giovedì 30 agosto 2018

DA MAHAJANGA A BALY BAY, ADIOS MADAGASCAR

L'ancoraggio di Mahajanga è davvero particolare: l'escursione di marea arriva a 4 metri e genera correnti fino a 4 nodi; il fondale è basso in tutta la grande laguna ed anche all'interno del porto e lungo il molo, tanto che, al nostro arrivo con la bassa marea, vediamo decine di barche e piccole navi appoggiate sul fondo di fango argilloso; l'acqua è di un colore tra il caffelatte e la cioccolata; numerosissime piroghe a bilanciere con vele al terzo stracciate o rattoppate alla meglio sfrecciano a destra e a sinistra sfruttando le brezze e la corrente.
Il porto è pieno di grossi barconi in legno, tutti armati con vele al terzo; il lungo molo è invece occupato da piccole navi un po' sgangherate e da grandi chiatte, che vengono trainate dai rimorchiatori fino alle navi più grandi, che si fermano all'ancora in acque più profonde.
Mahajanga, purtroppo, ha una brutta fama in tema di sicurezza: sono stati segnalati molti furti, e due anni fa il nostro amico Gianni di Eutikia, ancorato proprio qui, è stato assalito di notte e minacciato con un coltello alla gola. Ne è uscito illeso, ma depredato di denaro, computer, macchine fotografiche, e tutto ciò che era asportabile dalla barca. Un'esperienza terrificante.
Con questi presupposti, il nostro piano per andare a terra è il seguente: Angelo e Cristina rimangono a bordo di guardia, Lilli Gianca ed io scendiamo, portando con noi 2 radio VHF; Gianca rimarrà di guardia al dinghy, mentre Lilli ed io andremo nei vari uffici per le pratiche di uscita; in caso di emergenza, ci sentiremo via VHF.
Per l'atterraggio col dinghy abbiamo un WP di Adina (15°43.565'S 046°18.385'E, confermato anche da Noonsite), ma quando ci avviciniamo ci rendiamo conto che nonostante manchino due ore alla minima di marea dovremmo trascinare il dinghy nel fango per un bel tratto. Inoltre c'è un po' di onda provocata dalla brezza da est e l'idea di rischiare un bagno in quest'acqua marrone non ci piace affatto.
Costeggiamo il molo, alto almeno 4 metri, cercando un approdo dotato di scala, quando da una barca ormeggiata in terza fila un giovane ci fa cenno di avvicinarci. Accostiamo. In un inglese un po' stentato si offre di aiutarci, ma Lilli insiste per avere informazioni su dove poter atterrare con il dinghy; lui ci risponde che dobbiamo proseguire fino alla fine del molo e poi girare a sinistra, ma torna a ripetere che può venire con noi. Il ragazzo coglie la nostra esitazione e per rassicurarci ci dice che lavora per l'organizzazione AIDA (recupero e sicurezza in mare), ma Lilli è diffidente e vorrebbe tentare l'atterraggio nel fango. Dopo un breve consulto lo accogliamo a bordo del dinghy: Stephan, questo il suo nome, ci chiede subito se c'è qualcuno di guardia sulla barca, segno che la zona è veramente rischiosa.
Stephan si è rivelato un vero angelo custode. Ci guida dietro al lungo molo, dove c'è uno scivolo in cemento riparato dall'onda. Essendo il nostro dinghy dotato di ruote, risulta facile trascinarlo all'asciutto. Cosa che comunque non facciamo da soli: non appena tocchiamo terra veniamo circondati da 4-5 giovani che si offrono di fare la guardia al tender. Stephan ne sceglie due, con cui concordiamo un compenso di 5000 Ari per due ore.
Con noi avevamo tre sacchi di spazzatura, che i giovani ci hanno detto di lasciare sul dinghy; appena ci siamo allontanati li abbiamo visti contendersi i sacchi per aprirli e vedere se c'era qualcosa di utile, impressionante!
Lilli Gianca ed io seguiamo Stephan che ci conduce verso l'ingresso dell'area portuale. Percorriamo a piedi strade sterrate e polverose, piene di buche, baracchini e costruzioni in muratura in cattivo stato, nell'insieme uno scenario abbastanza squallido. Facendoci superare facilmente il controllo di accesso, la nostra guida ci porta in primo luogo all'ufficio immigrazione: in 10 minuti e pagando 40.000 Ari (circa 10 euro, con regolare ricevuta) abbiamo i timbri sui passaporti. Poi Stephan ferma un tuk-tuk (gli Ape adibiti a micro-taxi) e dà istruzioni all'autista: dovrà portarci dall'Harbour Master, aspettarci e ricondurci lì, all'ingresso dell'area portuale.
Il breve tragitto costeggia il porto, pieno di attività: i grossi barconi in legno appoggiati sul fango caricano e scaricano merce da portare in giro per le isole e le zone sulla costa; ovviamente potranno salpare solo con l'alta marea.
La capitaneria si trova in un bel palazzo sulla punta De Sable; in 15 minuti completiamo le pratiche per la clearance pagando 35.000 Ari (circa 8,5 euro, anche qui con regolare ricevuta). Ritroviamo Stephan che ci accompagna anche nell'ultimo passaggio, la dogana, un piccolo ufficio a fianco all'ingresso carraio dove mettono alcuni timbri sulle carte già in nostro possesso, senza chiedere soldi. Siamo piacevolmente sorpresi: in poco più di un'ora abbiamo completato le pratiche di uscita, molto più veloci e chiare di quelle di ingresso a Nosy Be.
Stephan ci chiede se abbiamo bisogno di altro. "Sì: ora pane e supermercato, oggi pomeriggio gasolio" dico io. Detto fatto, Stephan ordina all'autista di portarci al supermercato "Leader Price", che troviamo fornitissimo. Fuori dall'area portuale, la città ha un altro aspetto: strade asfaltate, pulizia, bei negozi.
Pagati 30.000 Ari (circa 8 euro) al taxista che ci ha scarrozzato per due ore, presi accordi con Stephan per il rifornimento di gasolio, torniamo in barca alle 12.30 contenti e soddisfatti, con la cambusa rimpinguata.
Alle 14.30 Angelo ed io passiamo col dinghy a prendere Stephan e questa volta atterriamo vicino al porto; la marea è salita di circa un metro e siamo coperti dalla brezza pomeridiana, da ovest; il taxista è li ad aspettarci, saliamo su Ape in tre, con 5 taniche.
Fatto il rifornimento, riaccompagniamo Stephan alla barca di AIDA; chiedo cosa gli devo per il suo prezioso servizio. "Fai tu..." dice lui. Gli dò 30.000 Ari ed un paio di occhiali da sole, sembra felice, e mi chiede anche un biglietto da visita per restare in contatto. Anche noi siamo soddisfatti, ci ha fatto risparmiare un sacco di tempo. Grazie Stephan!
Prima del tramonto ci spostiamo a Katsepe, 4 miglia a SW sulla sponda opposta della laguna; la corrente è di almeno 3 nodi, a favore, ma dobbiamo tenere la prua a 270° per avere la rotta vera 230°.
Ancoriamo davanti al villaggio, su fondale fangoso di 5-8 metri (15°46.261'S46°14.734'E). Anche qui l'acqua è color cioccolata, però abbiamo protezione dal vento da ovest che soffia sui 15 nodi fino a sera.
Come da accordi presi a Nosi Be, è ancorata qui anche Island Pearl, l'Amel gemella di Refola incontrata al primo ancoraggio del Madagascar; concordiamo con Colin di attraversare insieme il canale di Mozambico partendo da Baly Bay, che loro raggiungeranno partendo in serata con una navigazione notturna, mentre noi faremo una tappa intermedia a Boina Bay.
Colin ci informa che da Katsepe c'è un servizio di taxi per Mahajanga a 150.000 Ari (circa 40€); c'è un grande viavai di barche locali, stipate di gente, che fanno spola da e verso la città.
Il giorno seguente salpiamo per Boina Bay, facendo un bordo su Mahajanga per sfruttare la conessione internet 4G; il vento apparente al giardinetto è debole perciò vela e motore, arriviamo a Boina Bay penetrando circa 5 miglia nella profonda laguna. Ancoriamo a sud di Nosi Boina, su un fondale fango/sabbia di 5-7 metri (15°50.333'S 45°39.499'E). Il posto è ben riparato e scenografico: sul basso e piccolo isolotto, disabitato, si stagliano tre grandi baobab.
Mercoledi 29 agosto salpiamo all'alba, con la corrente a favore. 60 miglia per raggiungere la nostra ultima meta in Madagascar: vela e motore con il vento al lasco e poppa, poi con la brezza di mare da ovest solo vela fino a destinazione. Ancoriamo in fondo alla laguna, vicino a Island Pearl, su 4-7 metri di fango (16°05.488'S 45°17.740'E).
Baly Bay è una tappa obbligata per lasciare il Madagascar, è qui che le barche aspettano la finestra buona per partire. C'è la connessione internet, anche se debole, e si possono scaricare le previsioni meteo.
A terra c'è un villaggio, a circa 2 miglia, ma noi ormai abbiamo in testa la partenza... le ultime previsioni scaricate indicano una finestra dal 31 agosto fino al 7 settembre. 7 giorni dovrebbero essere sufficienti per raggiungere Bazaruto in Mozambico, il primo riparo sulla rotta del Sudafrica; anche Des ci ha scritto una mail, confermando questa situazione.
La decisione è presa: prima del tramonto solleviamo il dinghy in coperta e concordiamo con Colin di partire insieme domani 31 agosto alle 8.00. Adios Madagascar!