mercoledì 21 settembre 2016

KOFIAU - AMBON

Sabato 10 settembre salpiamo da Fam alle 7.25. Una partenza “grigia”, senza vento; per fortuna, nella mattinata, torna un po' di sole e arriva anche un leggero venticello, che ci consente di procedere a vela.
Alle 15.30 gettiamo l'ancora davanti al villaggio sull'isolotto Deer, su un fondale di sabbia e qualche corallo isolato sui 14 metri; un posto tranquillo e ben riparato (1°09.271'S 129°50.853'E).
C'è una nave ancorata a breve distanza, che fa servizio settimanale su Sorong e partirà verso sera.
Alcuni ragazzi vengono a trovarci con una tipica canoa indonesiana (che diversamente da quelle di PNG, Solomon, Vanuatu, ha bilancieri su entrambi i lati): uno di loro studia inglese a scuola e così intratteniamo una piccola elementare comunicazione. Veniamo a sapere che a Kofiau ci sono le scuole secondarie, proviamo a chiedere se al villaggio ci sono negozi e se è possibile comprare frutta e verdura, ma il tema è troppo difficile per il nostro giovane interlocutore e non otteniamo risposta.
Le acque sono calme e discretamente pulite, così completo la pulizia della carena dello scafo; ora mi restano chiglia e timone, da fare con le bombole.
Domenica 11 settembre, ben riposati e dopo la consueta lauta colazione, salpiamo per Ambon, a 225 miglia; un tappone con navigazione notturna che presenta un'insolita difficoltà: questo tratto di mare, specie in prossimità di Ambon, è disseminato di “casette”, piccole zattere galleggianti che servono da base per la pesca. Non sono cartografate, per lo più non portano luci, possono essere circondate da reti, insomma soprattutto di notte un vero rischio per la navigazione.
Alla partenza, tanto per cambiare, il cielo è grigio e coperto, senza un alito di vento. Procediamo a motore verso ovest, navigando nell'ampio canale che separa l'isola principale di Kofiau da numerosi più piccoli isolotti, ciascuno col suo villaggio.
Lasciamo a dritta un'altra grande isola, Torobi (dove c'è anche il segnale telefonico) e attraversiamo zigzagando un secondo fitto arcipelago di isolette a SW di Kofiau; una volta fuori, con la rotta libera, troviamo finalmente anche il vento, che ci fa proseguire spediti a vela per tutta la giornata.
La notte scorre tranquilla, Lilli ed io ci alterniamo come al solito in turni di guardia di tre ore. All'alba incontriamo le prime “casette”, e con un certo sollievo verifichiamo che il radar le rileva, almeno le più grandi. Il plotter ci segnala che il nostro ETA (extimated time of arrival) prevede che l'atterraggio ad Ambon avvenga di notte, il che significa compiere il tratto di navigazione più pericoloso, con le “casette”, nel buio più totale, a luna già tramontata. Optiamo per una scelta più sicura e modifichiamo il programma di navigazione: passando attraverso Lebang Haya, lo stretto canale che separa le isole di Seram e Kelang, risparmiamo circa 15-20 miglia rispetto alla rotta originaria. Possiamo arrivare al canale verso le 16, attraversarlo, ancorare per la notte e riprendere la navigazione il mattino seguente all'alba, per  le ultime 55 miglia.
A dire il vero il passaggio di Lebang Haya lo dovrò verificare sul posto: sulla cartografia Navionics semplicemente non esiste, mentre su C-Map è discretamente dettagliato, con fondale minimo sui 5 metri; l'immagine satellitare di cui disponiamo non è chiarissima, ma grazie a SasPlanet ci consentirà almeno di essere sicuri della nostra posizione.
Alle 15.30, come previsto, siamo all'ingresso del canale. Non c'è una grande visibilità, ma a questo punto attraversarlo è per noi davvero importante: entriamo affidandoci al plotter e all'ecoscandaglio e trattenendo il respiro per tutta la sua lunghezza, circa un miglio. Lilli è di vedetta sul pulpito di prua ed io al timone.
La corrente a favore ci regala 2 nodi di velocità, ma verso la fine, scontrandosi con l'onda da sud, crea delle belle onde stazionarie di 1-1,5 metri, che Lilli affronta attaccandosi fermamente allo strallo. Il minimo fondale su cui passiamo è 6 metri, poi finalmente torniamo in acque profonde.
Alle 16.15 ancoriamo 2 miglia a sud-est del passaggio, su fondo sabbioso di 20 metri (3°10.730'S 127°51.763'E). La baia è aperta a sud e c'è mezzo metro di onda, ma l'ancora tiene bene; siamo soddisfatti, e festeggiamo l'obiettivo raggiunto con una bella birra fresca.
L'indomani, martedì 13 settembre, facciamo colazione prima dell'alba e alle 6.20 salpiamo. Il vento latita e ci cucchiamo l'ennesima lenta navigazione a motore, con la corrente contro, ma alle 16.30 giungiamo ad Ambon, la nostra meta.  Ancoriamo nell'ansa del porto davanti al Christian Center, una costruzione che richiama - con un po' di fantasia - l'Opera House di Sydney, su un fondale di fango con buona tenuta sui 24 metri (3°42.093'S 128°10.208'E).
La scelta di arrivare di giorno è stata davvero saggia: il golfo di Ambon, lungo 14 miglia, è effettivamente cosparso, anche in acque profonde oltre 500 metri, di queste piccole casette galleggianti, ormeggiate ad un barile-boa. Sarebbe stato difficile, di notte, non beccarne neanche una!