Una volta arrivati in Nuova
Zelanda siamo stati travolti dalle mille cose da fare per preparare Refola
all'invernaggio e noi stessi all'imminente partenza per l'Italia. Questo il
motivo del nostro lungo silenzio, che colmiamo da casa raccontando gli ultimi
giorni della terza stagione del nostro giro del mondo a tappe.
La sosta ad Opua dura solo un paio
di giorni, il tempo di riprendere fiato dopo l'avventurosa traversata. Lunedì
2 novembre, insieme a Yaya, salpiamo alla volta di Whangarei.
Programmiamo una sosta per la
notte a Tutukaka Harbour, dove ancoriamo su un fondale di 4-5 metri di
sabbia/fango (35°37.033'S 174°32.121'E). Baia tranquilla, in cui ci eravamo
fermati anche l'anno scorso. Fa sempre freddo ed i bagni in mare sono ormai
un lontano ricordo.
Il giorno seguente, al momento di
salpare, una nuova sorpresa: il verricello non funziona, siamo costretti a
tirare su la catena a mano, fortunatamente in assenza di vento!
Prima di arrivare all'ingresso del
canale che conduce a Whangarei, incontriamo stormi di uccelli che a centinaia
banchettano sulla superficie del mare.
Abbiamo programmato l'arrivo con
l'alta marea, poiché i fondali nelle ultime 3 miglia sono in qualche tratto
inferiori ai 2 metri (noi peschiamo 2,05): alle 13.45 ormeggiamo al marina nel
centro di Whangarei, Town Basin, dove ritroviamo Gerard e Claudine di
Cassiopee.
Sostiamo al marina otto giorni,
dedicati ai lavori di rimessaggio: lavaggio di scotte, drizze, cime di
ormeggio, disarmo e piegatura del genoa, cambio olio generatore e motore e
riparazioni varie.
Mercoledi 11 novembre ci spostiamo
di 2 miglia ed ancoriamo davanti al cantiere Norsand, dove lasceremo la
barca; siamo già stati qui lo scorso anno, pertanto siamo pratici del luogo e
conosciamo le procedure di alaggio con il carrello che trainato da un
trattore porterà Refola fuori dall'acqua.
Ultimi giorni per completare le
manutenzioni: ripristino della massa nel pozzo della sentina, infruttuoso
tentativo di sostituire la control box del salpaancora, che cercherò di
procurare in Italia.
Lunedì 16 novembre si parte:
pullman per Aukland, poi volo a Melbourne, sosta tecnica a Kuala Lampur
(Malesia), Dubai, Milano, dove arriviamo dopo circa 45 ore di viaggio.
Ora scriviamo da casa, dopo aver
smaltito un po' alla volta il cambio di 12 ore di fuso orario; abbiamo circa
4 mesi per riprendere le nostre relazioni, coccolare i nostri anziani
genitori e studiare il prossimo itinerario...
|
domenica 29 novembre 2015
SIAMO DI NUOVO A CASA!
domenica 1 novembre 2015
ARRIVATI IN NUOVA ZELANDA
Lasciamo la Nuova Caledonia
giovedì 22 ottobre. Coi nostri compagni di viaggio, Leopoldo da solo a bordo
di “Yaya” (Gran Soleil 46), Gerard e sua moglie Claudine su “Cassiopee” (Amel
SM gemella di Refola), concordiamo due appuntamenti radio SSB ogni giorno:
alle 8 del mattino e alle 18, quando in frequenza ci sono anche gli altri
navigatori italiani in Pacifico.
Il piano di navigazione che ci ha
preparato il “meteo-guru” Bob prevede che ci spingiamo molto ad ovest (la
linea diretta sarebbe SE), con un doppio zig-zag, sostanzialmente per evitare
una profonda bassa pressione e mare grosso, che altrimenti incontreremmo
sotto la latitudine 30° sud.
Gerard di “Cassiopee” non è molto
convinto di questa strategia: parte due ora prima di noi e da subito tiene
una rotta molto più diretta sulla Nuova Zelanda, ipotizzando anche di
fermarsi a circa metà percorso a Norfolk (piccola isola appartenente
all'Australia), per meglio valutare l'evoluzione meteo.
Noi invece, insieme a “Yaya”, ci
teniamo su una rotta intermedia tra quella consigliata da Bob e quella scelta
da Gerard, in modo da poter optare per l'una o per l'altra, quando la
situazione fosse più definita.
I primi due giorni trascorrono
tranquilli: navigazione veloce, con poca onda e nel sole.
Al terzo giorno di navigazione, 24
ottobre, siamo 70 miglia a NW di Norfolk. Una previsione meteo scaricata via
radio SSB ci informa che la rotta consigliata da Bob non evita più la
burrasca ed il mare grosso da sud, ma ci va dritto in mezzo. Gerard decide di
fermarsi a Norfolk, mentre io invio una mail a Bob chiedendogli un
aggiornamento del piano, e una valutazione sull'opportunità di fermarci anche
noi.
Bob risponde subito: la sosta a
Norfolk non ci conviene, ribadisce che per sfuggire la perturbazione è meglio
proseguire per altre 48 ore verso SW, poi invertire la rotta a ESE e poi
finalmente puntare a SE, solo quando il peggio sarà passato.
Salutiamo via radio Gerard (che
con il senno di poi ha fatto la scelta migliore), e con Yaya
proseguiamo verso SW, con il vento da SE. Non stiamo andando precisamente in
Nuova Zelanda (anzi Lilli conta le miglia che ci separano da Sydney e ci fa
un pensierino), ma in compenso il mare è poco mosso e la navigazione
confortevole.
Tengo sempre sotto controllo
l'evoluzione meteo. Due volte al giorno scarico i grib files e “Subtropic” in
testo, che descrive i movimenti dei fronti nel Pacifico occidentale a sud di
25° S. Man mano che andiamo avanti, purtroppo, queste previsioni non
promettono niente di buono. Sembra davvero difficile riuscire ad
evitare la vasta perturbazione che incontreremo il 28-29 ottobre, con onda
fino a 7 metri e venti di burrasca.
Abbiamo 12 ore di anticipo sul piano
di Bob, e ce le teniamo strette perché potrebbero rivelarsi utili, al momento
dell'incontro fatidico. Continuiamo a navigare comodi, ma con la sgradevole
sensazione che la navigazione tranquilla stia per finire e che dobbiamo
prepararci al peggio.
L'aggiornamento meteo del 26
ottobre ci annuncia che fra tre giorni, il 29, avremo vento da 30 nodi al
traverso e onde da 5 a 7,5 metri. Ci siamo! Cerchiamo di guadagnare miglia e
giocare d'anticipo, non si sa mai che la perturbazione decida di rallentare
all'ultimo momento. Con Leopoldo concordiamo di aggiungere un ulteriore
appuntamento via radio SSB, alle ore 13.
Mercoledì 28 ottobre, alle 7.30
del mattino, Lilli scarica via radio la posta elettronica e riceve una nuova
mail di Bob: “Attenzione! c'è un avviso di burrasca, con onde superiori
a 5 metri. Se siete nella posizione prevista dal piano (31°09'S 168°15'E),
mettete subito la prua a nord verso Norfolk e non fermatevi fino a 29° S; se
non ce la fate, fate rotta su NE e appena possibile girate a nord. Datemi
conferma di aver ricevuto questa mail e comunicatemi le vostre decisioni”.
Lilli era stata tranquilla fino a
questo momento, ma mentre mi traduce il messaggio di Bob sento che la sua
voce si incrina... All'appuntamento delle 8.00 aggiorno Leopoldo sulle nuove
informazioni ricevute; anche lui resta abbastanza spiazzato, ma ci chiediamo:
possiamo ignorarle?
A malincuore mettiamo prua a NE
(Lilli tenta di scherzare dicendo “Addio Sydney, noi torniamo alle Fiji”),
pensando già di doverci rassegnare ad allungare la traversata di ulteriori
3-4 giorni.
Ma non sono del tutto convinto, e
d'altronde chi mi conosce sa che la parola “rassegnazione” compare poco nel
mio vocabolario: scarico altri aggiornamenti meteo, e valuto che il nostro
anticipo sul piano di Bob potrebbe consentirci di passare noi prima della
perturbazione, invece che aspettare che passi lei. Invio quindi a Bob
un'altra mail: lo aggiorno sulla nostra posizione, gli prospetto l'ipotesi di
una rotta diretta sul North Cape della Nuova Zelanda, che si trova a 250
miglia, e chiedo il suo parere.
Nel giro di mezz'ora Bob risponde:
“Le 100 miglia di anticipo che avete fanno una grande differenza: se riuscite
a tenere una velocità media superiore ai 7 nodi, potete arrivare al North
Cape prima della burrasca; le successive ultime 100 miglia sono sottovento
alla costa, perciò più facili. Fatemi sapere cosa decidete”.
E qui le mie budella cominciano a
contorcersi: quale sarà la scelta giusta? Meglio fuggire al maltempo ed
aspettare che la situazione migliori o rischiare ed arrivare 3-4 giorni
prima? Quante pagine sono state scritte su questo tema! Ma ora non stiamo
facendo dispute teoriche; siamo per mare, anzi, in mezzo all'Oceano Pacifico,
e tocca a me decidere, anche se sinceramente preferirei essere da un'altra
parte...
Faccio una prova: metto prua a SE,
direzione North Cape. Con genoa, randa e mezzana la barca fila a 8 nodi e il
vento dovrebbe aumentare da nord. È la scossa di cui avevo bisogno: “Ok
Lilli, andiamo diretti”. Sono le 11.30 del 28 ottobre. Invio a Leopoldo e a
Bob una mail col mio nuovo piano di navigazione.
Leopoldo però non scarica la posta
e apprende la notizia solo alle 13, al nostro appuntamento radio. Sulle
prime, comprensibilmente, resta sconcertato; sono 5 ore che ha la prua a NE e
io ribalto la frittata comunicandogli di aver virato a SE. Ci pensa un po':
“Sì, forse è la cosa migliore - dice - ma la devo digerire, ci risentiamo
alle 18”.
Nel frattempo il vento rinforza da
nord e poi da nord-ovest, a 20-25 nodi in poppa, mentre il mare aumenta
velocemente con onda da NW sui 3-4 metri; la velocità della barca raggiunge
punte di 10-11 nodi, in planata sulle onde. Abbiamo fatto la scelta giusta!
Se avessimo proseguito con rotta NE, ci saremmo trovati, per almeno 24 ore, a
combattere questa situazione di bolina. Invece stiamo andando veloci col
vento in poppa, finalmente verso la meta, e abbiamo un buon margine per arrivare
al North Cape prima dell'arrivo della burrasca da SW.
Dal momento che la velocità è
adesso un fattore cruciale, teniamo monitorata la percorrenza ogni due ore,
per verificare che sia sempre superiore a 15 miglia (7,5 nodi di media).
All'appuntamento radio delle 18 gli amici navigatori ci chiedono subito di
comunicare la nostra posizione e come sta andando, tutti sono in pensiero per
noi e fanno il tifo perché riusciamo ad arrivare indenni. Anche Leopoldo ha
digerito la nuova rotta ed è contento, la sua Yaya fila a 11 nodi.
Per la notte avevo già riavvolto
la randa, perché con il vento girato a NW copriva il genoa; quando arriva il
turno di Lilli avvolgo anche la mezzana, visto che le raffiche sono arrivate
a 30 nodi.
Verso la fine del turno di Lilli arriva
un groppo, con rinforzo di vento e una fitta pioggia: il genoa, che lavorava
a 10-15° da fil di ruota, va a collo ed il pilota automatico entra in
allarme. Lilli è nel panico, afferra il timone e grida per svegliarmi. Corro
fuori, accendo il motore, riduco il genoa e piano piano riporto la barca in
rotta. Ormai è quasi l'ora del cambio turno, per cui resto di guardia e
spedisco Lilli, un po' scossa, a riposare.
Le ore passano e la Nuova Zelanda
si avvicina di 15/18 miglia ogni due ore. Nei momenti in cui il vento cala
e la velocità scende sotto i 7 nodi, ci diamo “un aiutino” col motore.
La mattina del 29 ottobre
l'aggiornamento “Subtropic” ci avverte che la bassa che stiamo tentando di
evitare, in spostamento verso est, ha aumentato la sua velocità da 5 a 20
nodi. Dovrebbe arrivare al North Cape verso mezzanotte, ma noi possiamo
ancora farcela, perché dovremmo raggiungere il capo verso le 22.30 (LT New
Zeland), dopo di che saremo sottovento alla costa, perciò l'onda non dovrebbe
infastidirci più di tanto.
Noi arriviamo a North Cape
puntuali, ma la bassa, birichina, è in anticipo di un'ora: non appena
doppiamo il capo il vento rinforza da SW a 20-25 nodi. Dopo mezz'ora di
assaggio, abbiamo 30-35 nodi di vento reale e 35-40 di apparente: con il
genoa ridotto ad un fazzoletto di 13 mq. e la randa ridotta come mai
prima d'ora, filiamo a 8 nodi. La falchetta è quasi in acqua, le onde ci
prendono al mascone e spazzano la coperta, ma la barca non batte e accelera
sotto raffica senza straorzare. Il pilota automatico lavora bene con piccoli
angoli di timone e questo mi rassicura, ma in ogni caso non stacco gli occhi
dagli indicatori del vento. Il cielo è nuvoloso, ma il mare si illumina
diventando argentato e scintillante ogni volta che la luna, piena, trova un
varco tra le nuvole.
Quando inizia il turno di Lilli,
alle 23, riduciamo ulteriormente la randa. La manovra riesce agevolmente e la
barca reagisce bene alle raffiche; il ventone continua fino alle 2.00, quando
riprendo il turno io. Poco dopo scende a 20-25 nodi, così aggiungo un
po' di tela e continuiamo a viaggiare a 7-8 nodi di velocità.
All'alba entriamo nella grande Bay
of Islands, il vento è calato ulteriormente sui 15-20 nodi, sempre da SW, e
ci consente di andare a vela fino a 3 miglia dall'arrivo.
Alle 10.00 del 30 ottobre
arriviamo ad Opua; Leopoldo, che abbiamo raggiunto durante la notte, è a meno
di un miglio da noi. Ormeggiamo al pontile della quarantena, dove ci
raggiungono subito i funzionari di dogana/immigrazione e la Bio-Security per
le pratiche di ingresso in Nuova Zelanda. Stappiamo una bottiglia di Cartizze
e poi ci concediamo un meritato riposo; questa volta abbiamo proprio la
sensazione di aver guadagnato e sudato una meta. Per la prima volta, dopo una
lunga traversata, non provo quel sottile dispiacere di veder finire una bella
esperienza, ma prevale un grande senso di sollievo, e di soddisfazione.
Il piano originario di Bob
prevedeva che avremmo dovuto percorrere 1326 miglia, la rotta diretta
passante per Norfolk sarebbe stata 915 miglia; noi ne abbiamo percorse
1249 in 8 giorni, alla media di 6,5 nodi.
Gerard è arrivato il giorno prima
di noi, nel pomeriggio, dopo aver sostato 12 ore a Norfolk, senza tutte le
nostre apprensioni e senza incappare nella burrasca che noi abbiamo preso per
fortuna solo di striscio. Si vede che anche i meteorologi, come tutti,
possono sbagliare.
|
venerdì 23 ottobre 2015
NOUMEA - SI PARTE PER LA NUOVA ZELANDA
La sosta a Port Moselle non è stata così piacevole, il
cattivo tempo ha fatto da padrone: pioggia e vento quasi tutti i giorni. Ciò
non mi ha impedito comunque di riparare il riduttore del rullaranda e di
montare, con l'aiuto dell'elettricista, un pulsante di emergenza per quando il
motore fa i capricci all'avviamento.
Avevamo intenzione di fare un po' i turisti, ed approfondire
la conoscenza di Noumea, ma il tempo non ci ha invogliato a muoverci. Lilli
addirittura è scesa dalla barca solo per andare a buttare le immondizie!
Le nostre impressioni sulla Nuova Caledonia sono positive in
generale, ma con alcune precisazioni. La navigazione è piacevole, con molti
ancoraggi ed acque limpide soprattutto nelle Isole Loyalteau, che si trovano
circa 70 miglia a NE di Grande Terre. La cartografia è curata, i segnali
marittimi diffusi e ben tenuti.
Punto negativo la temperatura dell'acqua: è fredda, 23° al
massimo in questo periodo. Dovrebbe aumentare in novembre e dicembre,
nell'estate tropicale, quando però inizia la stagione degli uragani. Questo
aspetto riduce molto la godibilità degli ancoraggi in confronto a Vanuatu,
Fiji, Polinesia.
Anche il rapporto con la gente è positivo; in particolare
abbiamo apprezzato, soprattutto alle isole Loyalteau, la gentilezza e
l'ospitalità dei Kanak, la fiera popolazione indigena che ha a lungo combattuto
per l'indipendenza della Nuova Caledonia dalla Francia. Una battaglia politica
costellata di episodi di sangue, culminati con l'assassinio nel 1989 dei due
principali leader del movimento indipendentista, Tjibaou e Yewene (la cui tomba
avevamo visitato a Marè) e conclusasi non con l'indipendenza, ma con il
riconoscimento della rappresentanza Kanak nelle province della Nuova Caledonia,
che rimane territorio francese d'oltremare.
Nei lunghi giorni passati al Marina di Port Moselle, oltre a
riparazioni e pulizie, l'attività principale è stata lo studio della situazione
meteorologica, per individuare il momento giusto per lasciare gli ormeggi e
raggiungere la Nuova Zelanda. Vi ho dedicato non meno di una-due ore al giorno,
ubriacandomi di dati che cambiavano ogni volta, anche notevolmente. Pare che
quest'anno la successione di alte e basse pressioni che dal mare di Tasmania si
spostano verso est sia più serrata del solito, con intervalli di soli 3-4
giorni una dall'altra. Trovare la finestra giusta che ci consenta di arrivare
almeno vicino alla Nuova Zelanda non è cosa facile!
Tentando di evitare gli eccessi (troppo vento o pochissimo),
avevamo individuato un onesto compromesso di vela e motore tra il 19 ed il 21
ottobre, ma la formazione di una tempesta tropicale che dal sud delle Fiji si
spostava verso ovest, cioè verso di noi, ci ha costretto a rimandare.
Questa tempesta tropicale, con venti di 40-45 nodi vicino al
suo centro, è arrivata sotto la Nuova Caledonia il 19 ottobre, per poi tornare
indietro verso est e dissolversi un po' alla volta; così il giorno successivo
al suo passaggio la decisione è presa: si parte il 22, spediamo una mail a Bob
Mc Davitt, il guru meteorologo del Pacifico, perché ci prepari un piano di
navigazione, che tenga conto della situazione meteo che troveremo nei prossimi
giorni.
Anch'io elaboro un piano, basandomi sulla mappa dei grib
files, ma quello di Bob è sicuramente più preciso.
Semplificando al massimo, la strategia per raggiungere la
Nuova Zelanda dai tropici è la seguente: bisogna partire quando una alta sta
passando a sud di noi, dirigersi inizialmente verso SSW, in modo da poter, a
sud della latitudine 30° S, tenere una rotta ESE verso il capo N della Nuova
Zelanda, dove la probabilità di trovare venti da SW, anche forti, è abbastanza
elevata.
giovedì 15 ottobre 2015
COSTA EST DI GRANDE TERRE DA PORT BOQUET E RITORNO A NOUMEA
Giovedì 8 ottobre alle 7.30 salpiamo da Ile Toupeti diretti
alla Baia de Ouinne, a 26 miglia. Il vento è sempre sul nostro naso tra i 20 e
25 nodi, con raffiche a 30: altra giornata di bordi con la barca piegata ed un
vento apparente tra i 25 ed i 30 nodi.
Navighiamo sempre tra la costa e la barriera, che in alcuni
tratti è costituita da fondali variabili da 2 a 10 metri, tra l'altro non
completamente cartografati, senza alcun riparo dall'onda oceanica, che arriva a
circa 2 metri di altezza.
Alle 16 arriviamo alla Baia de Ouinne, ancoriamo nell'angolo
SW su un fondale di fango/sabbia sui 9-10 metri (21°59.088'S 166°41.349'E). Il
log ci segna 48 miglia percorse.
La baia è aperta ad E-NE, perciò l'onda da ESE riesce ad
entrare ed a rendere il nostro ancoraggio abbastanza rollante; si potrebbe
mettere un ancora a poppa per tenere la prua rivolta all'onda, ma visto che
resteremo solo una notte, decidiamo di sorbirci questo rollio.
Il contesto non è tra i più belli: siamo in prossimità di
una cava per l'estrazione del nichel, acque torbide, alla fine della baia c'è
un istmo che la separa dalla laguna interna formata dalla foce del river
Ouinne. Su questo istmo c'è il villaggio, la cui maggior occupazione leggiamo
essere il lavoro della cava, sulla testa nord leggiamo esserci un piccolo
porticciolo privato dove si può accedere con il dinghy.
La laguna interna si può raggiungere con barche di basso
pescaggio o con il dinghy, i fondali variano tra 1 e 2 metri ; potrebbe essere
interessante fare un giro fino al villaggio, ma il tempo e l'ancoraggio non ci
ispirano a passare qui una giornata.
Venerdì 9 lasciamo la
Baia de Ouinne diretti a Baia de Yate a circa 20 miglia. Sarà il nostro ultimo
ancoraggio sulla costa est di Grande Terre; come da copione il vento è
costantemente tra i 20-25 nodi e la larghezza della laguna in questo tratto
comincia a ridursi, per cui i bordi sono più corti e aumentano in numero.
BORDI DA KOUAOUA A PORT BOUQUET
BORDI DA PORT BOUQUET ALLA PASS DI HAVANNAH
Alle 14.20 siamo a Baia de Yate, il log ci dice che di
miglia ne abbiamo fatte 36.
L'ingresso è segnalato con l'allineamento di due triangoli
contrapposti posizionati sulla montagna, sulla rotta 283°; la baia è ampia, ma
la parte profonda utilizzabile per l'ancoraggio ha un raggio di circa 200
metri. Ancoriamo al centro, circa 200 metri ad W del segnale rosso che delimita
il basso fondale nella parte sud, fondo di sabbia/fango sui 7-8 metri (22°09.144'S
166°56.299'E).
Come la precedente, anche questa baia è aperta ad est, così
l'onda entra, smorzata solo dai bassi fondali ai margini, dove frange
vistosamente.
C'è un altro ancoraggio circa mezzo miglio più all'interno,
in prossimità di un ponte che unisce le due sponde, ma bisogna percorrere uno
stretto passaggio, dove l'acqua torbida impedisce di distinguere le profondità;
peraltro in questa baia sfocia il Petite Riviere Yate, che potrebbe accumulare
detriti sulla foce, variando quindi in modo imprevedibile le profondità.
Sul lato sud della baia vediamo i tetti di un villaggio, ma
anche in questo caso il rollio ed il tempo non ci invogliano a soste ed
esplorazioni.
Sabato 10 ottobre salpiamo da Baia de Yate per percorrere le
ultime 12 miglia di bolina sulla costa est di Grande Terre, poi saremo nella
Passe di Havannah, con il vento al traverso e con l'onda smorzata dalla estesa
laguna sud.
Abbiamo programmato la partenza alle 8.15, in modo da essere
sulla Pass Havannah almeno un'ora dopo
la bassa marea delle 11.00 e di poterci così avvantaggiare della corrente a
favore.
Il vento è costante sui 20-25 nodi; appena usciti dalla baia
troviamo onde di un paio di metri, provocate dalla brusca variazione di
fondale. Tiriamo il primo bordo verso NE, e poco dopo un aumento del vento
sotto un groppo ci induce a ridurre ulteriormente la randa, ma la manovra non
riesce, controllo se si è aperto l'interruttore di protezione del motore, ma
quello è a posto, è saltato invece il riduttore meccanico del rullaranda, già
riparato lo scorso anno.
In questo caso la randa si può manovrare a mano, ma bisogna
sganciare il meccanismo del motore, difficile da fare con la randa che porta
anche un minimo di vento; dobbiamo rimandare all'arrivo quando saremo in acque
più calme e con meno vento.
Proseguiamo con i nostri continui bordeggi ed alle 12.45
siamo alla pass di Havannah, per circa 15 minuti abbiamo circa 2 nodi di
corrente contraria, poi arriva la fase neutra: finalmente è tutta un'altra
musica, mare e vento al traverso, l'onda non supera il metro, viaggiamo a 7-8
nodi.
Alle 14.30 raggiungiamo la Baia de Prony e ancoriamo nella
Bonne Anse a SE, dove siamo già stati dopo la traversata dalle Fiji. Finalmente
acque ferme, sembra di essere inchiodati al fondo, e ci concediamo una bella
giornata di relax.
Il giorno dopo con il vento in poppa raggiungiamo nuovamente
Noumea. Il marina di Port Moselle non ha
posti disponibili in banchina, restiamo fuori prendendo un gavitello privato
momentaneamente libero. Solo fino al mattino seguente, però, quando il
legittimo proprietario arriva con il suo catamarano e ci chiede gentilmente di
lasciare libera la boa.
La stessa mattina il marina ci assegna un posto in banchina.
Possiamo dedicarci alle riparazioni, alle pulizie e allo studio della
meteorologia per la traversata verso la Nuova Zelanda.
martedì 6 ottobre 2015
COSTA EST DI GRANDE TERRE DA KOUAOUA A PORT BOUQUET
Venerdì 2 ottobre alle 7.45 salpiamo da Ouvea: il vento da
ESE al traverso sui 18-20 Kn e la bella
giornata di sole ci regalano una veleggiata di 54 M entusiasmante e
veloce. Verso le 14 entriamo nella laguna est di Grande Terre e alle 14.55 ancoriamo
davanti al villaggio Kouaoua, fondale fangoso di 9-10 metri (21°23.661'S
165°50.000'E).
La prima impressione è di sconforto; dopo essere stati in
acque azzurre e trasparenti, con spiagge bianchissime a perdita d'occhio, ci
troviamo ora in mezzo alle montagne, con l'acqua color caffellatte, e un grande
convogliatore minerario che fa da sfondo alla baia. Come ci siamo finiti?Siamo
stati un po' catturati ed incuriositi dalla descrizione sulla guida: “Città
mineraria, ricca di servizi, con una bellissima spiaggia attrezzata con docce
di acqua dolce, c'è anche il più grande convogliatore del mondo lungo 13 km”.
La realtà invece è completamente diversa: la bellissima
spiaggia non esiste, e tantomeno le docce; il villaggio, situato alla foce di
un piccolo fiume, ha solo un piccolo supermercato, l'ufficio postale e la
gendarmeria, il convogliatore sarà lungo circa 200 metri.
Quando scendiamo a terra è sabato, per le strade poca gente,
i più sono sicuramente nelle loro belle case, tutte recintate e con il proprio
giardino, tantissime piante di mango che fra qualche mese saranno cariche di
frutti, qualche timido “bonjour” quando
incroci gli occhi di qualcuno.
In compenso l’ancoraggio è super protetto, a 360°, non entra
una raffica di vento.
La sera, mentre stiamo guardando un filmetto della nostra
cineteca, improvvisamente sentiamo a prua un gran rumore: il motore del
salpancora si è avviato, da solo, e sta tirando su la catena! Sarebbe stata una
scena da incubo, se non ci fosse immediatamente venuta in mente
l'esperienza dell'amico Umberto su Be
Quiet II (gemella di Refola). Senza panico, quindi, nel buio della dinette
corro al quadro comandi 24V e disattivo l'interruttore generale del salpancora;
poi allento la frizione, calo i metri di catena che il bricconcello aveva
tirato su, e torniamo al film.
Per Umberto e Ornella lo stesso inconveniente è stato molto
più traumatico: ancorati nella baia di Le Marin in Martinica, disseminata di
bassi fondali e con il reef sottovento, sono stati svegliati nel cuore della
notte (dormivano nella cabina di poppa) dal colpo che l'ancora ha dato al
musone dopo che il salpancora fantasma aveva recuperato tutta la catena.
Possiamo immaginare come sia stato quel risveglio! “Da allora” ci diceva
Umberto “non appena concluse le manovre di ancoraggio stacco gli interruttori degli strumenti”.
Così avrei dovuto fare anch'io, ma un po' per negligenza, un po' per
dimenticanza non ho fatto tesoro dei suggerimenti dell'amico e … siamo stati
fortunati.
Il mattino seguente smonto il salpancora, i contatti del
pulsante che comanda il recupero sono incrostati di sale e con l'umidità della
sera hanno fatto continuità come se qualcuno avesse premuto il pulsante; una
bella ripulita, rimonto il coperchio e tutto funziona, ma d'ora in poi credo
che non ci dimenticheremo di staccare l'interruttore, all'arrivo.
Il programma di navigazione per i prossimi giorni è di
percorrere la laguna est di Grande Terre (l'isola principale della Nuova
Caledonia), larga mediamente 5 miglia, delimitata da una lunga barriera
corallina che in alcuni tratti smorza quasi del tutto l'onda oceanica.
Navigheremo controvento (quindi le distanze saranno raddoppiate dai continui
bordeggi) e dovremo evitare gli innumerevoli bassi fondali disseminati
all'interno della laguna (cartografati e spesso anche segnalati). Insomma, ci
sarà da divertirsi!
Domenica 4 ottobre impieghiamo una buona mezz'ora per
salpare: la catena è intrisa di fango, portiamo una canna a prua e la laviamo
metro su metro con acqua dolce. In due a bordo, con il nostro serbatoio da 1000
litri, possiamo concederci questi lussi.
La nostra destinazione è Anse Lavaisierre: come da
previsioni il vento è da ESE sui 20-25 nodi, con raffiche a 30, altezza delle
onde 1-1,5 metri. Con randa e genoa ridotti procediamo di bolina stretta
filando 6-7 nodi; sulla carta sono poco meno di 20 M, ma
all'arrivo, alle 14.20, registriamo che ne abbiamo percorse 35.
Ansa Lavaisierre è un'ampia baia, chiusa ad est dall'alto
isolotto Ile Nani (193 metri) ed a nord da un lungo reef con una pass larga
circa 350 metri; all'interno la protezione è di 360°.
L'avvicinamento alla pass è stato, diciamo così, emozionante:
accendo il motore, ma realizzo solo qualche istante dopo che in realtà non è in
moto ... siamo a vela con il vento al traverso, lanciati a 8 nodi
sull'imboccatura della pass ... scendo in sala motore per azionare manualmente
la elettrovalvola di massa, del cui corretto funzionamento non sono sicuro …
dico a Lilli di girare la chiave di accensione... niente da fare! Tentiamo e
ritentiamo più volte, senza risultato, mentre la pass si avvicina sempre di più
…. non ho altro tempo, impartisco a Lilli le istruzioni per la manovra a vela: “Superato l'ingresso
togliamo la capottina, avvolgiamo il genoa, proseguiamo con la randa fino alla
zona di ancoraggio, tu vai a prua e prepari l'ancora a pennello, quando siamo in
prossimità del fondale giusto, vado con la prua al vento e calo l'ancora,
abbiamo spazio di manovra, sarà facile...”. Lilli annuisce, non dice una
parola.
Senza troppe illusioni, quasi meccanicamente, giro
nuovamente la chiave e … VRRRUUUM! questa volta il motore parte. Lilli tira un
sospiro di sollievo.
Ancoriamo davanti ad una spiaggetta, accolti dai saluti
entusiasti di un gruppo di bambini; il fondale è sui 4-6 metri di sabbia e
coralli, l'acqua è pulita, ma le raffiche di vento continuano a spazzolare la
baia (21°29.552'S 166°03.652'E).
A terra non vediamo un villaggio né abitazioni, dev'esserci
un qualche punto di appoggio per la famigliola che probabilmente è venuta qui a
passare la domenica. Infatti al tramonto i genitori caricano la masnada di
ragazzini su una barca a motore e se ne vanno; anche il vento cessa quasi
completamente, restiamo da soli a dondolare dolcemente nel silenzio.
Lunedì 5 ottobre riprendiamo la navigazione per una tappa di
22 miglia. Il vento è sempre sui 20-22 nodi, con raffiche a 25, e naturalmente
sempre sul naso. Bordo su bordo arriviamo a Port Boquet (le miglia sono
diventate 43), dove ancoriamo a nord dell'isolotto Nemou, davanti ad una bella
spiaggia, su un fondo di sabbia e coralli sui 9-10 metri (21°40.400'S
166°22.899'E). Il contesto è bello, l'isola è disabitata, a terra c'è un
palmeto ed un cartello con la scritta “Ilot Privè”.
Anche Port Boquet è una grande baia racchiusa dalla propria
barriera corallina, con tre pass di accesso; all'interno, due isolotti di
altezza cospicua (Nemou e Toupeti, 173 e 340 metri rispettivamente) riparano
dalle raffiche del vento dominante; ci sono diversi ancoraggi con protezione a
360°.
Martedì 6 ci spostiamo di sole 5 miglia all'interno di Port
Boquet, ancoriamo nella deserta baia a NW dell'Ile Toupeti; ancoraggio meno
spettacolare del precedente, ma altrettanto ridossato dal vento, fondo di fango
e terra rossa sui 8-10 mt. (21°41.382'S 166°25.365'E), abbiamo l'antenna
telefonica sulla sommità del monte ed il segnale pieno, siamo in prossimità
della pass di uscita che domani affronteremo per l'ennesima tappa di bolina.
venerdì 2 ottobre 2015
ISOLE LOYAUTE'- OUVEA
Martedì 29 settembre, alle 7.25, salpiamo da baia de
Gaatcha: abbiamo 44 miglia da percorrere e purtroppo solo 5 nodi di apparente
in poppa; diamo motore a basso regime con genoa e mezzana aperte.
Verso le 13 calo la traina, in modo da pulire l'eventuale
pescato all'arrivo senza che rimanga troppo tempo al sole in coperta; non passa
molto tempo prima che il sibilo del cicalino ci avverta della presa. È un bel dorado,
lo vediamo in lontananza fare alcuni salti fuori dall'acqua e poi liberarsi.
Riprovo e, dopo un po', un'altra presa: questa volta dopo i salti il pesce
rimane attaccato, riduco la velocità e comincio a recuperare, si fa una gran
fatica a girare la manovella del mulinello, ma piano piano riesco a portarlo a
10 metri dalla barca. È un altro grosso dorado lungo più di un metro, con dei
bellissimi colori dal blu al giallo, Lilli prepara il raffio ma ancora una volta, mentre già pregusto di avercela fatta, il
pesce fa un guizzo e si libera, peccato!
Verso le 15 arriviamo ad Ouvea, entriamo a SW dell'atollo,
Passe de Coetlogon, segnalata con due beacon verdi a dritta ed uno rosso a
sinistra.
Ancoriamo nella baia de Mouly, il primo villaggio sul lato
sud della laguna, davanti alla chiesa, su un fondale sabbioso di 6-7 metri
(20°43.111'S 166°25.207'E).
Acque calme e limpide, una lunghissima spiaggia bianca che
si estende a perdita d'occhio, sembra di essere tornati alle Tuamotu.
Il giorno seguente scendiamo a terra col dinghy e secondo le
usanze delle isole Loyauté ci presentiamo dal Chief con “le manou”, un piccolo
omaggio consistente in un pareo acquistato a Noumea, al quale abbiamo aggiunto
1000 CFP (circa 8 euro).
Il Chief ci ringrazia, ci dà il benvenuto ed il permesso di
girare liberamente. Ci consiglia di visitare le falesie, anzi invita la figlia
che si sta recando da quelle parti a darci un passaggio con l'auto.
Ouvea è una stretta striscia di terra a forma di C rovescia,
che racchiude una grande laguna aperta ad ovest; ci sono tre villaggi
nell'isola, Mouly e Fayaouè nella metà sud e Saint Joseph nella parte nord.
Con la macchina dei nostri gentili ospiti percorriamo circa
6 dei 30 km dell'unica strada che collega i centri abitati, arrivando fino alla
stupenda laguna interna di Lekiny, collegata con un ponte da cui si domina una
vista spettacolare sull'isoletta di Fayawa.
Proprio sulla laguna di Lekiny la figlia del Chief gestisce
uno snack, con annesso camping; non ci sono clienti, ma ci offre la possibilità
di mangiare, 1500 CFP per un piatto di riso , pesce e verdure, 2000 CFP per il
crab, grosso granchio di barriera (circa 13 e 17€ rispettivamente). La vista
alle falesie invece si fa in gommone, accompagnati da una guida (2000 CFP per
persona), che va contattata telefonicamente
per organizzare l'appuntamento.
Decidiamo, per il momento, di gustarci il pesce ed il crab
(buonissimo), mentre per l'escursione prendiamo nota del numero di telefono
riservandoci di pensarci, a seconda del tempo che passeremo ad Ouvea.
Nel pomeriggio dopo essere rientrati in barca in autostop,
scarichiamo le previsioni meteo per i prossimi giorni: una perturbazione che
passerà a sud della Nuova Caledonia, da sabato 3 ottobre, rinforza gli alisei
fino a 35 nodi, che caleranno martedì a 25 nodi ... siamo un po' indecisi se
restare ad Ouvea fino a martedì o partire prima dell'arrivo del ventone.
Il nostro spirito prudente e conservativo ci fa scegliere la
seconda alternativa: percorreremo le 50 miglia che ci separano dalla costa est
di Grande Terre con mare meno formato e guadagneremo strada verso il ritorno a
Noumea, lungo la quale ci aspettano delle belle sbolinate con il vento
rinforzato di SE.
A questo punto, presa la decisione di partire il 2 ottobre,
l'escursione alle falesie salta. Il primo ottobre al mattino ci spostiamo con
la barca di 7 miglia, a Fayaouè, che è anche il villaggio principale
dell'isola. Ancoriamo in prossimità della grande antenna delle
telecomunicazioni vicino alla posta, di fronte allo scivolo in cemento per l'alaggio
delle imbarcazioni, su un fondale sabbioso di 4-5 metri (20°39.073'S
166°31.837'E).
Facciamo un po' di spesa al supermercato, una passeggiata
sulla spiaggia dalla sabbia bianca e fine come la farina, e prima del tramonto
rientriamo al nostro primo ancoraggio alla baia de Mouly.
Domani lasceremo Ouvea. È un peccato perché in altre
condizioni l'arcipelago delle Loyauté
avrebbe meritato una visita più prolungata: oltre all'escursione alle
falesie, la parte nord di Ouvea con il villaggio di Saint-Joseph, l'ilot
Deguala e 20 miglia più nord ancora il piccolo atollo delle Ile
Bautemps-Beauprè. Ma sono tutti ancoraggi da bel tempo, purtroppo, e come
sappiamo per chi va per mare a comandare sono le condizioni meteo … ci
torneremo?
mercoledì 30 settembre 2015
ISOLE LOYAUTE' – LIFOU
Giovedì 24 settembre salpiamo alle 6.55 da Port Tadine;
lasciamo Maré e mettiamo la prua verso la nostra seconda meta alle Isole
Loyauté, Lifou.
Il vento è sui 10-12 nodi ed è girato a nord, perciò troppo
stretto per la nostra rotta di 320; per proseguire a vela dovremmo fare almeno
due bordi e poiché la distanza da coprire è di 54 miglia in linea diretta, ciò
significherebbe arrivare con il buio in un posto che non conosciamo e su
cui anche la guida è povera di dettagli.
Sappiamo che c'è un porto dove arriva il traghetto, sappiamo che ci sono molti
reef nei dintorni del porto, ma non sappiamo esattamente dove si trova
l'ancoraggio.
Ergo cerchiamo di evitare l'arrivo con il buio: niente
bordi, teniamo le vele a riva e diamo motore a 1600 giri/minuto.
Per ingannare il tempo calo la traina: verso le 9.30 una
presa si porta via velocemente 200-300 metri di lenza. Tento di riavvolgere, ma
è impossibile, vedo saltare fuori dall'acqua un grosso pesce spada, che spicca
ancora due salti e poi … ci lascia solo il filo.
Recupero, rifaccio la lenza con un altro polipetto
artificiale, più piccolo del primo in modo da attrarre pesci più piccoli, e
calo giù nuovamente la traina.
Non passa mezz'ora e nuovamente avverto il sibilo del
cicalino: stesso copione, un altro pesce spada, forse un po' più piccolo, ma
che tira anche lui come un forsennato. Riduciamo la velocità della barca,
riesco a recuperare un bel tratto, mancano solo un cinquantina di metri ... lo
vediamo poco distante, di un blu elettrico molto intenso, che ci sopravanza
lateralmente, ridò velocità alla barca per tenerlo in tiro, ma lui dà un altro
forte strattone e si libera, andato … Recupero la lenza; l'amo a due punte è completamente aperto.
Peccato, ce l'avevamo quasi fatta, ma in fondo non sono deluso, anzi sono
soddisfatto perché tutto sommato si è conquistato la sua libertà. Per oggi,
comunque, la pesca è conclusa.
Al VHF, Noumea Radio dirama un avviso che riguarda la zona
in cui navighiamo: “Carcassa di balena alla deriva a SE di Lifou; coordinate
indicative ...”. L'annuncio è in francese e non riusciamo subito a capire le
coordinate, per fortuna viene ripetuto più volte a distanza di 15 minuti e
riusciamo finalmente ad afferrare latitudine e longitudine. Cavolo, la carcassa
è segnalata proprio sulla nostra rotta, a circa 10 miglia. Rafforziamo
l'attenzione della guardia, valutando che se la balena è semi sommersa sarà
difficile vederla a più di 100 metri di distanza, e come se non bastasse il
cielo è nuvoloso e la visibilità non ideale. A un certo punto comincia anche a
piovere, non si vede più niente, e Lilli comincia a farmi domande su quanto può
essere dura una carcassa di balena su che danni ci può fare … Siamo fortunati,
attraversiamo indenni il tratto senza vedere (né sbattere contro) alcunché.
Ad una decina di miglia dall'arrivo, ci supera il grande
catamarano che fa servizio da Noumea a Lifou due volte alla settimana. Alle
15.20 siamo davanti al porto; le indicazioni lette sulla guida sono corrette
(allineamento per 197° su due triangoli contrapposti, passando in mezzo ad una
coppia di boe rosso e verde). Quello che invece non ci aspettavamo era trovare,
nella parte interna del porto, un minuscolo ma perfettamente organizzato
marina, con il suo frangiflutti, pontili galleggianti di buona fattura,
colonnine per acqua ed elettricità. Sulla nostra guida (Multimedial Cruising
Guide To New Caledonia), che però risale ad una decina di anni fa, c'era
scritto che si poteva ancorare all'interno della rada, che offriva però poco
spazio per stare alla ruota.
Il Marina ospita una decina di barche a vela, alcune piccole
imbarcazioni a motore ed un catamarano a motore di media grandezza, destinato
ad escursioni turistiche.
Dal molo un giovane ci fa segno di ormeggiare all'inglese
sul primo pontile galleggiante a sinistra dell'ingresso, e viene a darci un
aiuto per prendere le cime.
Gli uffici del marina sono chiusi e dalle informazioni
acquisite presso un velista su una barca ormeggiata non si sa di preciso quando
riaprirà, forse il prossimo lunedì.
Passiamo la prima notte al pontile: l'acqua è limpidissima,
il fondale è ridotto ma anche con la bassa marea marcata di questi giorni di
luna piena abbiamo oltre mezzo metro sotto la chiglia. Il mattino seguente
assistiamo allo scarico del peschereccio arrivato dopo di noi, quando il sole
era già tramontato: circa 800 kg. di pescato, grande quantità di tonni,
lampughe e tre grossi pesce spada da circa 120 kg ciascuno.
Uno dei giovani pescatori mi spiega che questo è il
quantitativo medio di tre giorni di pesca; la tecnica utilizzata è la seguente:
una linea di ami lunga 13 km, sospesa in
profondità per mezzo di una serie di boe, sui grossi ami vengono messi piccoli
pesci o tranci, all'inizio ed alla fine della linea due radio boe per poter
facilmente recuperare la posizione.
Il peschereccio è anche dotato di una grande stiva e della
macchina per la produzione del ghiaccio, così il pescato viene ripulito e messo
sotto ghiaccio fino all'arrivo.
A terra, attigua al porticciolo, c'è una fornitissima
pescheria, che oltre a presentare sul banco i prodotti freschi, vende una
grande varietà di prodotti surgelati non solo di pesce, ma anche verdure,
perfino le lumache.
Più tardi in mattinata ci avvisano che dobbiamo spostarci:
il catamarano turistico deve fare rifornimento e noi siamo al pontile del
distributore di carburante, che non avevamo riconosciuto perché racchiuso una
piccola casupola in mattoni. Ormeggiamo quindi sul pontile di fronte dove
mettendoci in diagonale tra due finger occupiamo due posti barca. Con i 16
metri di Refola, se avessimo ormeggiato normalmente la nostra prua sarebbe
stata troppo sporgente e avrebbe
occupato lo spazio di manovra. Con due cime cortissime a poppa e quattro
spring, stiamo da papa, ed abbiamo acqua ed elettricità!
Appena fuori dal marina c'è una officina con noleggio auto;
ci informiamo sulle tariffe: 5650 CFP (circa 45€) per una giornata, la
decisione è presto presa, prenotiamo un'auto per l'indomani.
Sabato mattina, mentre ci stiamo preparando per il nostro
giro turistico, viene a trovarci il responsabile del marina, che era venuto per
un giro di controllo. “L'ufficio aprirà lunedì mattina” ci dice, la nostra
partenza è prevista proprio lunedì ed allora chiediamo di pagare subito, in
modo da non essere vincolati da orari. 6600 CFP per tre giorni, la prima notte
al pontile del distributore ci viene regalata. Gentile!
Passiamo tutta la giornata in giro per l'isola. Anche qui
come a Maré, lunghe spiagge bianche, alte falesie calcaree, ovunque acque
limpidissime (sempre fredde per i nostri gusti, ma vediamo che la gente fa il
bagno lo stesso); le case sono molto curate, con prati rasati e giardini
fioriti.
In un villaggio troviamo una specie di festa-mercato con una
lunga fila di bancarelle adornate da foglie di palma intrecciate, dove vengono
esposti e venduti prodotti delle coltivazioni, lavorazioni di marmellate,
monili e sculture in legno. Ciascuna è dotata di una cucina, sul retro, e si
può mangiare con pochi soldi. Peccato che noi avevamo già pranzato in un
resort, per un prezzo non proprio stracciato!
Lunedì 28 settembre alle 7.25, un po' a malincuore, lasciamo
le acque limpidissime e ferme del Marina di We. Siamo diretti sulla costa ovest
di Lifou, aggireremo l'isola a nord l'isola, e con un percorso di 44 miglia
raggiungeremo l'ancoraggio; il vento è variabile tra i 10 e 16 nodi, riusciamo
a navigare sempre a vela e alle 14.45 ancoriamo davanti alla spiaggia del
villaggio Drueulu, che avevamo visitato il giorno precedente nel nostro giro
turistico.
Siamo nella baia de Gaatcha, a sud della grande Baia de
Santal, fondale sabbioso di 8-9 metri
(20°55.415'S 167°04.954'E). La baia è aperta e con 10 nodi da est c'è un
po' di beccheggio; poco male, tanto ci fermiamo solo una notte, domani
lasceremo Lifou per spostarci più a nord, nell'atollo di Ouvea.
Iscriviti a:
Post (Atom)