Come previsto dal piano di navigazione preparato a
casa, giungiamo a Dharavandhoo venerdì 6 aprile: in questo caso il rispetto
delle date è importante, perché qui arriveranno in aereo i nostri amici
genovesi Umberto e Ornella. Sono anche loro armatori di un Amel Super Maramu,
ci siamo conosciuti in occasione della traversata atlantica con l’ARC, nel
2008, e da allora siamo sempre restati in contatto. Da Genova voleranno su
Malè, la capitale delle Maldive, e un volo locale li porterà su questo piccolo
atollo.
La presenza dell’aeroporto rende il “local harbour”
di Dharavandhoo molto trafficato: dai numerosi piccoli aerei che arrivano ogni
giorno scendono decine e decine di turisti, diretti in grande maggioranza ai
tanti resort sparsi nelle isolette vicine, ed è un continuo viavai di water-taxi
e navette, a cui si aggiungono barche locali da trasporto merci che si fermano
mezza giornata, fanno le consegne e ripartono.
Come abbiamo già detto, è difficile trovare posto
all’interno del porticciolo; l’unica sistemazione per una barca a vela è con la
prua legata al frangiflutti di NW e l’ancora a poppa, più o meno al centro del
bacino. Per un paio di giorni, aspettando l’arrivo dei nostri amici, ci
divertiamo ad osservare le abili manovre con cui i comandanti delle piccole
navi che entrano ed escono si destreggiano nella ragnatela dei cavi di
ormeggio galleggianti.
Nel pomeriggio di domenica 8 aprile, proprio quando
ci stiamo preparando per andare a prendere Umberto e Ornella, dal cielo
improvvisamente oscurato da nuvoloni neri si scatena una pioggia torrenziale.
15 giorni senza una goccia d’acqua ed ora in 15 minuti si ristabilisce la media
delle precipitazioni mensili! Attendiamo qualche minuto sperando in
un’improbabile schiarita, poi ci armiamo di mantella antipioggia e k-way e
andiamo a terra col dinghy. L’aereo è puntuale, i nostri recuperano velocemente
i bagagli, e possiamo tornare in barca, sotto una pioggia fortunatamente un po’
più leggera.
Una volta a bordo è come essere davanti al camino
la notte di Natale: dalle valigie di Umberto ed Ornella cominciano ad uscire,
oltre ai loro (pochi) effetti personali, strenne di tutti i tipi. Sigarette,
sigari, liquerizie, fazzoletti di carta (qui introvabili), parmigiano, caffè,
un inverter, ma soprattutto due grandi vasetti di VERO pesto genovese fatto
personalmente da Ornella.
Ma oltre a questi “preziosi” arrivano anche i pezzi
di ricambio del dissalatore. La riparazione che avevo effettuato in Sri Lanka
era parzialmente riuscita, ma c’era una perdita dal circuito ad alta pressione;
interpellato, il nostro tecnico italo-francese Philippe mi aveva consigliato di
sostituire le teste delle membrane.
Così lunedì mattina Umberto ed io iniziamo il
lavoro: dobbiamo smontare il dissalatore e togliere le teste da sostituire. E qui
incontriamo la prima difficoltà: le teste non si muovono di un millimetro,
nemmeno con la “cagna” (attrezzo multiuso dagli idraulici). Alla ricerca di qualcosa di utile, facciamo
un giro nei piccoli negozi di hardware del paese, senza trovare niente di più
di un bullone (che comunque verrà utile). Rientrati in barca sostanzialmente a
mani vuote, non possiamo che aguzzare l’ingegno; insisti e persisti, alla fine
troviamo il sistema per togliere le teste utilizzando un paranco, il winch, la chiave dei filtri, una
fascetta metallica e la cagna.
Operiamo senza troppe difficoltà la sostituzione, ma
quando rimonto il tutto ci attende un’amara sorpresa: la perdita di acqua del
circuito è più consistente di prima, e questa volta viene dalle altre due teste,
posteriori, che credevo sane! Cambiamo gli o-ring due volte e dopo aver notato
che semplicemente si tagliavano nel montaggio, ho deciso di sostituire anche
queste due teste con ricambi che per fortuna avevo a bordo. È stata dura, ma ce
l’abbiamo fatta. Con la collaborazione
ed il sostegno di Umberto, dopo una giornata di intenso lavoro ed almeno 4 litri
di sudore, il dissalatore è in opera e funzionante!
Già nei primi due giorni passati da soli a Dharavandhoo
Lilli ed io avevamo individuato un posticino per mangiare a mezzogiorno: sul
porto, cucina indiana-maldiviana, dove prendiamo un abbondante piatto unico di
riso condito con verdure o pesce. Continuiamo ad andarci anche con Umberto e
Ornella: ogni pasto ci costa meno di 15 €, non a testa, in tutto!
Martedì incontriamo gli istruttori di diving Virgilio
e Jessica; sono tornati dalla fiera di Singapore ed hanno ripreso le loro
attività. Sia io che Umberto non facciamo immersioni da 11 anni e condividiamo
una certa apprensione all’idea di riprovare; concordiamo con Virgilio di fare
un ripasso ed una verifica delle nozioni base, con alcuni esercizi in acque
basse, per vedere come va.
Mercoledì pomeriggio facciamo la prima uscita con
la barca attrezzata di Virgilio: durante il trasferimento ci fa ripassare segni
convenzionali e controllo dell’attrezzatura, poi una volta in acqua ci mette a
nostro agio facendoci eseguire esercizi di base (togliere e rimettere la
maschera, togliere il boccaglio ed espellere l’aria dai polmoni, compensare la
pressione interna delle orecchie). Questa piccola prova ha esito positivo,
entrambi ci sentiamo tranquilli e così scendiamo a 25 metri, per un’immersione di
50 minuti.
In breve tempo ci sentiamo, fisicamente, come se 11
anni non fossero passati; sott’acqua vediamo una quantità di pesci di tutti i
colori, come avevo visto -forse- solo in Mar Rosso.
Su consiglio di Virgilio, abbiamo usato bombole
caricate a Nitrox (aria arricchita di ossigeno al 30%), che in sintesi dà la
possibilità, entro la profondità massima di 36 metri, di restare più tempo in
acqua; naturalmente ci sono altri aspetti positivi e negativi, che bisogna
conoscere. La cosa ci ha incuriosito a tal punto che abbiamo deciso di fare il
corso Nitrox: studio di un libretto, visione di un filmato di 40 minuti,
esamino con 25 domande quiz ed una seconda immersione a 24 metri.
Anche questa seconda immersione è stupenda: siamo
sopra una parete che scende a 30 metri, scendiamo tra i 18 e i 25 metri per
infilarci uno stretto canyon, con anse e piccole grotte; intorno a noi, un
tripudio di pesci colorati.
Da molto tempo desideravo riprendere le immersioni;
in questi anni per mare le occasioni non sarebbero mancate, ma c’era sempre
qualche impedimento, primo fra tutti la ritrosia di Lilli che purtroppo dopo un
attacco di claustrofobia all’inizio del corso sub non ha più il coraggio di scendere
con le bombole. Fortunatamente quest’anno con Umberto, grazie anche alla grande
professionalità e sensibilità di Virgilio che ci ha reso tutto facile, sono
riuscito a realizzare questo desiderio e ne sono davvero felice. Un’esperienza
da ripetere!
La sera del giovedì invitiamo a cena in barca
Virgilio e Jessica: dopo averli deliziati con il pesto dell’Ornella facciamo le
ore piccole a raccontarci le nostre avventure, salutandoci alla fine come
vecchi amici. Ancora una volta ci dispiace non fermarci qualche giorno in più,
ma, come al solito, tanti altri luoghi e incontri ci attendono...
L’indomani di buon mattino il prezioso Mustafà viene
a nuoto per liberare le cime di ormeggio (fissate sott’acqua). Recuperiamo
l’ancora a poppa e, sotto un cielo grigio, riprendiamo la rotta verso sud, alla
volta di Goidhoo.