13°06.647'S 166°33.297'E
Mercoledì 18 maggio alle 19.10, dopo aver cenato, salpiamo da Lelevela diretti all'isola di Vanua Lava, e precisamente a Sola, capoluogo della provincia di TORBA, acronimo di Torres-Banks, i due arcipelaghi più settentrionali delle Vanuatu.
Il vento è debole, dal lasco a poppa, tuttavia riusciamo a fare lunghi tratti a vela e la notte passa tranquilla.
Dopo l'alba, quando mancano circa 4 miglia all'arrivo, caliamo la traina per testare la lenza girata sul mulinello. Passano solo pochi minuti prima che il cicalino dia l'allarme: Francesco corre a chiudere la frizione mentre io avvolgo il genoa, per rallentare la barca. Vista l'esperienza delle ultime due prede perse, non vogliamo rischiare, così recuperiamo la lenza metro su metro, pazientemente, senza forzare. E siamo premiati: riusciamo a tirare sotto bordo un enorme pesce vela! Proprio quando stiamo per agganciarlo con il raffio, si rifugia sotto la barca: sono gli ultimi concitati momenti, poi finalmente riusciamo a bloccarlo con due raffi e a fargli trangugiare una boccetta di aceto, per tramortirlo. A questo segue la bella impresa di tirarlo su in coperta, una faticaccia che solo l'entusiasmo ci fa superare. La nostra preda pesa almeno 50 kg, la lunghezza l'abbiamo misurata, 2 metri e 30: è il pesce più grosso mai pescato su Refola fino ad ora!
Ora il problema è: che farne? Il nostro freezer trabocca di cibo e pesce pescato! la decisione è presto presa, lo regaliamo a Robert, il simpatico gestore dello "Yacht Club" di Sola, che avevamo conosciuto l'anno scorso.
Poco dopo le 8.30 di giovedì 19 maggio ancoriamo nella baia di Sola, su fondale sabbioso di 5-6 metri (13°52.406'S 167°33.222'E). Ancoraggio è un po' rollante, che tentiamo di mitigare con una seconda ancora (Fortless inalluminio da 10 kg) a poppa.
Messa in ordine la barca, scattiamo le foto di rito con la nostra prestigiosa cattura e ci rechiamo a terra per parlare con Robert. Non lo troviamo allo "Yacht Club", ma un suo collaboratore ci accompagna a cercarlo nei "garden" a est della baia; con il passaparola e dopo una bella camminata lo incontriamo, si ricorda di noi. "Hallo Robert, how are you? Ho un grosso pesce per te, ma mi devi aiutare a trasportarlo al tuo Yacht Club, magari ne cucini un pezzetto per noi" "Volentieri, sarà un piacere" dice lui.
Così torniamo alla barca, carichiamo il pesce sul dinghy, che lo occupa per tutta la lunghezza e torniamo alla spiaggia, in un punto di atterraggio più facile, circa 150 mt ad est dell'insegna in legno dello "Yacht Club".
In quattro lo trasportiamo attirando l'attenzione di alcuni locali; in breve tempo intorno a noi si forma un capannello di curiosi, sono tutti colpiti dalla bella preda, scattano foto con i cellulari, ci chiedono dove lo abbiamo preso... alla soddisfazione della pesca si aggiunge anche la gioia di fare un regalo tanto apprezzato.
Concordiamo con Robert di tornare alle 18.30 per la cena.
Ci rechiamo per le pratiche di uscita all'ufficio della dogana, dove il sig. Tamata ci aspetta, dopo le telefonate fatte a lui e all'ufficio Custom di Luganville per assicurarci della sua presenza. Tutto avviene velocemente, senza alcun sopralluogo in barca; compiliamo la lista di equipaggio ed il documento di uscita (la "clearance") è pronto; poi un salto alla polizia locale che assolve anche i compiti di ufficio immigrazione, altro modulo e timbro sul passaporto.
All'ora convenuta, siamo allo "Yacht Club". Robert, il nostro ospite, è un giovane sui 40-45 anni, ben in carne e dai modi gentili. Ci invita a sedere qualche minuto nel chioschetto di foglie di palma intrecciate, dopodiché . "Ladies and gentlemen, dinner is ready!" Ci tiene a fare bella figura, ha preparato con cura (tovaglia bianca e pulita!) l'unica tavola nel capanno vicino alla cucina.
Il profumo del pesce alla brace sovrasta su tutto, ma sul tavolo ci sono molte altre portate, frutto dell'albero del pane, banane arrostite, polpette di lap-lap (sorta di tubero), kasava (simile alle nostre patate), oltre ad una squisita salsa a base di curry locale.
Ci siamo portati dalla barca birre e vino (lui non ha la licenza per gli alcolici) ed abbiamo mangiato fino ad essere sazi, senza tuttavia riuscire a finire tutto.
Alla fine Robert si è unito a noi per bere un bicchiere e fare un po' di conversazione. Ci ringrazia ancora per il pesce che gli abbiamo regalato, che ha diviso con altri amici e per questo ci porta anche i ringraziamenti delle altre famiglie.
Ci salutiamo con l'impegno di fargli visitare l'indomani la barca, prima della nostra partenza.
Il giorno seguente tutto il villaggio è radunato intorno al campo da calcio, si gioca una sorta di campionato tra alcuni villaggi dell'isola, ci sono 4 squadre di giovani sui 18-20 anni, ma giocano un bel calcio al livello delle nostre categorie dilettanti-semiprofessionisti. Andiamo a prendere Robert nel primo pomeriggio, è emozionato e felice perché - ci confessa - è la prima volta che sale su uno yacht!
Alle 19.10 di venerdì 20 maggio salpiamo da Sola per una notturna di circa 80 miglia fino a Tegua, la terza delle isole Torres.
Il vento è sempre debole, ma con l'apparente al traverso-lasco, riusciamo ancora ad avanzare a vela, solo quando la rotta ci obbliga ad avere vento apparente sui 5 nodi e onda in poppa, dobbiamo dare motore per evitare troppe sollecitazioni all'albero.
L'arcipelago delle Torres è formato da 4 isole: da sud a nord Toga, Loh, Tegua e Hiu. Le prime due sono poco frequentate dagli yacht, perché non offrono riparo adeguato dall'onda.
Alle 8.30 di sabato 21 maggio arriviamo a Hayter Bay sull'isola di Tegua. Seguiamo la traccia di Zoomax importata su Sasplanet: la baia sembra ben riparata dall'onda prevalente, ma i fondali più o meno omogenei, con qualche grossa patata, sono solo sui 25 metri (13°14.684'S 166°35.570'E), mentre più vicino a terra, dove la profondità scende a 10-15 metri, vediamo pochi tratti sabbiosi e grandi avvallamenti rocciosi. L'acqua è meravigliosamente chiara e trasparente, ma decidiamo di proseguire qualche miglio fino ad Entreux Bay, sul lato NW di Tegua.
Anche in questa baia la protezione dal rollio è buona, ma i fondali con profondità variabili tra i 12 e 18 metri sono principalmente corallini e rocciosi. Visto che è ancora presto, proseguiamo fino alla successiva isola, Hiu, la più a nord delle Torres, a sole 7 miglia.
Nel tragitto incontriamo 3 piccole barche a motore dirette a sud, ma a terra non vediamo traccia di villaggi. Siamo convinti di trovare qualcuno sull'ultima isola, così decido di mettere la traina per pescare un pesce da regalare all'arrivo.
Detto fatto! ormai è come essere in pescheria: questa volta non tarda ad abboccare un bel tonno pinna gialla sui 15 kg, molto combattivo, che viene sedato con la sua buona dose di aceto.
Purtroppo, quando alle 10.30 arriviamo a Metenia Bay, ci rendiamo conto che anche qui è un deserto, probabilmente i villaggi sono all'interno o sul versante est!
Il posto è molto bello, un fondale uniforme di sabbia sui 13-14 metri ed un'acqua talmente limpida che sembra di toccare il fondo con le mani. L'ancoraggio però si è rivelato fastidiosamente rollante, specialmente quando la prua è orientata perpendicolarmente a terra (13°06.647'S 166°33.297'E).
Francesco si dedica alla pulizia del tonno, ricavando altri 8 kg di filetto che imbustiamo sotto vuoto e a fatica facciamo entrare nel freezer; ormai abbiamo scorta di pesce fino all'Indonesia!
Andiamo a terra con il dinghy infilandoci negli stretti passaggi tra i coralli, ma tenendo d'occhio la bassa marea per non rimanere intrappolati; solo alcuni cocchi tagliati, sulla spiaggia, stanno ad indicare che qualcuno deve essere già passato di qui.
Domenica 22 maggio, alle 19.40 lasciamo definitivamente Torres e con esse il mondo delle Vanuatu. Nostra prossima destinazione, le isole Solomon.
Le foto le invieremo con la prossima connessione internet.