Domenica 22 aprile attraversiamo in diagonale, con direzione
SE, l’atollo Alif Alif (AA o North Ari Atoll): 16 miglia senza ostacoli, ancora
una volta a motore. In prossimità della nostra destinazione, nelle ultime 2
miglia, la cartografia elettronica ancora una volta è scarsamente allineata
alle immagini satellitari.
Arriviamo verso le 13 alla piccola pass di accesso
alla laguna di Maagaa.
Siamo a mezza marea crescente, e questo dettaglio è
importante, perché in caso di incaglio avremmo più possibilità di liberarci. La
pass ha una larghezza utile di circa 15 metri; sul versante sinistro, entrando,
c’è un isolotto artificiale sovrastato da un’altissima antenna telefonica
(“service islands”, le chiamano, isole di servizio) con una sorta di molo in
cemento, mentre sul versante destro c’è il reef, con alcuni aguzzi scoglietti
affioranti.
Non abbiamo dati sulla profondità della pass ma solo un WP di
ancoraggio all’interno della laguna, segnalato da Totem, una barca che è stata qui
nel 2014. Il sole è alto, la visibilità buona; ci infiliamo tra i due paletti che
indicano l’inizio della pass. L’acqua è talmente trasparente che sembra di
toccare il fondo ogni momento, procediamo lentamente con il fiato sospeso, mentre
l’ecoscandaglio registra la continua diminuzione della profondità sotto la
chiglia: 4 metri, poi 3, poi 2, 1.8, 1.5, 1.4 … finalmente dopo un centinaio di
metri il fondale riprende ad abbassarsi ed il nostro respiro torna regolare.
Siamo dentro!
Procediamo all’interno della laguna verso ovest per
circa mezzo miglio, il fondale è omogeneo e sabbioso senza patate, ancoriamo su
15 metri (3°59.811’N 72°56.611’E).
Nel pomeriggio torniamo alla pass con il dinghy, la
marea è ancora crescente e la corrente è entrante, di circa 1 nodo; facciamo il
bagno lasciandoci trasportare nell’acqua limpidissima, attorniati da piccoli
pesci, tra cui spicca una grande razza che sembra volare sott’acqua. Non sembra
vero di essere passati di qui con la barca.
Durante la sosta ci rendiamo conto che la “nostra” laguna
è usata dagli idrovolanti come pista di atterraggio (o meglio di ammaraggio): 2-3
volte al giorno li vediamo arrivare, affiancarsi ad una piccola piattaforma
galleggiante, procedere alle operazioni di scarico/carico turisti e ripartire.
Ogni volta, pochi minuti prima dell’ammaraggio, qualche barca proveniente dai
resort vicini entra in laguna, attende vicino alla pass che l’idrovolante completi
le manovre di ormeggio, e a sua volta scarica/carica 5-6 persone. Alle 18 arriva
l’ultimo aereo, che rimane attraccato alla piattaforma durante la notte per
ripartire il mattino dopo, alle 6.
La laguna di Maagaa ha una forma ellittica, con gli
assi lunghi l’uno poco più di 1 miglio e l’altro poco più di mezzo miglio; la
piccola pass, artificiale, è l’unico accesso.
Leggiamo sul portolano “Maldives Cruising Guide”
che la laguna e l’isola di Maagaa fanno parte del resort della attigua Ellaidhoo e che pertanto, anche solo per recarsi a terra con il dinghy, bisognerebbe chiedere
l’autorizzazione alla reception del resort. Facciamo gli gnorri ed il giorno
seguente, alato il dinghy, facciamo un’escursione sull’isoletta di Maagaa unica
porzione emersa del piccolo atollo a parte l’isolotto artificiale della pass. L’acqua
è più pulita di quella degli ancoraggi precedenti, e in prossimità dell’isola riusciamo
a vedere anche una manta, di circa un metro.
Dalla spiaggia sporge verso la laguna un lungo
pontile di legno, che da vicino vediamo danneggiato in due punti.
Un giovane
ci viene incontro: siamo pronti a ricevere una ramanzina e a fornire
giustificazioni per la nostra incursione, ma invece lui sfodera un sorriso
smagliante e ci dà il benvenuto, dicendoci che possiamo tranquillamente
scendere a terra e visitare l’isola. Si chiama Hussein, viene dal Bangladesh ed
è l’unico essere umano presente! Per dovere di ospitalità si offre come guida e
ci racconta la storia del resort: lui lavora qui (come una sorta di custode) da
11 anni ed ha visto nascere il progetto di Maagaa. Il proprietario, maldiviano,
è lo stesso del resort di Ellaidhoo, e voleva aumentare la ricettività
costruendo delle villette esclusive su Maagaa. I lavori sono partiti e giunti
ad un notevole stadio di avanzamento: quasi pronte le parti comuni, le infrastrutture
e i servizi, edificate 5 villette con piscina, idromassaggio e vista mozzafiato
sulla laguna o sull’oceano.
Mancava poco per terminare, gli arredi e le
finiture interne, ma … sono finiti i soldi e tutto si è bloccato. Attualmente
il proprietario ha dato in gestione il resort di Ellaidhoo ad una società
srilankese ed ha messo in vendita l’isola di Maagaa.
E così il nostro Hussein vive qui da solo, fa la
guardia alla struttura e tiene pulita la spiaggia, raccogliendo rami, plastica
e rifiuti vari trasportati dalla corrente; solo durante le ferie torna dalla
sua famiglia in Bangladesh. Mentre ci racconta tutto questo ci mostra le ville,
quello che avrebbe dovuto diventare il ristorante, quella che avrebbe dovuto
essere la reception, per accompagnarci poi ad un altro lungo pontile che si
sporge verso l’oceano, da cui ammiriamo coralli e pesci variopinti, in un’acqua
trasparente come il vetro.
Gli chiediamo delle mante. “Ne abbiamo vista una
qui vicino” gli dico. “Sì -conferma- ora cominciano ad arrivare dentro la
laguna, con il SW l’acqua è più ricca di plancton di cui si nutrono”.
Nel salutarci Hussein, molto gentilmente, ribadisce
che possiamo girare tranquillamente sull’isola fare il bagno dove preferiamo.
Facciamo un po’ di snorkeling su qualche testa di
corallo lì vicino, all’interno della laguna, senza vedere niente di
interessante (gran parte del corallo non gode di buona salute).
Costeggiamo poi con il dinghy il versante sud della laguna e, viste le condizioni ideali di
calma piatta, caliamo l’ancorotto sulla barriera per dare un’occhiata alla sua
parete esterna, dove la profondità passa improvvisamente da un metro e mezzo a
40. Qui si che è uno spettacolo: l’acqua è di una trasparenza eccezionale, la
visibilità si estende fin dove arriva la luce del sole, i corallo è vivo e
siamo attorniati da tantissimi pesci.
L’escursione ci ha riempito di
entusiasmo; questo ancoraggio, fra tutti quelli fatti fino ad ora, merita 3
stellette: per la protezione, per l’acqua pulita, per quello che si può vedere.
Martedì 24 lasciamo Maagaa. Uscire dalla pass ci risulta
più facile rispetto all’ingresso, perché abbiamo la traccia e conosciamo i
fondali; passiamo con marea calante ed una debole corrente uscente, fondale
minimo 3,6 metri.
Una volta in mare aperto, insistiamo nel mettere la traina
(non si sa mai!) e facciamo rotta su Velassaru Falhu, a 30 miglia.
Velassaru si trova nel South Malè Atoll, abbiamo
quindi circa 28 miglia di acque profonde e libere. Verso mezzogiorno il vento
rinforza sui 10 nodi, abbiamo un apparente al giardinetto di 6 nodi; apriamo il
genoa e spegniamo il motore per la prima volta dopo settimane, non sembra vero…
finalmente procediamo a vela, anche se con una velocità media tra 3,7 e 4 nodi!
Raggiungiamo la pass tra Bolifushi e Velassaru,
accendiamo il motore e riavvolgiamo il genoa; nella pass il fondale minimo è di
10 metri, scorriamo sulla destra un grande resort e aggiriamo da est il vasto
basso fondale di Velassaru. Risalendo verso nord la laguna interna il sole alto
ci fa notare, a debita distanza, numerosi reef semiaffioranti, non segnalati
sulla cartografia elettronica, ma anche poco visibili sull’immagine
satellitare. Ancoriamo su un fondale sabbioso di 16-17 metri, a circa 200 metri
dal reef ovest (4°06.711’N 73°24.784’E).
Guardandoci intorno, si capisce al volo che non
siamo più in un posto isolato, circondati dalla natura: vediamo a 5 miglia la
città di Malè stagliarsi nell’orizzonte, siamo circondati da isole resort e c’è
un discreto movimento di barche che fanno la spola tra i villaggi e
l’aeroporto. D’altra parte questa è solo una sosta per la notte. Domani ci
sposteremo a Himmafushi, nel North Malè Atoll, a circa 17 miglia.