8°34.574'S 157°52.803'E
Proprio mentre ci prepariamo alla partenza notturna da Hoi Island, si alza un vento che non vedevamo da tempo, 20-25 nodi da ESE, al gran lasco, ed appena fuori dal dedalo di isolette vi si aggiunge anche un bel mare formato, con onde corte di oltre 3 metri: usciamo bruscamente dal torpore al quale ci avevano abituato giorni e giorni di totale calma di vento.
La prima meta che abbiamo in programma è una piccola laguna, la Wilderness Lodge, segnalataci anche dal SY A-Gogo (8°47.156'S 158°13.836'E), ma al nostro passaggio risulta notevolmente esposta all'onda: decidiamo quindi di saltarla e proseguire di altre 10 miglia, fino all'interno della Kolo Lagoon. La scelta della partenza notturna è stata proprio azzeccata!!!
Alle 11.00 di lunedì 13 giugno caliamo l'ancora nella baia appena ad ovest del Mbili Passage, su un fondale sabbioso di 7-8 metri (8°39.784'S 158°11.275'E); l'acqua è verdastra e non proprio trasparente, ma in compenso l'ancoraggio è ben protetto dall'onda e dal vento, che soffia ancora a 20-25 nodi.
Neanche il tempo di montare il tendalino da sole, che un giovane di nome Paul, di cui avevamo già letto sul blog di A-Gogo, si accosta con la sua canoa per darci il benvenuto, comunicandoci di aver preso il posto del padre John nell'aiutare le barche in sosta e nel vigilare sulla loro sicurezza.
Poco più tardi è la volta di Luten, il chief del villaggio, che ci invita a vedere, a terra, le sculture di legno prodotte dai "carvers" della sua comunità, i più eccellenti delle intere Solomon. L'appuntamento è per le 14.00.
Così, dopo pranzo, atterriamo col dinghy. Avevamo preavvisato di non avere molto contante, ma qui sono ben contenti di essere pagati in parte con denaro e in parte con "beni di scambio". Quindi raccogliamo tutto quel che può essere utile (indumenti per bambini, acquistati in un mercatino ad Honiara, magliette nostre che non usiamo più, articoli da pesca, oggettini vari, qualche pacco di riso, zucchero e latte in polvere) e con il nostro borsone raggiungiamo gli scultori che all'ombra di alte palme hanno disposto ognuno una stuoia con i propri articoli. Sono 6 "stand", con sculture molto belle, senza dubbio le migliori viste fino ad ora: in ebano, in pietra, conchiglie lavorate e lucidate con grande maestria, c'è l'imbarazzo della scelta.
Per non fare torto a nessuno, diciamo al chief e a Paul (anch'essi tra gli espositori) che vorremmo scegliere un articolo per ogni stand. "Saggia idea" dice Paul "voi scegliete i pezzi e poi la trattativa prosegue privatamente con ciascuno, sulla vostra barca".
Noi abbiamo alle spalle una notte in navigazione e perciò suggeriamo di completare le trattative l'indomani; "No, no" ci viene risposto "meglio finire oggi così ognuno torna ai suoi impegni e non ci si pensa più". Inconsapevoli di quel che ci aspetta, torniamo in barca con il fagotto delle nostre "merci" e disponiamo tutto in bella mostra, sulla tuga di poppa.
Arriva il primo, dopo pochi minuti altri tre, e ben presto sono tutti su Refola, ognuno con l'articolo che abbiamo scelto, a rovistare nella nostra esposizione; noi non siamo preparati a queste trattative, che si trascinano fino a diventare estenuanti. Pur di tirar su qualche soldo, i "carvers" accettano euro, dollari neozelandesi, qualsiasi moneta, anche se per cambiarli dovranno subire cambi strozzini.
Stanchi come siamo, la nostra resistenza crolla e cediamo su tutti i fronti, pur di liberarci di questo mercato: qualche busta di tabacco, una decina di birre e finalmente alle 20.00, quando è ormai buio da un po', restiamo soli. L'ultimo a lasciarci è Paul, che ci ha procurato anche sei granchi del cocco, fornendoci istruzioni su come cucinarli.
Tutti se ne sono andati soddisfatti; noi lo siamo un po' meno, ma in compenso abbiamo la barca piena di sculture! Visto che ormai abbiamo pagato un bel dazio, decidiamo di stare un altro giorno nella baia: "Ora che ci hanno prosciugato, ci lasceranno in pace, così possiamo goderci questo tranquillo ancoraggio!"
Il mattino seguente, invece, arrivano altre canoe. Un altro gruppo di quattro scultori, provenienti dal villaggio principale di Mbili, chiedono di mostrarci le loro opere. Cerchiamo di essere gentili, dicendo che abbiamo speso tutto con la mostra del giorno precedente, ma insistono per farcele vedere e così la tuga di Refola si riempie di bellissimi oggetti. Questa volta è Lilli a prendere in mano la situazione: "Se volete, possiamo darvi una maglietta o un giubbino, ma i soldi sono finiti, prendere o lasciare". Non accettano lo scambio, e dopo qualche chiacchiera se ne vanno, probabilmente un po' delusi, ma salutandoci col sorriso.
Nella tarda mattinata arriva anche Milton, uno degli scultori del giorno precedente, a portarci le papaie e una zucca che ci aveva promesso. Dovevano essere il saldo per le nostre "mercanzie" prese il giorno prima, ma è venuto con la moglie, una bella e giovane donna in carne, e ci dice: "Questa frutta è di mia moglie, dovete trattare con lei". Lilli con fare gentile, ma nello stesso tempo risoluto, le offre qualche indumento, ma lei sembra mirare ai soldi. "Se non vi va bene, riprendetevi la vostra merce" dice Lilli, che davvero non ne può più. Interviene allora Milton: "Va bene un chilo di zucchero".
Paul ci chiede di dare un'occhiata al suo piccolo generatore, che non funziona: andiamo a terra, ce lo mostra, ma non ha nemmeno una chiave per aprirlo e di conseguenza lo portiamo a bordo, per vedere se si può sistemare.
Una volta nel pozzetto, dall'involucro di stoffa che avvolgeva il generatore salta fuori un grosso scarafaggio, che Paul blocca al volo e getta fuori bordo; appena aperta la mascherina della parte elettrica ne escono altri tre, per fortuna anche questi presi e gettati in acqua.
Purtroppo c'è ben poco da fare: il generatore è fermo chissà da quanto tempo, alcuni fili sono interrotti, il sistema di avviamento a strappo è arrugginito. Ripristino i collegamenti elettrici, e dico a Paul che per l'avviamento deve andare ad Honiara e sostituire il meccanismo di plastica consumato (essendo Yamaha non dovrebbe essere difficile trovare il ricambio). Paul mi ringrazia, ma dice: "Andare ad Honiara è molto costoso, ed anche i pezzi di ricambio sono costosi, se non troverò qualche altro yacht che fa questo viaggio lo butterò".
Poco più tardi è la volta del Chief Luten, il più anziano dei nostri "fornitori", ma anche il più onesto e sincero. È venuto per salutarci e ringraziarci, ma anche per farci vedere di nascosto l'oggetto più prezioso che non era esposto il giorno prima: una statuina in pietra raffigurante una sirena che tiene tra le mani i seni, un bell'oggetto finemente lavorato. Forse non era esposto perché considerato troppo osé. "In tutto il mondo la vista dei seni crea un certo interesse" ci dice, ma visto che non facciamo richieste sul prezzo, rimette via la sua preziosa scultura. La sua discrezione ci consola dell'insistenza dei più giovani, e così lo salutiamo regalandogli una busta del nostro tonno congelato, ed una coca-cola.
Mercoledì 15 giugno, alle 9.00 lasciamo l'ancoraggio per dirigerci circa 12 miglia più a nord, a Matiu Island. Siamo sempre all'interno di questa grande laguna circondata da due barriere, piena di isole, isolette, bassi fondali e banchi corallini. La cartografia elettronica, Navionics e C-Map, è molto imprecisa e povera di dettagli; abbiamo però una buona immagine satellitare, e anche se a causa del cielo un po' coperto la visibilità non è delle migliori, riusciamo a fare il percorso in tutta sicurezza.
Alle 11.30, dopo avere ampiamente aggirato a NW il basso fondale che delimita a SW la nostra baia, caliamo l'ancora su un fondale sabbioso di 6-7 metri (8°29.772'S 158°08.984'E). Anche questo ancoraggio, come il precedente, è ben riparato dal vento dominante di ESE, l'acqua è calmissima e verde, ma non trasparente.
A terra non vediamo capanne, l'isoletta di Matiu è disabitata; sulla spiaggia vediamo i segni di una attività di taglio alberi ormai abbandonata. Pensiamo che forse qui potremo stare tranquilli, ma nel pomeriggio ci raggiunge una canoa. Un signore piuttosto distinto, proveniente dal villaggio di Telina sull'isola Vangunu, ci dice che ci ha visto passare la mattina e così ha pensato bene di pagaiare per 4 miglia per proporci le sue sculture! Ormai rassegnati, gli diamo 100 Solomon$ (circa 12 €) e un vecchio rapalà per una graziosa statuetta di legno, intarsiata con pezzi di madreperla, poi un chilo di riso per un sottopentola di paglia. Anche lui se ne va contento; Lilli si dà da fare per trovare un posto dove stivare la nostra batteria di sculture, Luciano ci propone di metter su un banchetto abusivo a Santa Lucia.
Finalmente soli, andiamo col dinghy a fare un giro sul reef che circonda la baia a sud, facciamo un po' di snorkeling e vediamo dei bei coralli e molti pesci di piccolo taglio.
Il giorno dopo, passiamo una giornata di relax: bucato, sostituzione della girante del generatore, controllo della tensione delle batterie, che nelle ultime settimane hanno dato segni di "stanchezza".
Venerdì 17 giugno, alle 8.30 , lasciamo l'ancoraggio di Matiu Island, per attraversare la Marovo Lagoon fino al villaggio di Seghe, sull'isola di New Georgia.
Il percorso verso ovest sarebbe adatto per avere la luce alle spalle, ma di sole ce n'è ben poco, così anche questa volta ci salvano le immagini satellitari e il nostro Sas Planet: io al carteggio a dare indicazioni sulla rotta, e Lilli e Luciano fuori al timone e a scrutare davanti.
L' ancoraggio si trova nel canale che separa Vangunu Island da New Georgia; vi arriviamo alle 12.25 e gettiamo l'ancora circa 100 metri a nord del molo del villaggio di Seghe, su un fondale di 7 mt di sabbia e coralli bassi (8°34.574'S 157°52.803'E).
A terra, in prossimità del molo, c'è il mercato ortofrutticolo: solo 4 banchi sono ancora presenziati, con sopra poche cose, betel nut, qualche banana, qualche cocco; lì vicino due piccoli "supermercati", con scatolette e merce non deperibile. Uno dei due ha il cartello per il prelievo di contante con il POS, ma quando chiedo di prelevare mi dicono che non hanno soldi!
Le case del villaggio sono belle e nuove, quasi tutte a due piani; sulla collina, in posizione dominante, una grande chiesa. Seghe è un centro importante della religione metodista, tanto che stanno costruendo una nuova scuola di teologia.
Questa di Seghe è l'ultima tappa all'interno delle lagune Kolo e Marovo, caratterizzate da acque calme e venti leggeri, la prossima meta è Viru Harbour sulla costa sud di New Georgia.