La nostra destinazione, Goidhho, è un atollo di
forma ovale racchiuso da una barriera corallina affiorante; nella parte nord ci
sono quattro isolette abitate. Goidhoo, la più grande, dà il nome a tutto
l’atollo ed è dotata di un porto cui piccole navi possono accedere direttamente
tramite una stretta pass situata a nord. Poiché non è nostra intenzione entrare
in porto, ma stare tranquilli ancorati in laguna, entriamo nell’atollo da sud: la
pass non è ben visibile sulla cartografia elettronica, ma noi procediamo senza
difficoltà grazie alla traccia di Zoomax… Il WP dell’inizio della pass è
4°48.756’N 72°53.655’E.
Dalla pass sud a Goidhoo ci sono ancora 6 miglia,
libere da ostacoli; solo nell’ultimo miglio bisogna prestare attenzione ad
alcune macchie di corallo la cui profondità non è certa. Nel tragitto interno
peschiamo un combattivo carangide sui 5 kg., che purtroppo riesce a liberarsi
mentre tentiamo di agganciarlo con il raffio, lasciandoci a bocca asciutta.
Alle 14.30 ancoriamo ad ovest di Goidhoo, su un
fondale sabbioso di 16 metri (4°52.213’N 72°58.890’E); è un posto tranquillo e riparato,
con acque limpide. Il cielo purtroppo si è nel frattempo annuvolato, riducendo
di molto la magia dei colori; io compio la mia solita breve immersione per
controllare la posizione dell’ancora e la catena, ma rimandiamo all’indomani un
giro in gommone per lo snorkeling.
Con il dinghy raggiungiamo il porto a nord a circa
¾ di miglio, per visitare il villaggio. Veniamo accolti gentilmente da alcune
persone, che ci chiedono se abbiamo bisogno di qualcosa. “Frutta e verdura
fresca” dico io. “Qui la potete trovare, ci sono le piantagioni” risponde il
più anziano di loro. Due giovani si offrono di accompagnarci nella ricerca. Entriamo
in due piccoli empori alimentari, dove troviamo alcuni manghi e null’altro. “Le
piantagioni sono lontane, bisognerebbe andarci con il furgoncino” dice uno dei
ragazzi. “Non importa, facciamo solo un giretto per il paese” dice Lilli. Ma il
ragazzo voleva proprio aiutarci e prontamente telefona a qualcuno per avvisare
che desideriamo della frutta; “Proseguite su questa strada, troverete chi vi
darà delle banane. E non preoccupatevi di cercarlo, vi riconoscerà lui…”.
Infatti dopo qualche minuto di cammino (le strade sono tutte rigorosamente di
sabbia, percorse solo da biciclette e motorini) passiamo vicino ad una casa da
cui esce un uomo con un mezzo caschetto di piccole banane mature. “Sono un
regalo, non dovete pagare niente” si affretta a dire il nostro interlocutore.
Ringraziamo, sorpresi da questo gesto di generosità; completiamo il giro al
villaggio e ritorniamo al nostro dinghy.
Sulla via del ritorno ci fermiamo sul banco di corallo
segnalatoci, ci leghiamo al cavo della boetta, e ci godiamo una mezz’ora di
snorkeling al limite delle acque profonde. Il sito è molto bello, con tanti
diversi tipi di corallo, vivi e colorati e soprattutto tanti, tantissimi pesci
variopinti, di tutte le dimensioni.
Nel pomeriggio la dinette di Refola si trasforma in una premiata forneria: Ornella mi insegna il suo metodo per cuocere al forno una deliziosa ciabatta.
Domenica 15 aprile salpiamo per una tappa di circa 40 miglia alla volta di Himmiya Falhu, a NW dell’atollo Kaafu, dove si trova la capitale delle Maldive, Malè. Superata l’ampia pass fra gli isolotti di Akirifushi e Himmiya con una corrente contraria di 2-3 nodi, il cielo coperto ci rende un po' difficile individuare il passaggio settentrionale di accesso alla laguna di Himmiya. Non abbiamo tracce di altri navigatori passati di qui, ma solo le coordinate degli ancoraggi di Adina e Totem, due barche di cui seguiamo le avventure tramite i loro blog. Procediamo quindi con cautela, Lilli e Umberto di vedetta a prua, e una volta superato il reef, passando su un fondale minimo di circa 6 metri, ancoriamo su fondale sabbioso di 10 metri (4°36.572’N 73°23.415’E). L’acqua è limpidissima ma a mezza marea c’è ancora una corrente nord sui 2 nodi, per cui aspetto un’ora per andare a vedere l’ancora, che trovo completamente affondata nella sabbia.
Domenica 15 aprile salpiamo per una tappa di circa 40 miglia alla volta di Himmiya Falhu, a NW dell’atollo Kaafu, dove si trova la capitale delle Maldive, Malè. Superata l’ampia pass fra gli isolotti di Akirifushi e Himmiya con una corrente contraria di 2-3 nodi, il cielo coperto ci rende un po' difficile individuare il passaggio settentrionale di accesso alla laguna di Himmiya. Non abbiamo tracce di altri navigatori passati di qui, ma solo le coordinate degli ancoraggi di Adina e Totem, due barche di cui seguiamo le avventure tramite i loro blog. Procediamo quindi con cautela, Lilli e Umberto di vedetta a prua, e una volta superato il reef, passando su un fondale minimo di circa 6 metri, ancoriamo su fondale sabbioso di 10 metri (4°36.572’N 73°23.415’E). L’acqua è limpidissima ma a mezza marea c’è ancora una corrente nord sui 2 nodi, per cui aspetto un’ora per andare a vedere l’ancora, che trovo completamente affondata nella sabbia.
Il posto è isolato, un ancoraggio nel mezzo del nulla,
la corrente ci limita nei bagni, così l’indomani decidiamo di salpare per
raggiungere Rasfari, 15 miglia più a sud, altra isoletta dell’atollo Kaafu.
Per evitare di zigzagare tra i reef torniamo in
acque profonde, navigando quindi all’esterno dell’atollo. La giornata è, dal
punto di vista meteorologico, davvero particolare: il mare è piatto e liscio
come l’olio, l’aria è più che mai tersa e trasparente, il cielo sembra più alto
e vasto del solito ed è chiazzato da grosse nubi, ad est grigie e minacciose,
ad ovest bianche e vaporose. Sopra di noi splende il sole e tutti i colori sono
esaltati all’ennesima potenza. Uno spettacolo!
Rientriamo nell’atollo attraverso la pass a sud di
Rasfari, per poi accedere alla sua piccola laguna, sul lato est dell’isoletta. Mentre
la pass non presenta difficoltà, l’ingresso in laguna è un po’ più arduo. Anche
qui non abbiamo tracce da seguire, e la cartografia elettronica non è affatto
precisa: in queste situazioni non si può che avanzare con estrema cautela,
tenendo un’attenta guardia a prua. Percorriamo lentamente i circa 300 metri del
passaggio trovando profondità medie sui 5 metri. Ho segnato alcuni WP per
questo tratto: wp1 4°23.534’N 73°21.431’E, wp2 4°23.575’N 73°21.384’E, wp3
4°23.601’N 73°21.377’E.
Risaliamo mezzo miglio lungo il versante ovest della
laguna ed ancoriamo su un fondale di sabbia chiara, senza coralli, di 17 metri (4°24.115’N 73°21.474’E). L’acqua limpida, la
totale assenza di corrente, qualche razza dove il fondale risale sui 10 metri,
rendono questo posto solitario estremamente piacevole.
Aliamo il dinghy per un giretto di perlustrazione. L’isoletta
di Rasfari è disabitata ed ospita solo un’altissima antenna per la propagazione
del segnale telefonico; un lungo pontile in legno, in buono stato di
manutenzione, collega un moletto in cemento dotato di scalette. Lunghi tratti
di spiaggia sono protetti da un basso frangiflutti formato con sassi corallini
levigati dal mare.
Quando atterriamo, un giovane ci viene incontro sul
pontile. Per un attimo pensiamo che voglia mandarci via, ma ci rassereniamo vedendolo
avanzare sorridendo. Lavora per la compagnia telefonica, che periodicamente lo
invia qui in missione per controllare l’impianto. 3-4 giorni di lavoro in
assoluta solitudine, prima che vengano a riprenderlo per riportarlo a Malè,
dove vive. Evidentemente di stare da solo non ne può proprio più: “Sarebbe
proibito scendere a terra, ma siete i benvenuti. Basta che non diciate a
nessuno che vi ho fatto visitare l’isola, altrimenti mi licenziano”.
Così ci fa da guida. Sotto la grande antenna,
seminascoste dalle altissime palme, due costruzioni recenti: in una contiene l’alloggio
per i trasfertisti e per le apparecchiature, l’altra il gruppo elettrogeno; una
superficie di almeno 200 m2 di pannelli solari fa da tettoia ad un
magazzino senza pareti.
Un sentiero in sabbia tra le palme, curiosamente
delimitato da centinaia di taniche in plastica verdi, tutte uguali e
perfettamente allineati, attraversa l’isoletta fino alla sua estremità
meridionale, con una bianchissima spiaggia.
In vena di confidenze, ci racconta che qualche anno fa, all’insaputa della società, aveva portato con sé la fidanzata, cosa che aveva trasformato un impegno di lavoro solitario e noioso in una bellissima ed esclusiva vacanza. Avvertiamo che avrebbe piacere di trattenerci, ma è quasi ora di pranzo e noi vorremmo fare un po’ di snorkeling… solo più tardi, una volta rientrati in barca, ci rendiamo conto con rammarico che per ricambiare la sua ospitalità avremmo potuto invitarlo a bordo a mangiare con noi… peccato, la prossima volta saremo più bravi.
In vena di confidenze, ci racconta che qualche anno fa, all’insaputa della società, aveva portato con sé la fidanzata, cosa che aveva trasformato un impegno di lavoro solitario e noioso in una bellissima ed esclusiva vacanza. Avvertiamo che avrebbe piacere di trattenerci, ma è quasi ora di pranzo e noi vorremmo fare un po’ di snorkeling… solo più tardi, una volta rientrati in barca, ci rendiamo conto con rammarico che per ricambiare la sua ospitalità avremmo potuto invitarlo a bordo a mangiare con noi… peccato, la prossima volta saremo più bravi.
Da qualche giorno si susseguono nel cielo intensi addensamenti
nuvolosi, spesso scurissimi, che sembrano preannunciare un peggioramento del tempo.
E infatti la notte è segnata da due temporali, con pioggia scosciante e
raffiche di vento a 25 nodi, uno da est e l’altro da ovest, ma l’ancoraggio si
rivela buono e sicuro.
Ancora una volta, però, il piano di navigazione decreta
la fine di questa piacevole sosta; la mattina di mercoledì 18 aprile salpiamo, sotto
un cielo coperto, alla volta del piccolo atollo di Rasdhoo.