mercoledì 18 aprile 2018

Maldive : DHARAVANDHOO - magiche immersioni



Come previsto dal piano di navigazione preparato a casa, giungiamo a Dharavandhoo venerdì 6 aprile: in questo caso il rispetto delle date è importante, perché qui arriveranno in aereo i nostri amici genovesi Umberto e Ornella. Sono anche loro armatori di un Amel Super Maramu, ci siamo conosciuti in occasione della traversata atlantica con l’ARC, nel 2008, e da allora siamo sempre restati in contatto. Da Genova voleranno su Malè, la capitale delle Maldive, e un volo locale li porterà su questo piccolo atollo.
La presenza dell’aeroporto rende il “local harbour” di Dharavandhoo molto trafficato: dai numerosi piccoli aerei che arrivano ogni giorno scendono decine e decine di turisti, diretti in grande maggioranza ai tanti resort sparsi nelle isolette vicine, ed è un continuo viavai di water-taxi e navette, a cui si aggiungono barche locali da trasporto merci che si fermano mezza giornata, fanno le consegne e ripartono.
Come abbiamo già detto, è difficile trovare posto all’interno del porticciolo; l’unica sistemazione per una barca a vela è con la prua legata al frangiflutti di NW e l’ancora a poppa, più o meno al centro del bacino. Per un paio di giorni, aspettando l’arrivo dei nostri amici, ci divertiamo ad osservare le abili manovre con cui i comandanti delle piccole navi che entrano ed escono si destreggiano nella ragnatela dei cavi di ormeggio galleggianti.

Nel pomeriggio di domenica 8 aprile, proprio quando ci stiamo preparando per andare a prendere Umberto e Ornella, dal cielo improvvisamente oscurato da nuvoloni neri si scatena una pioggia torrenziale. 15 giorni senza una goccia d’acqua ed ora in 15 minuti si ristabilisce la media delle precipitazioni mensili! Attendiamo qualche minuto sperando in un’improbabile schiarita, poi ci armiamo di mantella antipioggia e k-way e andiamo a terra col dinghy. L’aereo è puntuale, i nostri recuperano velocemente i bagagli, e possiamo tornare in barca, sotto una pioggia fortunatamente un po’ più leggera.
Una volta a bordo è come essere davanti al camino la notte di Natale: dalle valigie di Umberto ed Ornella cominciano ad uscire, oltre ai loro (pochi) effetti personali, strenne di tutti i tipi. Sigarette, sigari, liquerizie, fazzoletti di carta (qui introvabili), parmigiano, caffè, un inverter, ma soprattutto due grandi vasetti di VERO pesto genovese fatto personalmente da Ornella.
Ma oltre a questi “preziosi” arrivano anche i pezzi di ricambio del dissalatore. La riparazione che avevo effettuato in Sri Lanka era parzialmente riuscita, ma c’era una perdita dal circuito ad alta pressione; interpellato, il nostro tecnico italo-francese Philippe mi aveva consigliato di sostituire le teste delle membrane.
Così lunedì mattina Umberto ed io iniziamo il lavoro: dobbiamo smontare il dissalatore e togliere le teste da sostituire. E qui incontriamo la prima difficoltà: le teste non si muovono di un millimetro, nemmeno con la “cagna” (attrezzo multiuso dagli idraulici).  Alla ricerca di qualcosa di utile, facciamo un giro nei piccoli negozi di hardware del paese, senza trovare niente di più di un bullone (che comunque verrà utile). Rientrati in barca sostanzialmente a mani vuote, non possiamo che aguzzare l’ingegno; insisti e persisti, alla fine troviamo il sistema per togliere le teste utilizzando un paranco, il winch, la chiave dei filtri, una fascetta metallica e la cagna.

Operiamo senza troppe difficoltà la sostituzione, ma quando rimonto il tutto ci attende un’amara sorpresa: la perdita di acqua del circuito è più consistente di prima, e questa volta viene dalle altre due teste, posteriori, che credevo sane! Cambiamo gli o-ring due volte e dopo aver notato che semplicemente si tagliavano nel montaggio, ho deciso di sostituire anche queste due teste con ricambi che per fortuna avevo a bordo. È stata dura, ma ce l’abbiamo fatta.  Con la collaborazione ed il sostegno di Umberto, dopo una giornata di intenso lavoro ed almeno 4 litri di sudore, il dissalatore è in opera e funzionante!
Già nei primi due giorni passati da soli a Dharavandhoo Lilli ed io avevamo individuato un posticino per mangiare a mezzogiorno: sul porto, cucina indiana-maldiviana, dove prendiamo un abbondante piatto unico di riso condito con verdure o pesce. Continuiamo ad andarci anche con Umberto e Ornella: ogni pasto ci costa meno di 15 €, non a testa, in tutto!
Martedì incontriamo gli istruttori di diving Virgilio e Jessica; sono tornati dalla fiera di Singapore ed hanno ripreso le loro attività. Sia io che Umberto non facciamo immersioni da 11 anni e condividiamo una certa apprensione all’idea di riprovare; concordiamo con Virgilio di fare un ripasso ed una verifica delle nozioni base, con alcuni esercizi in acque basse, per vedere come va.
Mercoledì pomeriggio facciamo la prima uscita con la barca attrezzata di Virgilio: durante il trasferimento ci fa ripassare segni convenzionali e controllo dell’attrezzatura, poi una volta in acqua ci mette a nostro agio facendoci eseguire esercizi di base (togliere e rimettere la maschera, togliere il boccaglio ed espellere l’aria dai polmoni, compensare la pressione interna delle orecchie). Questa piccola prova ha esito positivo, entrambi ci sentiamo tranquilli e così scendiamo a 25 metri, per un’immersione di 50 minuti.

In breve tempo ci sentiamo, fisicamente, come se 11 anni non fossero passati; sott’acqua vediamo una quantità di pesci di tutti i colori, come avevo visto -forse- solo in Mar Rosso.



Su consiglio di Virgilio, abbiamo usato bombole caricate a Nitrox (aria arricchita di ossigeno al 30%), che in sintesi dà la possibilità, entro la profondità massima di 36 metri, di restare più tempo in acqua; naturalmente ci sono altri aspetti positivi e negativi, che bisogna conoscere. La cosa ci ha incuriosito a tal punto che abbiamo deciso di fare il corso Nitrox: studio di un libretto, visione di un filmato di 40 minuti, esamino con 25 domande quiz ed una seconda immersione a 24 metri.
Anche questa seconda immersione è stupenda: siamo sopra una parete che scende a 30 metri, scendiamo tra i 18 e i 25 metri per infilarci uno stretto canyon, con anse e piccole grotte; intorno a noi, un tripudio di pesci colorati.



Da molto tempo desideravo riprendere le immersioni; in questi anni per mare le occasioni non sarebbero mancate, ma c’era sempre qualche impedimento, primo fra tutti la ritrosia di Lilli che purtroppo dopo un attacco di claustrofobia all’inizio del corso sub non ha più il coraggio di scendere con le bombole. Fortunatamente quest’anno con Umberto, grazie anche alla grande professionalità e sensibilità di Virgilio che ci ha reso tutto facile, sono riuscito a realizzare questo desiderio e ne sono davvero felice. Un’esperienza da ripetere!
La sera del giovedì invitiamo a cena in barca Virgilio e Jessica: dopo averli deliziati con il pesto dell’Ornella facciamo le ore piccole a raccontarci le nostre avventure, salutandoci alla fine come vecchi amici. Ancora una volta ci dispiace non fermarci qualche giorno in più, ma, come al solito, tanti altri luoghi e incontri ci attendono...
L’indomani di buon mattino il prezioso Mustafà viene a nuoto per liberare le cime di ormeggio (fissate sott’acqua). Recuperiamo l’ancora a poppa e, sotto un cielo grigio, riprendiamo la rotta verso sud, alla volta di Goidhoo.