lunedì 18 giugno 2018

TRAVERSATA CHAGOS - SEYCHELLES



Riprendere il mare dopo tre settimane all’ancora è sempre un po' dura: ci si deve riabituare al rollio continuo e i bioritmi sono sovvertiti dai turni di guardia. Sembra quasi di navigare per la prima volta.
È il 10 giugno: per i 7-8 giorni di percorrenza previsti (1020 miglia) le previsioni meteo sono buone, con venti tra i 14 e i 18 nodi da SE; salpiamo l’ancora lentamente per pulire per bene la catena, che cominciava ad essere attaccata da piccole e giovani formazioni coralline.
Newdawn è partita mezz’ora prima di noi; seguendo la traccia del nostro ingresso navighiamo nell’atollo per poco meno di 3 miglia e giungiamo alla pass: 5 metri di acqua sotto la chiglia nel punto più basso e… siamo fuori, di nuovo in mare aperto.
Il primo tratto di 30 miglia con rotta 245° per uscire dal gruppo delle Chagos è una goduria: abbiamo il vento al traverso sui 16-18 nodi e con genoa, randa e mezzana spiegati voliamo a 8 nodi.
Dopo aver scapolato a dritta l’atollo di Peros Bahnos, la nostra rotta diventa 273° e qui finisce la pacchia: non riusciamo a tenere la rotta perché il vento arriva quasi in poppa piena e l’onda da SSE rischia di farci strambare, inoltre il vento apparente si riduce notevolmente, e la velocità cala drasticamente.

Morale: riusciamo a tenere una rotta di circa 260°, che ci farà allungare il percorso. Ma non è questo a impensierirci, abbiamo tempo; ciò che ci preoccupa veramente sono le continue sollecitazioni alle vele e alla struttura. In modo particolare, insieme a noi, soffre il genoa. Succede infatti che quando il vento apparente diminuisce a 7-8 nodi e l’onda che arriva fa rollare la barca, la vela si affloscia per poi gonfiarsi bruscamente, provocando terribili strattoni sulla scotta e sullo strallo. Per evitarli ho avvolto la randa e lasciato la mezzana, ottenendo minore velocità ma un migliore angolo verso la meta. 

Do istruzioni a Lilli: “il compromesso migliore è tenere il vento tra i 120-150 dalla prua”. In questo modo il rollio è più contenuto, come pure le brusche sollecitazioni.
Il primo giorno e la prima notte sono quindi segnati da un po' di patimento, per noi che fatichiamo a riposare, e per la barca. “Ce la farà a sopportare tutto questo senza che si rompa qualcosa?” Sono arrivato al punto di sussurrarle: “Tieni duro Refola, appena possibile tornerai a galoppare a briglia sciolta”. E lei, paziente, come sempre ha dato il meglio di sé: 6,5 nodi di velocità media è buona, 157 miglia percorse nelle 24 ore.
Il secondo giorno le cose vanno un po' meglio: Lilli ed io riusciamo a riposare meglio ed anche le sollecitazioni sulla struttura diventano abbastanza sporadiche. Verso sera il vento aumenta, stabilizzandosi tra i 16 ed i 18 nodi, e di conseguenza monta anche il mare: abbiamo onde sui 3 metri, con qualche treno che arriva a 4 metri e si avvicina minaccioso al giardinetto, per poi scivolare sotto la barca.

La seconda notte alle 3 do il cambio a Lilli, che mi mostra sul plotter la presenza di strani oggetti rilevati dall’AIS. Sono 6 “cose”, a circa 5-6 miglia di distanza una dall’altra, a formare un grande rettangolo. L’AIS ci fornisce dati non facili da interpretare: hanno una velocità bassissima, tra 0,5 e 1,5 nodi, nomi quasi identici “Lowrance1 net5”, “Lowrance1 net3”, “Lowrance2 net4” etc. Di uno solo è riportata la grandezza: lunghezza 8 metri, baglio 3 metri. Cosa cavolo sono?
Mando a riposare Lilli e tengo sotto controllo il plotter; gli “oggetti” si comportano come dei pescherecci, cambiano più volte direzione e si muovono a bassissima velocità, quasi fossero alla deriva.
Passo in mezzo al “rettangolo” della loro formazione. Andando a vela non ho grande margine di manovra, poggiare solo 2-3°, orzare 30-40°. È buio pesto. Supero due di queste “cose” a meno di un miglio di distanza: solo col binocolo riesco a scorgere una luce bianca lampeggiante, mentre sul radar non c’è traccia della loro presenza. Sono un po’ teso: …e se avessero delle reti galleggianti? Si chiamano Net 1, Net 2 ecc., e “net” significa rete; ho anche pensato ad un’azione di pirateria, quando siamo nel mezzo questi ci attaccano… cosa possiamo fare per difenderci? Scappare? se orzo con il vento al traverso posso arrivare a fare 8-9 nodi, c’è un bel mare agitato ed una piccola barca a motore può avere dei problemi… poi ho il bazooka di mia fabbricazione (vedi blog “LANGKAWI, ADDIO MALESIA”) … la fantasia corre…
Solo dopo due ore, superato tutto il gruppo, comincio a rilassarmi, ma il mistero rimane. Alle 6, quando già albeggia, torna Lilli. Di buono c’è che il mio turno è volato e … me ne vado a riposare.
La velocità media del secondo giorno è di 6,79 nodi, 163 miglia percorse nelle 24 ore.
La sera del terzo giorno siamo di nuovo circondati da un gruppo, ancora più numeroso, di “UFO”: questa volta i bersagli AIS si chiamano “Win 10 net1”, “Win 10 net2” ecc.; a Lilli è sembrato di vedere che una nave appena incrociata, non dotata di AIS, si fermasse ad un “Win 10”.
La nave senza AIS non è visibile sul radar. Questa volta è Lilli a correre con la fantasia: “Ecco, guarda quelle luci, non si allontanano, ci stanno inseguendo!”… era solo un cargo che ci ha raggiunto e superato a 2 miglia di distanza.
La velocità media del terzo giorno 6,37 nodi, 153 miglia nelle 24 ore.
Ogni giorno seguiamo alle 13.00 UTC (18.00 per l’orologio di bordo) il net inglese dei navigatori nell’Oceano Indiano. Purtroppo continuiamo a sentire tutti, ma nessuno sente noi. Grande frustrazione quando Lilli, rispondendo alla domanda “Ci sono altre barche che vogliono parlare?” urla nel microfono “This is Refola, Refola. Do you copy me?” e dall’altra parte di sente “Nothing heard”.



Dal tardo pomeriggio del terzo giorno il vento rinforza sui 18-20 nodi, con raffiche a 25, e gira inoltre di 10-15° verso sud. Questo ci permette di riaprire la randa e di poggiare, recuperando così piano piano 20 miglia di fuori rotta. In compenso il mare diventa più impegnativo: grandi rollate, velocità 7-8-9 nodi e planate sull’onda a 10 nodi.
La velocità media del quarto giorno è di 7,5 nodi, 180 miglia nelle 24 ore.
Ora stiamo tutti meglio, Refola non soffre più le fastidiose sollecitazioni e corre veloce e sicura sulle onde. Sembra volerci mostrare la sua contentezza regalandoci i dolci suoni della barca che accarezza il mare: “Gluich, gloich, splaith”.
Dal pomeriggio del quarto giorno il vento cala sui 11-14 nodi, sempre da SSE; con le tre vele a riva la velocità non scende mai sotto i 6 nodi; la media del quinto giorno è 6,6 nodi, 160 miglia percorse, alle 12 mancano 189 miglia all’arrivo.
Cominciamo ad intravvedere nell’ETA indicato dal plotter, la possibilità di atterrare sabato 16, un giorno prima del previsto!
Il quinto giorno calo la traina, per la prima volta in questa traversata; dopo pochi minuti sento il sibilo del mulinello, vado di corsa a chiudere la frizione ma sembra che la preda abbia mollato; comincio a recuperare per controllare se c’è ancora l’esca e durante il recupero avverto un altro strattone… “Ma allora c’è qualcosa di attaccato”, penso. Recupero più in fretta fino a quando vedo l’esca libera a pelo d’acqua a tre metri dalla barca, con dietro un bel pesce vela che la stava inseguendo per agguantarla. Sono talmente sorpreso che non ho la prontezza di interrompere il recupero… passano pochi secondi, l’esca esce dall’acqua ed il pesce se ne va a bocca asciutta. Incredibile: per la prima volta in vita mia ho visto un pesce inseguire l’amo senza riuscire a prenderlo!
Purtroppo, nel pomeriggio, questo penultimo giorno di navigazione è stato sconvolto da una terribile notizia proveniente dall’Italia. È mancato il papà di Lilli, cui lei era fortemente legata. Grande dolore, grande impotenza, siamo in mezzo al mare e non possiamo che proseguire. Per la prima volta quella notte Lilli non si presenta puntuale al cambio turno. Vado a chiamarla. Si era profondamente addormentata solo da pochi minuti, ma si è fatta forza ed ha preso il suo posto al timone. Anche questa è la vita dei marinai.
Dalla sera di venerdì 15 il vento cala sui 10 - 12 nodi e gira ad ESE, ma compensiamo la riduzione di velocità con 10 ore di vela e motore a 1500 giri/minuto. La mattina di sabato 16 ritorna sui 13-15 nodi da SE; siamo ormai all’interno del banco Seychelles, velocemente passiamo da 1000 metri di profondità a 50 e l’onda oceanica si spiana.
La media del sesto giorno è di 6,6 nodi, 160 miglia percorse; alle 12 mancano 30 miglia all’arrivo.
Prima di imboccare il Cerf Passage, chiediamo al Port Control sul canale 12 VHF l’autorizzazione ad entrare nell’harbour; dopo aver posto alcune domande: spelling del nome della barca, da dove veniamo, quante persone a bordo, ci accordano il permesso di ancorare nell’area di quarantena.

Alle 16.30 ancoriamo nell’area contrassegnata, 200 metri a sud della boa rossa n.6 che segnala il canale principale (4°37.079’S 55°28.475’E), su un fondale sabbioso di 17-18 metri.
Abbiamo percorso 1026 miglia in 6 giorni, 7 ore e 30 minuti alla media di 6,77 nodi.
Tutto è andato bene, solo lo sguardo di Lilli è un po’ appannato e lontano. Con la mente lei è in Italia, dove tornerà tra qualche giorno.