martedì 27 settembre 2016

VERSO FLORES

Sabato 17 settembre alle 9.45 salpiamo da Ambon diretti Labuan Bajo, sulla estremità ovest dell'isola di Flores. È una tappa di circa 600 miglia; inizialmente, per spezzare il percorso, avevo previsto due soste intermedie, ma visto che la previsione meteo non ci dà speranza di fare un po' di vela decidiamo di puntare direttamente sulla destinazione finale. Procedendo col motore al minimo di giri, velocità media 5 nodi, fileremo 120 miglia al giorno; saranno 5 giorni di navigazione, presumibilmente con il mare piatto.
Poco dopo la partenza, siamo ancora nel golfo di Ambon, mi tocca fare un bagno fuori programma: incrociando una scia di corrente piena di rifiuti e detriti galleggianti, sentiamo variare bruscamente il rumore dell'elica. Immediatamente spengo il motore e scendo in acqua per vedere cosa è successo. Un grosso sacco di plastica a rete, tipo quelli delle patate, si è attorcigliato intorno all'elica; in due immersioni in apnea riesco a liberarla con il coltello e possiamo riprendere la rotta. Insegnamento tratto da questa esperienza: navigando a motore, se si incontra una scia di rifiuti (cosa molto frequente da queste parti), mettere subito in folle.
Dopo questo piccolo incidente iniziale, la navigazione prosegue tranquilla. Ci abituiamo facilmente al ritmo dei turni, e lentamente le miglia scorrono.

Quando siamo a circa metà percorso, ci rendiamo conto di essere in anticipo: la corrente a favore ci ha fatto guadagnare un po' di miglia, e il plotter calcola l'ETA (ora presunta di arrivo) verso il tardo pomeriggio. Questo è un problema. Se dovessimo per qualche motivo rallentare, magari incontrando corrente contraria, rischieremmo di dover affrontare un atterraggio notturno, sempre poco raccomandabile. In alternativa, dovremmo incrementare la velocità alzando il numero di giri/motore, con conseguente aumento di consumo di carburante.
Riflettendo sul tema e studiando la cartografia, vediamo sul nostro percorso un atollo costituito da solo reef, senza terre emerse, dove potremmo fermarci qualche ora per assicurarci un arrivo diurno; c'è una pass ed abbiamo anche una buona immagine satellitare, che c'è di meglio di mezza giornata di relax, un bel bagno e un po' di snorkelling?
Detto fatto, alle 10.30 di lunedì 19 settembre entriamo nell'atollo Karang Koka attraverso la pass di nord est, che ha fondale minimo sui 6-7 metri. Poiché all'interno ci sono profondità elevate, gettiamo l'ancora appena dentro, vicino al reef, su 20-22 metri di sabbia con qualche macchia di corallo (6°03.291'S 124°23.405'E).
L'acqua è limpidissima e invoglia a un bel bagno, ma c'è una forte corrente, di almeno 2 nodi, e non è prudente scendere in acqua dalla barca. Caliamo il dinghy e andiamo più vicino al reef, dove la corrente è più debole; i coralli sono discreti, ma comunque una nuotata nell'acqua cristallina è sempre piacevole e tonificante.
Ci sono un paio di pescatori in zona, con le tipiche barchette a bilanciere e motore da falciatrice; siamo ben lontani da terre abitate, l'isola più vicina si trova infatti a circa 20 miglia.
Alle 16 facciamo il consueto collegamento via radio SSB con gli amici navigatori italiani che si trovano tra il Pacifico e l'Indonesia; dopo i saluti ci prepariamo per la partenza: alaggio del dinghy, accensione degli strumenti, accensione del motore...che però non si accende!  Qui inizia il panico: la batteria dello starter non ha carica sufficiente. Per prima cosa metto in parallelo con i morsetti volanti un'altra batteria scollegata dai servizi, ma ancora l'avviamento non riesce. Il problema si era già presentato l'ultimo giorno ad Ambon, con difficoltà nell'accensione del generatore, ma poiché per risolverlo era bastato avviare il motore, avevo attribuito l'inconveniente al generatore stesso e non alla batteria dello starter. E ora? Siamo senza motore e senza generatore!
Richiamo l'attenzione di un pescatore, pensando che possa avere a bordo una batteria. Cortesemente il giovane si avvicina sorridente, ma non ci può aiutare: il suo motore, come quello di tutte barche usate qui dai pescatori, ha l'accensione a manovella. Chiedo se nell'isola vicina si può trovare una batteria, ma la sua faccia è abbastanza eloquente.
Il sole sta tramontando e nemmeno i pannelli solari ci possono aiutare, il generatore eolico ha quasi le ragnatele per il lungo disuso …  Lilli è muta ed immobile, seduta in pozzetto; affranta sta pensando a quanti giorni dovremo restare fermi in quest'atollo invisibile, nel mezzo del nulla.
Ma io non mi arrendo, spengo tutti gli apparecchi di bordo, scollego buona parte del cablaggio delle batterie e utilizzo i cavi per mettere in parallelo a quella d'accensione una terza batteria. Incrocio le dita, giro la chiavetta e … bruuum, il motore parte! Sono in un bagno di sudore, con l'adrenalina a mille, ma anche questa volta il pericolo è scampato. Lilli ha gli occhi lucidi per la felicità.
Ripartiamo per Flores. Fino all'arrivo, anche se arrivasse il vento, non possiamo spegnere il motore!
L'avventurosa sosta nell'atollo, a parte l'ansia che ci ha provocato, ha raggiunto lo scopo di assicurarci un atterraggio diurno. Giungiamo infatti a Labuan Bajo alle 8.10 di giovedì 22 settembre. Di fronte alla città c’è un gruppetto di piccole isole, separato da uno stretto canale,  in cui si forma una bella corrente di marea che arriva a 3 nodi.
Nel canale sono posizionate numerose boe, per la maggior parte occupate dalle barche per escursioni nel parco marino di Komodo; ne prendiamo una libera davanti al porto (8°29.518'S 119°52.359'E) e finalmente possiamo spegnere il motore!