Mercoledì 7 settembre alle 6.50 salpiamo da Wayag, prestino perché il piano di navigazione prevede un tappone di 50 miglia, direttamente all'isola di Penemu.
Man mano che avanziamo ci rendiamo conto che arrivare con una buona luce è praticamente impossibile: abbiamo un vento apparente contrario sui 15-17 nodi e per quasi tutta la mattina anche una corrente contraria, in alcuni tratti anche di 2 nodi; in più abbiamo alle spalle una notte in cui abbiamo dormito poco, a causa dell'allarme ancora che, pur essendo alla boa, continuava a suonare.
Decidiamo quindi di cambiare programma: avendo in prua l'isola di Minyaifun, ci dirigiamo sulla costa nord dove c'è anche uno dei pochissimi centri abitati, o meglio villaggi, delle Raja Ampat.
Alle 13.40 ancoriamo circa 1 miglio a NW del villaggio, tra l'isolotto Yef Bie e Minyaifun, su un fondale sabbioso di 18-19 metri (°019.469'S 130°12.110'E).
Un ancoraggio tranquillo e riparato, che ci consente di recuperare un po' di riposo; prima di sera riprendo anche la pulizia della carena, che ne ha proprio bisogno.
Il mattino seguente ci spostiamo davanti al villaggio, dove le acque sono più profonde (sui 27-28 metri), ma la nostra sosta sarà breve e c'è poco vento, quindi non serve neanche verificare la tenuta dell'ancora.
Vado a terra con il dinghy dirigendomi ad un pontile che alcuni operai stanno rinnovando, loro stessi mi indicano dove attraccare e mi danno una mano prendendo la cima.
Vicino al pontile c'è la scuola, al mio passaggio una simpatica maestra fa ripetere ai bambini a voce alta: “Good morning, mister!”. Rispondo al saluto nella loro lingua: “Salamat pagi!”.
Tirando fuori dal dizionario qualche parola, chiedo in giro dove posso trovare frutta e verdura, ma le risposte sono negative; sulla strada che conduce ad una piccola moschea, un negozietto vende solo scatolette, riso e prodotti non deperibili.
Ritorno in barca con la borsa vuota, e alle 9.35 salpiamo alla volta di Penemu.
Appena fuori dalla zona riparata di Minyaifun, troviamo le stesse condizioni del giorno precedente: vento sul naso se pur di debole intensità e corrente contraria, ma questa volta abbiamo solo 16 miglia e tutta la giornata davanti; percorriamo a motore le prime 4 miglia, per superare una catena di fitte isolette, poi issiamo le vele e facciamo bordi fino a destinazione.
Prima delle 15 siamo già ad est di Penemu; iniziamo a costeggiare cercando un ancoraggio idoneo, ma con il passare del tempo la ricerca diventa un po' snervante: i punti che sulla carta sembrano riparati dall'onda e dal vento di ESE sono profondi oltre 40 metri, solo al largo dei reef che fuoriescono di qualche centinaio di metri si trovano delle piccole aree con fondale intorno a 20 metri. Un navigatore ha segnalato sul “Compendium” l'esistenza di una boa, un quarto di miglio a sud dell'isolotto di fronte all'ingresso della laguna interna di Penemu (riconoscibile dalle numerose bandierine), ma la boa non c'è più; un altro ha segnalato un ancoraggio in una baia aperta a nord circa 1,5 miglia più a sud, ma anche lì i fondali sono sui 30 – 40 metri e non c'è spazio sufficiente per stare alla ruota.
Torniamo allora in prossimità dell'ingresso alla laguna, dove c'è un pontile con una tettoia blu; avvicinandoci, vediamo che alcuni operai stanno lavorando sul pontile. Chiediamo a gesti se possiamo attraccare, ma ci rispondono di no. Non ci resta che quel punto fuori dal reef, senza protezione e praticamente in mezzo al mare, ma è l'unico con fondale sui 20 metri. Sono le 16.30 quando terminiamo la manovra di ancoraggio, su sabbia e corallo, profondità 22 metri (0°34.647'S 130°17.038'E).
Avevamo grandi aspettative su questo posto, decantato nei depliant: attraverso un passaggio stretto e poco profondo si accede ad una grande laguna che immaginavamo simile a una piccola Wayag. Purtroppo, la ricerca dell'ancoraggio ci ha tolto gran parte dell'entusiasmo.
Verso sera le acque si calmano e tutto sommato passiamo una notte tranquilla.
Venerdì 9 settembre, di buon mattino, valutiamo l'idea di fare un'escursione all'interno della laguna, ma il cielo nero, coperto da densi nuvoloni, non invoglia a mettersi a girare col gommone. Poco dopo infatti inizia a piovere a dirotto, tanto che non vediamo più nemmeno terra, a mezzo miglio. Che cacchio di giornata!
Aspettiamo che la visibilità aumenti un po' e salpiamo, facendo rotta sulla vicina isola Fam, a circa 4 miglia.
Giungiamo a Fam sempre sotto l'acqua e ancoriamo sulla costa nord, su un fondale di sabbia e coralli sui 13-14 metri (0°38.912'S 130°16.069'E); vado a verificare la posizione dell'ancora e la trovo ben affondata nella sabbia, le acque sono limpide e si notano anche bei coralli sul fondo, più numerosi verso terra.
Siamo in prossimità dell'ingresso di una laguna chiusa a nord dall'isolotto Ambabee ed a ovest dal reef affiorante; nel pomeriggio il cielo si rischiara e ne approfittiamo per fare un giro con il dinghy all'interno della laguna: le acque sono profonde, sul versante destro entrando c'è una casetta dove vive un pescatore solitario e tre scheletri di bungalow (forse iniziati e mai terminati), mentre in fondo a sinistra c’è un pontile in legno che ha l'aria di non essere utilizzato da tempo.
Torniamo in barca e mentre riprendo la pulizia della carena ci viene a trovare il pescatore solitario, si avrebbe voglia anche di fare due chiacchiere, ma la comunicazione è davvero limitata: un saluto, grandi sorrisi, la richiesta di una sigaretta ed il pescatore si avvia verso casa.
Ancora una volta siamo indecisi se fermarci o continuare la nostra rotta verso SW, ma quando al mattino vediamo il cielo ancora grigio decidiamo di partire verso Kofiau, a 40 miglia.