martedì 17 maggio 2016

AMBRYM, PENTECOSTE, MAEWO

14°58.691'S 168°03.437'E
Salpiamo da Port Vila giovedì 12 maggio alle 15.30, dopo aver fatto il pieno  di carburante al pontile del marina, approfittando del prezzo duty free per le barche in uscita; è la prima ed unica occasione alle Vanuatu per rifornirsi con la pompa in barca, altrimenti si lavora di taniche.
In dogana ci hanno rilasciato il permesso di navigazione fino a Sola, nell'isola Vanua Lava (Banks), dove formalizzeremo l'uscita dalle Vanuatu.
Appena fuori da Mele Bay, quando mettiamo la prua verso nord, abbiamo un bel vento al traverso: spegniamo il motore e proseguiamo a vela per un centinaio di miglia fino alla punta ovest di Ambrym. La notte passa tranquilla; solo nelle ultime 13 miglia diamo nuovamente motore, fino all'ancoraggio sul lato NW dell'isola, di fronte al villaggio Renon.
Alle 10.30 di venerdì 13 maggio, dopo aver percorso 117 miglia, ancoriamo su fondale di 5-6 metri, di sabbia nera (16°08.576'S 168°06.944'E).
Nel pomeriggio scendiamo a terra col dinghy. Notiamo che la spiaggia si anima di gente: no, non sono venuti ad accogliere noi, semplicemente aspettano il ferry-boat che sta arrivando e che si vede ancora piccolo all'orizzonte.
Chiediamo di Geoffrey, che abbiamo conosciuto lo scorso anno: ci dicono che è a Port Vila con la famiglia, perché la moglie deve partorire il loro terzo piccolino. Ci dispiace non poterlo reincontrare, questa sosta era stata programmata proprio per salutarlo e lasciargli qualche piccolo dono che non avevamo con noi l'anno scorso (30 metri di cima, un paio di occhialini da sole per la sua bambina).
Ci fermiamo sulla spiaggia, mescolati fra la gente del posto, ad osservare l'attracco della nave, lunga circa 50 metri, che approda direttamente sul bagnasciuga appoggiandovi il grande portellone da sbarco.
Scendono alcuni passeggeri e poi è la volta delle merci: pacchi, sacchi di riso, bidoni di carburante, materiale da costruzione (ferro, cemento, tavole di legno). Tutto viene portato sulla spiaggia, passando di mano in mano da una piccola catena formata da una decina di ragazzotti, alcuni che fanno servizio sulla nave, alcuni locali e alcuni passeggeri. Finite le operazioni di scarico, si occupano delle ben più magre spedizioni: qualche pacco, qualche oggetto avvolto in foglie di palma intrecciate.
Un signore che sembra coordinare tutte le operazioni di carico – scarico ha in mano un pacco di foglietti (ricevute di spedizione? bolle di trasporto?) e controlla con i destinatari il corretto arrivo della merce, incassa il denaro, che infila nella capiente tasca dei pantaloni ... i conti li farà forse a bordo, dopo la partenza.

Dopo circa un'ora, il ferry boat lascia la spiaggia e noi facciamo ritorno in barca.
Ripartiamo il mattino seguente, sabato 14 maggio: la nostra destinazione è la baia di  Loltong nell'isola di Pentecoste, a 38 miglia. La navigazione è piacevole, vento sui 12-14 nodi al traverso, niente onda; durante il percorso una presa alla traina riaccende in noi l'istinto di predatori, ma dopo i primi metri di recupero la lenza da 80 libbre (36 kg!) si strappa … siamo amareggiati, delusi e frustrati, anche perché non c'è cosa più bella che donare alla gente del villaggio un gran bel pesce appena pescato.
Alle 14.30 entriamo nella tranquilla baia di Loltong: c'è un allineamento per 90° su due triangoli bianchi, non grandi ma ben visibili, posti al centro della spiaggia, che indica il passaggio sicuro tra due reef e fino alla zona di ancoraggio, su sabbia con fondale di 4-5 metri, dove caliamo l'ancora facendo attenzione a lasciare libera la visuale dell'allineamento per eventuali altre imbarcazioni in arrivo.
Quando scendiamo a terra troviamo ad accoglierci Matthew, che gestisce il locale “Vatulo Yacht Club”.
Ci accompagna per un giro nel villaggio, presentandoci alle persone che incontriamo: tra queste Vittoria, proprietaria di una caratteristica “Guest House” (piccole capanne, molto curate, incassate tra massi sormontati da alberi e palme) ci propone alcuni pompelmi in cambio di qualche oggetto. Prendiamo accordi per tornare la mattina seguente.
Di buonora torniamo al villaggio; è domenica, molta gente è in chiesa, soprattutto le donne. Preleviamo i pompelmi da Victoria, lasciandole in cambio una torcia da testa, uno zaino ed elastici per capelli. Salutiamo Matthew, al quale doniamo una maglietta “da velista” e le bandiere consumate di Refola, da appendere nello Yacht Club.
La mattina stessa riprendiamo la navigazione verso nord, per una breve tappa di 12 miglia fino ad Ansawari Bay, nell'attigua isola di Maewo.
A circa metà percorso, un'altra funesta presa alla traina ci rovina la giornata: nonostante avessimo prontamente avvolto il genoa, per ridurre la velocità della barca, dopo i primi metri di recupero il filo si spezza nuovamente... Grande dilemma: pesce troppo grosso o filo marcio? Inizialmente preferiamo pensare che sia vera la prima delle ipotesi, e amareggiati riponiamo la canna.
Entriamo nella baia di Asanvari alle 13.00; nel primo tentativo di ancoraggio l'ancora finisce in mezzo ai coralli, ma il secondo tentativo va a buon fine, su 11-12 metri di sabbia (15°22.583'S 168°07.966'E).
Lo scenario che ci circonda è incantevole: la bianchissima spiaggia del villaggio, la cascata in fondo alla baia, la fitta vegetazione, il tutto reso splendente da una bella giornata di sole. Anche Francesco e Luciano rimangono colpiti dalla bellezza del posto e quando un giovane di nome Carl, gestore del ristorantino della cascata, ci propone per l'indomani un piatto di gamberi di acqua dolce con verdure decidiamo di passare qui anche una seconda notte.
Il giorno dopo, lunedì 16 maggio, ci godiamo una mattinata di sole circondati dalle acque calme e trasparenti della baia.  Ma il dubbio sugli incidenti di pesca, troppo frequenti, continua a ronzare e così decidiamo di girare la lenza sul mulinello: la parte terminale andrà all'inizio della bobina e alla parte opposta, che non ha mai toccato l'acqua, attacchiamo l'esca.
A ora di pranzo siamo nel ristorantino di Carl, a due passi dalla cascata. Ha preparato con cura il nostro tavolo (siamo gli unici clienti) ed i gamberi con le verdure sono eccellenti. Paghiamo in tutto 6.000 vatu, più o meno 48 euro, che non comprendono però le birre che ci siamo dovuti portare dalla barca.



Nel pomeriggio, visita al villaggio: ci viene incontro Erica, la signora che lo scorso anno ci aveva accompagnato alla sorgente della cascata. Si ricorda di noi, ci porge il benvenuto appostando a ciascuno un bel fiore rosso sull'orecchio.
Con un po' di rammarico ci chiede se siamo stati a pranzo da Carl (villaggio piccolo, le notizie volano!). Per consolarla le regaliamo una lampada solare che si illumina con colori diversi e un paio di occhialini da sole per la sua bambina, Serena. Sembra contenta e in cambio ci offre un sacchetto di verdure del suo orto.
Martedi 17 maggio salpiamo da Asanvari alle 7.10: vogliamo fare una sosta all'isola di Ambae a 12 miglia, dove potremo trovare una banca ed un supermercato per fare provviste di pane, e poi proseguire in giornata fino a Lelevela, sulla parte terminale di Maewo.
Un bel vento sui 15-18 nodi agevola il nostro piano di navigazione ed alle 9.00 ancoriamo a Vanihe Bay (la per noi famosa baia dei pipistrelli, descritta nel blog 2015), su 7-8 metri di sabbia nera (15°16.583'S 167°58.463'E).
Lilli rimane in barca, mentre Francesco, Luciano ed io con il dinghy ci rechiamo nella attigua Lolowai Bay, a circa 0,6 miglia.
Vicino all'atterraggio purtroppo non c’è uno sportello ATM e la banca, ci dicono, è a 2 km nel vicino paese di Saratamatra; noi abbiamo bisogno di moneta locale e ci incamminiamo sotto il sole nella strada polverosa, sperando di trovare un passaggio, purtroppo senza successo.
Facciamo il cambio alla banca, con la solita lentezza già riscontrata lo scorso anno negli sportelli bancari decentrati, acquistiamo il pane e torniamo al dinghy, questa volta trovando un passaggio su un pick-up.
Alle 11.15 ripartiamo da Vanihe Bay, con un bel vento al traverso sui 16-18 nodi e in 2 ore e mezzo percorriamo le 21 miglia fino a Lelevela, a circa 5 miglia dall’estremità nord di Mewo.
A Lelevela siamo ritornati per salutare David, che lo scorso anno ci aveva letteralmente riempiti di frutta e verdura del suo fornitissimo garden; senza darci il tempo di scendere a terra, ci viene a trovare con la sua canoa a bilanciere.
Lo accogliamo a bordo, anche lui si ricorda di noi; per non smentirsi, subito impartisce ordini al ragazzino che lo accompagnava a cavalcioni di una scassata tavola da surf, di andare a prendere per noi frutta e verdura.
Mentre chiacchieriamo e guardiamo le foto dello scorso anno, gli offriamo i nostri doni: 30 metri di cima da 10 mm, una torcia da testa, una serie di ami da pesca, un paio di occhiali da sole, un piccolo mappamondo; nel frattempo arrivano con i suoi figli papaie giganti, pompelmi, noci di cocco.
Prima del tramonto andiamo a terra dove vivono quattro famiglie oltre alla sua, molti sono i ragazzini, più numerosi degli adulti. Il nostro arrivo è salutato con grande entusiasmo,  dal momento che Lelevela non è una località conosciuta e poche barche fanno sosta  qui.
Stamattina, 18 maggio, David ritorna su Refola con una borsa di limoni e mandorle locali; nel primo pomeriggio andiamo a visitare il suo garden, come sempre molto curato, e verso sera ci salutiamo, noi siamo in partenza per la notturna che ci condurrà a Sola.