La
navigazione da Mayotte al Sudafrica, nel canale di Mozambico, è
stata tra le più tribolate di tutto il nostro giro. Non tanto per
la lunghezza (1321 miglia),
e nemmeno per le condizioni meteo marine, ma per le molte incertezze
che l'hanno contraddistinta, dall'inizio alla fine.
La
prima, ancor prima della partenza da Mayotte, riguardava la rotta da
seguire. Tre le possibili alternative: puntare subito ad ovest, verso
il Mozambico, per costeggiarlo tentando di sfruttare la corrente in
direzione sud; dirigerci a sud est verso il Madagascar e tornare a
Cap St. Andrè, dove è successo l'inconveniente dello scambiatore,
per attraversare il canale nel punto più stretto; impostare una
rotta più diretta, scendendo al centro del canale.
Lilli
ed io abbiamo letto molto sulle particolari difficoltà di
navigazione nel canale di Mozambico. Nella sua parte settentrionale
il problema principale è rappresentato dalle correnti, che
disponendosi in grandi vortici (chiaramente visibili sul sito meteo
Windy.com) rendono difficile trovare il flusso favorevole. Nella
parte meridionale del canale, invece, le criticità sono dettate
dalla processione di fronti freddi che sopraggiungono dal Capo di
Buona Speranza. Tali fronti producono brevi periodi di venti
settentrionali seguiti da forti venti da SW, che spesso raggiungono
la forza di burrasca e sono accompagnati da intensi fenomeni
temporaleschi; gli effetti di questi sistemi si estendono lungo tutta
la costa orientale del Sudafrica e più oltre, fino a metà
Mozambico. La terza difficoltà nasce dall'intreccio dei due fattori
in campo, corrente e vento: quando i forti venti da SW si scontrano
con la forte corrente meridionale il mare si alza in modo abnorme.
In un
quadro così complesso, ci consideriamo fortunati per aver trovato
Des Cason, il navigatore e meteorologo che vive a Durban ed ha una
grande esperienza di navigazione nel canale; ormai sono mesi che
siamo in contatto via mail, e il suo consiglio per questo tratto, che
lui considera il più difficile del mondo, è di scegliere all'inizio
la rotta verso il Madagascar, l'unica che assicura in caso di
maltempo di trovare un riparo sicuro (Baly Bay, da dove eravamo
partiti il 31 agosto!); una volta scesi più a sud nulla vieta, se le
condizioni lo permettono, di deviare anticipatamente su Bazaruto, in
Mozambico. Ovviamente decidiamo di seguire queste indicazioni, e
concordiamo con Des di inviargli ogni giorno la nostra posizione alle
0900 UTC, per ricevere gli aggiornamenti sulla situazione
meteorologica.
Venerdì
14 settembre alle 9.45 salpiamo l'ancora. Navighiamo per 24 ore a
motore, senza vento, in un mare liscio come l'olio. Poi Des ci
conferma che la finestra è buona per accostare a sud
ovest verso Bazaruto: avanziamo quindi circa al centro del
canale, dove però continuiamo ad avere 1-2 nodi di corrente
contraria. La nostra velocità si attesta su una media di 4 nodi.
Il
vento latita. Navighiamo per quattro giorni consecutivi a motore, con
l'eccezione di poche ore a vela che ci sono miracolosamente concesse
nella notte tra il 15 e il 16. Si apre un nuovo ambito di incertezza:
la riserva di gasolio. Siamo partiti col serbatoio pieno (600 litri)
e 8 taniche da 20.
Poiché escludiamo di entrare ufficialmente in Mozambico (corruzione,
furti, sequestri di passaporto) non abbiamo possibilità di
rifornimento fino a Richards Bay. Ogni giorno registriamo i consumi
sul libro di bordo: 160 litri il 16 settembre, 220 litri il 17, 270
litri il 18.... Teniamo il numero di giri motore al minimo possibile,
cercando comunque di conciliare il risparmio di carburante con una
velocità accettabile. La domanda è: ce la faremo a non rimanere a
secco?
Dalle
18.30 di lunedì 17 settembre iniziamo ad avere la corrente a favore
ed arriva anche il vento. Ci troviamo in posizione 15°48'S
41°46'E e siamo a 65 miglia dalla costa del Mozambico:
avanziamo con rotta vera 235°, risultante dall'orientamento della
nostra prua (260°) e la forte corrente che ci spinge in direzione
200°.
Per un
breve lasso di tempo, ora che navighiamo piuttosto veloci e
confortevolmente, accarezziamo l'idea di poter saltare la sosta a
Bazaruto e procedere diretti a Richards Bay. Lilli soprattutto ne
sarebbe felice, visto che la sua riserva di sigarette comincia a
scarseggiare (a Mayotte costavano una fortuna e lei si è rifiutata
di pagare un pacchetto 8 euro).
Le
previsioni meteo azzerano presto le nostre speranze. È in arrivo un
vento da sud sui 20-25 nodi: se non vogliamo prenderlo giusto sul
naso dobbiamo per forza entrare a Bazaruto ed aspettare che passi. La
nostra idea è di fermarci una notte e ripartire subito, anche se sui
grib files vediamo che procedendo incontreremo un'importante onda da
sud, di altezza fra i 4 e 5 metri a margine del canale, dai 6 agli 8
metri più al largo. È un'onda lunga, provocata da una grossa
perturbazione passata molto più a sud, ma ne ignoriamo il periodo e
quindi ci suscita qualche preoccupazione. Vedremo...
Bazaruto
è una piccola isola poco distante dalla costa del Mozambico; ci sono
diverse zone di ancoraggio dove si può trovare protezione da tutti i
quadranti. Il problema è che l'accesso si fa attraverso un percorso
obbligato tra bassi fondali sabbiosi; impossibile percorrerlo di
notte, consigliabile farlo con la marea crescente, in modo da potersi
liberare velocemente in caso di incaglio.
Consultiamo
la tavola delle maree e non ci sono dubbi: dobbiamo entrare la
mattina del 20 settembre e per stare tranquilli non prima delle 08.30
(local time), quando la marea comincia ad aumentare. È un peccato,
proprio ora che abbiamo vento e corrente con noi siamo costretti a
tirare il freno a mano e rallentare la nostra corsa!
Rispettiamo
al millisecondo la nuova tabella di marcia e la mattina del 20,
seguendo sulle immagini satellitari di SasPlanet i way-point indicati
da Des, raggiungiamo la zona di ancoraggio. Come Des ci aveva
preannunciato vi troviamo Axiom,
la barca condotta da Sebastian e Jacqueline (conosciuti alle Chagos e
poi ritrovati in Madagascar), anche loro diretti in Sudafrica ed
anche loro, come noi, clandestini in Mozambico. Alle 10.20 diamo
ancora a 200 metri da Axiom,
su fondale sabbioso di 10-12 metri (21°38.737'S 35°26.220'E).
Il posto è molto bello e selvaggio; l'isola presenta numerose
colline, nella parte settentrionale ricoperte di vegetazione, mentre
nel versante sud, più esposto, completamente spoglie. Grandi dune di
sabbia, un pezzo di deserto affacciato sul mare. Peccato solo che
tutto lo scenario sia avvolto da una persistente foschia, che
attutisce i contrasti di colore. A terra facciamo fatica a vedere
villaggi, ma notiamo sulla spiaggia molti uomini impegnati a tirare
in secca, a mano, enormi reti da pesca.
Il previsto vento da sud arriva puntuale e soffia a 20-25 nodi, ma noi siamo tranquilli: l'ancora tiene perfettamente e abbiamo un sacco di spazio intorno a noi per il brandeggio.
Con
sei giorni di navigazione sulle spalle siamo un po' stanchi, ma il
desiderio di arrivare in Sudfrica è più grande. La nostra posizione
di “clandestinità” è un altro fattore di incertezza. Ci hanno
detto che alcuni locali qui vicino, per ricevere qualche mancia dalla
polizia, fanno la spia sulla presenza di barche a vela, e che
sfortunati navigatori si sono visti appioppare salatissime multe, o
addirittura il ritiro dei passaporti. Senza contare che proprio qui a
Bazaruto il nostro amico Gianni di Eutikia ha
subito il furto del motore fuoribordo! Quando potremo ripartire?
Via
mail interroghiamo Des in proposito. Ci risponde che dall'indomani,
21 settembre, il vento da sud ci darà tregua fino al 25, e che se la
successiva perturbazione non accelera il suo percorso dovremmo avere
tempo sufficiente per raggiungere Richards Bay. Ci sconsiglia però
di partire il 21 stesso, perchè incontreremmo il 23 un'onda da sud
di 4-5 metri con periodo 19 secondi, che potrebbe essere pericolosa.
Che fare?
Il 21
settembre alle 7 del mattino controllo la posta. Des ci conferma che
la finestra è buona fino al 25. Era la molla che aspettavo. Per la
nostra esperienza, con Refola possiamo benissimo affrontare
un'onda di 4-5 metri con periodo 19 secondi. “Partiamo subito”,
dico all'equipaggio. Lilli comunica via VHF la nostra decisione a
Sebastian di Axiom, ma la loro barca è più piccola, forse
hanno meno fretta, e decidono di aspettare.
Alle 9
salpiamo l'ancora. La giornata è luminosa e le dune di sabbia
risplendono contro il cielo di un azzurro intenso.
Ci avviamo nel percorso di uscita, anche questo tortuoso tra bassi fondali sabbiosi; come per l'ingresso, seguiamo sulle immagini satellitari di SasPlanet i way-point indicati da Des. Imbocchiamo il canale di uscita, dove si naviga per circa 100 metri su 3 metri di profondità, che poi si alzano a 9. La marea è entrante ed abbiamo 2-3 nodi di corrente contraria, quindi procediamo molto lentamente. Il che è un bene, perchè proprio alla fine mi distraggo un attimo e passo il terzultimo way-point circa 100 metri più a nord: per qualche minuto abbiamo pochi centimetri sotto la chiglia, poi l'ecoscandaglio segna zero... ma il fondo è sabbioso e non succede nulla di grave. La morale è: i way-point vanno rispettati al millimetro!
Ci avviamo nel percorso di uscita, anche questo tortuoso tra bassi fondali sabbiosi; come per l'ingresso, seguiamo sulle immagini satellitari di SasPlanet i way-point indicati da Des. Imbocchiamo il canale di uscita, dove si naviga per circa 100 metri su 3 metri di profondità, che poi si alzano a 9. La marea è entrante ed abbiamo 2-3 nodi di corrente contraria, quindi procediamo molto lentamente. Il che è un bene, perchè proprio alla fine mi distraggo un attimo e passo il terzultimo way-point circa 100 metri più a nord: per qualche minuto abbiamo pochi centimetri sotto la chiglia, poi l'ecoscandaglio segna zero... ma il fondo è sabbioso e non succede nulla di grave. La morale è: i way-point vanno rispettati al millimetro!
Alle
12.00 siamo fuori. Il vento è debole, da SSE, avanziamo a motore con
rotta 120°, in cerca della corrente del Mozambico. La troviamo dopo
circa tre ore, insieme al vento girato a E. Spegniamo il motore e
procediamo a vela verso sud: con la corrente che ci regala 2-2,5
nodi, la nostra velocità si stabilizza sui 9 nodi. Alle 12 del 22
settembre, la percorrenza nelle 24 ore è di 181 miglia.
Alle
8.00 del 23 il vento gira a N e NW. Avvolgiamo la randa e procediamo
con genoa e mezzana; con la corrente a favore otteniamo medie da
primato per Refola, superiori a 8 nodi.
L'ultima
notte è stata memorabile: nonostante la luna quasi piena verso le 22
il cielo diventa nero, illuminato da fulmini potenti che vediamo in
alto tra le nuvole o cadere in acqua in lontananza. Il vento, 25-30
nodi da NNE, ci spinge verso la bassa pressione. Poi iniziano grandi
ed improvvisi salti di vento: in intensità, da 25 nodi a 4, e in
direzione da NE a SE, ma Refola imperterrita prosegue la sua marcia.
Nelle
ultime 30 miglia il vento gira a SW, 15-20 nodi, l'effetto della
corrente si riduce, e proseguiamo a motore fino a destinazione.
A
circa 4 miglia dall'ingresso a Richards Bay, proprio mentre Lilli si
accingeva a chiamare il Port Control via VHF, ci chiamano loro:
“Refola, dove andate? Dovevate chiamare a 6 miglia dall'ingresso
del canale...” Lilli si profonde in scuse, che vengono accettate
con riluttanza. “State interferendo con le manovre delle navi.
Rallentate ed aspettate. Vi chiamiamo noi sul canale 12”. Lilli non
può che rispondere compita “Roger that, attendiamo la vostra
chiamata”. Quando ci richiama il Port Control richiede alcuni dati
(bandiera, call sign, provenienza, quante persone a bordo, misure
della barca) e ci autorizza a proseguire navigando sul lato destro
del canale.
Sono
le 10.00 di lunedì 24 settembre quando ormeggiamo all'International
Wall, piccola darsena ultraprotetta (28°47.684'S 32°04.722'E). La
bassa marea non ci facilita l'ormeggio all'inglese, il molo è molto alto, ma alla fine ce la facciamo.