domenica 28 giugno 2015

Maewo (Asanvari Bay) e Ambae (Vahine Bay)

15:16.61S 167:58.45E

Martedì 23 giugno proseguiamo la nostra marcia di avvicinamento a Luganville, con una tappa di 13 miglia fino alla vicina isola di Maewo, anche questa, come Pentecoste, lunga e stretta, orientata longitudinalmente.
Appena fuori dalla baia di Loltong, il vento da SE sui 15-18 nodi, che rinforza a 18-22 tra le due isole, ci spinge velocemente alla nostra destinazione, Asanvari, il villaggio più meridionale di Maewo. La baia è riparata, anche da sud, da una punta che si estende circa un miglio verso ovest.
Alle 11.00 diamo ancora su un fondale di 17 metri, con poca sabbia e tanti coralli, davanti alla spiaggia (15°22.576'S 168°08.816'E); caliamo 70 metri di catena e l'ancora, alla prova della retromarcia, tiene.
Come d'abitudine, mi tuffo ugualmente in acqua per verificare e vedo che l'ancora è posizionata ai margini di una macchia di sabbia e la catena passa sopra ad alcune croste coralline poco elevate dal fondo; proseguo la mia esplorazione dei dintorni e mi rendo conto che il fondale sabbioso sui 10 metri, descritto dal portolano, si trova circa 100 metri più ad est, dove peraltro è ancorata un'altra barca. Ci sono anche due gavitelli; controllo quello più ad ovest: pur avendo una grossa cima fissata ad una catena sul fondo, non dà troppa affidabilità, il cavo è pieno di incrostazioni ed ha l'aria di non vedere manutenzione da molti anni.
Vista la profondità del nostro ancoraggio, rifletto se sia più opportuno spostarci più ad est, ma tenendo conto che la cartografia elettronica su Navionics ed Open CPN è carente, che la foto satellitare che vediamo su SAS Planet non ha un dettaglio adeguato, che l'ancora tiene e la nostra sosta sarà breve, decido di restare dove siamo.

Per andare a terra c'è un piccolo dinghy passage, che secondo la guida dovrebbe essere segnalato da una boa nera, che però non c'è. Il passaggio tra i reef è comunque ben visibile, se non si ha il sole in faccia, e punta perpendicolare alla costa all'inizio della spiaggia, sul lato est.
Quando atterriamo ci riceve Iris, il cui padre aveva avviato uno Yacht Club, purtroppo gravemente danneggiato dal ciclone del marzo scorso; ora ne stanno costruendo uno più grande, ma i lavori vanno a rilento, probabilmente per mancanza di soldi.

Iris ci accompagna da Erika, una simpatica giovane signora che oltre ad essere madre di 3 bambini gestisce una piccola guest house con un piccolo ristorante. Erika si propone come nostro “Tour Operator”: ci farà da guida e cucinerà per noi. Decidiamo di spendere così gli ultimi vatu che ci rimangono: gita alla cascata sulla collina, pranzo al ristorante, pane fresco da portare in barca, il tutto per 4000 vatu (circa 36€).

Facciamo una passeggiata fino alla costa sud, esposta al vento e all'onda; poco distante si vede l’isola di Pentecoste.



I sentieri del villaggio (qui non ci sono strade, non ci sono veicoli di nessuna natura) sono curatissimi, delimitati da piante che noi diremmo ornamentali ma che qui sono estremamente comuni. Anche le capanne hanno un aspetto pulito e ordinato, molto più che altrove.

Ad un certo punto del nostro giro incontriamo tre ragazzine appena uscite da scuola, che attaccano discorso e ci accompagnano per un tratto. Notiamo che una di queste cammina tenendo sollevato il tallone sinistro, quando le chiediamo perché ci mostra un taglio di circa 2 cm sotto il piede, che ha da qualche giorno; nonostante ciò, cammina scalza sul sentiero sterrato. Le promettiamo che l'indomani porteremo ad Iris (che è sua zia) il necessario per disinfettare e fare una medicazione con fasciatura protettiva. Ci sorride felice.
Sull'angolo SE della baia c'è una cascata che arriva quasi al mare. Proprio accanto, un simpatico signore di nome Alex ha costruito un ristorante con terrazza, molto curato nei particolari; un posto incantevole, di un tono superiore rispetto a quelli visti finora. Quando arriviamo Alex sta suonando la chitarra davanti alla cascata, ci accoglie e ci racconta che il ristorante è tutto quello che ha (e non è poco, da queste parti).



Per fortuna il ciclone ha distrutto solo il moletto che aveva costruito per facilitare l'accesso con il dinghy. Ci informa sul menù: pollo, gamberi, granchi del cocco, verdure, birra; naturalmente gamberi e granchi vanno ordinati per tempo, non sono sempre disponibili. D'altra parte nel villaggio non c'è elettricità, niente frigo per conservare i cibi, tutto quello che serve si prende al momento e si cucina.
Annotiamo nel nostro libro di bordo il telefono di Alex, per avvisarlo quando torneremo una prossima volta e fermarci a gustare i suoi piatti.
Il giorno seguente consegniamo ad Iris il piccolo kit per la medicazione di sua nipote ed alle 9 siamo puntuali all'appuntamento con Erika, che ci conduce, attraverso un ripido sentiero tra boschi e palmeti, alla cascata. Sulla via del ritorno troviamo un paio di infradito abbandonate (una è rotta), immediatamente pensiamo alla nipote di Iris e le raccogliamo. Prima del pranzo da Erika abbiamo il tempo per fare un po' di snorkelling sulla punta SW della baia, tornare in barca per una doccia e riparare la ciabattina. Altro passaggio da Iris, che sembra gradire il pensiero, e poi al ristorante di Erika, dove a parte la sua gentilezza il cibo è … commestibile!
Giovedì 25 salpiamo per Ambae. Sulla punta nord di quest'isola, a circa 13 miglia da Asanvari, ci sono due ancoraggi: Lolowai Bay e Vahine Bay. Il primo è in una baia, su cui si affaccia il villaggio, quasi totalmente chiusa da un reef; il passaggio di accesso ha un fondale minimo di 2 metri, quindi meglio entrare con l'alta marea; a terra, ma poco visibile, c'è un allineamento per 220° su due triangoli bianchi semi nascosti dalla vegetazione.
Noi preferiamo Vahine, per non aver limitazioni sull'orario di arrivo e partenza; alle 12.00 ancoriamo dietro un alto costone roccioso che ripara da est e ci divide da Lolowai, fondale di sabbia nera sui 6-7 metri, acqua limpidissima (15°16.616'S 167°58.456'E).

Ancoraggio solitario e tranquillo, non ci sono capanne né presenze umane; Lilli nota subito un gran numero di grossi pipistrelli volare in cielo, e comincia ad avere lugubri pensieri. È strano vedere pipistrelli volare di giorno, ma a Vahine si può! Li osserviamo con il binocolo: come se qualcosa li richiamasse, si alzano in volo tutti insieme, svolazzano un po' emettendo i loro verso sinistri, poi di colpo, tutti insieme, ritornano su alcuni alberi, riempiendoli, e si mettono a testa in giù.
Nel pomeriggio aggiriamo con il dinghy il costone roccioso ed andiamo a vedere l'altra baia, Lolowai. È sicuramente molto più protetta, anche a nord, da una serie di scogli, ma l'acqua è meno limpida di quella di Vahine Bay.

Atterriamo davanti alle prime case del villaggio e subito notiamo che non ci sono capanne, ma solo costruzioni in muratura, con tetti in lamiera ondulata.

C'è un supermarket “vero” (che fa anche consegne a domicilio), un magazzino di materiali edili. Per la prima volta, qui alle Vanuatu, vediamo lavori di ristrutturazione e costruzione di case tradizionali, con blocchetti di cemento. Sembra di essere in un altro mondo, rispetto a quello appena lasciato a Maewo, a sole 13 miglia da qui. L'ospedale (dopo l'esperienza fatta da Luciano, andiamo sempre a vedere i presidi sanitari che incontriamo) ha una specie di hall semicoperta dove c'è addirittura un televisore, cosa che non abbiamo visto nell'ospedale di Port Vila! Poco distante, un grande spiazzo attrezzato con una centrale di pannelli solari, un dissalatore con 5 grossi serbatoi di riserva d'acqua, il tutto frutto di cooperazione internazionale (Australia, Nuova Zelanda, Cina).

Non conosciamo le origini di questa “ricchezza”, di sicuro l'isola è anche piena di alberi da cocco, segno che c'è una discreta attività di raccolta della copra; forse questa abbondanza ha creato più benessere alla gente dell'isola e poi, come dice il proverbio, piove sempre sul bagnato. Lilli, più maliziosa e abituata alle vicende di casa nostra, ipotizza che forse il Presidente delle Vanuatu è nato ad Ambae.
Quando rientriamo in barca al nostro ancoraggio solitario, vediamo un branco di pesci tipo sarago saltare fuori dall'acqua per quattro volte, tutti insieme, e poi ripetere l'evoluzione a breve distanza. Secondo noi volevano dirci “Bentornati!”, peccato non aver avuto una telecamera pronta per filmarli.
Con l'imbrunire cessano i voli in stormo dei pipistrelli; strano, dovrebbe essere il momento più proficuo per procurarsi insetti da mangiare. Quando è ormai buio, mi soffermo in pozzetto ad ascoltare i loro versi, più simili a ranocchie che ad uccelli. Mi sembra di distinguere qualche “voce” solitaria a cui altri rispondono in coro, forse c'è una riunione lassù tra gli alberi, forse discutono animatamente … mi viene in mente la commedia “Gli uccelli” di Aristofane … ma la riunione va troppo per le lunghe, per il sottoscritto meglio andare a dormire, domani la sveglia è alle 5, ci aspetta un tappone di 50 miglia fino a Luganville.