E così
la mattina del 2 settembre ci troviamo a Mayotte, piccolo pezzo di
Francia in mezzo al Canale di Mozambico, 200 miglia più a nord di
dove eravamo quando lo scambiatore dell'invertitore ha deciso di
lasciarci.
È
domenica, quindi rimandiamo a domani le formalità di ingresso e,
dopo un po' di riposo, nel pomeriggio cominciamo ad affrontare il
guasto che ci ha impedito di seguire la nostra rotta verso il
Sudafrica.
L'invertitore
ZF 25 di Refola è dotato di
uno scambiatore di calore (Bowman 3367) collegato al circuito
di raffreddamento del motore.
Se lo scambiatore non è integro, si verificano due situazioni
critiche:
- a motore acceso, l'olio in pressione che raggiunge lo scambiatore
fuoriesce dal suo circuito e viene scaricato in mare, lasciando
l'invertitore a secco di olio (come infatti lo abbiamo trovato);
- a motore spento, senza la pressione dell'olio, l'acqua salata entra
nel circuito dell'olio dell'invertitore, dove si emulsiona
annullandone le qualità lubrificanti.
Per
capire cosa sia successo, non possiamo che smontare lo scambiatore.
Più facile a dirsi che a farsi: la posizione in cui si trova rende
molto scomodo lavorarci sopra, i dadi sono arrugginiti e la barca,
ahimè, non sta mai ferma. Per fortuna, grazie all'aiuto del Gianca,
riusciamo nell'impresa.
Una
volta che lo abbiamo in mano, il danno dello scambiatore risulta
evidente. Almeno uno dei canali in cui scorre l'acqua salata di
raffreddamento è lesionato (bucato? corroso?): ne vediamo infatti
fuoriuscire una specie di densa maionese rosa, frutto del
mescolamento dell'olio idraulico (rosso) con l'acqua di mare.
Che
fare adesso?
Siamo
ancorati in mezzo a barche e piccole navi, tutte alla boa, e non
distanti dall'area di manovra dei traghetti. Devo essere sicuro di
poter, in caso di necessità, accendere seppur per poco tempo il
motore. Quindi è prioritario ripristinare il circuito di
raffreddamento, che abbiamo interrotto smontando lo scambiatore
Bowman. Trovo a bordo un pezzo di tubo in gomma che fa al caso
nostro, e lo montiamo come una sorta di by-pass. Occorre anche
chiudere il circuito dell'olio dell'invertitore: risolviamo il
problema usando uno degli originali tubi di raccordo, che facciamo
uscire e poi rientrare direttamente nell'invertitore.
Dopo
aver aggiunto la piccola quantità di olio avanzata, accendiamo il
motore per qualche minuto e inseriamo la marcia indietro; nessun
rumore strano, l'intervento di by-pass per l'emergenza è riuscito.
Sappiamo
che in linea teorica, come ci aveva suggerito anche Colin di Island
Pearl, l'invertitore può funzionare senza scambiatore, ma la
domanda cruciale è: per
quanto tempo, senza danni irreparabili?
Al momento non lo sappiamo, e possiamo solo procedere per gradi.
Prepariamo il piano d'azione:
- bisogna senz'altro ripulire l'invertitore da tutta la maionese rosa (olio emulsionato): dovremo procedere ad almeno 3-4 cambi d'olio idraulico, quindi occorre acquistarne una buona scorta;
- dovrò verificare su internet se lo scambiatore Bowman 3367 è ancora in produzione (il nostro è nato con la barca, nel 2004), e se si può ordinarlo e farlo arrivare qui in tempi brevi;
- Gianca, che non si dà mai per vinto, proverà a studiare il modo di riparare lo scambiatore.
Lunedì
3 settembre, oltre a tentare di espletare le pratiche d'ingresso
(piccola odissea su cui torneremo più avanti), andiamo in città
dove riusciamo a trovare l'olio idraulico (Total fluid ATX,
compatibile per l'invertitore ZF) e una sim card locale della
compagnia Orange (4 giga alla settimana per 5€, da rinnovare via cellulare alla scadenza).
Si può
ora lavorare sui due fronti: in sala motore e su internet.
Per
prima cosa chiamo via Skype la ZF di Milano, produttrice
dell'invertitore: il tecnico, Luca, si mostra subito disponibile e si
impegna a ricercare per noi, nel suo giro di rivenditori, un nuovo
scambiatore. Chiamo anche Paolo Salomoni, il rappresentante Amel in
Italia, che gentilmente ci promette di cercare il pezzo presso i
cantieri Amel. A entrambi pongo il quesito rispetto al tempo di
esclusione dello scambiatore, ma nessuno si sbilancia in proposito.
Dovremo verificarlo per conto nostro.
E
infatti, per ripulire l'invertitore da tutto l'olio emulsionato,
procediamo a 4 cambi d'olio consecutivi. È anche l'occasione per
provare la nuova pompa manuale a depressione. Accendiamo il motore e
inseriamo la marcia indietro a 1500 g/min (siamo sempre all'ancora,
ma il fondo ha un'ottima tenuta): in circa 45 minuti la temperatura
dell'invertitore, che possiamo rilevare grazie al termometro a
infrarossi (Tack Life), arriva a 97°. Ora abbiamo la certezza di
aver fatto bene a ripiegare su Mayotte: l'invertitore non può
funzionare a lungo senza raffreddamento. Affrontare in queste
condizioni una navigazione impegnativa come quella nel canale di
Mozambico, in cui avremmo potuto dover smotorare per 24 o 36 ore di
fila, sarebbe stato un drammatico errore.
Martedì
3 settembre comincia con brutte notizie: né Luca della ZF né Paolo
Salomoni sono riusciti a trovare uno scambiatore per noi. Ci viene in
soccorso l'amico Fabio di Amandla,
che si trova in Madagascar; telefona direttamente alla Bowman,
produttrice dello scambiatore, e tramite loro trova in Inghilterra un
rivenditore che ce l'ha in magazzino.
Nel giro di 24 ore, ricevute le necessarie conferme sulla
compatibilità del nuovo scambiatore col nostro vecchio invertitore,
procediamo all'ordine pagando con carta di credito 65£ per lo
scambiatore e 85£ (!) per la spedizione via DHL. Seguiamo su
internet il viaggio del pacco agognato: il 6 di settembre era già a
Parigi, ma la consegna è prevista per il 13 settembre.
Nel frattempo l'instancabile Gianca si ingegna per riparare lo
scambiatore guasto, escludendo il canale danneggiato: dopo averlo
riempito con silicone da alta temperatura, vi infila una barra
filettata da 5 mm, lunga quanto lo scambiatore, fissa due dadi agli
estremi della barra ed il gioco è fatto. Verifichiamo la tenuta
dell'olio in pressione ricollegando lo scambiatore a secco, senza
acqua di raffreddamento: funziona! Ovviamente non possiamo essere
certi che non ci siano altri canali in procinto di bucarsi, per cui
terremo il vecchio scambiatore come scorta da usare in caso di
necessità, ma la soluzione trovata ha avuto successo e può essere
un suggerimento a chi si trovasse in questa situazione.
Lunedì 10 settembre, una graditissima sorpresa: il nostro pacco è
già arrivato a Mayotte, e possiamo ritirarlo martedì mattina. Ci
precipitiamo alla DHL e già nel pomeriggio il nuovo scambiatore,
smagliante nella sua cromatura, è montato, collaudato, perfettamente
funzionante.
Passiamo
ora all'altra piccola odissea. Le pratiche burocratiche di ingresso e
uscita, a Mayotte, possono essere molto semplici, ma SOLO se si sa
con esattezza cosa bisogna fare. Non è il nostro caso, purtroppo:
venire a Mayotte non era in programma e Lilli pertanto non aveva
acquisito in anticipo, come è solita fare, informazioni aggiornate.
Su un portolano piuttosto datato troviamo informazioni generiche,
“chiamare il Port Control, attendere la visita a bordo etc”.
Lunedì 3 alle 8 del mattino cominciamo a chiamare via VHF: nessuna
risposta. Dopo numerosi tentativi, Lilli ed io scendiamo a terra per
recarci in Capitaneria. Altro buco nell'acqua. La sede, che
raggiungiamo a piedi salendo la collina sulla destra della stazione
dei traghetti, è deserta.
Prendiamo un taxi collettivo per andare in paese, a Labattoir, dove speriamo di poter comprare una sim card per il cellulare. Missione fallita: la compagnia SFR non vende sim prepagate, solo contratti con addebito sul conto corrente, presso l'altro gestore “Orange” c'è una fila infinita...
Prendiamo un taxi collettivo per andare in paese, a Labattoir, dove speriamo di poter comprare una sim card per il cellulare. Missione fallita: la compagnia SFR non vende sim prepagate, solo contratti con addebito sul conto corrente, presso l'altro gestore “Orange” c'è una fila infinita...
Ritorniamo
in capitaneria: è aperta, ma c'è solo un signore che si occupa di
sicurezza e non di pratiche di ingresso. Fa qualche telefonata e ci
dice, alternando al francese qualche parola in inglese, che dobbiamo
recarci prima all'ufficio Immigrazione presso l'aeroporto, poi da un
certo Fred che si trova al piccolo marina sull'altra isola, Gran
Terre, raggiungibile col traghetto.
Torniamo
a bordo per prelevare Gianca, Angelo e Cristina e via con il taxi,
tutti all'aereoporto.
Al
banco delle informazioni ci dicono che per parlare con l'Immigrazione
bisogna chiamare gli addetti con un telefono nero, che ci viene
indicato. Chiamiamo e dopo pochi minuti un ufficiale, in divisa,
viene a parlarci nella hall. Guarda i nostri passaporti e le altre
carte, ma poi scuote la testa: “Mi spiace, non possiamo fare
niente; non avete il modulo della Capitaneria.” “Ma come? –
tentiamo di replicare – in Capitaneria ci hanno mandato qui e non
ci hanno dato alcun modulo...” L'ufficiale è irremovibile:
dobbiamo procurarci il modulo (di cui ci fornisce un fac-simile,
usato da un'altra barca) e tornare. Alla nostra esplicita domanda,
risponde che non occorre che andiamo tutti una seconda volta, è
sufficiente portare il modulo e tutti i passaporti. Comincio ad
essere un po' (tanto) nervoso: tre ore che giriamo, senza concludere
nulla. A questo punto possiamo sperare solo di trovare il non meglio
identificato Fred.
Ormai
è ora di pranzo. Tornando verso la Gare Maritime di Dzaoudzi, ci
fermiamo ad un piccolo ristorante, “La Pouz Noz”: buona carne,
buon pesce e prezzi modici.
Proseguendo,
a circa 300 metri dalla stazione dei traghetti, vediamo un piccolo
Yacht Club, con qualche barca a terra, uno scivolo, alcune derive per
i bambini. Entro per chiedere informazioni su dove acquistare l'olio
idraulico, ma casualmente mi trovo a parlare anche del problema
incontrato con le pratiche di ingresso. Il gestore del Club, Patrick,
mi interrompe: “Ma ce l'ho io il documento da compilare! Lo fate
timbrare dall'immigrazione, me lo riportate ed è tutto finito.
L'Harbour Master viene qui ogni tanto a ritirare i documenti, non
avete bisogno di andare voi a Gran Terre, se non quando farete
l'uscita.” O cacchio, è davvero semplice, se lo sai!
Ormai
è pomeriggio inoltrato, troppo tardi per tornare all'aeroporto.
Decidiamo di prendere il traghetto per Gran Terre e tentare di
recuperare la giornata acquistando almeno l'olio idraulico e la sim
card. E finalmente ci riusciamo! E in
più, visto che ci siamo, cerchiamo e troviamo anche il famigerato
Fred: scopriamo che lui, oltre ad essere il gestore del locale Yacht
Club, è anche l'Harbour Master che va a ritirare i documenti da
Patrick. Si svela quindi l'arcano: il piccolo Yacht Club di Dzaoudzi
(Patrick) fa le veci della Capitaneria, lo Yacht Club di Gran Terre,
appena un po' più grande, (Fred) funge da Harbour Master. In quanto
a dogana entrambi ci dicono “Potete fare a meno di andarci, tanto
non ci sono mai!”.
Il
giorno dopo, col prezioso modulo fornitoci da Patrick, Lilli Cristina
ed Angelo tornano in aeroporto dall'ufficiale dell'immigrazione.
Solita telefonata, solito colloquio nella hall, l'ufficiale prova a
dire: “Ma siete in cinque a bordo, vi devo vedere tutti quanti!”.
Lilli fra un po' se lo mangia, Cristina adotta un approccio più
diplomatico, e comunque alla fine ottengono l'agognato timbro. Un
veloce passaggio da Patrick (che nel frattempo è andato in vacanza,
ma è sostituito da un altro cortese signore) per consegnare il
modulo, e così, in "sole" 48 ore, il check-in è completato.
PS. A
proposito della dogana abbiamo saputo da Leslie e Phil di
Paseafique (che si sono
fermati qui a Mayotte qualche giorno nella loro rotta dal Madagascar
alla Tanzania) che in aeroporto hanno ottenuto anche il timbro della dogana. Vedremo di riuscirci anche noi, quando faremo l'uscita.