Alle 15.15 siamo alla pass a NW di Makongai, che conosciamo
bene essendo stati qui lo scorso anno, e alle 15.45 ancoriamo nella baia
davanti al centro di allevamento marino Maricolture, su un fondale sabbioso sui
13 metri (17°26.487'S 178°57.165'E); ci sono già altre 7 barche ancorate.
Il mattino seguente si annuncia una bella giornata di sole:
aliamo il dinghy e scendiamo a terra. Conservavamo un bel ricordo di questo
posto, ci avevano accolto e raccontato con molto entusiasmo delle attività per
allevare tridacne e tartarughe, dell'ambizioso progetto per conservare i resti
del lebbrosario (chiuso nel 1969) prima che la fitta vegetazione tropicale ne
cancelli le tracce; confidavano che il governo finanziasse questo tentativo di
recupero di un pezzo importante della storia locale, ed anche la costruzione di
una strada di collegamento al villaggio principale, che si trova dalla parte
opposta dell'isola.
Oggi non ritroviamo quasi nulla di quell'energia
comunicativa: incontriamo solo bambini e due giovani uomini che, seppure
sorridenti, non sembrano interessati ai visitatori.
Il centro di allevamento marino, rispetto all'anno scorso,
ci appare meno attivo: molte vasche vuote, due vecchie tartarughe giganti e
niente piccoli, mentre di tridacne ci sono solo esemplari giovanissimi.
Nessuno fa cenno al lebbrosario, e noi pensiamo che forse il
governo ha risposto picche al loro progetto...
ripercorriamo per conto nostro il sentiero tra le rovine fino al
cimitero, dove l'anno scorso ci avevano accompagnato, con la sensazione che
qualcosa si sia perso.
Per consolarci facciamo un po' di snorkeling sul nostro
corallo preferito, dove alloggia una tridacna gigante (90 cm): è sempre lì, con
il solito pesciolino che fa da guardia perché nessuno le si avvicini troppo
(vedi blog del 4/10/2014).
Giovedì 20 agosto lasciamo Makongai. Usciamo questa volta
dalla pass NE, che è nuova per noi; comunque abbiamo tre way-point riportati
dal Compendium delle Fiji e l'immagine satellitare. La affrontiamo alle 8.25,
con la marea crescente (la massima sarà alle 9.30), corrente praticamente nulla
ed assenza di onde stazionarie; insomma facile facile, in pochi minuti siamo
fuori, ed abbiamo risparmiato 5 miglia rispetto alla rotta tramite la pass di
NW, da cui eravamo entrati.
Il nostro piano di navigazione prevede una tappa di circa 48
miglia, fino a Savu Savu, ma se la direzione del vento ci obbligasse a fare
bordi o se il vento dovesse calare abbiamo l'opzione di una tappa più corta (27
miglia) fino a Namena Island, dove peraltro abbiamo fatto sosta anche lo scorso
anno.
Ma la navigazione non ci riserva sorprese, il vento resta
tra i 10 e i 15 nodi, comoda andatura di bolina larga / traverso, filiamo
spediti con tutte le vele spiegate e alle 14.50 chiamiamo il Waitui Marina di
Savu Savu sul canale 16 VHF, e ci facciamo assegnare un gavitello.
Questo posto ci ispira simpatia: la baia è ben protetta ed
arieggiata, la piccola città di Savu Savu, che si affaccia sulla baia, ha un
tono allegro e quasi caraibico, ed offre ampia scelta per i rifornimenti
(supermercati, mercato ortofrutticolo, negozi vari). Poi ci piace l'atmosfera
familiare del Waitui Marina, dove la simpatica manager Jolene si ricordava di
noi ed anche di Cristiano ed Eliane, e al cui piccolo “ristorante” mangiamo il
migliore fish and chips della stagione, spendendo 10 euro in due (comprese le
birre). Lo preferiamo di gran lunga al più blasonato “Coprashed Marina”,
raffinato ma … freddo.
Passiamo tre giorni tra relax, spese, lavoretti in barca;
riusciamo pure a far riparare una lampada a led, dallo stesso elettricista che
l'anno scorso ci ha venduto l'inverter.
Il tempo questa volta è stato dalla nostra, qualche
nuvoletta, ma tanto sole. Rabbocchiamo la cambusa e domani, 23 agosto,
saluteremo Savu Savu.