Navighiamo per 25 miglia fino all’atollo di Rasdhoo,
manco a dirlo, solo a motore. Ornella e Umberto sono a bordo di Refola da 10
giorni e non hanno mai visto aperte le vele. Per fortuna lo scenario che ci
circonda ripaga la frustrazione di velisti senza vento.
Rasdhoo è un piccolo atollo di forma circolare, con
un diametro di circa 4 miglia, cui si accede tramite due pass sul versante
meridionale, poste ad est e ad ovest dell’isoletta che dà il nome all’intero atollo.
Avvicinandoci alla pass di accesso (quella
orientale) ci rendiamo subito conto della differenza tra la cartografia C-Map, su
cui avevo impostato la rotta, e l’immagine satellitare: su C-Map il canale risulta
spostato ad ovest di circa 400 metri, e lo stesso vale per la cartografia
Navionics!
La cosa non è affatto rassicurante, ma ci affidiamo
alle immagini satellitari e soprattutto alla traccia di Zoomax; il WP di
accesso è 4°15.769'N 73°00.009'E; superiamo facilmente la pass e poi, con un
ampio giro per evitare i bassi fondali a nord del porto di Rasdhoo, andiamo ad
ancorare a nord della adiacente isola Kuramathi, occupata interamente da un
grande resort, dove i fondali sono più uniformi e c’è più spazio. Caliamo
l’ancora su 17 metri di fondale sabbioso, con qualche macchia di corallo basso
(4°15.732’N 72°58.759’E). Poco distante, sull’area a NE di Kuramathi, ci sono
una decina di boe, per lo più già occupate da motoscafi e imbarcazioni per servizi
turistici, diving e gite.
Il giorno seguente andiamo con il dinghy al
villaggio di Rasdhoo, a circa mezzo miglio, per cercare un po’ di frutta e
soprattutto acquistare nuovo credito per la SIM-Card delle Maldive, senza il
quale non possiamo connetterci ad internet. Avvicinandoci osserviamo che le
barche che entrano in porto sono costrette a seguire un percorso a zig-zag,
segnalato da paletti; col dinghy noi andiamo diretti, ma in alcuni punti non abbiamo
più di 50 centimetri d’acqua sotto la chiglia.
La prima impressione, appena scesi a terra, è di estremo
ordine e pulizia: due signori stanno raccogliendo foglie e rari rifiuti dal
piazzale sabbioso antistante il porto, intorno vediamo giardinetti con le
immancabili palme e alberi del pane, nonché un variopinto parco giochi per
bambini.
Veniamo subito avvicinati da un altro locale in motocicletta che ci
porge il benvenuto con qualche parola in italiano: è il proprietario di una
guest-house in cerca di clienti, ma si rende subito utile con le informazioni
di cui abbiamo bisogno (dove possiamo trovare un ATM per prelevare contante, un
supermercato per frutta e verdura, dove ricaricare la SIM e dove pranzare).
Si nota subito la vocazione prettamente turistica
dell’isola: negozi di souvenir, alberghi e numerosi centri diving. La nostra
guida ci racconta che ci sono 37 guest-house e circa 1200 abitanti.
Andiamo un po’ a zonzo per le strade di sabbia, percorse
esclusivamente da qualche motorino, facciamo provvista di frutta e verdura,
rinnoviamo il credito della SIM-card e andiamo a mangiare davanti al porto alla
locanda “Palm Shadow”, il solito menù (riso, pollo, pesce) e prezzi bassi.
Cielo coperto e piogge frequenti stanno
caratterizzando il meteo di questi giorni; solo raramente compare un po' di
sole, e l’assenza di luce non ci invoglia a fare bagni ed escursioni per vedere
coralli e pesci.
Salpiamo il 20 aprile con destinazione Mathiveri,
18 miglia a WSW.
Mathiveri è una piccola isola che fa parte di uno
dei più grandi atolli delle Maldive, Alif Alif (AA) o North Ari Atoll;
l’ancoraggio ad est dell’isola è ben protetto da SW a NW, cioè dai venti
dominanti degli ultimi giorni. Ancoriamo su un fondale di 14 metri, di sabbia
con molte formazioni coralline (4°11.437’N 72°45.184’E); per evitare che la
catena in bando si incattivisca su qualche corallo, vi fissiamo una boa che ne tiene
sollevati gli ultimi 20 metri, vicino alla barca.
Prima di ancorare, in avvicinamento, vediamo una di
quelle scene che fanno accapponare la pelle dei velisti: due alberi sghembi spuntano
dall’acqua in prossimità del reef. Si vedono le sartie, le volanti, e la
posizione degli alberi fa pensare che la barca, sott’acqua, sia spezzata in
due. Nonostante la giornata cupa, aliamo il dinghy per andare a vedere il
relitto, che si trova mezzo miglio più a nord. Solo Umberto ed io ci tuffiamo,
mentre Ornella e Lilli rimangono sul dinghy, entrambe con un’espressione un po’
tesa sul volto.
La visibilità sottacqua è ridottissima, a stento riusciamo ad
intravvedere lo scafo appoggiato sul fianco sinistro, su un fondale sabbioso di
circa 10 metri. Risaliamo sul gommone un po’ mogi. Una visione del genere fa
sorgere sempre mille interrogativi: cosa sarà successo? Un’avaria, una
distrazione, condizioni meteo difficili? Vista la poca distanza dall’isola
diamo per scontato che l’equipaggio sia rimasto illeso, ma ciò non basta a
mitigare il dispiacere.
Il giorno seguente decidiamo di spostarci; il posto
dove siamo non è allettante, le acque sono un po' torbide, e poi c’è sempre
quel relitto poco distante… unica nota positiva un bel segnale internet che
viene dal villaggio di Mathiveri.
Sei miglia più a sud c’è una piccola laguna,
Vihamaafaru, che offre una buona protezione da S a W; vi si accede da sud, ed il
sole che finalmente è riapparso ci permette di vedere chiaramente il passaggio
(WP di accesso 4°07.262’N 72°45.346’E, rotta 280°).
In breve tempo siamo
dentro, nel passaggio registriamo un fondale minimo di 14 metri. Risaliamo sul
lato ovest della laguna, molto profonda, e la esploriamo verso nord in cerca di
fondali più ridotti; vediamo però che a profondità meno elevate, sui 10 metri,
aumentano le macchie di corallo. Per stare tranquilli, ancoriamo in acque
profonde 26-27 metri, su sabbia (4°07.597’N 72°44.838’E).
Anche qui l’acqua non è trasparente, e i coralli visibili
dove si alza il reef sono morti, anche se ricchi di pesci colorati; insomma un
ancoraggio buono per la protezione, ma niente di più.
Al tramonto decidiamo che
non vale la pena sostare, domani ci sposteremo sul lato orientale dell’atollo
di Alif Alif, nella piccola laguna di Maagaa.