Proseguiamo
il nostro giro per le isole vicine a Nosy Be, tutte raggiungibili con
piccole tappe: la distanza massima è di una ventina di miglia.
Nosy
Komba è la più vicina. Vi arriviamo sabato 11 agosto provenienti da
Tani Keli, ed ancoriamo in prossimità della punta nord, vicino al
villaggio Anpangorionuna, località turistica dell'isola (13°26.514'S
48°21.169'E fondo 12-14 metri di fango/sabbia).
Tramite
Fabio di Amandla, che è qui da oltre due mesi, abbiamo
conosciuto Stefano Palazzi, un italiano che vive da 17 anni nel
villaggio di Antintorona, un miglio a SE del nostro ancoraggio.
Stefano
Palazzi, romano, è approdato qui poco più che trentenne. Trovando
in atto un'emergenza sanitaria che aggravava una situazione
preesistente di estrema povertà e abbandono, si è dato da fare per
aiutare le persone in difficoltà e per bonificare la piccola baia
coperta di mangrovie. In questo modo è entrato nelle grazie
dell'autorità più riconosciuta nella tradizione del villaggio (la
chiamano "Regina"), e questo ha fatto sì che conquistasse
anche un certo ascendente sui locali.
Pochi
anni dopo la “Regina” è morta e lui si è ritrovato ad essere
considerato un personaggio di grande rilievo, perché l'aveva curata
ed assistita negli ultimi mesi di vita. Anche queste particolari
circostanze hanno dato impulso ai suoi progetti. Piano piano,
coinvolgendo i locali, ha costruito una grande scuola (dalla materna
alle superiori); molte case in paglia sono diventate solide
costruzioni in muratura, i sentieri strade lastricate di granito.
Sfruttando
l'acqua che scende dalla montagna, ha realizzato una piccola
centralina idroelettrica che produce elettricità; tutto il villaggio
usufruisce gratuitamente sia dell'acqua che della luce.
Per
finanziare tutto questo nel 2010 Stefano ha costituito
un'associazione no profit, autofinanziata dai soci e in parte da
contributi istituzionali italiani e non. Stefano oggi riesce a
pagare lo stipendio a 12 insegnanti e ad assicurare vitto e alloggio
ai giovani studenti provenienti dalle isole vicine; ogni anno i 5
migliori vengono premiati con una borsa di studio per proseguire il
loro percorso di formazione fino all'università.
Attualmente
sono in corso due ulteriori progetti. Uno riguarda la produzione
agricola, per rendere autosufficiente il villaggio. L'altro promuove
l'igiene alimentare: stanno costruendo una cucina comune, per
abituare la gente a mangiare in maniera corretta ed equilibrata. Come
se non bastasse, quando c'è necessità fa anche il cavadenti e il
dispensatore di farmaci basici.
La
figura di Stefano ci ha molto colpiti: è un "grande", ha
fatto del volontariato una missione, coinvolgendo gli adulti, ma
iniziando con la scuola e i bambini, gli adulti di domani; sta
dimostrando che il suo progetto pilota è esportabile per migliorare
la vita di tutti. Sul suo sito internet si possono trovare i dettagli
www.weworkitworks.org/stefano-project/
Nell'altro
villaggio di Komba, Anpangorionuna, ci sono molti ristoranti e negozi
che espongono lavori di artigianato, soprattutto sculture in legno e
tovaglie ricamate a mano. Sul blog di Adina avevamo letto che
per i navigatori un punto di riferimento è il ristorante Chez
Jolande, gestito da una coppia: lui francese e lei malgascia, dove
lei è una ex navigatrice, perciò particolarmente vicina e sensibile
ai naviganti. Naturalmente ci andiamo per pranzo, ed effettivamente
Jolande si dimostra subito gentile, prolungando l'apertura della
cucina appositamente per noi che eravamo in forte ritardo rispetto
agli orari consueti.
Anche
qui, ci è stato detto, vive una “Regina”, e per rispetto delle
tradizioni locali è preferibile recarsi da lei con qualche omaggio
prima di visitare l'isola. Ci atteniamo al protocollo e andando a
terra portiamo con noi un pacco di riso e un paio di occhiali da sole
per la “Regina”, ed una certa quantità di banane per i lemuri.
Sapevamo infatti che qui è possibile vedere questi primati
dall'aspetto curioso, a metà strada fra le scimmie e gli scoiattoli,
che vivono esclusivamente in Madagascar, pare in 60 specie diverse, e
purtroppo sono oggi a rischio di estinzione.
I
locali che ci vengono incontro parlano pochissimo il francese (come
noi, del resto), ma capiamo che la "Regina" non è
sull'isola al momento. Così regaliamo il pacco di riso ad un
pescatore intento a riparare la sua rete, e gli occhiali ad un
giovane incontrato sulla spiaggia, che sembrano entrambi gradire
l'omaggio.
Se la
“Regina” non c'è, speriamo almeno di vedere i lemuri. E di lì a
pochi minuti veniamo accontentati. Lo stuolo di ragazzini che si è
raccolto intorno a noi lancia infatti in coro il richiamo di rito:
"maki, maki, maki" … ed ecco che in breve tempo veniamo
presi d'assalto da una quindicina di questi piccoli animali agili e
ghiotti di banane, che sono velocissimi a strapparci di mano.
L'anziano
pescatore ci guida poi nella foresta per mostrarci due grosse
tartarughe di terra, che fanno parte della comunità da circa un
secolo.
Il
villaggio è povero, con case di paglia e legno, ma vediamo molti
giovani; facciamo un po' di foto ai ragazzini giocosi e rientriamo
in barca.
Mercoledì
15 agosto torniamo a Nosy Be, ma questa volta ci fermiamo a Crater
Bay, la baia alternativa ad Helville, dove sono ancorate la maggior
parte delle barche; ci sono molti gavitelli gestiti dal locale Yacht
Club, ma noi diamo ancora su un fondale fangoso di 12-14 metri
(13°23.964'S 48°13.176'E).
Qui
ritroviamo Pino, partito una settimana prima di noi dalle Seychelles.
Lo invitiamo a cena: ci racconta che ha avuto nuovi problemi al
motore, causati dall'alta temperatura dell'acqua, e che durante la
traversata ha trovato vento forte che lo ha costretto a ripiegare
verso le isole Comore. Ha impiegato 13 giorni per raggiungere Nosy
Be, contro i nostri 5.
Lo
Yacht Club di Crater Bay è gestito da un austriaco, Roland, che ha
anche un negozio di ricambi nautici; uno dei motivi per cui siamo
venuti qui, infatti, è cercare le fascette stringitubo in acciaio
inox, introvabili ad Helville. Ma il 15 agosto è festa anche in
Madagascar ed il negozio è chiuso. Decidiamo di fare comunque un
giro al villaggio di Daresalama, che si trova a circa 2 chilometri.
Contrattiamo con l'autista del tuk tuk la tariffa di 3000 ari per
tratta; la strada è sterrata e disastrata, con grosse buche e
profondi avvallamenti, il percorso è quasi a rischio di
rovesciamento per il piccolo Ape Piaggio, ma tutto fila liscio.
Troviamo il supermercato aperto e ne approfittiamo per comprare
baguette fresche.
Il
giorno seguente, di buon mattino, lo stesso Roland accompagna me e il
Gianca al negozio con il suo gippone, e poi ci riporta indietro.
Gentilissimo, ma le fascette le abbiamo pagate circa 10 € l'una!
Appena
risaliti in barca salpiamo. Da Crater Bay a Russian Bay, la nostra
nuova meta, sono solo 16 miglia con rotta 240°. Partiamo con una
leggera brezza da NE, quasi in poppa, che diventa dopo un po' brezza
da ovest, cioè quasi in prua. Non c'è che da rassegnarsi e
procedere a motore, come sta succedendo nella maggior parte degli
spostamenti di questi giorni. Giungiamo a destino alle 12.30 ed
ancoriamo su un fondale di sabbia/fango, sui 14-15 metri (13°32.217'S
47°59.835'E). Ritroviamo tra le barche presenti vecchie conoscenze
delle Chagos, tra cui Vakanui e
Grasshopper.
Russian
Bay è una grande baia, molto gettonata per le sue acque calme,
infatti diventa il rifugio ideale d'inverno quando arrivano le
burrasche da sud. In questo periodo è la base ideale per recarsi con
escursioni giornaliere a Nosy Atsoha e Nosy Iranja, che sono posti
belli ma con ancoraggi piuttosto rollanti, non idonei per passarvi
la notte.
Venerdì
17 salpiamo per Nosy Iranja, distante 14 miglia. Il consiglio per
godere appieno del sito è arrivarvi con la bassa marea, quando
emerge un lunga striscia di sabbia bianchissima che solo per poche
ore congiunge Iranja ad un piccolo isolotto distante poco meno di un
miglio.
Noi
arriviamo alle 11.45; la bassa marea è alle 14, ma la striscia di
sabbia è quasi tutta fuori dall'acqua: vi vediamo infatti decine di
gitanti, giunti con piccole barche per turisti, che vi passeggiano
avanti e indietro. Ancoriamo su 10 metri di fondale sabbioso
(13°36.432'S 47°49.747'E); l'acqua è limpidissima, lo scenario da
cartolina. Ci godiamo un bel bagno, accompagnato da un po' di pulizia
della carena. Purtroppo, come previsto, non c'è alcuna protezione
dall'onda, quindi dopo aver pranzato rollando alla grande salpiamo
l'ancora e partiamo per tornare a Russian Bay.
L'altra
isoletta che vogliamo vedere, Nosy Atsoha, è sulla nostra rotta.
Andiamo a dare un'occhiata per capire se è il caso di fermarci, ma
l'ancoraggio risulta esposto alla brezza di ovest e si balla un bel
po'. Molto meglio fare le ultime 6 miglia e tornare alle acque piatte
di Russian Bay, che assicurano un riposo tranquillo.
A Nosy
Atsoha torniamo il giorno dopo, sabato 18 agosto: sarà la nostra
ultima tappa nei dintorni di Nosy Be. Atsoha è una piccola isola,
separata dalla costa da uno stretto canale con profondità inferiori
ai 2 metri in bassa marea; ancoriamo nel suo versante meridionale, su
fondale sabbioso di 11 metri (13°30.914'S 47°17.048'E).
L'intera
isola, disabitata, è un parco naturale. Vi si accede solo pagando la
(modica) tariffa di ingresso: 15.000 Ari a persona (circa 4 €), che
comprende la visita guidata. Un sentiero attrezzato con liane e
gradoni di granito sale sulla sommità della collina, a circa 100
metri, dove sono allestite due piazzole belvedere. C'è anche un sito
di allevamento e protezione delle piccole tartarughe: i guardiani del
parco le raccolgono sulla grande spiaggia in terraferma, appena nate,
cioè dopo la schiusa delle uova; vengono tenute in piccole vasche
per circa tre mesi, fino a quando raggiungono grandezza e robustezza
adeguate per difendersi dai predatori. Ma l'attrattiva principale,
ancora una volta, sono i lemuri: qui ne sono presenti quattro specie
distinte. Richiamati dalla guida con versi gutturali, ben diversi dai
"maki, maki, maki" dei bambini di Munoko, arrivano a frotte
per papparsi qualche buon boccone di banana. Sono molto carini e
forse meno intraprendenti di quelli visti a Munoko.
Dopo
una bella mattinata nel parco, completata da un bagno ristoratore
nell'acqua limpida, pranziamo e subito dopo salpiamo, mettendo la
prua su Helville. Si torna a Nosy Be.