martedì 7 maggio 2019

DA SANT'ELENA A CABEDELO - BRASILE

La vigilia della partenza, lunedì 29 aprile, invitiamo su Refola per un aperitivo e i saluti Max e Tania, la giovane coppia delle Mauritius; tra chiacchiere e piacevolezze si fermano anche a cena. Una gradevole serata per dirci arrivederci … ci si reincontra sempre, per mare.
La mattina dopo, 30 aprile, forti di una previsione meteo favorevole per un lungo periodo, alle 8.20 molliamo la boa. Rispettosi delle formalità tipicamente inglesi, chiamiamo via VHF il Port Control e Sant'Elena Radio per salutare e ringraziare dell'assistenza.
La situazione delle batterie è sempre critica, dobbiamo tenerle continuamente sotto controllo; per il dissalatore invece ho provveduto a sostituire il pressostato (il dealer Philippe, sempre sollecito e disponibile, mi aveva comunicato che il precedente si era bloccato in posizione di allarme).
Il primo giorno abbiamo un bel venticello sui 12-14 nodi da ESE, praticamente in poppa, ma poiché noi dobbiamo risalire in latitudine procediamo di gran lasco, con genoa e mezzana, per trovare una zona con venti più sostenuti; il secondo giorno cala a 6-9 nodi e siamo costretti a dare un po' di motore.
Il 3° giorno decidiamo di armare il ballooner, a farfalla con il genoa. La monovra per bloccarlo alla sommità dello strallo non riesce perfettamente ed il ballooner rimane issato grazie alla drizza, come fosse uno spinnaker. Questo ci preclude la possibilità di rollare contemporanemente le due vele di prua in caso di rinforzo di vento, che comunque non è previsto. Con questa velatura, che oltretutto stabilizza notevolmente la barca sull'onda di un paio di metri, la media giornaliera migliora decisamente, passando dalle 131 a 159 miglia percorse nelle 24 ore.
Per i primi tre giorni i tentativi di pesca sono infruttuosi e frustranti, ma il 4° finalmente tiriamo su un piccolo dorado; ci riteniamo soddisfatti e sospendiamo la pesca, anche perchè il freezer è già pieno. La percorrenza si mantiene buona: 166 miglia. Noto però che si è scucito un bel tratto di tessuto in prossimità della bugna del ballooner: dobbiamo ammainarlo e ripararlo prima che faccia buio.
Compiamo la riparazione in fretta, in coperta, usando il tessuto adesivo; fatica e lavoro inutile, perchè non appena lo tiriamo su di nuovo, l'adesivo cede e la situazione torna quella iniziale. Che fare? Ormai sono le 19, abbiamo ancora pochi minuti di luce, in più manco a farlo apposta questa volta il ballooner si è agganciato in alto a dovere, quindi la procedura per tirarlo giù sarebbe anche un poì più lunga. Decidiamo di lasciarlo issato così com'è e ripararlo come si deve l'indomani.
In questi primi giorni abbiamo il cielo prevalentemente nuvoloso: quasi completamente di notte, mentre per fortuna nelle ore diurne il sole riesce ogni tanto a farsi un varco tra le nuvole, dando grazie ai pannelli un po' di carica alle batterie.
Le batterie sono il grosso problema di questo viaggio. Ogni notte accedendiamo il generatore per un'ora e mezzo/due, poi allo spegnimento stacchiamo tutti i frigoriferi, il "vecchio" plotter (rimane attivo quello in coperta), il GPS, perfino il VHF. In queste condizioni riusciamo a tirare avanti circa un'ora e mezzo, prima che la tensione scenda a 23,5/24 V. a questo punto, accendiamo di nuovo il generatore. Complessivamente dalle 18 alle 9 del mattino il generatore lavora circa 9 ore.
Il 5° giorno tiriamo giù il ballooner per la riparazione: con la drizza porto su la "topina" (il dispositivo di sgancio) fino quasi alla sommità dello strallo, poi mi porto al traverso del vento, facendo ruotare il ballooner sopra il genoa, isso l'ultimo tratto la topina di sgancio et voilà la vela scende ad una velocità incredibile. Purtroppo abbiamo perso un po' la mano con la manovra (è qualche anno, dal Pacifico orientale, che non usiamo più il ballooner) e la vela finisce buona parte in acqua. Riusciamo comunque a recuperarla velocemente e procediamo a farfalla con genova tangonato e randa.
Questa volta seduti comodamente in pozzetto, fissiamo con cuciture le pezze adesive al ballopner; diamo il tempo al sole di asciugarlo sulla tughetta di poppa e lo issiamo nuovamente, per l'ennesima volta.
Con il vento al traverso, in modo che il ballooner salendo si sovrapponga al genoa, inferiamo la penna del ballooner nell'apposita canaletta dello strallo e issiamo. Un tiro più deciso nell'ultimo tratto assicura che il dispositivo legato alla penna si agganci fermamente al tamburo. Si può ora recuperare il circuito chiuso della drizza, e le due vele (genoa e ballooner) possono essere rullate a piacimento lasciandole sempre inferite. Geniale, monsieur Amel!
Non siamo soli in questa traversata. Ogni giorno alle 19.30 UTC, che è anche l'ora di bordo che avevamo alla partenza da Sant'Elena, ci colleghiamo via radio SSB al net italiano: Danilo e Angelo dall'Italia, poi Diego in navigazione verso Gibilterra, un altro Angelo (e sono tre con quello che abbiamo a bordo) in navigazione verso le Azzorre, Carlo di Amaltea dalle San Blas. Ci scambiamo i punti nave e la situazione di vento e mare, ognuno descrive i propri progressi.
Ci stiamo avvicinando a metà percorso: le nuvole sono diventate i batuffoli vaporosi tipici dell'aliseo, le notti sono stellate e di giorno il sole è cocente. Ci siamo lamentati del freddo in Namibia, ma ora fa fin troppo caldo.
Lunedì 6 maggio, settimo giorno di navigazione, il vento cala quasi costantemente sotto i 10 nodi; oltre alla diminuzione di velocità (che si riduce a 4-5 nodi), dobbiamo sopportare un discreto rollio e l'onda che ci spinge oltre il vento apparente, facendo scuotere le vele e l'attrezzatura. Ci vuole pazienza.
Mancano 892 miglia ed il nostro ETA (arrivo stimato) è fra 8 giorni.