10°44.193'S 165°49.795'E
Alle 5 del mattino di mercoledì 25 maggio siamo già in piedi; dopo un buon caffè iniziamo a salpare, purtroppo il fango trattenuto dalla catena ci fa perdere un po' di tempo per il lavaggio e solo alle 5.45 possiamo mettere la prua verso il passaggio di uscita, Ringdove passage; la marea è calante ed 1 nodo di corrente a favore ci spinge fuori.
Poi il vento si fa debole in poppa e dobbiamo dare motore, seppur a basso regime, per tenere una velocità media di 6 nodi e percorrere le 70 miglia prima del tramonto.
Quando mancano 5 miglia alla nostra meta, Graziosa Bay, rimettiamo la traina per avere qualcosa da offrire ai locali all'arrivo, ma per la legge di compensazione la presa che arriva dopo pochi minuti ci strappa via la lenza (forse abbiamo fatto male a vantarci di tirar su pesci come fossimo in pescheria!).
Graziosa Bay è un'ampia e profonda baia, sulla parte NW di Ndendo (più conosciuta con il nome di Santa Cruz), a cui si accede attraverso un'ampia imboccatura a nord oppure dallo stretto West Passage, che permette di risparmiare 10 miglia a chi come noi proviene da sud.
Alle 15.30 imbocchiamo il West Passage: il sole è ancora alto, ma coperto da nuvole, la visibilità del fondo è quindi scarsa, nonostante le acque calme; la cartografia elettronica di Navionics e le C-Map sono discretamente dettagliate, mentre non abbiamo purtroppo immagini satellitari decenti. Nel punto più stretto un paletto indica il passaggio, ma non si capisce se va lasciato a sinistra oppure a destra: apparentemente, dalla nostra posizione, sembra in mezzo al canale.
Lilli a prua controlla il fondo, riduco la velocità a 4 nodi e istintivamente quando mancano circa 200 metri accosto per lasciare il paletto a dritta, quand'ecco che da una barchina a motore che stiamo incrociando vediamo persone sbracciarsi per segnalarci che stiamo andando nella direzione sbagliata, giusto in tempo per vedere nell'ecoscandaglio solo 1 metro di acqua sotto la chiglia! Ora anche Lilli a prua vede i coralli, prontamente giro di 90° per lasciare il paletto a sinistra, aspettando da un momento all'altro il botto... siamo tutti in silenzio, col fiato sospeso, poi finalmente, piano piano, il fondale aumenta... il pericolo di incaglio, di rado avvertito così nettamente, è scampato. A prua Lilli ringrazia vistosamente l'equipaggio della provvidenziale barca a motore, senza la quale non avremmo avuto scampo. Quando l'adrenalina scende mi rendo conto che forse non ci saremmo fatti troppo male (la nostra velocità era bassa e la marea crescente), ma questi incidenti lasciano sempre un brutto segno, siamo stati fortunati!
Sono quasi le 16 quando passiamo davanti alla "città" di Lata ed al piccolo molo dove, accanto ad un relitto, è ormeggiato il traghetto che fa servizio fra le isole; noi tiriamo dritto all'ancoraggio sulla sponda est della baia, in località Shaw Point.
A dispetto del suo nome Graziosa Bay, larga 1,6 miglia e lunga circa 6, ha ben poco di grazioso almeno per quanto riguarda gli ancoraggi: acque profonde ovunque, dai 175 metri nella parte centrale si arriva ai 25 metri in prossimità del reef costiero.
Il piccolo ridosso offerto da Shaw Point, di cui abbiamo trovato segnalazione sulla pagina web "Good Anchorage" (www.goodanchorage.com) è una minuscola baietta a circa 1 miglio e mezzo dall'estremità sud di Graziosa Bay, e c'è posto alla ruota per una barca al massimo.
Alle 16.45 caliamo l'ancora al centro della baietta, su un fondo di bassi coralli sui 13-14 metri; con 50 metri di calumo, l'ancora tiene alla marcia indietro a 2000 giri/min. Con l'ultima luce del tramonto, dopo che un locale in canoa mi ha assicurato che non ci sono coccodrilli, faccio a tempo a scendere in acqua per controllare l'ancora, che trovo con la marra incastrata nel corallo (10°44.193'S 165°49.795'E).
Il giorno seguente, giovedì 26 maggio di buon mattino, Lilli ed io col dinghy attraversiamo la grande baia per recarci a Lata ed espletare le pratiche di ingresso alle Solomon.
Allo sgangherato moletto, come detto parzialmente occupato da un relitto, il traghetto visto il giorno prima sta ancora scaricando merci. Sulla riva notiamo un giovane che ci fa segno di atterrare a nord del molo, dove ci viene incontro sulla spiaggia e ci aiuta a tirare in secco il dinghy.
Si presenta con il nome di Paul e ci annuncia che la sua attività ("my business") è aiutare gli Yachtmen che devono fare le pratiche di ingresso o uscita.
"Seguitemi, dice, andiamo alla custom, poi alla quarantena, da questa parte!". Superiamo un breve momento di incertezza ed accettiamo che ci faccia da guida. Percorriamo un centinaio di metri nella zona portuale della "town" (quattro case fatiscenti), poi Paul infila un sentiero in salita, nel bosco. Forse intuendo le nostre perplessità, ci tranquillizza dicendoci che è una scorciatoia per arrivare nella parte alta della città.
Lata è il capoluogo di Santa Cruz, anche se i paesi da Far West dei film western in confronto sono metropoli: c'è un aeroporto con due voli settimanali per Honiara, un vero penitenziario (!) recintato con filo spinato, una stazione di polizia con una numerosa guarnigione (abbiamo visto una ventina di agenti all'alzabandiera), un piccolo mercato ortofrutticolo.
Molte fra le persone che incontriamo ci salutano con il "Good Morning"; quasi tutti, anche molte donne, sorridendo mostrano denti e gengive di un rosso vivo, non belli da vedere ai nostri occhi. Sembrano tutti feriti alla bocca, ma non è sangue: è l'effetto della continua masticazione di "bethel nut", una sorta di noce fresca che viene venduta per strada, ovunque, su consunte cassette di legno. A giudicare dalla quantità dei venditori e delle "bocche rosse" incontrate, è qui decisamente un prodotto di largo consumo.
Paul ci conduce all'abitazione della "Lady Custom" (così l'abbiamo battezzata noi), che si affaccia al balcone in abiti civili: è una ragazzotta piuttosto tracagnotta, e senza tanti preamboli ci dice che deve fare una "quick ispection" (veloce ispezione) a bordo, quindi o portiamo la barca davanti al porto oppure portiamo lei con il dinghy alla barca. In un primo momento optiamo per questa seconda ipotesi. "Ok, dice, aspettatemi al mercato che arrivo".
Da Paul nel frattempo cerchiamo di acquisire altre informazioni: la banca con sportello Atm (in fondo al paese, uscendo dal porto a destra verso l'aeroporto), la sim locale per i collegamenti Internet (gli uffici di Telekom sono a due passi vicino alla stazione di polizia). Gli diciamo che vorremmo comprare del pane ma siamo senza valuta locale, così si fa prestare 15 $ Solomon (circa 2 ?) da una sua paesana che ha un banco al mercato ortofrutticolo, compra per noi una pagnotta e ce la porge dicendo: "Meglio comprarla ora, perché ce ne sono solo quattro, quando avrete cambiato restituite i soldi alla mia amica".
Il tempo passa, ma Lady Custom non si fa vedere: torniamo alla sua abitazione, lei non è ancora pronta; il marito, un giovanotto robusto, è in cortile a spaccare legna, e comprendiamo dal suo atteggiamento un certo disagio per la nostra prolungata attesa.
Finalmente la "Lady" arriva, in divisa, si annoda i capelli dietro la testa e si presenta; chiedo quante persone devono venire a bordo, lei ci pensa un momento poi dice "Almeno tre". "Allora è meglio che veniamo noi di qua con la barca - dico - anche se l'ancoraggio è difficile è sempre meglio che attraversare la baia in 5 con il gommone". "Ok - dice lei - ci vediamo al porto".
Torniamo alla barca, interrompiamo il bagnetto che stava facendo Luciano e su Refola, col gommone al traino, riattraversiamo la baia. Gettiamo l'ancora circa 100 metri a nord del moletto, su un fondale di 5-6 metri misto di macchie di sabbia e grosse teste di corallo; lasciando qualcuno a bordo, può essere un ancoraggio temporaneo. Il cielo è coperto e sale un vento rafficoso sui 15-20 nodi, che rende l'ancoraggio ancora più precario.
Di nuovo con Lilli andiamo a terra con il dinghy a prelevare il nostro comitato per le pratiche: Lady Custom, il responsabile della quarantena e lo stesso Paul in veste di accompagnatore.
Saliti a bordo, la Lady ci consegna due moduli da compilare, e subito dopo: "Voglio bere" dice senza mezzi termini. "Cosa desidera, acqua, coca cola, tonic water, vino, birra?" Coca cola per la Lady e Paul, vino per il collega della quarantena.
Sui moduli, come sempre, va indicata anche quantità di vino, birra, alcool e sigarette a bordo; non avevamo trovato su internet alcuna limitazione sulle quantità consentite, tuttavia dichiariamo molto meno di quanto abbiamo a bordo realmente.
Firmate le carte, quando sembrava tutto finito, la Lady dice soave: "Ora facciamo la quick ispection". Una volta sottocoperta, guarda con estremo interesse, conta e riconta, le bottiglie di alcolici. Poi ci chiede se abbiamo una lista di "effetti personali". Restiamo perplessi, nessuno ci ha mai chiesto niente di simile, Lilli chiede se ha un modulo da compilare. "No - ci dice - ma per esempio, quanti cellulari avete?" Siamo sempre più sorpresi e sospettosi. A questo punto, con fare risoluto, la Lady comincia ad aprire gli armadietti, a guardare il contenuto di alcune scatole, sembra mossa più da morbosa curiosità che da dovere professionale.
Quando vede le sigarette, 4 stecche più 2 pacchetti dice: "Hai scritto 40 pacchetti, invece sono 42!". Fa finta di pensare a lungo sul da farsi, poi seraficamente se ne intasca uno, dicendo a Lilli: "Detto tra me e te, voglio un cellulare ed una bottiglia di alcool ".
Lilli torna dalla cabina di poppa e sconcertata mi informa delle richieste, vedo cosa posso fare mentre si ritorna tutti in pozzetto.
Vado a cercare la bottiglia di whisky più a buon mercato, acquistata per gli scambi, e gliela consegno, lei la guarda con sospetto, la rigira, il collega della quarantena la rassicura, "è buono, fa 36° di alcool". "Ma ho visto una bottiglia di gin!" A questo punto assumo anch'io un atteggiamento fermo: "No, quello è per noi, preferisci una bottiglia di vino?". "Quella dalla a me" dice prontamente il collega della quarantena. Così, esauditi quasi tutti i loro desideri, terminano le formalità. Mai vista tanta sfacciataggine! Per non dar loro il tempo di avere altri ripensamenti, con fermezza dichiaro: "Se siete pronti vi riaccompagno a terra". Finalmente la comitiva si alza e risale sul gommone.
Alla Telekom acquistiamo la sim per 20 $ e 200 $ di credito (100 $ 1 Giga-settimana, complessivamente circa 25 ?); alla "banca" (che in realtà è un negozio con il pos) preleviamo 400 $, tutto il contante che avevano a disposizione; saldiamo il nostro debito al mercato; Paul ci chiede 100 $ per i suoi servigi, ma ci accordiamo per 50, verrà a farci visita in canoa per proporci alcuni souvenir.
Quando ritorniamo con Refola al nostro tranquillo ancoraggio, i locali vedono la bandiera di cortesia sulla crocetta di dritta, e ci chiedono: "Avete fatto le pratiche? Allora avete conosciuto 'Lady alcool' !"
A Graziosa Bay, in attesa che arrivi un po' di vento, rimaniamo 3 giorni, durante i quali è un continuo avvicinarsi di canoe con gente che ci propone scambi di frutta con articoli vari, i più richiesti sono vestiti e maschere subacquee.
Come promesso Paul arriva con la sua povera mercanzia: in cambio di un paio di bermuda, due T-shirt, un rocchetto di nailon, una bustina di ami da pesca, un costume da donna, un braccialettino di gomma e una bottiglia di vino, abbiamo preso due sculture in legno, due stuoie disegnate su stoffa ottenuta battendo foglie di palma e il "mattarello" di legno usato allo scopo, due ventagli fatti di foglie di palma intrecciata, due conchiglie. Sembrava molto soddisfatto!
Un altro dei nostri visitatori si chiama Titus, che si presenta come il "ranger" della zona, mostrandoci tanto di certificato; ci racconta di uno dei suoi progetti, condiviso da una associazione neozelandese, riguardante la costruzione di uno Yacht Club, proprio in prossimità del nostro ancoraggio, con la posa di boe per le barche di passaggio. "Mancano i finanziamenti, ma ho già l'autorizzazione del governo!".
A parte le formalità di ingresso che ci hanno lasciato un po' stupefatti, a parte le comunicazioni praticamente impossibili (il credito Telekom si è volatilizzato in pochi minuti dandoci la possibilità di vedere la posta solo una volta), la sosta è stata piacevole, la baia si è rivelata tranquilla e penso che anche in caso di vento dominante sostenuto, una volta assicurata la presa sul fondo, dia un buon riparo.
La prossima destinazione è Santa Ana, piccola isola ad est della più grande di San Cristobal.