lunedì 18 giugno 2018

CHAGOS - il villaggio dei navigatori



La nostra sosta a Salomon Islands, Chagos, si protrae dal 21 maggio al 10 giugno; non siamo abituati a stare fermi tanto tempo nello stesso posto, per noi è una sensazione nuova, a cui peraltro non fatichiamo ad adeguarci: si coltivano amicizie, non c’è mai fretta, c’è tempo per tutto, l’orologio non serve, il sole più di sempre scandisce le attività della giornata. Siamo in un luogo completamente isolato, disabitato se non da pesci e uccelli, senza villaggi, senza elettricità, senza connessioni; ma in realtà un villaggio c’è, ed è costituito dagli equipaggi delle barche in transito: quasi tutti si fermano un mese, ed è normale che in situazioni del genere, ancorati a pochi metri uno dall’altro, si venga a creare una vera e propria comunità. La radio VHF è sempre accesa, e si usa come il telefono di casa. “Noi andiamo a fare snorkeling nella pass, chi vuole venire?” “Che ne dite di un drink sulla spiaggia questa sera alle 5?” In una giornata di pioggia, per fortuna l’unica, Leslie di Paseafique ha addirittura coinvolto tutti, via VHF, nella soluzione di un cruciverba!  
Poi ci sono le occasioni speciali.
Il 29 maggio il Full Moon Party, festa sulla spiaggia per salutare la luna piena: ci si ritrova verso le 17.30, si comincia a preparare un grande fuoco per quando - presto - arriverà il buio. Tutti portano qualcosa da mangiare, pasta, riso, bocconcini vari, pesce al cartoccio, frittata. C’è ampia scelta ed abbondanza, si può assaggiare un po’ di tutto. Per le bevande l’uso è generalmente più personale, ma Niels e Margareth di Unwind hanno preparato due litri di pinacolada per tutti, servita con ghiaccio, noi abbiamo portato una bottiglia di Valpolicella. Illuminato dalla luna, lo scenario che ci circonda è ancora più affascinante. Il tempo trascorre velocemente e alle 22 Lilli ed io siamo fra i primi a rientrare in barca.




Più o meno lo stesso rituale si svolge il 2 giugno: questa volta la “scusa” è il compleanno di Leslie. Lei e suo marito Phil, entrambi australiani, sono partiti per il giro del mondo nel 2015. È strano, all’inizio del nostro viaggio ci sembrava che tutti fossero più anziani e con più esperienza di noi, mentre ora ci rendiamo conto di essere tra le persone più vecchie e con più miglia sulle spalle … Ma questo ovviamente non ci impedisce di goderci la festa; oltretutto le due casseruole di pizza che abbiamo portato hanno avuto grande successo e sono state molto apprezzata da tutti.




Un altro modo per passare il tempo è pescare, semplicemente calando il filo dalla barca ferma. Paul di Newdawn, che in questo modo aveva preso un paio di grossi pesci, mi ha dato alcuni piccoli pezzi di pesce da usare come esca. Li ho messi nel freezer e quando ho iniziato ad utilizzarli il risultato è stato stupefacente: neanche il tempo di calare in acqua l’amo ricoperto e una decina di metri di filo, che subito il sibilo del mulinello segnala la presa. Ci vuole quasi più tempo a liberare l’amo e a preparare la nuova esca, che non a tirar su la preda successiva. In breve arrivano in coperta quattro pescioni, di cui uno di dimensioni tali da saziare almeno 4-5 persone.
Ma col passare dei giorni, dopo aver tirato su in mattinata un bello snapper sui 5 kg., mi rendo conto che le prese sono ora tutte di grossa taglia, talmente grandi da non riuscire ad issarle a bordo: diverse volte hanno strappato tutto o addirittura storto l’amo. Rimango inizialmente un po’ perplesso, ma poi mi spiego l’arcano. Pulito il pescato, usavo gettare in acqua teste ed interiora e questo ha richiamato gli squali. Uno di questi, di piccole dimensioni, ha addentato la mia esca arrivando fino a pelo d’acqua, per poi mollare la presa. A questo punto ho smesso di pescare, ma gli squali hanno continuato per giorni a girare numerosi intorno alla barca. Ho visto anche un “lemon” (di taglia più grossa dei “pinna nera”) che si aggirava minaccioso come fa un leone nel suo territorio.
Tra il primo e il 3 maggio sono arrivate altre sei barche, di cui tre già incontrate e conosciute in precedenza alle Maldive. Tra i nuovi arrivati ci colpisce particolarmente Dustin, un americano che naviga in solitario nonostante abbia il solo braccio destro ed una protesi alla gamba sinistra. Dustin è giovane, sui 35-40 anni, simpatico, sorridente, per nulla imbarazzato del suo handicap. Ce ne aveva parlato anche Fabio di Amandla, che lo aveva incontrato a Gan (Sri Lanka); lo vediamo salire in testa d’albero, appeso al banzico con le gambe (una vera e una finta) che abbracciavano l’albero, e trafficare con il solo braccio destro sulla luce di fonda e sull’antenna VHF. Sapendo per esperienza quanto è disagevole lavorare lassù, resto ammirato di fronte all’energia e alle capacità di Dustin, davvero incredibili.
Il 3 maggio la nuova “scusa” per il party serale sulla spiaggia è la partenza di due barche: Unwind diretta a Rodriguez e Axiom diretta in Madagascar. Baci e abbracci come fossimo vecchi amici, anche se ci conosciamo da appena una settimana.
Le partenze, che di solito avvengono al mattino, sono sempre emozionanti: squilli di tromba, fischi, campane, lancio di fuochi scaduti. E poi ancora gli ultimi saluti via VHF.
Un giorno poco ventoso, con l’acqua della laguna quasi piatta, Lilli ed io facciamo col dinghy un’escursione di circa 3 miglia e mezzo fino all’isola di Boddam, nella parte SW dell’atollo. È l’isola più grande e fino agli inizi degli anni ‘70, prima della vera e propria deportazione che hanno subito i chagossiani, vi abitavano circa 500 persone (ci ripromettiamo di approfondire, in un futuro blog, la tormentata storia di questo remoto arcipelago). Troviamo infatti i resti di un molo, di una chiesa e di abitazioni in pietra, ormai quasi sommersi dalla vegetazione. I naviganti in transito hanno allestito in un rudere vicino al molo una parodia di “Yacht Club”: sul muro esterno un finto radiotelefono, scritte di benvenuto, addirittura un finto ATM, con tastiera e monitor in cartone; all’interno, bandiere e l’immancabile “Log Book” dove ogni barca scrive qualche riga, lasciando biglietti da visita, foto e disegni. Un rito a cui anche noi, ovviamente, non ci sottraiamo. Purtroppo l’isola è infestata da zanzare e moscerini. Dopo un breve giretto Lilli, esasperata, torna alla spiaggia e si butta in acqua.










La raggiungo velocemente e facciamo un po' di snorkeling nella baia antistante il vecchio villaggio, dove ci sono tre boe fissate ai coralli con grossi cimoni. Ancorare qui con la barca sarebbe alquanto complicato: non solo ci sono estesi banchi di corallo quasi affioranti, ma anche nelle acque libere il fondale non è sabbioso ma disseminato di coralli, con grosse patate che si alzano anche notevolmente; il consiglio della guida, per chi voglia fermarsi qui, è di crearsi il proprio mooring, usando qualche metro di catena fissata direttamente sul corallo.
Ogni giorno, alle 13 e alle 2.00 UTC, seguiamo sulla radio SSB il net inglese dell’Oceano Indiano; noi riusciamo a sentire discretamente quasi tutti (anche se la comprensione dell’inglese per radio non è facile nemmeno per Lilli), ma purtroppo nessuno, tranne le barche ancorate vicino a noi, sente le nostre chiamate. Faccio qualche tentativo cambiando l’antenna a stilo con il paterazzo isolato, ma sostanzialmente non c’è differenza. Circa due mesi fa abbiamo parlato con Giorgio e Tonino in Sudafrica, nonché coi radioamatori in Italia; cosa può essere successo? Molto gentilmente, Phil di Paseafique passa due intere mattine a bordo di Refola per aiutarmi a risolvere il problema: abbiamo rifatto alcuni collegamenti tra antenne e accordatore e lavorato sull’alimentazione della radio. Abbiamo ottenuto un miglioramento della ricezione, ma purtroppo la trasmissione è sempre deficitaria: le barche partite dalle Chagos, già a 50 miglia di distanza, non ci sentono più. Phil mi ha fatto notare che quando si va in trasmissione ci dovrebbe essere un notevole assorbimento di corrente, che da me non si verifica. Allora il problema potrebbe essere nella radio, non nelle antenne … mah, continueremo i test.
Ormai si avvicina la nostra partenza: mancano pochi giorni all’11 giugno, quando scade il nostro permesso alle Chagos. È ora di tenere sotto controllo le previsioni meteo e di prepararci a riprendere il mare. Ci attende una traversata di poco più di mille miglia, fino alle Seychelles. Sulla carta è un trasferimento facile, in cui il “pericolo” è rimanere senza vento e con poco gasolio. Ma in questa fase dell’anno gli alisei di SE dovrebbero essere stabili, e dovrebbe essere improbabile rimanere “a piedi”.
Il 9-10 giugno sembra aprirsi una buona finestra meteo: dopo alcuni giorni di venti leggeri da sud e da SW, riprende il SE. È deciso: partiremo domenica 10.
Il sabato sera, una coppia di canadesi invita tutti gli equipaggi a bordo del loro catamarano Tula 2, per aperitivo e cena. Noi dobbiamo ancora tirare su il motore fuoribordo e posizionare il dinghy in coperta, e pertanto malvolentieri decliniamo l’invito; ci dispiace ancor più perché due giorni fa, a bordo di Anthem, sono arrivati l’australiano Adrien e la vicentina Marianna, una ragazza simpatica che ha anche il grande pregio di parlare italiano!
La mattina del 10, prima di noi, salpa Newdawn: Paul ha cambiato itinerario rispetto a quello originario che lo avrebbe portato a Rodriguez; per problemi di salute che speriamo non gravi ora è diretto a Mayotte, dove ha preso contatti con una clinica.
I soliti saluti, poi è il nostro turno: tra gli squilli di tromba dirigiamo la prua sulla pass di uscita. Il cielo è sereno, c’è un bel sole ed un vento da SE, sui 16 nodi. Partenza perfetta!