Ad
Helville passiamo quattro giorni tranquilli, che ci sono utili per
fare i rabbocchi di cambusa e gasolio, visto che a sud di Nosy Be, se
si esclude Mahajanga, non ci saranno altre possibilità di
rifornimento.
Gianca,
Angelo e Cristina si organizzano per un giro dell'isola col taxi
(200.000 Ari -circa 52€- per l'intera giornata), ma al ritorno ci
raccontano che non sono troppo entusiasti dell'escursione: viaggio
lento e un po' disagevole a causa del cattivo stato delle strade,
ristorante scadente e più caro rispetto a quelli che avevamo provato
ad Helville, ma soprattutto i siti visitati non avevano attrattive
particolari.
Nella
baia di Helville ritroviamo Anthem, la barca di Adrian e
Marianna che avevamo conosciuto alle Chagos il giorno prima della
nostra partenza; Marianna ora è sola a bordo, Adrien ha dovuto
partire improvvisamente per l'Australia.
Con
Marianna c'è subito feeling. Originaria della provincia di Vicenza,
da un sacco di tempo non incontra italiani con cui poter
chiacchierare parlando la propria lingua. Ci racconta le sue
esperienze come fotografa imbarcata sulle navi di Sea Sheperd, una
delle organizzazioni internazionali che si occupa della salvaguardia
della fauna ittica e degli ambienti marini. Con Sea Sheperd ha
passato lunghi periodi in Antartide, in spedizioni il cui scopo era
contrastare, o quanto meno documentare, le attività illegali delle
navi baleniere. Poi, piuttosto casualmente, è passata alla vela. Con
il suo compagno Adrian, australiano e abilissimo tecnico, hanno
messo a punto con grandi lavori di manutenzione Anthem, bellissima
barca di 19 metri in alluminio con deck salon, che veniamo invitati a
visitare e che ci lascia davvero incantati
Martedì
21 agosto invitiamo a cena Marianna e Fabio & Lisa di Amandla.
Questi ultimi sono in partenza per Mayotte, distante da
Nosy Be circa 180 miglia: il loro visto di 3 mesi sta scadendo,
quindi per rinnovarlo devono uscire dal Madagascar per poi subito
rientrare.
Il
giorno dopo facciamo un ultimo giro in città: grande spesa al
mercato ortofrutticolo, scorta di pane e pranzo al ristorante Oasi,
secondo noi il migliore di Helville.
Salpiamo
giovedì 23 agosto: dopo l'ennesimo mezzora impiegata per il lavaggio
manuale della catena intrisa di fango (qui in Madagascar sta
diventando un'abitudine), mettiamo la prua su Baramahamay a 36
miglia.
In
assenza di vento avanziamo a motore e dopo circa un'ora noto che la
spia della pompa automatica di sentina è accesa, ma non ne verifico
lo spegnimento. 5 minuti dopo Angelo mi fa notare che la spia è
ancora accesa, e nessuno sta usando i rubinetti dei bagni e della
cucina! A questo punto scendo nella sala motore e trovo un tubo
dell'acqua dolce staccato, si era allentata la fascetta; la pompa di
sentina a fatica riusciva a scaricare l'acqua che fuoriusciva dal
serbatoio: in pochi minuti abbiamo buttato a mare 300 litri d'acqua
dolce! Risolvere l'inconveniente non è difficile, ricollego il tubo
e stringo la fascetta, ma ora ci vorrà del tempo per riprodurre
l'acqua con il nostro dissalatore a 60 litri/ora.
Baramahamay
è una stretta e profonda insenatura che penetra nella mainland per
circa 3 miglia, ed è sostanzialmente l'estuario del fiume omonimo,
che i navigatori chiamano “Honey River”, perchè qui viene
artigianalmente prodotto un miele che i locali vendono alle barche di
passaggio.
Ci
addentriamo per circa 1,5 miglia, le acque sono torbide e non si
distinguono le profondità, proviamo prima l'ancoraggio segnalato da
Des, davanti al villaggio, ma in un brusco cambio di profondità
andiamo a toccare con la chiglia il fondo fangoso, metto prontamente
la retro e ci spostiamo al centro del canale su 8-9 metri
(13°42.837'S 47°54.056'E).
Dopo
l'ancoraggio un ragazzo ci raggiunge con una piroga per offrirci un
grosso granchio, che rifiutiamo, poi arriva un giovane a proporci il
miele, in una bottiglia di plastica da acqua minerale di un litro e
mezzo, per 20.000 Ari, circa 5,2 €: piccola trattativa e
concordiamo per 17.000 Ari.
Salpiamo
il giorno successivo per Nosi Kalakajoro, a 18 miglia; brezza
leggera, navighiamo con vela e motore, anche per poter far funzionare
il dissalatore. Arriviamo alle 11.00 quando inizia la brezza da
ovest, ancoriamo davanti ad una bella spiaggia, fondo sabbioso sui
12 metri (13°57.029'S 47°46.627'E).
L'acqua
è pulita e trasparente, così approfittiamo per fare un po' di
pulizia alla carena: a terra vediamo un resort senza clienti, forse
abbandonato.
Il
posto è splendido, e del tutto godibile con la brezza di mare, che
rinforza nel pomeriggio. Diventa invece poco piacevole di sera quando
arriva la brezza di terra, che proprio da Kalakajoro verso sud,
rinforzata dal vento di sud-est, porta raffiche catabatiche che
giungono facilmente a 25-30 nodi. Ci si può trovare con più di un
metro di onda e la costa sottovento. Alla luce di queste
considerazioni, dopo il pranzo salpiamo per Berangomaina, un'altra
insenatura della mainland profonda circa 1,5 miglia, 16 miglia più a
sud.
Con
11-12 nodi al traverso, Refola colma facilmente la distanza e
alle 16 siamo già a destinazione. Incontriamo qualche difficoltà
nell'atterraggio: siamo in alta marea (+ 3 metri), l'acque torbida e
fangosa impedisce di distinguere le differenze di profondità, la
cartografia Navionics e C-Map è molto approssimativa. Berangomaina
ha estesi bassi fondali da entrambi i lati e verso l'uscita, abbiamo
però il wp dell'ancoraggio di Adina.
Procediamo
con cautela, controllando continuamente l'ecoscandaglio; al primo
tentativo di avvicinamento mi rendo conto che ci stiamo infilando
nel percorso sbagliato, torniamo indietro alcune centinaia di metri
e ci spostiamo più a sud, la profondità è più stabile, ancoriamo
in fondo all'insenatura su 8-10 mt. di fondale fangoso (14°05.843'S
47°54.413'E).
Dopo
l'ancoraggio ci viene a trovare un simpatico giovane un po' sdentato,
che parla un francese strano e colorito, ma facilmente comprensibile.
Ci propone delle aragoste, che sarebbe andato a pescare durante la
notte, per 50.000 Ari (circa 13 €). “Troppo care”, gli diciamo
declinando l'offerta. Ci chiede se abbiamo una maglietta da
regalargli, lo accontentiamo e lui se ne va felice.
Il
mattino successivo poco dopo le 6, quando il sole è appena spuntato,
si presenta nuovamente con la sua piroga: “Alessandro, guarda cosa
ho!” 2 aragoste, una più grande, l'altra piccolina. “Troppo care
– torno a dirgli - ti do 20.000 Ari (circa 5 €)”. “Ok” dice
lui, sempre sorridente; poi ci chiede se abbiamo del paracetamolo, la
moglie ha la febbre da due giorni e mangia solo the zuccherato,
dovrà andare dal dottore, ma intanto vorrebbe abbassarle la
temperatura. Gli diamo il paracetamolo e anche due paia di calzoncini
che non mettevo più ed il giovane se ne va, ancora una volta felice
come una pasqua!
Tiriamo
su l'ancora, faticando per pulire la catena dal fango; l'uscita,
seguendo la traccia precedente, risulta molto più facile.
La
nostra meta è Nosi Saba, a 24 miglia, un altro bellissimo ancoraggio
diurno. Ancoriamo a SE dell'isola su 20-22 metri di sabbia, il fondo
sale rapidamente vicino a terra (14°21.924'S 47°38.663'E).
Anche
qui c'è un resort, sulla parte nord; sulla spiaggia davanti a noi
vediamo alcune persone intente a lavare in mare grandi foglie di
palma, segno che c'è un minimo di attività, probabilmente senza
clienti. Bagno ristoratore, forse l'ultimo in acque Malgasce, pranzo
e poi si salpa per passare la notte sulla costa della mainland.
Abbiamo
un wp di Adina in località Bisakondri, ma prima passiamo da
Nosy Lava, un'altra isola 10 miglia a sud, ex sede del carcere
nazionale; essendo l'ancoraggio protetto da ovest e anche da sud,
vogliamo verificare se può essere adatto ad una sosta notturna.
Quando vi arriviamo, però, il vento è girato a NNW e c'è quasi un
metro di onda. Non è proprio il caso di fermarsi .
Proseguiamo
quindi per Bisakondri, dove arriviamo alle 17.00; mettiamo ancora su
fango argilloso, profondità 5-8 metri (14°32.517'S 47°43.401'E).
Il vento è ancora sui 15 nodi da NW e si balla, ma come nei giorni
precedenti alle 19 cala e dopo altre due ore cessa anche l'onda.
Riposiamo tutta la notte tranquilli, con una leggera brezza di terra.
Il 26
agosto salpiamo da Bisakondri, la catena è intrisa di argilla e
impieghiamo una buona mezz'ora per lavarla, lavorando di spazzola
quasi anello per anello. Quando finalmente possiamo partire, mettiamo
la prua su Moramba Bay, a 44 miglia.
Il
vento è da est sui 10-12 nodi, ma al giardinetto l'apparente non
supera i 6 nodi, perciò navighiamo con vela e motore; dopo un paio
d'ore con rotta SSW, il vento apparente arriva al traverso e ci
consente di proseguire solo a vela fino a destinazione.
Moramba
Bay è un'ampia e profonda baia della mainland, navigabile solo per
metà a causa dei bassi fondali sabbiosi. Ancoriamo tra grossi
isolotti rocciosi che si innalzano dall'acqua come funghi, su fondale
sabbia-fango di 5-8 metri (14°53.621'S 47°19.821'E).
Il
posto è veramente bello e scenografico, pur senza i colori del
Pacifico ricorda un po' Fulanga, uno dei posti che abbiamo amato di
più alle FiJI. Solo per un paio d'ore subiamo un po' di rollio, che
cessa quando si inverte la corrente di marea (qui,
con la luna piena, la alta marea arriva a +3.40 metri).
Dopo
diversi giorni ritroviamo finalmente la connessione ad internet;
anche se debole, ci permette di scaricare le previsioni meteo e la
posta. È ormai tempo di programmare l'uscita dal Madagscar e di
affrontare il complicato tratto di navigazione che ci porterà in Sud
Africa. Dovremo attraversare il canale di Mozambico e per farlo in
sicurezza occorre sfruttare una buona “finestra” meteo, che di
solito non dura più di 4-5-6 giorni, ed è seguita da forti venti
meridionali.
Il
nostro meteorologo-velista Des ci comunica che una finestra utile è
verso la fine del mese: abbiamo solo tre giorni di tempo per
beccarla, e mancano 80 miglia a Mahajanga, dove dobbiamo fare le
pratiche di uscita. Per tenere aperte tutte le possibilità decidiamo
di partire la sera stessa e navigare tutta la notte per arrivare al
mattino a Mahajanga. Salpiamo prima del tramonto, vediamo sorgere la
luna piena, alle 22 il vento da est si stabilizza sui 10-15 nodi e ci
accompagna dolcemente fino a destinazione.
Alle
7.45 del 28 agosto ancoriamo davanti alla città di Mahajanga, su un
fondale fangoso di 4-8 metri (15°43.872'S 46°18.499'E). Non c'è
tempo di riposare, dobbiamo affrettarci e scendere a terra, per il
nostro secondo randez-vous con la burocrazia Malgascia...