Se raggiungerla ci ha fatto un po’ penare, dobbiamo
dire che Città del Capo ci ha ripagato ampiamente la fatica. Siamo qui da due
settimane, ormai in procinto di partire, ma potremmo restare altrettanto tempo
senza temere di annoiarci: moltissime le cose da fare e da vedere.
Siamo entrati al Waterfront Marina, come detto,
lunedì 11 marzo. Oltre ai nostri compagni di viaggio di Tala 2 ritroviamo altri amici conosciuti nell’Indiano la scorsa
stagione: Karel e Phil di Tehanili, Paul
di Newdawn, Dana e Jean Pierre di Vanille, il mitico Dustin che naviga in
solitario nonostante abbia subito l’amputazione di gamba e braccio sinistri a
causa di un incidente. Aperitivi, chiacchiere, scambi di informazioni…
Oltre che alle relazioni sociali, dedichiamo i
primi giorni alla pulizia della barca e ad alcuni lavori di manutenzione. Finalmente
riesco a far funzionare la pompa dell’autoclave: regolato il pressostato, non
aspetta altro che essere attivata, ma attualmente al marina abbiamo il tubo di
acqua dolce che entra in circuito senza passare dal serbatoio. Da un tecnico
locale abbiamo rimediato una nuova scheda per il winch elettrico che funzionava
solo manualmente: ho faticato non poco per il ricablaggio, ma alla fine è
andata. Senza successo invece (da parte del tecnico) la ricerca del guasto alla
scheda elettronica del secondo autopilota. Il tutto ci è costato circa 360 €.
A partire dal 13 marzo ci lanciamo alla scoperta
della città. Iniziamo con un lungo giro a piedi: dopo aver attraversato l’area
ipermoderna disseminata di grattacieli (sembra di essere a New York),
gironzoliamo per il centro storico con i suoi palazzi in stile coloniale.
In
giro molta gente e moltissimi turisti, atmosfera piacevole, strade pulite,
innumerevoli bancarelle che offrono coloratissimi souvenir. La nostra prima
meta è il Museo del 6° Distretto, dove è stata ricostruita la storia
dell’evacuazione forzata di 50.000 persone di diverse etnie, che furono
costrette ad abbandonare le loro case ed attività negli anni ’60 e ’70 a
seguito del progressivo inasprimento della segregazione razziale nota come apartheid. Piccolo ma toccante, il Museo
è affidato alle cure degli ex residenti nella zona ed è ricco di fotografie del
quartiere com’era, prima che i bianchi decidessero di appropriarsene, raderlo
al suolo e ricostruirlo.
Cape Town è molto grande e visitarla a piedi
richiederebbe tempo e fatica: senza pudore, calandoci del tutto nella parte dei
turisti “normali”, decidiamo di affidarci ai servigi del CitySightSeeing (i famosi
bus rossi a due piani che si vedono in tutto il mondo), che a Cape Town offrono
diversi percorsi in città e fuori. Insieme a Sue e Wayne di Tala 2 ci rechiamo alla biglietteria, a
due passi dal marina, dove ci attende una sgradita sorpresa: la cabinovia che
porta alla Table Mountain, la grande rocca piatta che sovrasta Cape Town, è
molto affollata e per accedervi bisogna fare una coda di almeno due ore e
mezza! Vista la giornata calda e la nostra proverbiale pigrizia, non prendiamo
minimamente in considerazione l’idea di salire a piedi (arrampicata di minimo
90 minuti!) e prontamente cambiamo programma: prenderemo la linea che circonda
la penisola del Capo e faremo una deviazione per visitare i vigneti e le
migliori aziende vinicole della zona chiamata Constantia.
Muniti di cuffiette
che in italiano ci forniscono informazioni su ciò che ci circonda,
attraversiamo in bus la città per poi uscire in una campagna verde e curata,
con altissimi eucalipti (qui considerati infestanti perché non endogeni e
pericolosi per gli incendi). Godiamo appieno, sotto un cielo di un azzurro
incredibilmente intenso, il breve tour tra le colline ricoperte di vigneti; ci
fermiamo per pranzare nella più antica delle aziende vinicole, Groot
Constantia, che ha iniziato la sua attività nel lontano 1685. Buon cibo, ottimo
vino, il tutto a prezzi non risibili ma accettabili. La tenuta ha una
fantastica veduta sull’oceano e la sua architettura, perfettamente restaurata,
è nel tipico stile coloniale olandese.
Rientriamo in città seguendo la strada costiera che
circonda la penisola; il vento fischia forte nelle nostre orecchie ma non è
niente in confronto alla sera del nostro arrivo…
Siamo abbastanza provati dall’intensa giornata, ma
non vogliamo rinunciare alla Table Mountain e così il mattino dopo Lilli
Roberto ed io ripartiamo di buon mattino per evitare le code. E questa volta
siamo fortunati: la coda non dura più di 15 minuti e la giornata è limpida e
poco ventosa (con forte vento la funivia, ad unica campata, sospende il
servizio!). Le due grandi cabine trasportano 65 persone alla volta ed il loro
pavimento è rotante, in modo che tutti possano godere la vista a 360° sulla
città, sull’oceano e sulla ripida parete rocciosa. Una volta in cima (1086
metri) si è liberi di esplorare il vasto, piatto e glabro pianoro su sentieri
facilitati con magnifici panorami. Un leggero spuntino, una birra ghiacciata e
di nuovo giù, dove troviamo centinaia di persone (meno previdenti di noi) che sotto
un sole cocente fanno la fila per salire.
Per non farsi mancare nulla, Lilli e Roberto fanno
anche la breve -30 minuti- crociera nei canali, a bordo della barchetta per
turisti, immancabilmente rossa, del CitySightSeeing. Io desisto.
Ma il tour turistico prosegue il giorno dopo con la
visita di Robben Island, piccola e piatta isoletta a 6 miglia da Cape Town. Usata
fin dall’epoca coloniale come luogo di confino per i capi delle tribù in
rivolta, ha mantenuto intatta nei secoli la sua funzione: vi fu insediato in
seguito anche un lebbrosario, fino a diventare nel secolo scorso la prigione principale
dove recludere i dissidenti politici. Nelson Mandela stesso vi trascorse 12 dei
suoi 28 anni di carcere. Oggi il carcere è divenuto un museo: le visite sono
guidate da ex prigionieri che, appositamente formati, raccontando anche le loro
personali storie riescono a rendere perfettamente il senso di isolamento e la
durezza delle misure di sicurezza adottate dal regime dell’apartheid. Purtroppo
tutte le spiegazioni sono fornite esclusivamente in inglese, e nonostante gli
sforzi di Lilli per tradurre sicuramente Roberto ed io non riusciamo a cogliere
tutto, ma le immagini che scorrono davanti ai nostri occhi sono comunque molto
eloquenti.
Infine, proprio a due passi dal nostro marina, c’è
il Waterfront, una specie di luna park permanente che rappresenta una delle
attrazioni turistiche più gettonate. Un po’ come a Londra e a Sydney, le
antiche costruzioni del porto sono state abilmente ristrutturate per ospitare innumerevoli
negozi, bar, ristoranti. Quasi interamente pedonale e frequentatissimo, il
Waterfront è anche una sorta di teatro di strada, con mimi, musicisti, cantanti.
Camminando si è avvolti ora da frenetici ritmi di percussioni africane, ora da struggenti
suoni di violino, ma abbiamo sentito anche le canzoni di Boccelli…
Il sabato e la domenica mattina, poco distante,
viene allestito un bellissimo e variopinto mercato dove oltre a fiori, frutta e
verdura vengono venduti dolci, salumi e leccornie di ogni genere. C’è poi un’area
di ristorazione di diverse tradizioni culinarie. Noi gustiamo una paella
davvero buona, per circa 6 €.
La temperatura è molto variabile: alcuni giorni fa
caldo e si suda, in altri indossiamo maglioni di lana e calze di pile, ma il
cielo è quasi sempre sereno, e nel complesso si sta bene.
I giorni passano veloci e le altre barche, ad una
ad una, riprendono le loro rotte. Parte per prima Tehani-li, diretta come noi in Namibia, poi Sue e Wayne di Tala 2, che vanno diretti a Sant’Elena
per proseguire poi verso il Mediterraneo, poi Paul di Newdawn, anche lui per la Namibia.
Il 19 marzo, per Roberto, arriva il momento di
rientrare in Italia. Averlo a bordo è stato un piacere, e speriamo proprio che
i tranquilli giorni di Cape Town gli abbiano fatto dimenticare la brutta
avventura di Durban.
Il 22 marzo arriva Angelo, che purtroppo per lui giunge
alla fine della fase “vacanziera” e si cucca invece tutti i preparativi della
partenza: la “spesona” per rifornire degnamente la cambusa per i prossimi tre
mesi fino a Trinidad, le pratiche di uscita dal Sudafrica, l’ultima messa a
punto della barca.
Domenica 24 mollano gli ormeggi anche gli amici
canadesi di Vanille, diretti a Sant’Elena,
e al marina rimaniamo solo noi, Dustin … e le foche (sembra di essere tornati
alle Galapagos).
Oggi 26 marzo siamo pronti a partire: 480 miglia
per raggiungere Luderitz, in Namibia. Le previsioni meteo ci danno il vento in
calo rispetto a questa notte, da 15 a 25 nodi da sud ed anche l’onda in calo
sui 3,5 metri. Buon vento Refola, fai la brava come al solito!