mercoledì 22 agosto 2018

MADAGASCAR: NOSY KOMBA - NOSY MUNOKO - RUSSIAN BAY - NOSY IRANJA - NOSY ATSOHA



Proseguiamo il nostro giro per le isole vicine a Nosy Be, tutte raggiungibili con piccole tappe: la distanza massima è di una ventina di miglia.
Nosy Komba è la più vicina. Vi arriviamo sabato 11 agosto provenienti da Tani Keli, ed ancoriamo in prossimità della punta nord, vicino al villaggio Anpangorionuna, località turistica dell'isola (13°26.514'S 48°21.169'E fondo 12-14 metri di fango/sabbia).
Tramite Fabio di Amandla, che è qui da oltre due mesi, abbiamo conosciuto Stefano Palazzi, un italiano che vive da 17 anni nel villaggio di Antintorona, un miglio a SE del nostro ancoraggio.
Stefano Palazzi, romano, è approdato qui poco più che trentenne. Trovando in atto un'emergenza sanitaria che aggravava una situazione preesistente di estrema povertà e abbandono, si è dato da fare per aiutare le persone in difficoltà e per bonificare la piccola baia coperta di mangrovie. In questo modo è entrato nelle grazie dell'autorità più riconosciuta nella tradizione del villaggio (la chiamano "Regina"), e questo ha fatto sì che conquistasse anche un certo ascendente sui locali.
Pochi anni dopo la “Regina” è morta e lui si è ritrovato ad essere considerato un personaggio di grande rilievo, perché l'aveva curata ed assistita negli ultimi mesi di vita. Anche queste particolari circostanze hanno dato impulso ai suoi progetti. Piano piano, coinvolgendo i locali, ha costruito una grande scuola (dalla materna alle superiori); molte case in paglia sono diventate solide costruzioni in muratura, i sentieri strade lastricate di granito.
Sfruttando l'acqua che scende dalla montagna, ha realizzato una piccola centralina idroelettrica che produce elettricità; tutto il villaggio usufruisce gratuitamente sia dell'acqua che della luce.
Per finanziare tutto questo nel 2010 Stefano ha costituito un'associazione no profit, autofinanziata dai soci e in parte da contributi istituzionali italiani e non. Stefano oggi riesce a pagare lo stipendio a 12 insegnanti e ad assicurare vitto e alloggio ai giovani studenti provenienti dalle isole vicine; ogni anno i 5 migliori vengono premiati con una borsa di studio per proseguire il loro percorso di formazione fino all'università.
Attualmente sono in corso due ulteriori progetti. Uno riguarda la produzione agricola, per rendere autosufficiente il villaggio. L'altro promuove l'igiene alimentare: stanno costruendo una cucina comune, per abituare la gente a mangiare in maniera corretta ed equilibrata. Come se non bastasse, quando c'è necessità fa anche il cavadenti e il dispensatore di farmaci basici.
La figura di Stefano ci ha molto colpiti: è un "grande", ha fatto del volontariato una missione, coinvolgendo gli adulti, ma iniziando con la scuola e i bambini, gli adulti di domani; sta dimostrando che il suo progetto pilota è esportabile per migliorare la vita di tutti. Sul suo sito internet si possono trovare i dettagli www.weworkitworks.org/stefano-project/



Nell'altro villaggio di Komba, Anpangorionuna, ci sono molti ristoranti e negozi che espongono lavori di artigianato, soprattutto sculture in legno e tovaglie ricamate a mano. Sul blog di Adina avevamo letto che per i navigatori un punto di riferimento è il ristorante Chez Jolande, gestito da una coppia: lui francese e lei malgascia, dove lei è una ex navigatrice, perciò particolarmente vicina e sensibile ai naviganti. Naturalmente ci andiamo per pranzo, ed effettivamente Jolande si dimostra subito gentile, prolungando l'apertura della cucina appositamente per noi che eravamo in forte ritardo rispetto agli orari consueti.




 La nostra isola successiva è la piccola Nosy Munoko, 20 miglia a sud di Helville. Poco distante dalla terraferma, a NE di Punta D'Ampasimena, è un posto tranquillo e ben riparato dalle brezze. Ancoriamo nel suo versante SW, davanti al piccolo villaggio, dando fondo su 14-16 metri di fango/sabbia (13°43.366'S 48°11.217'E).
Anche qui, ci è stato detto, vive una “Regina”, e per rispetto delle tradizioni locali è preferibile recarsi da lei con qualche omaggio prima di visitare l'isola. Ci atteniamo al protocollo e andando a terra portiamo con noi un pacco di riso e un paio di occhiali da sole per la “Regina”, ed una certa quantità di banane per i lemuri. Sapevamo infatti che qui è possibile vedere questi primati dall'aspetto curioso, a metà strada fra le scimmie e gli scoiattoli, che vivono esclusivamente in Madagascar, pare in 60 specie diverse, e purtroppo sono oggi a rischio di estinzione.
I locali che ci vengono incontro parlano pochissimo il francese (come noi, del resto), ma capiamo che la "Regina" non è sull'isola al momento. Così regaliamo il pacco di riso ad un pescatore intento a riparare la sua rete, e gli occhiali ad un giovane incontrato sulla spiaggia, che sembrano entrambi gradire l'omaggio.
Se la “Regina” non c'è, speriamo almeno di vedere i lemuri. E di lì a pochi minuti veniamo accontentati. Lo stuolo di ragazzini che si è raccolto intorno a noi lancia infatti in coro il richiamo di rito: "maki, maki, maki" … ed ecco che in breve tempo veniamo presi d'assalto da una quindicina di questi piccoli animali agili e ghiotti di banane, che sono velocissimi a strapparci di mano.



L'anziano pescatore ci guida poi nella foresta per mostrarci due grosse tartarughe di terra, che fanno parte della comunità da circa un secolo.



Il villaggio è povero, con case di paglia e legno, ma vediamo molti giovani; facciamo un po' di foto ai ragazzini giocosi e rientriamo in barca.


Mercoledì 15 agosto torniamo a Nosy Be, ma questa volta ci fermiamo a Crater Bay, la baia alternativa ad Helville, dove sono ancorate la maggior parte delle barche; ci sono molti gavitelli gestiti dal locale Yacht Club, ma noi diamo ancora su un fondale fangoso di 12-14 metri (13°23.964'S 48°13.176'E).

Qui ritroviamo Pino, partito una settimana prima di noi dalle Seychelles. Lo invitiamo a cena: ci racconta che ha avuto nuovi problemi al motore, causati dall'alta temperatura dell'acqua, e che durante la traversata ha trovato vento forte che lo ha costretto a ripiegare verso le isole Comore. Ha impiegato 13 giorni per raggiungere Nosy Be, contro i nostri 5.
Lo Yacht Club di Crater Bay è gestito da un austriaco, Roland, che ha anche un negozio di ricambi nautici; uno dei motivi per cui siamo venuti qui, infatti, è cercare le fascette stringitubo in acciaio inox, introvabili ad Helville. Ma il 15 agosto è festa anche in Madagascar ed il negozio è chiuso. Decidiamo di fare comunque un giro al villaggio di Daresalama, che si trova a circa 2 chilometri. Contrattiamo con l'autista del tuk tuk la tariffa di 3000 ari per tratta; la strada è sterrata e disastrata, con grosse buche e profondi avvallamenti, il percorso è quasi a rischio di rovesciamento per il piccolo Ape Piaggio, ma tutto fila liscio. Troviamo il supermercato aperto e ne approfittiamo per comprare baguette fresche.
Il giorno seguente, di buon mattino, lo stesso Roland accompagna me e il Gianca al negozio con il suo gippone, e poi ci riporta indietro. Gentilissimo, ma le fascette le abbiamo pagate circa 10 € l'una!
Appena risaliti in barca salpiamo. Da Crater Bay a Russian Bay, la nostra nuova meta, sono solo 16 miglia con rotta 240°. Partiamo con una leggera brezza da NE, quasi in poppa, che diventa dopo un po' brezza da ovest, cioè quasi in prua. Non c'è che da rassegnarsi e procedere a motore, come sta succedendo nella maggior parte degli spostamenti di questi giorni. Giungiamo a destino alle 12.30 ed ancoriamo su un fondale di sabbia/fango, sui 14-15 metri (13°32.217'S 47°59.835'E). Ritroviamo tra le barche presenti vecchie conoscenze delle Chagos, tra cui Vakanui e Grasshopper.

Russian Bay è una grande baia, molto gettonata per le sue acque calme, infatti diventa il rifugio ideale d'inverno quando arrivano le burrasche da sud. In questo periodo è la base ideale per recarsi con escursioni giornaliere a Nosy Atsoha e Nosy Iranja, che sono posti belli ma con ancoraggi piuttosto rollanti, non idonei per passarvi la notte.
Venerdì 17 salpiamo per Nosy Iranja, distante 14 miglia. Il consiglio per godere appieno del sito è arrivarvi con la bassa marea, quando emerge un lunga striscia di sabbia bianchissima che solo per poche ore congiunge Iranja ad un piccolo isolotto distante poco meno di un miglio.


Noi arriviamo alle 11.45; la bassa marea è alle 14, ma la striscia di sabbia è quasi tutta fuori dall'acqua: vi vediamo infatti decine di gitanti, giunti con piccole barche per turisti, che vi passeggiano avanti e indietro. Ancoriamo su 10 metri di fondale sabbioso (13°36.432'S 47°49.747'E); l'acqua è limpidissima, lo scenario da cartolina. Ci godiamo un bel bagno, accompagnato da un po' di pulizia della carena. Purtroppo, come previsto, non c'è alcuna protezione dall'onda, quindi dopo aver pranzato rollando alla grande salpiamo l'ancora e partiamo per tornare a Russian Bay.
L'altra isoletta che vogliamo vedere, Nosy Atsoha, è sulla nostra rotta. Andiamo a dare un'occhiata per capire se è il caso di fermarci, ma l'ancoraggio risulta esposto alla brezza di ovest e si balla un bel po'. Molto meglio fare le ultime 6 miglia e tornare alle acque piatte di Russian Bay, che assicurano un riposo tranquillo.
A Nosy Atsoha torniamo il giorno dopo, sabato 18 agosto: sarà la nostra ultima tappa nei dintorni di Nosy Be. Atsoha è una piccola isola, separata dalla costa da uno stretto canale con profondità inferiori ai 2 metri in bassa marea; ancoriamo nel suo versante meridionale, su fondale sabbioso di 11 metri (13°30.914'S 47°17.048'E).
L'intera isola, disabitata, è un parco naturale. Vi si accede solo pagando la (modica) tariffa di ingresso: 15.000 Ari a persona (circa 4 €), che comprende la visita guidata. Un sentiero attrezzato con liane e gradoni di granito sale sulla sommità della collina, a circa 100 metri, dove sono allestite due piazzole belvedere. C'è anche un sito di allevamento e protezione delle piccole tartarughe: i guardiani del parco le raccolgono sulla grande spiaggia in terraferma, appena nate, cioè dopo la schiusa delle uova; vengono tenute in piccole vasche per circa tre mesi, fino a quando raggiungono grandezza e robustezza adeguate per difendersi dai predatori. Ma l'attrattiva principale, ancora una volta, sono i lemuri: qui ne sono presenti quattro specie distinte. Richiamati dalla guida con versi gutturali, ben diversi dai "maki, maki, maki" dei bambini di Munoko, arrivano a frotte per papparsi qualche buon boccone di banana. Sono molto carini e forse meno intraprendenti di quelli visti a Munoko.








Dopo una bella mattinata nel parco, completata da un bagno ristoratore nell'acqua limpida, pranziamo e subito dopo salpiamo, mettendo la prua su Helville. Si torna a Nosy Be.