Il 12 luglio lasciamo la Baia di St. Anne e l’isola
di Praslin. Solo 4 miglia ci separano dalla nostra meta, l’isola di La Digue.
Partiamo quindi con calma, dopo pranzo, e in un’oretta siamo davanti al piccolo
porto, dove vediamo già ormeggiate una decina di barche, con ancora e lunghe
cime a terra.
Appena dentro, un giovane locale attrae la nostra
attenzione fischiando e gesticolando dalla banchina dei traghetti; in breve
capiamo che ci sta offrendo assistenza per la manovra. Seguendo le sue
indicazioni, ci affianchiamo momentaneamente al molo, per calare in acqua il
dinghy e preparare le cime. Mentre il giovane a bordo del nostro gommone va a
fissare a terra i nostri più lunghi cavi d’ormeggio, gettiamo l’ancora e
arretriamo in corrispondenza dello scivolo. Pochi minuti dopo di noi entra in
porto anche Kiwi Dream; il
ragazzotto, sempre a bordo del nostro gommone, porta a terra anche le loro
cime. Siamo affiancati e a contatto di parabordi, ma ben sistemati (4°20.860’S
55°49.758’E).
Terminate le manovre viene fuori che il giovanotto non è un ormeggiatore
del porto, come pensavamo, bensì un noleggiatore di biciclette! Un po’ stupiti,
gli lasciamo una piccola mancia, che lui accetta chiedendo anche una birra.
È luna nuova e l’escursione di marea si fa più sensibile:
dagli usuali 100-110 centimetri si arriva ora a 1,4 metri. Siamo
comunque tranquilli perché con la minima abbiamo ancora 25 centimetri sotto la
nostra chiglia.
Delle tre isole che abbiamo visitato, la piccola La
Digue è quella che ci è piaciuta di più. Il turismo, molto fiorente, non ha
prodotto finora alcun danno all’ambiente e al paesaggio. Ci sono pochissime
auto, qualche pulmino degli alberghi, ed essenzialmente tutti si muovono in
bicicletta. Una delle attività più redditizie per i locali è infatti l’affitto
delle bici, di cui abbiamo usufruito anche noi: 100-150 Rp/giorno (6-9 €).
Le spiagge sono una più bella dell’altra, con
finissima sabbia bianca e quelle rocce granitiche che rappresentano l’attrazione
più peculiare delle Seychelles, e a noi ricordano tanto la nostra Sardegna.
Nonostante il fascino delle spiagge, però, fare il bagno non è propriamente
agevole: soprattutto nel versante ovest dell’isola, più protetto, con la bassa
marea l’acqua arriva al massimo alle caviglie!
Con Mirella e Umberto passiamo una giornata nel grande
parco L’Union (ingresso a pagamento, 125 Rp), dove oltre alle belle spiagge costellate
di roccioni granitici si trovano coltivazioni di vaniglia ed un grande recinto
di tartarughe giganti di terra.
L’atmosfera dell’isola è rilassata e tranquilla. Ci
sono molti ristoranti, in cui si mangia abbastanza bene e a prezzi contenuti. Domenica
15 luglio, per la finale del mondiale di calcio, prenotiamo un tavolo per sei
(noi quattro più Anne ed Alan di Kiwi
Dream) in un ristorante con grande schermo: la maggior parte dei clienti
tifa per la Francia, noi siamo per la Croazia … ed è andata come è andata.
Per la spesa ci sono tre supermercati, non molto
grandi, mentre per il carburante il distributore è proprio sul porto (vicino
allo scivolo), si può fare rifornimento con le taniche.
Dopo qualche giorno di piacevole soggiorno, martedì
17 luglio lasciamo La Digue per far ritorno a Mahè. Kiwi Dream, che ci ha preceduti, ci avvisa che la baia di Marine
Charter dove abbiamo ancorato in precedenza è stracolma di barche, perciò
decidiamo di ancorare circa un miglio più a sud, nel largo canale tra Eden
Island e Angel Fish Bay Side Marina (4°38.350’S 55°28.355’E); l’acqua non è
trasparente, ma senz’altro più pulita che al Marine Charter. Possiamo fare
acqua con il dissalatore e pulire la carena.
Eden Island è un’isoletta completamente occupata da
un grande complesso turistico-residenziale di tipo terra-mare, con prestigiose villette
a schiera dotate di pontili. Sul versante sud c’è un grande e apparentemente lussuoso
marina, con prezzi adeguati alla struttura (per la nostra barca, circa 70 € a
notte, più acqua ed elettricità). Oltre ai numerosi bar, gelaterie, ristoranti,
non poteva certo mancare un vasto grande centro commerciale. Vista la vicinanza
(mezzo miglio) più volte col dinghy
andiamo a rifornirci di pane e cibo fresco nel supermercato “Spar” e
soprattutto presso una rivendita di prodotti italiani d’importazione, “Mamma
Mia”.
Riprendono inoltre i contatti con la piccola
comunità dei naviganti.
Pino, facendo arrivare i pezzi del suo vecchio
Perkins dall’Inghilterra, è riuscito a sistemare il motore della sua barca; ha
però dovuto cambiare i suoi programmi: non avendo ottenuto l’importazione
permanente della barca, ha preso il largo ed è partito per il Madagascar.
Conosciamo gli australiani Brett e Mandy, armatori
di Levanteia, anch’essi diretti in
Madagascar. Da loro apprendiamo che, dopo un mese di permanenza alle
Seychelles, è necessario avviare la pratica per l’importazione temporanea della
barca. Si tratta di una regola introdotta
da poco tempo, di cui noi eravamo totalmente all’oscuro… e il nostro primo mese
è scaduto il 16 luglio!
La burocrazia delle Seychelles diventa così la nostra
principale preoccupazione, non solo per l’importazione temporanea di Refola (che non abbiamo richiesto), ma
anche per riuscire a recuperare la nuova cucina Techimpex che abbiamo ordinato
da SVB in Germania, prima di partire per Praslin. Seguiamo su internet la
spedizione da Brema: la cucina è arrivata il 18 luglio, ma pare che l’operazione
di sdoganamento richieda diversi giorni, oltre la mediazione di un agente. Per
fortuna il gentilissimo Graham, gestore dell’Angel Fish Bay Side Marina, ci fornisce
tutte le indicazioni necessarie e ci mette a disposizione il suo agente.
Sabato 21 luglio, dopo una bella cena al ristorante
italiano “La dolce vita”, Mirella e Umberto ci lasciano per far ritorno in
Italia; durante la loro vacanza il tempo non è stato sempre bellissimo e di
bagni ne abbiamo fatti davvero pochi, ma almeno siamo stati in buona compagnia.
Il 23 luglio l’equipaggio si rimpolpa con l’arrivo degli
amici Giancarlo, Angelo e Cristina, new entry oltre che moglie di Angelo.
Navigheranno con noi fino al Sudafrica.
Al loro arrivo la situazione è ancora incerta: non
sappiamo quando ci verrà consegnata la nuova cucina, non sappiamo se saremo costretti
a richiedere l’importazione temporanea della barca, se saremo multati per il
ritardo… Decidiamo di fare gli gnorri e avviamo la procedura per l’uscita dalle
Seychelles, presentando come prescritto un modulo di “richiesta clearance”. E
aspettiamo…
La navigazione tra le Seychelles ed il Madagascar è
considerata tra le più difficili nell’oceano Indiano: bisogna attraversare un
tratto di circa 300 miglia a NE del capo D’Ambra, zona di forti correnti dove gli
alisei di SE, in luglio e agosto, rinforzano spesso a 30-35 nodi, alzando una
notevole onda. Fin da quando eravamo alle Chagos, la pericolosità di questo
passaggio e le strategie per affrontarlo sono state al centro delle
conversazioni con gli altri naviganti, che ci hanno informato dell’esistenza di
un ormai anziano navigatore oceanico, Des, che dopo aver percorso in lungo e in
largo l’Indiano a bordo della sua barca Gambit
risiede ora a Durban ed offre gratuitamente la sua consulenza sulle
previsioni e sulle rotte a chiunque voglia raggiungere il Sudafrica. Gli
scriviamo e diventiamo anche noi suoi clienti, o per meglio dire suoi “protetti”.
In attesa di poter definire una data di partenza, consulto
ogni giorno numerosi siti di previsioni meteo, e via mail mi confronto con Des.
Finalmente, nel pomeriggio del 25 luglio, ci viene
consegnata la nuova cucina.
Ora dobbiamo “solo” smontare la vecchia (che ultimamente
aveva dato molti problemi, tra cui due fuochi non funzionanti), adattare e
montare la nuova … ed ottenere la clearance di uscita.
Abbiamo la fortuna di avere a bordo il Gianca, che
fin dalla nascita di Refola ci ha
accompagnato in tanti viaggi, ed è un grande esperto di lavori in barca; grazie
alla sua esperienza, la nuova cucina viene velocemente adattata e montata,
mentre la vecchia finisce nel deposito immondizie dell’Angel Fish Bay Side Marina.
Un problema risolto!
Resta ora la questione della clearance: perseverando
nella nostra politica dello “gnorri”, ci rechiamo all’ufficio della SMSA (Seychelles
Marine Safety Administration) per vedere l’esito della nostra richiesta di
uscita. Incredibilmente, senza proferire parola, ci riconsegnano il modulo.
Richiesta APPROVATA!
Velocemente, prima che ci ripensino, compiamo le
altre tappe della via crucis di uscita: immigrazione (dove ci timbrano l’uscita
per sabato 28), Harbour Master (dove paghiamo 5.985 Rp, circa 355 €, per i 42
giorni trascorsi alle Seychelles) e infine dogana, dove restiamo col fiato
sospeso finché non ci consegnano l’agognata clearance. È fatta! Siamo liberi di
andare, coi documenti in ordine, e senza multa.
La sera di venerdì 27, come alcuni miliardi di
persone nel mondo, ci godiamo dal nostro tranquillo ancoraggio lo spettacolo
dell’eclissi di luna.
Ora resta da capire quando partire per il
Madagascar.
Sabato 28 ci spostiamo sul versante NW di Mahè, nella
grande baia di fronte alla spiaggia di Beau Vallon, e caliamo l’ancora (4°36.544’S
55°25.541’E). La baia è ben protetta dall’onda, ma grossi nuvoloni grigi ci scaricano
addosso ogni tanto grossi scrosci di pioggia.
Oggi, domenica 29 luglio, sciogliamo le riserve.
Partiremo nel primo pomeriggio: dobbiamo raggiungere Capo d’Ambre prima di
venerdì 3 agosto, quando i temibili venti della zona rinforzeranno.
Ci risentiamo non appena avremo acquistato un sim card
madascaregna!