La costa nord ed est di Viti Levu è caratterizza dalla
presenza di estesi bassi fondali e reef affioranti, la maggior parte segnalati
fin dai tempi della dominazione inglese; questi segnali sono quasi tutti ancora
presenti oggi ed è possibile navigare in acque profonde e sicure per tutto il
percorso.
Navigazione da fare perlopiù a motore, a causa dei frequenti
cambi di direzione, anche se qualche tratto con il vento favorevole può essere
percorso a vela. Inoltre, poiché i segnali non sono luminosi, la navigazione
notturna è da escludere.
Di grande aiuto, se non indispensabile, la cartografia
elettronica: noi abbiamo preventivamente tracciato la rotta sul plotter,
seguendo passo passo l'avanzamento e prendendo nota dei segnali mancanti.
La costa, dal punto di vista panoramico e turistico, non
suscita grande interesse, e infatti sono poche le barche che si avventurano da
queste parti. Noi eravamo curiosi di fare un percorso nuovo e inoltre questa
navigazione “interna” ci fa guadagnare mare verso est, evitando di dover fare
bordi navigando contro i venti dominanti nelle acque a nord di Viti Levu, che
sono anch'esse disseminate di reef.
Il giorno della partenza, sabato 15 agosto, il meteo non ci
aiuta: il cielo è plumbeo, la visibilità ridotta, comunque con un'attenta
guardia (Lilli) ed un attento pilotaggio (il sottoscritto) intraprendiamo il
nostro percorso a zig zag e tutto fila liscio.
La prima sosta è dopo 27 miglia, a Vatubuli, un'insenatura
tra due reef che si estende verso sud per circa mezzo miglio. Siamo fortunati:
arriviamo alle 12.50, quando c'è bassa marea, ed i reef sono ben visibili. Il
canale di accesso è largo circa 60 metri; gettiamo l'ancora su un fondo di 5-6
metri, sabbia e fango, ottima tenuta (17°23.402'S 177°47.700'E). Solo poche ore
più tardi, con l'alta marea, i reef scompaiono del tutto e il luogo sembra
totalmente diverso.
Questo ancoraggio solitario, ben protetto anche dal vento da
est/sud da un'alta collina, ci era stato segnalato da un navigatore turco,
incontrato lo scorso anno a Vanua Balavu nelle Lau.
Il secondo giorno proseguiamo per altre 27 miglia, sempre a
zig zag, fino all'isoletta Yanutha, separata da Viti Levu da un canale largo
meno di 400 metri, dove ci fermiamo per la notte. Il panorama che ci circonda è
decisamente più attraente del precedente, anche se il cielo sempre nuvoloso non
ci consente di apprezzarlo pienamente. Eravamo stati qui anche lo scorso anno,
ma questa volta ancoriamo più vicino all'isola, dove c'è una bella spiaggia,
fondo di sabbia/fango sui 13 metri, ottima tenuta (17°18.520'S 178°13.607'E).
La piccola Yanutha è un'isola privata, occupata da un
resort, che al nostro passaggio non sembra avere tanti clienti; l'area è
servita da un eccellente segnale internet, Vodafone e Digicel.
Se fosse apparso il sole avremmo prolungato la nostra sosta
qui, ma poiché anche il terzo
giorno, lunedì 17 agosto, il cielo si
ostina ad essere grigio e coperto di nuvole, riprendiamo la navigazione verso
est.
In questa tappa, di 36 miglia, abbandoniamo la costa di Viti
Levu ed il canale segnalato e ci spostiamo ai margini della barriera corallina,
fino a Naigani Island. Ancoriamo a nord dell'isola, davanti ad una bella
spiaggia, fondo di sabbia sui 12 metri (17°34.273'S 178°40.626'E).
La quarta ed ultima sosta è a Levuka, sul versante est di
Ovalau Island, solo 14 miglia da Naigani; anche Ovalau ha la barriera corallina
che la circonda: noi entriamo da nord e costeggiamo l'isola fino a Levuka, dove
ancoriamo a nord del porto su un fondale sabbioso di 12 metri (17°40.936'S
178°50.164'E).
Siamo davanti alla cittadina, ma il posto non è molto
riparato, inoltre a terra c'è un grosso generatore che probabilmente funziona
ininterrottamente, e che fa un bel baccano.
Scendiamo a terra con il dinghy, che lasciamo al moletto
della dogana, per comprare pane e limoni.
La piccola città ci riserva alcune sorprese interessanti: niente palazzi
moderni, sul lungomare (che è anche la strada principale) si affacciano vecchie
costruzioni in legno, più o meno ben conservate, ma comunque molto suggestive.
Presso l'ufficio turistico, adiacente alla biblioteca pubblica (accogliente e
curata), è allestito un minuscolo “museo”, in cui con fotografie e oggetti vari
è illustrata la storia locale. A Levuka, il 10 ottobre 1874, è stato firmato lo
storico atto con cui i rappresentanti delle comunità fijiane hanno ceduto alla
Regina d'Inghilterra Vittoria la sovranità su tutto l'arcipelago (per definirne
i confini, nell'atto, hanno usato le
coordinate: area compresa tra i paralleli 15 e 22 Sud e tra il meridiano
177 Ovest e il 175 Est).
Levuka era la città più fiorente, allora, soprattutto per
l'esportazione di copra e legno di sandalo; è stata la prima capitale delle
Fiji, e sembra che la gente del posto ne vada fiera, conservando con cura e
valorizzando al massimo tutto ciò che documenta la loro storia passata (la
chiesa, i vecchi magazzini, le vecchie insegne dei negozi, la vecchia stazione
di polizia, il vecchio tribunale, la vecchia prigione).
Qui, ad opera di due intraprendenti commercianti, è nata
quella che oggi è la più estesa catena di supermercati delle Fiji; in tutti i
grossi centri abitati si trovano i magazzini MH, ma solo qui a Levuka sul
frontale del negozio appaiono i nomi dei fondatori, Mr. Morris a Mr. Hedstrom.
Quando torniamo in barca sono le 12.30: salpando subito
abbiamo il tempo di raggiungere Makongai Island, a 18 miglia. Peccato che
l'ancoraggio sia così scomodo, perché Levuka avrebbe meritato una permanenza
più lunga.