versare 20 kina per l'ancoraggio e 10 kina per il diving" (complessivamente 10 €).
Quando torniamo a terra nel tardo pomeriggio, a riceverci oltre a Frieda c'è anche Ben, col quale ci scusiamo per il mancato incontro del giorno prima. Lui sorride benevolo ma subito prende in consegna il libro ed il nostro obolo di 30 kina, a ribadire il suo ruolo; Lilli, come per chiedere conferma, rivolge lo sguardo su Frieda, che alza le spalle e fa un ironico cenno di assenso. Ci sembra di cogliere una sorta di rivalità e di gelosia su chi debba tenere le relazioni con i visitatori...
Nel frattempo il cielo si fa sempre più nero, minaccia di piovere, così ci congediamo salutando calorosamente il piccolo gruppo di persone che si erano avvicinate incuriosite alla spiaggia.
Il tempo è decisamente cambiato: nella notte abbiamo numerosi scrosci di pioggia, il vento  cambia spesso direzione facendoci ruotare di 360°. Con il pensiero rivolto alla nostra catena intorno alla testa di corallo, mi alzo ogni ora per annotare la direzione della prua della barca e cercare di capire che giri poteva aver fatto la catena.
Il mattino, dopo colazione, con Lilli ripassiamo la dinamica dell'ancoraggio e tutte le evoluzioni che si sono verificate: sono abbastanza convinto che la catena faccia ancora un angolo di 90° o al massimo di 150° intorno alla testa di corallo, perciò si tratta di far ruotare la barca al massimo di 180°, visto che il vento è debole. Incrociando le dita, iniziamo subito le operazioni per salpare.
Riesco a far ruotare la barca nella direzione voluta, ma quando recupero catena il verricello si blocca sempre nello stesso punto...  "O cacchio" penso "e se tutti i miei calcoli fossero sbagliati?"
Faccio un altro tentativo calando altri 10 metri di catena e rimettendola nuovamente in tiro con la marcia indietro, poi tolgo la marcia ed inizio a recuperare. Siamo fortunati, anche questa volta come era successo a Nuakata Island, la catena si libera dal corallo e l'ancora viene su. Tiriamo un sospiro di sollievo, la prospettiva  di ridiscendere a 25 metri con le bombole non sorrideva affatto né a me, e né a Lilli!
Ci spostiamo all'interno della laguna sia per avvicinarci al punto di uscita che useremo domani, sia perché incuriositi da un sito in cui, abbiamo letto, si possono vedere numerose ed enormi mante. Si tratta del canale tra Luf Island e Akib Island, Hyane Passage detto anche Manta Ray Pass: un passaggio largo circa 100 metri, non ben dettagliato sulla cartografia, ma  visibile sull'immagine satellitare. La profondità minima al centro è sui 13 metri (la cartografia ne indica 7).    
Superata la pass, proviamo un ancoraggio subito ad est, sui 13 metri, segnalato da Adina, ma ci rendiamo conto che è troppo vicino al reef affiorante e non si vede il fondo.
Ci spostiamo ad ovest della pass, seguendo la costa e troviamo a nord di Akib un fondale sugli 8-10 metri, con piccoli  tratti di sabbia e coralli, ma qui almeno la visibilità è ottima.
Caliamo l'ancora e 40 metri di catena (1°31.850'S 145°01.917'E); memori dell'esperienza precedente, per evitare che la catena vada ad incattivarsi intorno a qualche corallo fissiamo in corrispondenza dei 30 metri una grossa boa, che la tenga in parte sollevata dal fondo.
Abbiamo percorso sole 6 miglia, abbiamo tutta la giornata davanti, ma il tempo è ancora instabile e non invoglia a fare escursioni a nuoto o col dinghy. Verso ora di pranzo viene a trovarci Bob, "operatore turistico ufficiale" per le isole Hermit, che già conoscevamo attraverso i numerosi messaggi di apprezzamento e ringraziamento lasciati per lui sul Log Book da numerosi navigatori. Sulla sessantina, fisico atletico, abita con la moglie e il figlio minore proprio sulla Manta Ray pass, mentre gli altri 4 figli ormai grandi e sposati vivono a Lorengau.
Bob ci dice subito che per vedere le mante non è una giornata buona, non c'è una buona luce e l'acqua è torbida; in compenso ci offre di copiare le foto delle mante e i filmati che ci ha portato su una chiavetta usb. Incredibile, lo si vede aggrappato al dorso della manta, trascinato in acque profonde, senza bombole e in apnea a 25 metri di profondità!
Bob è originario di Ninigo, il gruppo di isole che è la nostra prossima meta, e naturalmente ci fornisce utili informazioni sugli ancoraggi. Poi ci racconta un po' la sua vita: da giovane lavorava su piccole navi per il trasporto della copra, quando uno zio gli combinò il matrimonio con una donna di Luf, che lui nemmeno conosceva; suo padre acconsentì e lui non ebbe scelta: si sposò e si trasferì a Luf, cambiando radicalmente vita, dedicandosi a fare da guida per le barche di passaggio e per i turisti del diving.
Gli chiediamo cosa ne pensa della malavita di Lorengau, visto che lui ci va spesso: ci dice che da un paio d'anni le cose sono cambiate, i politici sono cambiati, vogliono sviluppare il turismo e sono più attenti al comportamento della gente verso le barche di passaggio. 
Congediamo Bob e per ringraziarlo della visita e della interessante chiacchierata gli regaliamo una maglietta, due piccole torce (cinesi, ahimè) ed alcuni ami.
Verso sera il vento gira a NW, con alcune raffiche a 22-25 nodi, ma l'ancoraggio si rivela ben protetto anche da quella direzione, grazie ad un lungo ed esteso reef.
Il mattino seguente sveglia prima dell'alba: dobbiamo salpare appena fa luce per raggiungere il Ninigo Group, a 60 miglia.