domenica 26 maggio 2019
CAMBIO DI PROGRAMMA: REFOLA RIMANE A CABEDELO
Martedì 21 maggio, alle 8.45, siamo pronti a mollare l'ormeggio; i ragazzi del marina sono sul pontile per assisterci, ed anche Fabio è venuto a salutarci.
Metto in moto e come sempre controllo il flusso dell'acqua di raffreddamento che esce dal tubo di scarico, appena sotto al galleggiamento: sembra tutto regolare. Poiché abbiamo la prua verso l'interno del fiume faccio la manovra contro la corrente di marea, che è uscente, e mi metto in rotta col motore a 1500 giri.
Pochi attimi dopo noto che dallo scarico esce fumo bianco, penso che è il motore è fermo da un po' di tempo e aumento i giri a 1800, ma il fumo bianco non si ferma. La temperatura dell'acqua è salita a 90°. Decisamente c'è qualcosa che non va.
Aiutati dalla corrente che ci spinge fuori, a 7 nodi di velocità abbiamo percorso circa un miglio. Inverto la rotta per tornare al marina ma con la corrente contro la velocità si riduce immediatamente a 3 nodi e mezzo. Non è proprio il caso di proseguire. “Ancoriamo”, dico a Lilli ed Angelo. Un altro minuto, e finalmente posso spegnere il motore. In tutto saranno passati 15 minuti dalla partenza.
Scendo in sala motore, metto la mano sul coperchio della girante: scotta. La girante è partita. L'ho cambiata a Durban, insieme all'intera pompa del circuito di raffreddamento, e da allora abbiamo fatto solo 160 ore di motore. Come è possibile quindi?
Il motore è bollente, per non ustionarmi lo copro con un vecchio asciugamano e mi metto all'opera. Levato il coperchio, scopro che la girante è letteralmente disintegrata. Doveva forse essere ridotta male già alla partenza.
Con un po' di fatica ne rimonto una nuova. Provo a rimettere in moto ma esce acqua dalla marmitta. Cacchio, è bucata! Mi era già successo lo scorso anno, ma diversamente da ora, ne avevo a bordo una di ricambio. Questa volta, invece, siamo bloccati all'ancora in mezzo a un fiume.
Sono sconcertato, non posso credere che il nostro viaggio finisca qui.
Superato il primo momento di incredulità, mettiamo in acqua il dinghy ed Angelo ed io ci rechiamo al marina, lasciando Lilli di guardia.
Naturalmente, per non farci mancare nulla, prima di arrivare ci becchiamo un bell'acquazzone.
Giunti al marina chiedo al tecnico Jean Pierre di informarsi per avere una nuova marmitta; nel frattempo Fabio mi rincuora, dicendo che quella bucata si potrebbe anche riparare.
Attilio, il responsabile degli ormeggi, mi dice che alle 14, con la corrente entrante, verrà a trainarci con la barca a motore del marina per riportare Refola al pontile.
Angelo ed io torniamo a bordo in gommone ed ovviamente durante il tragitto siamo investiti da un altro bell'acquazzone. Sono sconsolato, ripercorro mentalmente tutti i passaggi per capire se si poteva evitare. Forse sì, la bucatura della marmitta avrei potuto evitarla se mi fossi fermato subito, non appena ho visto la temperatura salire... 5 minuti prima, forse...
Col morale a terra, facciamo fatica a mangiare qualcosa nell'attesa dei soccorsi.
Per fortuna quando arriva Attilio, oltre alla corrente anche il vento è favorevole per risalire il fiume. Apro la randa e nel breve tratto che ci separa dal marina siamo quasi noi a trainare la barca a motore e il nostro stesso dinghy (su cui è salito Angelo). Veniamo assistiti da entrambe le imbarcazioni e l'ormeggio al pontile non presenta difficoltà.
Nel pomeriggio Jean Pierre ci comunica che potremmo avere una nuova marmitta in 2-3 settimane, al costo di 450 € circa (in Italia ne costa 200). Ma a parte il prezzo, l'alaggio di Refola era previsto per il 7 giugno e il nostro volo per l'Italia era l'11. È evidente che questa soluzione non fa per noi.
Pian piano si fa strada dentro di me la consapevolezza che non riusciremo a raggiungere la meta prefissata; è dura da digerire, ma alle volte bisogna rassegnarsi alle avversità. Lilli mi consola dicendo che si sarebbe sentita molto peggio se l'inconveniente ci fosse successo in mezzo all'oceano, magari quando mancavano ancora 1000 miglia a Trinidad. In qualche modo ha ragione, tanto più che avevamo deciso, se necessario, di aiutare la carica delle batterie anche col motore.
Per non lasciare comunque nulla di intentato, mi concentro sulle possibilità di riparare la marmitta bucata; alcuni navigatori suggeriscono di ripararla con fogli di vetroresina, altri con stucco da carrozziere, altri ancora con una piastra di acciaio e del sikaflex. In ogni caso sarà una riparazione provvisoria, che mi è necessaria per fare i test al motore, di cui voglio verificare a fondo l'integrità. Opto quindi per la soluzione più semplice e pratica: Attilio ha delle stuoie di vetroresina, dobbiamo solo acquistare la resina.
Ci viene presentato un giovane meccanico, che sta lavorando sulla barca di Fabio. Concordiamo che venga a bordo venerdì per il controllo del circuito di raffreddamento e del sistema di sicurezza (il sensore della temperatura che avrebbe dovuto andare in allarme e invece non ha funzionato) consegnandogli anche la marmitta ed il materiale per fare la riparazione.
Nel frattempo, anch'io mi metto al lavoro: smonto lo scambiatore per vedere se ci sono frammenti della girante, pulisco tutto il fascio tubiero, cambio una guarnizione “o-ring”, rimonto il tutto. Ovviamente, alla fine, qualcosa va storto: una vite non tira, si è spanata la sede di alluminio, bisognerà inserire un elicoide (un filetto di acciaio che consenta di utilizzare la stessa vite).
Venerdì Joelson (questo è il nome del meccanico) arriva con la marmitta riparata e fasciata con la vetroresina. Mi sembra un lavoro ben fatto, gli dico di procedere al montaggio, in modo da poter riaccendere il motore per verificarne lo stato di salute. Poi, con la sua macchina, andiamo a Joao Pessoa e facciamo il giro di alcuni negozi di ferramenta, finché troviamo l'elicoide. Tornati in barca, Joelson smonta il sensore della temperatura per provarlo immergendolo nell'acqua bollente: non dà segni di vita, deve essere sostituito. Accendiamo il motore per la prova e tutto è regolare. Gli chiedo poi di controllare il climatizzatore del quadrato; nel far questo sente che la ventola del freezer è rumorosa e si accorge che infatti ha una paletta rotta: altra cosa da sostituire. Rimane in barca circa 6 ore di fila, sudando sette camicie e ci lascia che l'ora di cena è passata da un pezzo.
Torna il giorno dopo con il vecchio sensore pulito e lucidato: “Era solo lo sporco che gli impediva di funzionare, ora è perfetto” ci dice. Facciamo la stessa prova del giorno prima, immergendolo nell'acqua bollente. Positiva. Lo colleghiamo all'impianto del motore, lo scaldiamo con un riscaldatore ad aria e tutto funziona: si accende la spia della temperatura ed interviene l'allarme sonoro.
A questo punto Joelson può rimontarlo propriamente; controlla se ci sono tracce di olio fuoriuscite dalla guarnizione della testa: sembra tutto a posto. Torna quindi a lavorare sugli impianti di climatizzazione: quello di poppa ha il compressore in corto circuito, quello di prua torna a funzionare dopo aver sostituito i condensatori della ventola, quello del quadrato è a posto, ma la tensione che arriva dalla banchina è troppo bassa (tra i 180V ed i 195V), perciò capita che il compressore non parta.
A questo punto, a pomeriggio inoltrato, ha finito. Gli chiedo il conto, un po' preoccupato visto il numero di ore che ci ha dedicato. Rimango basito quando Joelson mi chiede 400 real (circa 88 €), comprensive delle ventole acquistate e dello scarrozzamento a Joao Pessoa. “Ti chiamerò quando torno a gennaio per le batterie” gli dico “Ok, obrigado” mi risponde.
Siamo arrivati al 25 maggio e ormai ogni residua illusione di raggiungere Trinidad in tempo per l'alaggio di Refola e per il nostro volo è definitivamente sfumata. Avvisiamo via mail il Peake Yacht Service di Trinidad degli inconvenienti capitati, e chiediamo loro di tener buono l'anticipo pagato alla prenotazione (200 US$) per l'anno prossimo.
Rimane il problema dei voli. Mentre la barca è tutta sotto sopra per i lavori in corso, Lilli ed Angelo cercano di capire quale sia la soluzione migliore e meno costosa. Fanno ricerche su internet e scoprono che volare dal Brasile a Trinidad, per utilizzare da lì i biglietti già pagati, costa circa il doppio che volare direttamente in Italia. Assurdo! Poi tentano di verificare se possiamo recuperare qualcosa dei soldi già spesi: negativo, i voli erano low-cost e quindi immodificabili, possiamo essere rimborsati solo delle tasse (circa 70€ a biglietto sugli oltre 600 sborsati). Rassegnati, non ci resta che prenotare un nuovo volo da Recife all'Italia. Angelo partirà il 26 maggio, noi l'8 giugno, dopo aver preparato Refola alla lunga sosta in acqua.
Dunque la nostra settima stagione si conclude qui.
Tutto sommato, ci è andata bene: è vero, abbiamo dovuto cambiare programma e questo lascia sempre un po' di amaro, abbiamo dovuto spendere altri soldi per i voli, ma poteva andare peggio. Se il guasto fosse avvenuto più tardi, obbligandoci a navigare solo a vela, probabilmente avremmo ugualmente perso l'aereo già prenotato, avremmo speso ancora di più, e soprattutto saremmo stati in apprensione per giorni e giorni... quindi, facciamo di necessità virtù e, grazie all'imprevisto, lasciamo galoppare la fantasia sul percorso della prossima stagione!