lunedì 21 luglio 2014

Palmerston

 16:46.83S 153:56.81W

Ho dedicato i giorni di maltempo a Mopelia allo studio della meteorologia del sud Pacifico ad ovest della Polinesia Francese: infatti da qui in poi le situazioni meteo diventano molto piu’ instabili, per effetto delle zone di convergenza sub tropicale che si muovono e si allungano verso sud est, portando generalmente nuvolosità intensa, pioggia, temporali e groppi.

L’itinerario per arrivare alle Isole Tonga attraversa l’arcipelago delle Isole Cook (circa 1000 miglia); in questa grande area non ci sono ancoraggi o ridossi tranquilli in ogni situazione di meteo. A parte Suvarov, che e’ un atollo con la pass per entrare in laguna ma si trova molto a nord, tutte le altre isole hanno ancoraggi esterni alla barriera, situati sui lati ovest e pertanto utilizzabili solo quando il vento viene da est, sud est, nord est.

Preparo il piano di navigazione: dirigerci ad Atiutaki ed ancorare fuori dalla pass (l’ingresso in laguna e’ possibile solo per barche con pescaggio inferiore ad 1,40 metri), e dopo un paio di giorni proseguire su Palmerston.

Uscire da Mopelia e’ stato piu’ facile che entrarvi: alle 11.00 di lunedi’ 14 luglio percorriamo lo stretto canale, spinti da una corrente uscente di circa 2,5 kn, trovando solo piccole onde stazionarie fuori dalla pass.

Facciamo rotta su Atiutaki, vento da ENE sui 10-15 nodi, issiamo il balooner e l’andatura, pur con un po’ di rollio, diventa piacevole.

Alle 22.00, una sventura: mentre avvolgiamo le vele di prua, per dare un po’ di motore e caricare le batterie, uno strappo si apre a meta’ base del balooner, e si estende lungo quasi tutta la balumina; riuscire ad ammainarlo senza aggravare la rottura e’ stata un’impresa, ma ce l’abbiamo fatta. Un incidente che probabilmente con un po’ piu’ di attenzione si poteva evitare, ma d'altronde il povero balooner dimostra tutti i suoi 10 anni di onorato servizio … Speriamo di poterlo riparare, al momento e’ un grande handicap non poterlo usare con i venti portanti e leggeri.

Ogni giorno scarico con la radio SSB le previsioni meteo e apprendo cosi’ che al nostro arrivo ad Atiutaki troveremo vento da ovest; poiche’ l’ancoraggio e’ esposto, modifichiamo la rotta e facciamo prua direttamente su Palmerston.

Veleggiamo per tre giorni sospinti da venti leggeri, le ultime 28 ore solo a motore, e venerdi 18 luglio, quarto giorno di navigazione, arriviamo a destinazione dopo aver percorso 549 miglia. Alle 7.30 chiamiamo al VHF sul canale 16 Palmerston Island per chiedere l’autorizzazione a prendere una boa (non ci sono altre barche). Dandoci il benvenuto, ci rispondono di ormeggiare e ci preannunciano l’arrivo delle autorita’ per le pratiche di ingresso. Poco dopo vediamo uscire dalla piccola pass un barchino: Bob Marsters e’ venuto a mettere in chiaro il galleggiante del gavitello. Finito l’ormeggio, Bob si avvicina per darci il suo benvenuto, ci avvisa che la boa costa 10 dollari neozelandesi a notte, che lui sara’ il nostro “ospite” e che sarebbe tornato piu’ tardi con gli agenti della dogana, dell’immigrazione e della disinfestazione.

Le pratiche di ingresso sono “professionali” ma semplici e veloci, paghiamo 95 $ US per dogana ed immigrazione e 20 $ US per la disinfestazione (giro di bomboletta spray). Bob si occupera’ di venirci a prendere e riportarci in barca. Cominciamo a capire cosa vuol dire che lui sara’ il nostro ospite: saremo a pranzo da lui tutti i giorni, ci mostrera’ l’isola … Il primo giorno pero’, quando tutto questo non ci era del tutto chiaro, a terra in rappresentanza di Refola ci va solo Franco, mentre Lilli ed io rimaniamo in barca per fare alcune manutenzioni urgenti: il pressostato dell’autoclave che spesso si bloccava ed il faretto di coperta, sull’albero di maestra, che si era staccato rimanendo appeso al solo filo elettrico.

Sabato 19 Bob ci viene a prendere, ci fa da Cicerone nella visita al motu, e ci racconta usi e costumi di questo piccolo atollo. Gia’ ci aveva colpito la storia dell’insediamento a Palmerston, letta sul portolano: gli abitanti attuali sono tutti discendenti di un certo William Marsters, marinaio inglese, che si stabili’ qui nel 1862, con tre mogli, da cui ebbe 26 figli; mantenne le tre famiglie separate e divise l’isola in tre parti (una per ciascun ramo della sua progenie). Ma siamo rimasti di stucco sentendo da Bob che tale situazione e’ rimasta tuttora immutata, che tutti si chiamano Marsters, ma appartengono a tre famiglie diverse!

L’atollo e’ formato da sei isolette, le tre famiglie Marsters abitano tutte nel motu piu’ ad ovest, mentre gli altri sono disabitati; la popolazione e’ di 60 persone, di cui 27 bambini. C’e’ una scuola in cui bimbi e ragazzi dai 5 ai 15 anni sono divisi in 3 classi e seguiti da 3 maestre. C’e’ un poliziotto, una chiesa ed un ufficio della Telecom Cook (!), dove Franco si e’ precipitato a comprare 150 mega di traffico dati. Incredibile a dirsi, prendiamo il segnale anche dalla barca!

Nell’isola c’e’ un vecchio generatore, con avviamento a mano, in funzione 6 ore il mattino e 6 ore la sera, c’e’ un progetto per una centrale a pannelli solari su un’area di 500 mq., dono della Nuova Zelanda, che dovrebbe entrare in funzione verso la fine dell’anno.

I proprietari delle boe offrono ogni giorno il pranzo a casa loro, aspettandosi in cambio qualcosa di utile per la pesca o per la scuola (la nave per i rifornimenti passa 2 volte all’anno). Noi avevamo portato alcuni omaggi (tabacco, magliette polo, matite colorate) ma Bob ci ha chiesto, volendolo pagare, del carburante per il fuoribordo e degli ami da pesca. Gli abbiamo regalato entrambi.

Nel pomeriggio di sabato arriva un’altra barca, con una coppia di giovani francesi, provenienti da Rorotonga; anche loro vengono “adottati” da Bob, che ci invita tutti ad assistere alla funzione religiosa (presbiteriana) della domenica, prima di pranzare a casa sua, naturalmente. Perfino il reverendo, dal pulpito, ci da’ il benvenuto e ci fa gli auguri per la nostra futura navigazione...

Dopo il pranzo domenicale, Bob ci presenta Bill (indovinate il cognome: Marsters!), al quale portiamo i saluti di “A Go Go”, passata di qui l’anno scorso. Con molta soddisfazione Bill ci mostra il suo lavoro per la costruzione di uno Yacht Club, con bar, docce, bagni, lavanderia… Molto gentile e generoso, ci regala dei manifesti con i pesci delle Isole Cook (sui quali ci indica i portatori di ciguetera), due dozzine di uova di produzione locale, due frutti dell’albero del pane e ci avrebbe dato anche del pesce, che abbiamo rifiutato perche’ ne abbiamo ancora una buona scorta; in cambio, gli lasciamo una bandiera italiana per il suo Yacht Club.

La giornata si conclude con la cena in barca, cui abbiamo invitato la coppia di francesi. Lunedi’ lasceremo Palmerston, con rotta su Niue, a 400 miglia.

PS. Alcune note sull’ormeggio: nei tre giorni di sosta, abbiamo avuto venti tra i 10 ed i 15 nodi da ENE e NE; l’ormeggio si e’ dimostrato un po’ rollante, ma sopportabile; in passato le boe erano 10, ora sono 3, le sette mancanti si sono staccate e non state piu’ riposizionate (nell’isola non ci sono sub e per questi lavori i locali si fanno aiutare dai divers delle barche di passaggio). Le boe sono posizionate appena fuori dalla piccola pass usata dalle barche locali, su un fondale di circa 10-12 metri, che scende rapidamente a 40; sono fissate al corallo con una catena ed una lunga cima sostenuta da galleggianti, che il portolano consiglia di controllare (la nostra era OK, quella dei francesi no e infatti sono andati ad ancorare piu’ a sud). La barriera corallina affiorante e’ talmente vicina che, se il vento gira a ovest e l’ormeggio non dovesse tenere, si avrebbero pochi minuti di tempo per evitare di finirci sopra!!!

Bob ci ha consigliato, per sicurezza, di calare l’ancora dando 10 metri di calumo. Aveva dato lo stesso consiglio anche ad una barca americana, nel 2011: non lo hanno ascoltato e cosi’, di notte, la barca si e’ staccata dalla boa ed e’ finita sul reef. Si chiamava Ri-Ri, la sua carcassa  e’ stata portata sul motu ed ora giace a terra, capovolta. Brrr!!!

I lavori sull’albero

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La Main Street di Palmerston

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Lilli e Bob davanti alla vecchia casa del capostipite, William Marsters

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L’agenzia Telecom

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Quattro passi sulla spiaggia

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La carcassa di Ri-Ri

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Domenica mattina: prima in chiesa, e poi …

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… a pranzo da Bob

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Le foto di Mopelia

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Ecco le foto di Mopelia, con la famiglia di Adrienne e Marcello

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martedì 15 luglio 2014

MOPELIA

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Posticipiamo di un giorno la partenza da Maupiti, per goderci ancora un po' il bellissimo ancoraggio vicino alla pass, dove l'acqua e' di una trasparenza eccezionale; con il dinghy ci avviciniamo all'inizio pass, lato laguna, dove ci dicono essere spesso presenti grosse mante. Siamo fortunati ed una, davvero grande, riusciamo a vederla!

Alle 16.00 siamo pronti a partire: l'orario e' programmato per arrivare a Mopelia, distante 100 miglia e ultima nostra tappa in Polinesia, senza fretta e soprattutto intorno alle 12.00. Vogliamo infatti affrontare la pass in prossimita' della stanca di marea, quando la corrente sempre uscente e' piu' debole.

L'uscita dalla pass di Maupiti non ci reca sorprese: la corrente uscente, debole all'inizio e intorno ai 3 nodi verso la fine, forma solo piccole onde stazionarie di circa 50 cm, che non creano difficolta'; importante comunque mantenere l'allineamento di uscita per un bel tratto fuori, perche' ai lati, su un fondale di 6 metri, si formano grosse onde che frangono sul reef.

La prossima pass che affronteremo, quella di Mopelia, ha una fama ancor peggiore di quella di Maupiti: larga (o meglio stretta) solo 25 metri, mal segnalata (un uragano, nel 1998, ha distrutto - oltre alle povere case - anche tutti i beacon, che non sono stati riposizionati), con una corrente sempre uscente da un minimo di 4 nodi ad un massimo di 9, e, dulcis in fundo, da affrontare senza l'ausilio della cartografia elettronica, inutilizzabile semplicemente perche' disallineata con il GPS (di circa 200 metri a nord). Vuol dire che sul plotter, entrando, vedremo la barca passare sul reef !!!!

In assenza di vento, ci sciroppiamo le 100 miglia a motore, e alle 11.50 di mercoledi' 9 luglio ci presentiamo davanti alla pass di Mopelia. Pass? Beato chi la vede! Al primo approccio non vediamo niente che ci faccia riconoscere un ingresso; solo al secondo tentativo, avvicinandoci al reef, avvistiamo oltre le onde stazionarie due paletti bianchi alti (o meglio bassi) poco piu' di un metro. C'e' una corrente entrante di circa 1 nodo e mezzo, fisso la rotta a 129°, mentre Lilli incrocia le dita e da brava ischitana si ripromette di portare a bordo, la prossima volta, un bel corno rosso!

Superate le onde stazionarie la corrente diventa uscente e sui 4 nodi, con il motore a 2500 g/min la velocita' della barca resta sui 3,5-4 nodi; vortici e mulinelli spostano la prua a destra e a manca, per evitare di traversarsi e finire inevitabilmente sul corallo e' indispensabile una presa sicura al timone, e correggere subito.

Il primo tratto di canale e' ben individuato tra due reef semiaffioranti, anche in una giornata senza sole sarebbe possibile vedere l'inequivocabile color marrone delle acque basse; nella seconda meta' il canale e' meno evidente e si divide in 2 rami, quello a sinistra tortuoso, piu' stretto e piu' profondo, quello di destra, che si prende continuando sulla rotta di 129°, e' piu' ampio, ma con un fondale che si riduce in alcuni punti fino a 3,7 metri. In corrispondenza del bivio, un gruppo di boette (2 boe rosse e 2 gialle) sostituisce l'originale beacon rosso. Lo lasciamo a sinistra e proseguendo per 129 ° troviamo un secondo gruppo di boe (4 rosse di cui una sbiadita), che istintivamente lasciamo anch'esse sulla nostra sinistra. Nonostante tutto quanto abbiamo letto e sentito, non sappiamo effettivamente che strada prendere: per fortuna, aiutati dalla buona luce, troviamo un varco tra le numerose teste di corallo ed entriamo, con un gran respiro di sollievo, nella laguna. Solo dopo

, una volta arrivati, apprenderemo dalla gente del posto che le boe, fissate per sostituire la coppia di beacon rosso e verde, sono solo rosse perche' le verdi sono state spazzate dalla corrente.

Da qui con una rotta di circa 60° ci dirigiamo verso la zona di ancoraggio, zigzagando tra le patate, ben visibili, la maggior parte con profondità superiori a 2,5 metri. Due catamarani all'ancora ci fanno da punto cospicuo per raggiungere l'ancoraggio; identificata un'area sufficientemente libera da teste di corallo, caliamo l'ancora su un fondale di sabbia di 8 metri (16°46.814'S 153°56.827'W).

Nel pomeriggio, avendo visto persone sulla spiaggia, andiamo a terra col dinghy e conosciamo la famiglia di Adrienne e Marcelo, di cui tanto ci avevano parlato gli amici navigatori che sentiamo ogni sera alla radio SSB.

Portiamo i loro saluti e restiamo stupiti di quanto bene ricordassero tutti i nomi delle persone e delle barche italiane passate di qui. Con orgoglio ci mostrano il loro guest-book, dove decine e decine di navigatori, di tutte le nazionalita', hanno lasciato un apprezzamento dell'ospitalita' ricevuta dalla famiglia e della bellezza di Mopelia.

Aprono e ci offrono tre noci di cocco (con cannuccia, ber berne il latte) e ci invitano alla cena gia' organizzata per il giorno seguente, con gli equipaggi dei due catamarani.

Restiamo affascinati: sull'isola vivono solo 18 persone, non c'e' linea telefonica e ovviamente ne' elettricita' ne' acqua, una nave arriva generalmente ogni 5-6 mesi, per raccogliere la copra che "i Mopeliani" producono e fornire loro i beni di prima necessita'. Ebbene, non solo Adrienne e Marcelo, ma anche i loro figli poco piu' che ventenni sembrano assolutamente felici della loro vita su questo piccolo lembo di terra nell'oceano! Per comunicare con il resto del mondo hanno una radio SSB: Hio, il figlio maggiore, conosce le frequenze e gli orari di tutti i network dei navigatori ed ogni tanto ascolta anche il nostro, quello italiano. Non capisce la lingua ma riconosce le voci e i nomi delle persone che ha conosciuto …

Hio ha avviato anche una coltivazione di ostriche, che verranno esportate negli altri atolli per produrre le perle; sono tutti molto simpatici ed aperti al dialogo, i ragazzi parlano abbastanza bene l'inglese ed un po' lo spagnolo.

Alla cena siamo in 14, 9 ospiti (oltre a noi tre, una famigliola di quattro americani e una coppia di francesi) e i 5 della famiglia: una tavola imbandita con il cocco fresco come bevanda, granchio del cocco (buonissimo), aragosta, insalata fatta con il cuore di palma, molluschi di conchiglia, riso … non siamo riusciti a mangiare tutto! Noi abbiamo portato vino, birre, coca-cola ed una torta di mele (ricetta della mamma Rosetta), che e' stata molto apprezzata. Proprio una bella serata multietnica.

Venerdi' 11 luglio, come da previsioni, arriva il brutto tempo: una bassa con raffiche di vento fino a 30 nodi, da NW e da SW e pioggia a catinelle. Sabato il vento e' calato, ma cielo rimane coperto e grigio; facciamo comunque con il dinghy un'escursione alla pass, seguendo gli americani che avevano come guida Iho. Loro con un gommone da 10 piedi ed un motore da 20 CV sono usciti in oceano affrontando le onde stazionarie abbastanza alte, almeno un metro a giudicare dai salti, mentre noi, con il nostro povero 10 CV, ci siamo limitati a saggiare la corrente nella pass, che abbiamo stimato intorno ai 6-7 nodi.

Nel pomeriggio la coda della perturbazione estesa e profonda ci investe di nuovo , con pioggia e raffiche di vento da sud e sud-est; l'ancoraggio tiene bene, le due miglia di fetch fino all'estremita' sud dell'atollo hanno creato meno di mezzo metro di onda.

Domenica 13 luglio riappare finalmente un po' di sole; nel pomeriggio andiamo a salutare la famiglia di Adrienne, scriviamo (in tre lingue!) il nostro messaggio sul guest-book, ci scambiamo regali, qualche foto ed abbracci affettuosi.

Lunedì 14 luglio lasciamo Mopelia, di cui conserveremo un bel ricordo. La prossima destinazione non e' ancora definita: Atiutaki? Palmerston? Niue?

Dipendera' dal meteo, per ora navighiamo verso ovest … nella prossima puntata vi diremo dove ci avra' portato il vento.


lunedì 7 luglio 2014

MAUPITI

 16:28.45S 152:15.10W

Sia i portolani che il tam tam dei navigatori, riguardo a Maupiti, parlano soprattutto della difficolta’ della pass, che e’ rivolta a sud, con una corrente sempre uscente che puo’ arrivare a 9 nodi, impraticabile quando l’onda proviene da sud … certo, si sente dire anche che l’isola e’ bellissima, una volta dentro! Da giorni seguo il meteo e in particolare studio l’evoluzione del moto ondoso, che sembra essere la variabile determinante per un passaggio sicuro. Il bello e’ che pagine e pagine di raccomandazioni, esperienze e consigli (sui portolani) non forniscono affatto indici di riferimento certi per definire le difficolta’ cui si va incontro: chi ha scritto che quando l’onda supera 1 metro e mezzo e’ meglio lasciar perdere, chi invece scrive che fino a 3 metri e’ tutto tranquillo... Che fare allora? Ovvio che il mio spirito di avventura e la voglia di vedere coi miei occhi come stanno davvero le cose mi spingono inesorabilmente verso Maupiti, e inoltre Elena ha il volo prenotato da Maupiti a Papeete, per rientrare in Italia. Individuo in venerdi 4 luglio il giorno migliore per partire alla conquista di questo atollo: sono previsti onda da SW di 1,7 metri e vento da E sui15-18 nodi. E cosi’, con una buona dose di adrenalina, partiamo di buon mattino, mettendo comunque in preventivo anche la possibilita’, una volta davanti alla pass, di dover rinunciare all’impresa e far ritorno a Bora Bora, sorbendoci 30 miglia controvento e con l’obbligo di arrivare prima che faccia buio.

Alle 11.50, dopo una bella veleggiata al giardinetto praticamente con il solo genoa, siamo davanti alla pass: entriamo sul primo allineamento (rotta vera 4°), la corrente e’ uscente e debole, di circa 1-2 nodi; in prossimita’ della prima coppia di beacons rosso verde, accostiamo sul secondo allineamento (17°), non ci sono onde stazionarie, sotto e accanto a noi un incredibile contrasto di colori, acqua turchese e sabbia bianchissima, immagini che scorrono veloci incantandoci mentre avanziamo verso la laguna.

Percorriamo le 2 miglia del canale ben segnalato, che porta al paese; fino a qui il percorso e’ cartografato, piu’ oltre bisogna procedere con estrema prudenza per la presenza di numerose variazioni della profondità, alcune difficili da vedere, il fondo è sabbioso, l’acqua e’ resa torbida dalla finissima sabbia in sospensione.

Alle 12.30 ancoriamo 300 metri  ad est della chiesa con il campanile dal tetto rosso, su una profondità di 6 metri, con 30 metri di catena, buona tenuta (16°26.847’S 152°14.722’W); finite le manovre, la tensione si scioglie del tutto, lasciando il posto ad una sensazione di rilassato benessere.

Subito a nord della chiesa c’e’ un pontiletto per andare a terra, senza bitte, ma si arrangia sempre un appiglio (utile gettare un ancorotto); in corrispondenza del pontiletto c’e’ il municipio. Il paese si sviluppa sul lato est dell’isola, ai lati della strada costiera, a partire dal molo della nave sulla punta meridionale verso nord per circa 4 chilometri.

Attigua al molo della nave, una piccola darsena con distributore di carburante e rubinetto dell’acqua pubblico; lo spazio e’ davvero ridotto, ma probabilmente e’ possibile per una barca rifornirsi alla pompa (le profondità sembrano superiori a 3 metri).

In paese, un piccolo magazzino di generi alimentari  ed un supermercato con panetteria, che al momento e’ chiusa perche’ hanno finito la farina. Fino a metà della prossima settimana, quando arrivera’ la nave, non ci sono baguette! In compenso c’e’ un discreto segnale internet, che prendiamo anche dalla barca grazie all’antenna wifi.

Per non smentire la loro origine trentina, il 5 luglio Franco ed Elena, attrezzati con scarpe da trekking e riserve di acqua, vanno in alla conquista  della vetta piu’ alta dell’isola, dove la vista spazia su tutto l’orizzonte, circa 3 ore di cammino tra andata e ritorno.

Lilli ed io, un po’ per pigrizia e un po’ perche’ non abbiamo scarpe adatte, ci accontentiamo di guardare le loro fotografie.

Insieme facciamo invece nel pomeriggio un’escursione con il dinghy, arrivando fino all’aereoporto, 1 miglio e mezzo piu’  a nord del nostro ancoraggio, sul motu Tuanai; il percorso e’ disseminato di bassi fondali e coralli, abbiamo toccato due volte con il piede del motore, a dimostrazione della difficolta’ di distinguere i colori del fondo.

Domenica 6 cambiamo ancoraggio e ci spostiamo vicino alla pass, circa 400 metri a NW del motu Pitiahe, che delimita la pass ad ovest: fondale di sabbia sui 9-10 metri, poche teste di corallo e acqua limpida, sicuramente il miglior ancoraggio di Maupiti (16°28.451’S 152°15.106’W).

Con il dinghy facciamo un giro nella pass: la corrente uscente e’ debole ed il mare piatto fino all’uscita, facciamo un po’ di snorkeling senza vedere grossi pesci; sul lato ovest del motu, invece, in acque basse e di un’incredibile trasparenza vediamo diverse mante.

Domani, lunedi’ 7 luglio, dovremo purtroppo salutare Elena che torna in Italia. Un vero peccato: oltre alla sua piacevole compagnia, ci mancherà la sua capacita’ ed inventiva in cucina. Franco invece prosegue con noi, e nel pomeriggio lasceremo Maupiti per una navigazione notturna che ci portera’ a Mopelia, la nostra ultima isola della Polinesia francese.

L’ingresso nella “temibile” pass di Maupiti , poi fotografata dall’alto e dal dinghy

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Una passeggiata nell’acqua

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L’aeroporto di Maupiti, da cui partira’ Elena

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Decorazioni con conchiglie

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Maupiti vista dall'alto

 

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sabato 5 luglio 2014

BORA BORA

 

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Sabato 28 giugno, alle 9.30, lasciamo l’ancoraggio di Tahaa e un bel venticello su 10-15 nodi al traverso ci fa raggiungere agevolmente a vela Bora Bora; alle 13.15 gettiamo l’ancora nella baia di Vaitape, 100 metri a nord del primo segnale di allineamento della pass di Bora Bora (16°30.096’S 151°45.181’S).

Le profondita’ sono rilevanti, sui 20-22 metri, ma la tenuta e’ buona; l’ancoraggio e’ comunque strategico perche’ vicinissimo al grosso supermercato Super U, raggiungibile con il dinghy (c’e’ un piccolo moletto per atterrare); sempre con il dinghy si arriva facilmente anche al porto principale di Vaitape.

Proprio in questi giorni iniziano le manifestazioni dell’Heiva di Bora Bora, una serie di competizioni di canti e danze nei costumi tipici polinesiani, cui partecipano le varie località dell’isola, per designare il gruppo che partecipera’ al gran finale di Tahiti, nella seconda metà di luglio. In prossimità del porto e’ stata allestita l’arena, su sabbia naturalmente, con tanto di tribuna per gli spettatori; intorno una serie di ristorantini che ogni anno vengono allestiti appositamente per l’evento, interamente in legno, con le foglie di palma intrecciate, molto curati nei minimi particolari, con personale gentile ed accogliente e musica dal vivo. Consultato il calendario delle serate, decidiamo che lo spettacolo di mercoledi’ 2 luglio sara’ nostro!

Domenica 29 ci spostiamo nella parte est dell’atollo, il percorso e’ segnalato da beacon e cardinali, ma la cartografia indica che in due punti il fondale si riduce a  2,75 metri; probabilmente si tratta di qualche testa di corallo isolata, perche’ in realta’ noi non troviamo profondita’ inferiori a 3,15 metri.

Ci sono due ancoraggi che meritano una sosta, il primo si trova lungo una fascia 0,6 miglia ad est della punta Tianoa, su fondale di sabbia di 3-3,5 metri; da qui con il dinghy si arriva  facilmente Punta Tuiahora e fare snorkeling sulla “Fossa delle mante”.

Questo sito, adiacente al beacon verde di Punta Tuiahora, e’ famoso perche’ le grosse mante vengono qui a fare la propria “igiene dentale”: si muovono sinuose a pochi metri dal fondo, con la bocca spalancata, mentre piccoli pesciolini vi entrano ed escono, ripulendole da ogni traccia di cibo.  A differenza dell’anno scorso, questa volta siamo fortunati e riusciamo a vedere due mante gigantesche, bellissime; le foto ed il video (che potete vedere su youtube http://youtu.be/ywotBrfF3sU) rendono solo in parte la magia dell’atmosfera del luogo, anche perche’ la profondita’ di 15-20 metri impedisce un adeguato avvicinamento.

Il secondo ancoraggio si trova nell’angolo a NW della parte terminale del Motu Piti Aau, fondale di sabbia su 3-4 metri (16°31.966’S 151°42.360’W).

Da questo ancoraggio con il dinghy si raggiunge il reef esterno a sud di Taurere, meta usuale di escursioni turistiche con barche locali. Anche noi ci avviciniamo incuriositi, prendiamo una delle piccole boe, e ci godiamo lo spettacolo: le guide lanciano in acqua cibo, che attira in pochi istanti molte mante e decine e decine di squali pinna nera, di circa un metro e mezzo, mentre i turisti in acqua, eccitati, fotografano la scena.

Ma dopo la fortuna con le mante e gli squali, la legge del contrappasso vuole che due vicende negative vengano a romperci le uova nel paniere: il furto della canna da pesca nella notte ed il guasto al dissalatore il mattino seguente.

Per la canna, pazienza! abbiamo una tale scorta di pesce, che non ne sentiremo per il momento la mancanza. Abbiamo sentito che altre barche hanno subito furti a bordo, percio’ … meglio non lasciare in vista oggetti che fanno gola! Per il dissalatore invece la faccenda e’ seria, e fino a che non sara’ riparato dovremo fare economia di acqua, oltre a comprarne una scorta in bottiglia. Il problema sembra di natura elettrica, ma non ne ho ancora trovato l’origine; per ora sono in contatto mail con il tecnico italo/francese e questo mi fa sperare in una soluzione positiva.

Martedi’ 1 luglio torniamo ad ovest di Bora Bora, nel nostro ancoraggio preferito: a NW dell’isolotto Toopua, su un fondale sabbioso di 8-10 metri con poche patate (16° 30.554’ S 151° 46.220’ W). La baia e’ ridossata per i venti da est a sud e totalmente protetta dall’onda.

Mercoledi’ 2 luglio torniamo in prossimità del paese di Vaitape, perche’ la sera ci attende lo spettacolo dell’Hueva: fortunatamente troviamo una boa libera proprio vicino al pontile del Maikai Marina (16° 29’ S 151° 45’ W), che ha un bel ristorante, ospita un centro di diving, e gestisce una decina di boe, in un’area segnalata con divieto di ancoraggio per il passaggio di cavi sottomarini. Essendo cosi’ vicini a terra, con una lunga cima dalla boa portiamo la poppa in banchina, dove il fondale e’ sui 12 metri; abbiamo acqua ed elettricita’, nonche’ un ottimo segnale wi-fi gratis. I costi delle boe sono 2000 PF per la prima notte e 1000 PF per le successive (16 ed 8€ rispettivamente); noi paghiamo 3500 PF forfettari per due notti, compreso elettricità ed acqua. Da segnalare inoltre la presenza preziosa di Teiva, responsabile del Marina, una persona estremamente gentile, disponibile e competente. 

Alla sera con una breve passeggiata raggiungiamo il porto, dove e’ allestita la festa dell’Heiva: esaminati i vari ristoranti, all’unanimita’ scegliamo quello di “Irene”, che ci  ispira simpatia e ci colpisce per i colori e per l’arredo. Ceniamo egregiamente con una spesa di circa 15€ a testa!

A seguire, lo spettacolo di canti e danze e’ entusiasmante: due gruppi si avvicendano nell’ arena al suono di percussioni ed ukulele (sorta di mandolini), circondati da una platea gremita di turisti e locali.

Non potevamo mancare una sosta al “Bloody Mary”, storico ristorante di Bora Bora: giovedi’ 3 con il dinghy percorriamo le 2 miglia che ci separano dal ristorante sul lato sud della baia Povai. Purtroppo a meta’ strada siamo investiti da un temporale ed arriviamo fradici … facciamo buon viso e gustiamo un pranzetto cucinato e servito con maestria. Non essendo sera, non possiamo apprezzare completamente la fama del locale, la cui particolarita’ - a cena -  e’ che tutto il menu viene esposto in bella vista, ma rimaniamo comunque soddisfatti.

Concludiamo la giornata con un passaggio in Gendarmeria, dove formalizziamo l’uscita dalla Polinesia Francese, via Maupiti e Mopelia; venerdì 4 luglio lasceremo definitivamente Bora Bora, che gia’ l’anno scorso avevamo soprannominato la regina delle isole della Societa’ e che, per noi, rimane tale.

Cena chez Irene

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Un momento dello spettacolo di danze e canti polinesiani

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Pranzo (bagnati) al Bloody Mary

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Bora Bora subacquea

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