mercoledì 15 agosto 2018

MADAGASCAR: Cathedral - Nosy Mitsio - Nosy Be e dintorni



Dopo la traversata Seychelles-Madagascar che a detta di tutti è stata davvero fortunata, ci godiamo appieno lo splendido ancoraggio denominato “Cathedral”. Si tratta di una specie di anfiteatro naturale composto da quattro isolette, distanti meno di un miglio l’una dall’altra; Anjombavola è la più grande e la più alta; nessuna è abitata stabilmente, le uniche presenze umane sono a bordo di povere barche locali, che portano qui per qualche ora piccoli gruppi di turisti/gitanti.




Poco dopo di noi arriva un’altra barca; è Island Pearl II, Amel Super Maramu gemella di Refola. Lo skipper armatore è Colin, un australiano di Sydney con 4 amici a bordo; anche lui è diretto in Sudafrica e prendiamo accordi per tenerci in contatto e navigare insieme.
Caliamo l’ancora inizialmente ad est di Ambatomarangitsi, ma durante la notte ci ritroviamo esposti al vento, con la costa sottovento ed un po' di onda in prua. Abbiamo così conferma di quanto ci era stato anticipato da altri navigatori: i venti principali sono in regime di brezza, ed hanno orari precisi. A mezzogiorno si alza una brezza di mare da ovest che dura fino alle 21, poi inizia la brezza di terra da est, fino a mezza mattina; notare che la brezza di terra può raggiungere i 20 nodi.  
Per stare più tranquilli, il mattino seguente ci spostiamo a sudovest di Anjombavola (12°15.791’S 48°58.365’E), fondo sabbioso sui 16 metri, dove troviamo riparo da entrambe le brezze.
Sabato 4 agosto salpiamo di buonora diretti a Nosy (che significa isola) Mitsio, distante circa 50 miglia. Partiamo con un leggero vento da est, sugli 8 nodi, ed avanziamo con vela e motore. Verso le 11, leggermente in anticipo, siamo investiti dalla brezza da ovest, che ci consente di proseguire a vela fino a destinazione. Island Pearl II è partita appena un po’ prima di noi, con la stessa meta: l’ingaggio è inevitabile. Una competizione senza storia, Refola li lascia indietro di misura, anche se onestamente va detto che avevano il dinghy al traino…
Alle 16 arriviamo a Nosy Mitsio e approdiamo a Maribe Bay, ampia e protetta da entrambe le brezze; caliamo l’ancora su un fondale sabbioso di 9-10 metri (12°54.403’S 48°34.719’E).
Tra le 4 barche alla ruota, ritroviamo il catamarano di tedeschi Moyo e l’Halberg Rassy 53 New Dawn di Paul, che erano insieme a noi alle Chagos.
Con Paul, incontrato per la prima volta in maggio alle Maldive, avevamo legato molto, perciò ritrovarsi è una grande festa. Quando era partito dalle Chagos, contemporaneamente a noi, aveva problemi di salute e aveva fatto rotta su Mayotte (un’isola territorio francese d’oltremare, ad ovest della punta settentrionale del Madagascar) per curarsi presso l’ospedale locale. Ci racconta che dopo una cura di alcuni giorni, sbarcata la coppia di giovani svedesi che aveva a bordo, ha ripreso la navigazione dando un passaggio ad una giovane velista diretta a Nosy Be.

A Maribe Bay c’è un piccolo villaggio. Gente povera che vive di pesca, usando piccole barche con bilanciere, armate con rudimentali vele a terzo. Un locale viene sottobordo chiedendo uno scambio di aragoste per delle magliette, lo invitiamo a portare il pescato per valutare lo scambio, ma le aragoste non arriveranno.


Lunedì 6 agosto partiamo da Nosy Mitsio alle 7.05, diretti a Nosy Be, a 44 miglia. Paul di New Dawn, con il suo nuovo marinaio Harry, salpa per primo, poi noi, e a seguire Island Pearl II. L’ingaggio questa volta è con Paul, ma non riusciamo a rosicchiare nulla; il vento è da est sui 19-20 nodi e procediamo di bolina larga, a 8,5 nodi. Solo quando il vento cala diventiamo più performanti di lui e guadagniamo circa un miglio, superandolo. Ma alle 10.30 il vento cala quasi completamente, e tutti siamo costretti a dare motore; ci consola il fatto che la navigazione sia stata allietata dalla pesca: un bel wahoo ed un tonno sui 4-5 kg.

Alle 15.30 siamo nella baia di Helville, il principale centro abitato dell’isola di Nosy Be, dove ancoriamo su un fondale fangoso di 10-12 metri (13°24.500’S 48°17.077’E).
Nonostante sia un po’ tardi, Lilli ed io andiamo a terra per vedere se è possibile effettuare velocemente le pratiche di ingresso, per prelevare un po’ di soldi e comprare una SIM card locale. Gentilmente Paul si offre per accompagnarci e mostrarci dove trovare le cose essenziali che cerchiamo.
L’atterraggio col dinghy, all’interno dell’area portuale, si fa su un corto pontile galleggiante utilizzato dalle numerose piccole barche a motore che fanno la spola tra Nosy Be, le isole qui intorno e la terraferma (o più propriamente la main land, terra principale, come viene chiamato il Madagascar). Su questo pontile galleggiante staziona quasi stabilmente un giovanotto di nome Jimmy, che col suo aiutante Cool fa la guardia al gommone, prende in consegna le immondizie, presta assistenza per le pratiche di check-in e check -out, per il rifornimento di gasolio e per gli acquisti da fare in città. Le sue tariffe sono 10.000 Ari (2,6 €) per tenere il dinghy un giorno, 40.000 Ari (circa 10 €) per assistenza di una giornata nelle pratiche e negli acquisti.
Come arriviamo Jimmy prende in consegna il dinghy, ma ci dice che è troppo tardi per il check-in e ci rimanda all’indomani mattina.
La nostra posizione a terra è irregolare (nessun timbro sul passaporto, siamo per il momento clandestini!), ma Paul ci esorta a mostrare indifferenza davanti al gabbiotto della polizia e con lui varchiamo il cancello del porto, verso la città. Sentendoci un po’ dei fuorilegge camminiamo velocemente; Paul ci accompagna allo sportello ATM, alla compagnia dei telefoni (Telma) dove compriamo la SIM card (circa 30 euro per 6 giga di dati + 6 notturni + un po’ di credito voce), ci fa vedere il supermercato Shampion e la boulangerie per le baguette ed infine il mercato ortofrutticolo, che sta per chiudere, dove comunque riusciamo a comprare un po’ di verdura.
Il giorno seguente, insieme all’equipaggio di Island Pearl II e accompagnati da Jimmy, ci rechiamo al posto di polizia del porto, che fa le funzioni di ufficio immigrazione, per le pratiche di ingresso. In pochi minuti ci rendiamo conto che le regole non sono chiare, e soprattutto che comandano loro.
Preavvisati della corruzione dilagante, ci eravamo informati via internet sul costo dei visti; ma non si può discutere, ci impongono in malo modo il pagamento in euro, al cambio deciso da loro: 35 € a persona per il visto di un mese, 80.000 Ari (20 €) di tassa per la barca, 50.000 Ari (13 €) per timbrare i passaporti, 20.000 Ari (10 €) di mancia per ritirare i passaporti, infine 60.000 Ari (15€) per il permesso di navigazione. Siamo un po’ contrariati dall’atteggiamento arrogante, ma non possiamo che subire, ed in fondo non hanno rubato neanche tanto…
L’ufficiale che ci ha redatto il permesso di navigazione è una persona molto gentile e disponibile, completamente diversa dei poliziotti.
Esaurite le incombenze burocratiche (passaporti e permesso di navigazione saranno pronti nel pomeriggio), Jimmy si mette alla guida del gruppo di 10 persone formato dagli equipaggi di Island Pearl II e Refola e ci porta in giro per la cittadina, mostrandoci vari negozi ed ovviamente il mercato, che visto in pieno giorno ci appare più animato e colorato del pomeriggio precedente.


Helville è molto movimentata, i piccoli edifici sulla strada principale sono in stile coloniale, mentre le vie laterali appaiono molto più grezze e povere. Ha un aeroporto internazionale, molti ristoranti, e c’è un discreto giro di gente, soprattutto turisti, diretti qui ed alle isole vicine; i mezzi di “trasporto pubblico” sono i tuk-tuk: mini taxi ape Piaggio con 3 posti, 500 Ari a persona (0,13 €).

Alle 13 pranziamo tutti insieme al ristorante Oasis, io e Colin concordiamo di offrire il pranzo a Jimmy, che sembra gradire. Assaggiamo ed apprezziamo il filetto di zebu, tipica mucca locale con la gobba: circa 6 € a testa per un piattone gustoso, birra compresa.


Sappiamo che nei dintorni di Nosy Be ci sono molte delle barche con cui abbiamo passato le splendide tre settimane alle Chagos: Amandla con Fabio e Liza e Peacifique con Leslie e Phil, Grasshopper con Jeff e Chery, Muck con Rudy e Doris, Tehanili con Phil e Karel.
Prendiamo accordi con Fabio per vederci a Nosy Sakatia, una piccola isola ad ovest di Nosy Be.
Giovedì 9 agosto costeggiamo per 12 miglia il versante occidentale di Nosy Be ed ancoriamo a sud est di Sakatia, su un fondale sabbioso di 15-16 metri (13°18.960’S 48°09.779’E).
A terra c’è un bel resort con centro diving.

La particolarità del posto sono le grosse tartarughe marine che vanno a “brucare” le sottili alghe sul fondo; con la bassa marea riesci ad avvicinarle fino a toccarle, senza affatto intimidirle o impaurirle.
L’acqua a Sakatia è particolarmente trasparente: ne approfittiamo per pulire la carena.




Sabato 11 agosto salpiamo per Tani Keli, un piccolo isolotto a sud di Nosy Be, a circa 11 miglia da Sakatia; è un parco marino, dove non è permesso sostare per la notte.
Vi arriviamo alle 12.25: a sud dell’isola c’è una ampia zona sabbiosa con fondale 8-10 metri, che aumenta gradatamente fino a 24. Prendiamo un gavitello, perché voglio approfittare della sosta con l’ancora a bordo per tagliare le prime tre maglie della catena, che sono arrugginite.
L’acqua è di una trasparenza eccezionale. Con maschera e pinne vado a controllare il corpo morto, un bel plinto di cemento, che sembra conficcato nella sabbia; la cima è sana e robusta, per cui tutto OK. I guardiani del parco vengono a riscuotere la tassa: 20.000 Ari per persona (circa 5 €).
Dopo il taglio della catena, ci concediamo un bel bagno e un bel pranzo. Siamo un po' esposti alla brezza di mare da ovest e c’è un po' di onda, combinata con la marea che si sta alzando. Sto pensando di spostarci quando improvvisamente realizzo che ci stiamo già muovendo: abbiamo trascinato il corpo morto almeno 100 metri e abbiamo ormai una profondità di 26 metri sotto la chiglia! Questa volta non sono stato previdente: avrei dovuto attenuare la tensione esercitata sul corpo morto allungando di molto la cima con cui vi eravamo legati… Purtroppo non posso rimediare; non ci resta che mollare la cima dal gavitello, ormai sommerso, e andare via.
Mettiamo la prua su Nosy Komba, un’altra piccola isola un miglio a SSE di Nosy Be.