I lavori sono quasi tutti completati, abbiamo
rinviato a Capetown solo la sostituzione della puleggia del dissalatore; nel
complesso i 14 giorni passati al marina sono trascorsi velocemente.
Durban è una città abbastanza caotica e con grosse
contraddizioni: gente poverissima mescolata a ricchi benestanti, quartieri che
è meglio evitare e modernissimi grattacieli. Il centro pulsante della città, poco
distante dal porto e dal marina, è molto animato di giorno, ma preferibilmente
da non frequentare di sera: meglio stare in barca o al massimo andare a cena al
ristorante dello Yacht Club.
Il 90% della popolazione è di colore, e non si può
fare a meno di notare che la stragrande maggioranza delle donne ha dei culoni
esagerati.
Le strade sono molto ampie, molte a senso unico con 6 corsie, il traffico
intenso; abbiamo girato i primi giorni con un’auto a noleggio, poi a piedi brevi
percorsi nella “City” per fare un po’ di spesa. Roberto invece, che ci ha
raggiunto il 21 febbraio ed è un appassionato fondista, si è spinto fino alle spiagge
(a circa 6 km) ed al ritorno ha avuto una brutta avventura.
Sentiamo da lui come è andata: “Stavo tornando,
alle 17, su una strada molto ampia e piena di gente. Mi sono reso conto che appena
lasciato il lussuoso quartiere delle spiagge il tratto che stavo attraversando
era alquanto degradato, ma si trattava di poche centinaia di metri e così ho
proseguito. A un tratto tre giovani di colore mi sono sopraggiunti alle spalle,
ed uno di questi mi ha strappato la collanina d’oro che avevo al collo. Istintivamente
ho reagito, la collanina è caduta per terra, ed io le ho messo un piede sopra. Ma
in un istante sono intervenuti gli altri due, mi hanno dato una spinta
facendomi cadere, hanno raccolto la refurtiva e sono scappati. Li ho rincorsi
per un po', poi quando hanno lasciato la via principale per infilarsi in un
vicoletto ho desistito. Risultato: un gomito sbucciato e una botta sulla mano
che si è un po' gonfiata, ma poteva andare peggio!”
Mentre ci racconta il fatto, Roberto è
comprensibilmente un po' scosso, e devo dire che la cosa lascia un gusto amaro
anche a noi. Non è certo rassicurante sapere di poter essere aggrediti e
derubati in pieno giorno, su una strada trafficata, nell’indifferenza generale.
Ovviamente ho cominciato a studiare la situazione
meteo, in questo periodo molto variabile: le finestre per spostarci a sud sono brevi,
massimo 30 ore, e non permettono nemmeno di fare le 270 miglia che ci separano
da East London, primo rifugio utile verso Capetown. Monitorando più volte a
giorno l’evoluzione, individuiamo in venerdì 1° marzo un indebolimento del
vento da SW nella zona di Durban, di cui potremmo approfittare per portarci più
a sud, ed essere pronti per dirigere a SW, con l’aiuto della corrente di Aghulas.
Tutto da provare…
Ci confrontiamo in proposito con Des, il
meteorologo velista che ci ha aiutato anche l’anno scorso. È deciso: si parte!
Refola è pronta con la sua capottina nuova di zecca.
Navigheremo insieme agli amici canadesi di Tala2, conosciuti l’anno scorso alle
Maldive, poi ritrovati alle Chagos ed in Madagascar, che ospitano a bordo un
giovane sudafricano di pelle bianca.
Alle 9.15 di venerdì 1° marzo molliamo gli ormeggi,
dopo aver ottenuto il nulla osta da parte del Port Control di Durban; Refola scivola leggera a 6 nodi e mezzo
nell’ampia baia, con il motore a 1.600 giri, si sente che la chiglia è pulita!
Appena fuori dal porto però la velocità cala vistosamente a 5 nodi: è la
controcorrente che si forma vicino alla costa o è colpa del debole SW, sugli 8
nodi, che abbiamo praticamente sul naso? Aumento i giri a 1.800 e portiamo la
velocità a 5,5 nodi.
Des, nella sua mail, ci aveva raccomandato di stare
a 5 miglia dalla costa, ma qui di corrente a favore non c’è neanche l’ombra …
quindi metto la prua a sud e mi allontano, in cerca della famosa corrente.
Nel frattempo verso le 11.00 vediamo sull’AIS che anche
gli amici di Tala2 sono usciti dal
porto; ci sentiamo via VHF e proseguiamo continuando a cercare la corrente…
finalmente alle 16.40 la velocità della barca aumenta gradatamente fino a
stabilizzarsi sui 7-8 nodi, siamo alla batimetrica di 500-600 metri, a circa 10
miglia dalla costa. Trovata! Caliamo i giri del motore a 1.600. Il cielo è
grigio, il vento scarso di 6-9 nodi da SSE contro la corrente alza un’onda corta
e fastidiosa di 3-4 metri, con un periodo di 7-8 secondi. Avanziamo con randa
cazzata e motore.
Tala2 ci
invia un messaggio: ci chiedono se abbiamo trovato la corrente, perché loro sono
a 5 miglia dalla costa e arrancano a 4,5-5 nodi. In effetti la distanza tra noi
è diventata più di 20 miglia e non riusciamo più a vederli sull’AIS. Rispondiamo
subito che se vogliono la corrente devono allontanarsi dalla costa di altre 5
miglia.
Sabato mattina arriva la mail di Des: “Il vento SE di
10-15 nodi gira domani ad E-ENE, poi a Port Elizabeth alle 0300 UTC diventa SW.
Dovete prendere una decisione se fermarvi ad East London o proseguire su Port
Elizabeth: in quest’ultimo caso il termine ultimo per arrivare è alle 0300 UTC
(ore 5.00 locali) di lunedì 4 marzo”.
Faccio un po' di conti: l’arrivo a East London è di
sicuro notturno; quello a Port Elizabeth, se la corrente ci aiuta, potrebbe
essere nel tardo pomeriggio di domenica. Decido: andiamo a Port Elizabeth. Comunichiamo
a Des e Tala2 che il dado è tratto e
per avere maggiori chances di arrivare prima del buio porto i giri motore a 1.800.
Alle 12 di sabato 2 marzo abbiamo percorso 156
miglia nelle 24 ore. Verso sera il vento rinforza a 12-16 nodi da SSE. Si
continua a ballare sul mare formato e confuso, ma la corrente a favore, aumentata,
ci porta a 8-9-10 nodi di velocità.
Nella notte tra sabato e domenica il vento gira ad
ESE, continuiamo a filare veloci con l’onda un po’ ammorbidita. Alle 9.40
accostiamo su rotta 282° per Port Elizabeth. Mancano 60 miglia, il vento arriva
ora al giardinetto ed è rinforzato sui 20-22 nodi, circa 15 apparenti. Mettiamo
tutta tela e finalmente spegniamo il motore. La velocità della barca si
mantiene sui 9-10 nodi: è una goduria, il sole splende ed il plotter ci dà l’ETA
a Port Elizabeth alle 17.
In tarda mattinata incrociamo una nave proveniente
da dritta. Siamo in rotta di collisione, e la cosa strana è che non è visibile
sull’AIS. Accendo il radar e non c’è dubbio: la nave è proprio in rotta di
collisione. Quando siamo a circa 2 miglia e mezzo di distanza penso che sia
meglio chiamarli via VHF. Vado a svegliare Lilli, che se la cava meglio con
l’inglese: “Qui è Refola, chiamo la
nave alla nostra dritta, che non vedo sull’AIS, ci avete visto? Ci passate a
prua o a poppa?” Risponde prima il marconista e poi prende il microfono il
comandante, che si scusa: hanno problemi con l’AIS, ma non dobbiamo preoccuparci,
non ci faranno cambiare rotta. E così è, poco dopo la vediamo sfilare lentamente
davanti a noi, a circa 1,5 miglia.
Alle 12 di domenica 3 marzo registriamo un record di percorrenza nelle
24 ore: 201 miglia!
Alle 16 i nostri cellulari ritrovano il segnale; chiamiamo
il marina, che dalle notizie lette su internet risultava chiuso ed abbandonato
ma utilizzabile. Ci risponde un certo John: “Sì il marina è aperto, chiamatami quando
entrate che vi dò indicazioni per l’ormeggio”. Ottimo!
Riceviamo anche una mail da Tala2, anche loro hanno deciso di venire a Port Elizabeth,
arriveranno verso mezzanotte, ci chiedono di trovare un posto anche per loro.
Dopo aver chiesto l’autorizzazione al Port Control,
alle 17 entriamo in porto e alle 17.15 siamo al pontile galleggiante del
marina, dove troviamo ad attenderci John con 3 ragazzi, pronti ad aiutarci
nell’ormeggio all’inglese.
Chiediamo a John un posto per Tala2; sapeva già del loro arrivo, previsto per le 22, e ci mostra
il posto loro assegnato sul lato opposto del pontile, a circa 100 metri. “Se li
assistete voi all’arrivo, io evito di tornare.” Potevamo rifiutare? Aperitivo,
doccia, e cena con lasagne al forno (preparate a Durban e congelate). Cosa si
può chiedere di meglio?
Puntuali, alle 22 arrivano gli amici di Tala2. Seguiamo sull’AIS le loro ultime
10 miglia, andiamo ad aiutarli per l’ormeggio. Il vento nel frattempo è calato
a meno di 5 nodi e la loro manovra risulta facile. “Ciao ragazzi, come è
andata?” “Come passare due giorni in lavatrice” dice Sue, “ma tutto OK!”.