15:54.46S 168:11.17E
Mercoledì 17 lasciamo le acque tranquille di Port Sandwich. Uscendo dalla baia aggiriamo ampiamente Planter Point, a NW della quale c'è un basso fondale di 1,8 metri che sulla cartografia elettronica risulta segnalato con una meda, che in realtà non c'è. Percorsa a ritroso la lunga insenatura verso il mare aperto, facciamo rotta su Ambrym, a 30 miglia.
Appena fuori il vento è sui 20-25 nodi da ESE; con genoa ridotto al 50% ed una mano alla randa, di bolina larga, raggiungiamo velocemente la punta SW di Ambrym. Qui, dovendo accostare, abbiamo il vento in prua, anche se meno intenso a causa del ridosso procurato dall'isola. Facciamo dunque un lungo bordo verso NE e alle 14.40 gettiamo l'ancora davanti al villaggio di Ranon su un fondale di sabbia nera sugli 8 metri (16°08.545'S 168° 06.912'E).
Diamo 50 metri di catena, scendo a controllare (l'acqua è limpidissima e la catena risalta sul fondo scuro) e vedo l'ancora completamente insabbiata. Tutto ok, pensiamo, ma verso sera, quando il vento rinforza ed arrivano raffiche sui 30 nodi, sentiamo suonare l'allarme ancoraggio; ora sotto la chiglia abbiamo 20 metri d'acqua... Che succede? Stiamo arando?
C'è buio pesto: in un primo momento penso che forse è necessario rifare l'ancoraggio, poi decido di calare altri 20 metri di catena, che sommati ai precedenti diventano 70, provo la tenuta con la marcia indietro a 2500 g/min e l'ancora tiene. Ciononostante l'allarme suona ancora: aumento il range prima a 120 metri, poi durante la notte a 145: evidentemente l'effetto combinato di vento e corrente porta il raggio di ancoraggio alla massima escursione.
Alle 23 arriva il traghetto, un grosso catamarano che getta l'ancora 100 metri davanti a noi ed arretra fino alla spiaggia per abbassare la plancia direttamente sulla sabbia. A terra c'è un discreto movimento di persone, alcune delle quali dotate di torce; osservo col binocolo le operazioni di sbarco e imbarco, illuminate solo dalle luci del traghetto e dalle torce. Alle 24 il traghetto riprende la sua corsa, tornerà tra una settimana.
Il giorno seguente scendiamo a terra col dinghy. A riceverci sulla spiaggia c'è Jeoffrey, che si era già avvicinato alla barca, in canoa, per salutarci; ci fa da guida nel villaggio e ci presenta la sua famiglia, moglie e 3 bambini, il più grande sui 7 anni.
Jeoffrey ci informa che il villaggio può offrire ai turisti tre cose: la danza custom che viene eseguita nella foresta, a circa 45 minuti di cammino dal villaggio (3500 vatu a persona, circa 32 €), il barbecue sulla spiaggia (1500 vatu a persona, circa 13 €), e un “grande” negozio che vende un po' di tutto. Di norma questo “supermarket” chiude alle 10 del mattino (!) per la pausa pranzo, ma Jeoffrey lo fa aprire appositamente per noi: non c'è nulla di quel che ci servirebbe (verdura, frutta, birra) ma per giustificare il disturbo compriamo 5 coca-cole.
Dal fratello di Jeoffrey acquistiamo una piccola statuetta scolpita su un pezzo di roccia vulcanica, decliniamo invece lo spettacolo di danza perché l'indomani dobbiamo spostarci a Pentecoste. Peccato, dice Jeoffrey, e con orgoglio ci mostra il nuovo tam tam che stanno intagliando da un unico tronco, per accompagnare le danze.
Nel congedarci Jeoffrey ci regala due pompelmi e ci chiede in cambio delle cime; non avendone in sovrappiù, lo contraccambiamo con due rapalà per la pesca alla traina.
Ambrym è soprattutto famosa per il suo vulcano, che si raggiunge con una camminata di 4 ore e mezza all'andata e altrettante al ritorno; in cima c'è anche una “guest-house”, in cui i turisti che desiderano vedere il cratere di notte possono fermarsi a dormire.
Il sentiero per il vulcano parte dal villaggio Ranvetlam, circa un miglio e mezzo più a sud; pur non essendo intenzionati a salire (non siamo grandi camminatori) cambiamo ancoraggio e ci spostiamo nella baia di Ranvetlam, dove ci sono altre tre barche e presto ci raggiunge anche Dreamtime. Gettiamo l'ancora su un fondale di 9-10 metri, sabbia nera (16°09.075'S 168°06.429'E).
Nella notte il vento soffia spesso a 30 nodi, ma la regolarità del brandeggio ci rassicura sull'ottima tenuta dell'ancora.
Venerdì 19 lasciamo Ambrym, per una breve tappa di 16 miglia fino a Londot, nella parte meridionale dell'isola di Pentecoste.
Appena fuori di un miglio dalla copertura di Ambrym, a conferma di quanto avevamo sentito, a tratti, nella nottata, siamo investiti da un bel ventone sui 25-30 nodi. Nel breve tratto tra le due isole il mare si alza a 3-4 metri al traverso, ma Refola filando a 8 nodi di velocità sfugge leggera anche alle onde più insidiose.
In poco più di un'ora siamo già al riparo della costa meridionale di Pentecoste e l'onda quasi per incanto sparisce; alle 12.10 gettiamo l'ancora nella Waly Bay su un fondo sabbioso di circa 10 metri, a circa 70 metri dalla spiaggia (15°54.463'S 168°11.179'E).
Il fondale scende velocemente a 30 metri, perciò bisogna ancorare abbastanza vicino a terra ed assicurarsi di avere spazio sufficiente per girare.
Londot è famosa per il “land diving”, i salti dalle torri. Ogni anno, usando tronchi, rami e liane vengono costruite delle alte torri, con numerosi “trampolini” collocati ad altezze diverse, da cui i saltatori si tuffano a volo d'angelo, lanciandosi nel vuoto con le caviglie legate a robuste liane. Le torri vengono posizionate in zone scoscese, ed il rettangolo di “atterraggio” viene sgombrato da rocce e pietre, il terreno smosso per attutire l'impatto.
Nell'antica tradizione questi salti avevano uno scopo propiziatorio, per assicurare buoni raccolti, oppure venivano svolti come riti di iniziazione per i ragazzi, che dimostravano così il loro coraggio da uomini. Oggi la manifestazione si svolge ad esclusivo beneficio dei turisti (paganti), ma le modalità sono assolutamente le stesse: allora come oggi i salti si svolgono solo nei mesi da aprile a giugno, quando le liane hanno il giusto livello di elasticità (prima sarebbero troppo morbide, dopo troppo secche). Un anziano del villaggio sovrintende alla costruzione della torre, e stabilisce il momento giusto per tagliare le liane. I saltatori devono andare nella foresta e scegliere personalmente le proprie liane, ma poi è l'anziano che determina a che lunghezza devono essere recise, in relazione all'altezza del trampolino ed alla statura del singolo saltatore. Nulla, insomma, è lasciato al caso.
Noi siamo qui proprio per assistere, sabato 20 giugno, al Land diving. Il nostro amico Neville, di Dream Time, è già da giorni in contatto telefonico con Luke Fargo, l'organizzatore, che ci conferma l'appuntamento: alle 9.30 sulla spiaggia.
Ci presentiamo puntuali: Lilli ed io, Neville e sua moglie Catherine, una coppia di australiani con le loro tre bambine. Finalmente, con incedere quasi regale, appare Luke: età apparente 55/60 anni, ci accoglie praticamente nudo, con il pene avvolto in una foglia attaccata ad una cinta, ed un gruppo di foglie variopinte sul fondo schiena. Così abbigliato, lo vediamo dopo qualche istante parlare al cellulare. La domanda sorge spontanea: dove lo teneva sto cellulare, un attimo fa?
Dopo i saluti di rito ci fa strada fin sotto alla torre, e poi si unisce alla cinquantina di persone riunite per la cerimonia. Le donne hanno il seno scoperto ed un gonnellino di paglia, gli uomini indossano solo l'astuccio penico (namba, lo chiamano). Moltissimi i bambini, anche piccolissimi, tutti rigorosamente con il pistolino avvolto in una foglia e attaccato alla cintura.
La torre è alta circa 20 metri ed ha un aspetto imponente. I saltatori sono tutti giovani atleti dal fisico perfetto: salgono al trampolino, dove due assistenti li preparano legando con particolarissimi nodi le liane alle loro caviglie. Come abbiamo detto la misura e l'elasticità delle liane, sono fondamentali per assicurare che non vi siano incidenti.
Mentre la gente del villaggio canta e danza come per infondere coraggio e partecipare al gesto del saltatore, questi sul trampolino inarca la schiena all'indietro, alza le braccia al cielo, dice (forse) una preghiera, batte le mani tre volte e si getta nel vuoto. Pochi secondi, poi avvertiamo lo “scoc” dello strattone delle liane e il saltatore tocca terra, attutendo con le braccia (uno anche con la testa) il colpo sul terriccio smosso. Immediatamente due compagni lo aiutano a rialzarsi e lo liberano con un colpo di machete dalle liane cui è ancora legato.
Abbiamo assistito a sei salti, l'ultimo ovviamente dal trampolino più alto. In chiusura, anche Luke è salito fino a mezza torre, per tenere un discorso in cui ci ha ringraziato per la nostra presenza, ed anche per il nostro denaro. “Sono molti soldi - ha detto (per la precisione 10.000 vatu a persona circa 90 €) - ma servono per tutto il villaggio, per aiutare le persone che hanno bisogno”.
Per noi è stato emozionante, e siamo felici di aver contribuito, almeno un po', al benessere di queste persone davvero accoglienti.