mercoledì 9 marzo 2022

Martinica 2022 - 10 anni dopo

 Gli ultimi giorni a Trinidad sono volati.

Venerdì 11 febbraio ci hanno riconsegnato il generatore, con la nuova scheda elettronica, già testato e funzionante. Rimontarlo al suo posto in sala motore è stato ancora più difficile che tirarlo fuori, ma alla fine gli abili tecnici della Tropical Power ce l’hanno fatta.

Lunedì 14 il potente travel lift del Peake Yacht Services ha riportato Refola in acqua. La manovra di ormeggio al pontile ci ha fatto un po' tribolare: un vento al traverso sui 15 nodi con raffiche a 20 ci faceva scadere velocemente e non riuscivamo a prendere la boa da legare a prua. Per fortuna ci è venuto in soccorso con il suo dinghy Guglielmo, un giovane amico di una barca vicina, che ha preso la nostra cima, l’ha legata alla boa e ce l’ha riportata in barca, mentre noi arretravamo verso il pontile.

Mille altri lavori ci aspettano: armare il genoa e rimettere a segno le manovre della randa che erano state smontate, riarmare le drizze, pulire e lucidare gli alberi, senza dimenticare l’organizzazione e il rabbocco della cambusa, le pratiche di uscita presso immigrazione e dogana, e per gradire infine il tampone anti-covid, che per fortuna abbiamo potuto fare in loco (utile servizio messo a disposizione dal cantiere).

Dedichiamo le ultime serate a salutare gli amici. Oltre ad Antonio ed Adriano che sono quasi di famiglia, ci sono due simpatiche coppie: gli australiani Mark ed Eva di Silent Progression, che metteranno la prua verso Panama e il Pacifico, e Francesco e Clotilde (lui italiano, lei francese). Con il loro Hallberg-Rassy 43 Saint Amour erano arrivati dall’Uruguay ma sono stati fermati a Trinidad dal Covid. Come noi hanno lasciato la barca al Peake per due anni, ed ora il loro programma è di rientrare a casa in aereo, spedendo la barca in Mediterraneo via nave.

Il 22 febbraio, sotto un’acqua torrenziale che ci perseguita tutto il giorno (ma la stagione delle piogge non doveva essere finita?) ci rechiamo con il dinghy all’immigrazione e alla dogana, poco distanti. Con in mano la clearance doganale possiamo fare incetta di vino e liquori al duty free furbescamente collocato a pochi metri dagli uffici doganali.

Finalmente, mercoledì 23 febbraio alle 7.40, salpiamo con destinazione Martinica a 250 miglia.

Usciti dal canale che separa Trinidad dal Venezuela spieghiamo genoa e randa e di bolina stretta risaliamo verso NW per 8 ore fino alle 16. Il mare è un po’ formato e l’andatura non è tra le più comode, ma la gioia di essere di nuovo per mare ci fa superare ogni disagio. Prima del tramonto avvolgiamo il genoa e con randa e motore correggiamo il fuori rotta.

Siamo in acque pericolose, funestate dalle scorribande dei pirati venezuelani, che raggiungono le barche con velocissime lance e, nella migliore delle ipotesi, rapinano i navigatori di tutto quanto gli è possibile portare via. Alle ipotesi peggiori è meglio non pensare… Il pericolo mi induce a lasciare spenti fin dalla partenza AIS e radar, attraverso cui “i cattivi” ci potrebbero individuare, e a non accendere nemmeno, quando arriva il crepuscolo, le luci di navigazione.

Il cielo in buona parte nuvoloso, la luna calante rendono la notte particolarmente buia. Lilli si fa un po’ nervosa e mi chiede: “Quando riaccendiamo tutto?” “Quando avremo raggiunto Grenada”, le rispondo.

Per fortuna verso mezzanotte intravvediamo all’orizzonte il bagliore delle luci di Grenada. Ci sembra di distinguere anche, a grande distanza, luci di navi. All’ancora? In navigazione? Lilli insiste per accendere luci di via e AIS (“non è che per non essere visti dai pirati finiamo speronati da una nave?”) e minaccia l’ammutinamento. Attendo ancora un po’, e quando stimo, rispetto alla nostra posizione, l’attacco dei pirati altamente improbabile, accendo luci e strumenti e la spedisco in branda.

Nel frattempo, appena superata la punta SW di Grenada, incrociamo la rotta che a gennaio 2013 ci portava con varie tappe da Granada alle Antille Olandesi, a Cartagena in Colombia e infine a Panama. Ora sì che possiamo dire di aver fatto il giro del mondo! Lilli pensava che per considerare compiuta la circumnavigazione fosse sufficiente raggiungere la longitudine di partenza (per noi E 004° 49' 54" di Port Napoleon, Francia, da cui siamo partiti nell’estate 2012) e quindi abbiamo festeggiato l’avvenimento nel 2019 durante la traversata dalla Namibia a Sant’Elena, ma poi Francesco di Saint Amour ci ha detto che la latitudine non basta, bisogna incrociare la propria rotta!

Nella notte, dopo Grenada, costeggiamo il lato W di tutte le Grenadine, Carriacou, Union Island, Mayreau, Canouan, Bequia, Saint Vincent, Saint Lucia. Alle 10 di venerdì 25 febbraio raggiungiamo Martinica: ancoriamo a nord del Club Mediterranee in posizione 14°27.573N 60°52.549W.

Siamo molto soddisfatti: dopo due anni di “territudine” forzata abbiamo tutti (Lilli, Refola ed io) reagito bene al mare, i turni di 3 ore hanno funzionato benissimo, abbiamo scampato il pericolo dei pirati e completato il giro del mondo. Il momento merita di essere festeggiato con una bottiglia di prosecco ghiacciato!

Andiamo a terra con il dinghy per le formalità d’ingresso, che qui si svolgono molto facilmente compilando un modulo sul PC messo a disposizione nell’ufficio del Marina du Marin; il documento viene stampato, si pagano 5 € et voilà, la procedura è completata. Chiediamo se è possibile anticipare l’ingresso al marina (prenotato via internet per 5 gg da domenica 27), ma la risposta è negativa.




Prendiamo contatto con gli uffici di Caraibe Marine per il controllo del rigging (sartiame) e ci danno appuntamento per lunedì 28 febbraio, mentre per gli interventi sull’elettronica (il VHF che non trasmette, l’aggiornamento del numero MMSI sull’Epirb di scorta e sulla radio SSB a onde corte) ci rimandano verso il fine settimana, in quanto c’è il carnevale e i tecnici sono in vacanza. Domenica 27 entriamo al Marina du Marin, al molo 5 posto 64; siamo a fianco di Michele, un veronese che fa charter su un Sun Odissey dal nome accattivante,
Bella storia. Naturalmente entriamo subito in sintonia e festeggiamo l’incontro con un bel gin-tonic serale, come vecchi amici.

Il controllo effettuato sul rigging (140 €) ci riserva alcune sorprese: una sartia bassa dell’albero di maestra è da cambiare, è necessario tirare alcuni arridatoi, ma la sorpresa più grande è che l’intervento non si può fare prima del 16 marzo!

Con il meccanico Didier combiniamo un appuntamento per sabato 5 marzo: ormeggiamo affiancati al vecchio catamarano da lui trasformato in officina, e gli facciamo sostituire i parastrappi dell’invertitore.



Un altro problema riscontrato è al motore fuoribordo Tohatsu: non tiene il minimo e non dà potenza quando si accelera. Ci viene in aiuto Michele passandoci nome e telefono del meccanico Pierre; viene a trovarci giovedì 3 marzo e conclude il lavoro il giorno dopo. Una fortuna, perché a quanto pare tutti i tecnici sono oberati di lavoro e risolvere qualsiasi problema in tempi brevi è davvero difficile.

Ora i giorni passano lenti in attesa della nuova sartia. Per il momento abbiamo accantonato l’ipotesi di attraversare l’Atlantico e rientrare in Europa. Nel frattempo siamo stati allietati da una bella notizia: gli amici Angelo e Cristina, veterani su Refola, ci raggiungeranno il 15 marzo per restare con noi fino alle Bahamas.