Preparandoci a lasciare Galle e lo Sri Lanka
facciamo la conta dei danni subiti durante la sosta di 12 giorni in questo
“marina” dominato dalla risacca: due molle in gomma applicate alle cime di
ormeggio distrutte e tre cime rosicchiate dagli anelli del molo (saranno da
accorciare).
La mattina di sabato 24 marzo siamo pronti a
salpare per raggiungere le Maldive. Prima di noi mollano gli ormeggi Gary e
Maurizio, diretti senza soste in Madagascar.
Ci rendiamo presto conto che la discreta finestra
meteo annunciata dalle previsioni è volata durante la notte: dovevano essere
venti leggeri da nord sugli 8-10 nodi, un bel traverso per tre giorni, invece
troviamo 5-6 nodi da SE e da E, che ci danno un apparente al gran lasco e poppa
di 2-3 nodi. Morale della favola: tre giorni esclusivamente a motore!
Come se non bastasse poco dopo la partenza ci
accorgiamo che l’autopilota principale, forse ubriacato dalla risacca, non
risponde più ai comandi. Non ci facciamo troppo deprimere dalla situazione,
attiviamo il secondo autopilota e ad una media di 6 nodi, con il motore a 1500
giri, in 3 giorni e 6 ore percorriamo 454 miglia fino ad Uligamu, l’isola più a
nord delle Maldive, dove è possibile espletare le pratiche d’ingresso.
Martedì 27 ancoriamo circa 500 metri a SSW del
porticciolo, su un fondale di sabbia di 17 metri (7° 04.746’ N, 072° 55.228’
E).
L’acqua è limpidissima e finalmente dopo tanto tempo mi gusto il primo
bagno, per controllare l’ancora e il fondale intorno alla barca. Ci sarebbero
state alcune belle chiazze di sabbia con profondità minori, sui 4-6 metri, ma sono
contornate da reef e teste di corallo, alcuni delle quali si alzano dal fondo
in misura dubbia; meglio non rischiare e stare liberi in acque profonde. La cartografia Navionics e C-Map, scarsa di dettagli, non rende l’immagine del porto, ma vediamo un grande traghetto entrare attraverso un canale scavato nel reef, segnalato da paletti bianchi.
Issiamo la bandiera gialla, proviamo a chiamare al VHF,
sul canale 16, la Custom, ma non riceviamo alcuna risposta; mentre ci chiediamo
come procedere, ecco apparire una piccola barca a motore con a bordo tre
personaggi in divisa ed il nostro agente Assad, un giovane sulla trentina, che
si rivelerà molto preparato e premuroso.
Le pratiche si svolgono rapidamente; Assad, cui avevamo
inviato via mail tutti i documenti, aveva preparato copie per tutti: dogana,
immigrazione, esercito (sì perché qui non sale a bordo un ufficiale della
Capitaneria ma un militare con tanto di tuta mimetica e stivaloni neri). C’era
solo da apporre le firme su tutte le copie e suggellarle con il timbro di
Refola, che all’inizio del giro credevamo una civetteria mentre invece è cosa estremamente
utile, da Panama in poi.
Assad che conosce le esigenze dei naviganti, era
venuto a bordo già dotato di una sim-card locale per noi: 27 US$ per 5 giga di
dati validi 30 giorni, con il segnale velocità 4G distribuito in quasi tutte le
isole.
Esperite le formalità mi dedico al malato di bordo,
il pilota principale, che purtroppo non reagisce ad alcuna cura: ho provato a
riprogrammare le funzioni di base, ho smontato e controllato il trasduttore, ma
niente da fare, il malato sembra in coma, per il momento lo teniamo sotto
controllo.
Il giorno seguente abbiamo appuntamento con Assad
al porto per ritirare il permesso di navigazione e organizzare il rifornimento
di gasolio; ci accompagna in una piccola locanda dove ci sorprende offrendoci,
a titolo di benvenuto, tartine e dolci accompagnati da bevande fresche.
Altrettanto siamo favorevolmente colpiti vedendo
che il conto che ci ha preparato corrisponde esattamente al preventivo di molti
mesi fa: 995,77 US$ per il primo mese di permanenza, a cui vanno aggiunti
212,63 US$ per il secondo mese, per un totale di 1208 US$ (importo comprensivo
di quote governative, agenzia e tasse).
Assad ci fa presente che se andiamo a Malè, la
capitale, dobbiamo ottenere (e pagare) un permesso di navigazione extra (150
US$); possiamo decidere anche in seguito e contattare eventualmente il suo
collega di Malè. Versiamo l’importo del primo mese in dollari, che ci eravamo
procurati in Italia, mentre il saldo lo pagheremo in valuta locale prima di
uscire dal paese.
Ci accordiamo per il gasolio, che ci verrà
consegnato a bordo nel pomeriggio, in taniche, al prezzo di 0,92 US$/litro,
qualche centesimo in più rispetto a quanto pagato a Galle; apprendiamo che il
permesso di navigazione non è ancora arrivato dal Ministero del Turismo (!) ma probabilmente
ci verrà consegnato insieme al gasolio.
Nella baia è all’ancora anche un catamarano con a
bordo una coppia di canadesi; andiamo col dinghy a salutarli ed apprendiamo che
fanno il nostro percorso fino a Chagos, che sono arrivati domenica e da tre
giorni sono in attesa del permesso di navigazione: “Rassegnatevi - dice Sue - di
sicuro dovrete aspettare anche voi quattro giorni”. La prospettiva non ci
sorride molto, ma invece, poco prima del tramonto, accompagnato dal solito
ufficiale della Custom arriva a bordo Assad con il nostro permesso di
navigazione! Poco dopo ci si affianca una barca con a bordo quattro giovani,
che trasbordano 7 taniche da 30 litri e con la massima cura, attrezzati con
grandi asciugamani per non sporcare la coperta, si occupano personalmente del
travaso nel nostro serbatoio, sotto lo sguardo soddisfatto e compiaciuto di
Assad e dell’ufficiale.
Prima di salutarci, con grande gentilezza e quasi
timidamente Assad ci dice: “Se non siete stanchi, ci piacerebbe offrirvi la
cena a bordo di Refola: pensiamo a tutto noi, voi ci offrite un caffè, così
possiamo stare un po' in compagnia e raccontarci le nostre storie”. Siamo sorpresi
da questa richiesta, ma accettiamo volentieri.
Arrivano poco dopo le 20, sono tutti amici, due di
loro erano in divisa durante l’ispezione: hanno con sé vaschette di riso
condito con spezie e pesce, forchette, tovaglioli, cocacole.
Noi raccontiamo del nostro giro del mondo, loro
della loro vita semplice, di cui però sono orgogliosi: nel villaggio abitano
circa 500 persone; alcuni di loro che lavorano per il governo hanno avuto la
possibilità di spostarsi nella capitale e guadagnare di più o fare carriera, ma
hanno preferito restare. Pur essendo giovani, sono tutti sposati con 2 o 3
figli. Uno di loro è anche un appassionato cuoco e gli sarebbe piaciuto poter
cucinare per noi la pasta al tonno fresco, che è una sua specialità.
“Noi purtroppo domani partiamo - diciamo un po’
dispiaciuti - ma fra qualche giorno arriverà un’altra barca italiana, Amandla,
con a bordo il nostro amico Fabio, così potrai provare con lui”. “Bene - fa lui
di rimando - se sono friendly come voi, sarà un piacere”.
Dopo il caffè e qualche sigaretta, la simpatica
comitiva si congeda, con calorosi saluti.
Giovedì 28 marzo alle 10 assistiamo all’arrivo del
catamarano “Vamonos” con a bordo Terry, l’australiano conosciuto a Galle, con
cui abbiamo condiviso la gita turistica a Kandy. Col dinghy andiamo a porgergli
il benvenuto: partito il giorno dopo di noi, ha fatto anche lui tutto il
percorso a motore, ma in compenso ha pescato un grosso dorado! Gli
lasciamo il nostro nuovo numero di cellulare, torniamo a bordo di Refola e
salpiamo, con la prua verso sud.