Alle 17.20 di lunedì 7 maggio salpiamo da
Veymandhoo per la prima navigazione notturna alle Maldive, dopo 40 giorni di
tappe giornaliere. La nostra destinazione è Thinadhoo, a poco più di 100
miglia, che si trova nell’atollo Gaaf, circa al centro del suo versante
occidentale.
Per raggiungerla ci si presentano, ancora una
volta, due alternative. La prima è effettuare un’unica tappa, entrando
nell’atollo Gaaf attraverso la pass Meradhoo, distante circa 6 miglia dalla
nostra meta. La seconda prevede invece 75 miglia per arrivare all’ingresso settentrionale
dell’atollo, in corrispondenza di Kolamaafushi, un ancoraggio per la notte e il
proseguimento all’interno dell’atollo per le ultime 30 miglia. Prenderemo la
decisione lungo il percorso, a seconda delle condizioni che troveremo.
Nelle prime 40 miglia, lasciata Veymandhoo, abbiamo
vento contrario da SW, per quanto leggero, a cui si aggiunge una discreta
corrente, anch’essa contraria. Non superiamo i 4 nodi di velocità e tutto fa
pensare che adotteremo la seconda ipotesi, cioè fermarci vicino a Kolamaafushi
e riprendere la navigazione il giorno dopo.
Ma verso mattina il vento gira a NW e la nostra velocità
aumenta a 5-6 nodi: possiamo farcela ad arrivare a Thinadhoo ad un’ora
accettabile! Verso le 13 entriamo infatti nell’atollo dalla pass Meradhoo e
riusciamo (addirittura!) a navigare a vela per le ultime 6 miglia.
Le cose si complicano un pochino quando arriviamo
davanti a Thinadhoo: la zona di ancoraggio si trova nella sua piccola laguna
che ospita anche il local harbour ed è chiusa per ¾ dall’isola e per ¼ dal reef.
L’immagine satellitare non è sufficientemente chiara e la cartografia non ha
dettagli; a 500 metri di distanza, ancora non riusciamo a distinguere
l’accesso. Per fortuna vediamo arrivare alle nostre spalle un peschereccio:
furbescamente rallentiamo, in modo da lasciarlo passare … di sicuro lui sa da dove
si entra! Con un apripista davanti, tutto diventa più semplice.
La pass
artificiale, segnalata da due paletti, è abbastanza larga, sui 30-40 metri;
registriamo un fondale minimo 3,60 metri. Ancoriamo su fondale sabbioso, senza
coralli, di circa 7 metri (0°32.006’N 73°00.213’E).
Da molto tempo non facevamo un ancoraggio tanto
tranquillo: dalla tenuta dell’ancora, all’isola che quasi ti avvolge
completamente, si ha la rassicurante sensazione di aver trovato un grande
riparo, a prova di brutto tempo.
Thinadhoo è quasi una città: con i suoi 9.000
abitanti si colloca al quinto posto nella classifica nazionale. Strade
asfaltate, strisce pedonali, molti negozi, numerosissimi piccoli supermercati (ogni
strada ne ha almeno un paio). Si può fare rifornimento di gasolio in banchina,
senza pratiche o autorizzazioni speciali. Facciamo un po' di spesa, trovando
delle belle patate e coca-cola in lattina, solitamente difficili da reperire.
Giovedì
10 maggio riprendiamo la navigazione verso sud. La partenza è programmata per
le 17.00: faremo un’altra notturna per raggiungere l’atollo più meridionale
delle Maldive, Addu. In tarda mattinata entra nella laguna di Thinadhoo Amandla
di Fabio, con a bordo Liza e Lucio; abbiamo giusto il tempo di salutarci e
raccontarci le ultime novità, poi dobbiamo prepararci a salpare. Sto impastando
il pane quando Lilli mi chiama in pozzetto: il cielo è diventato nero e la
pioggia si vede avvicinarsi rapidamente.
Per non manovrare sotto l’acqua, anticipiamo
di 15 minuti la partenza. Una volta usciti dalla laguna, dobbiamo affrontare la
pass per uscire dall’atollo: dalle immagini satellitari, su cui prendiamo le
misure, sembra larga e non troppo lunga. La visibilità non è delle migliori, la
pass è rivolta ad ovest: si vede il reef a sinistra, ma non quello a destra. Il
fondale si mantiene sui 10-12 metri per un lungo tratto, che non sembra finire
mai. La corrente, di circa 2 nodi, è entrante, quindi contraria per noi; impieghiamo
più di mezz’ora per raggiungere le acque profonde e poter mettere la prua verso
sud, salutati da un grande doppio arcobaleno che sale alto nel cielo
sovrastando tutto l’atollo.
Il vento è da SE, sui 15 nodi, la nostra rotta 171°:
procediamo con randa e motore. Nel primo tratto l’atollo che abbiamo appena
lasciato ci protegge un po’ dall’onda, ma in compenso risentiamo di una
corrente contraria: la nostra velocità non si schioda dai 4 nodi.
Verso le 20.30 siamo a 0°17’ di latitudine N e lo
scenario cambia radicalmente: il vento rinforza di poco portandosi a 18 nodi,
l’onda diventa corta, in prua, la corrente aumenta notevolmente, almeno 2 nodi
in direzione E-NE. La nostra velocità si riduce a 3 nodi.
Per mantenere la rotta su 165°-170°, il pilota deve
correggere di 3-4 tacche il timone e la prua bussola è costantemente sui
195°200°. Dopo che per due-tre volte il pilota automatico entra in allarme per
il fuori-rotta mi vedo costretto a metterlo in stand-by e a prendere in mano il
timone. Nel frattempo il mare si alza e diventa incrociato.
Non è facile condurre la barca in queste
condizioni: buio pesto, riferimento solo strumentale, una minima sollecitazione
al timone provoca una deviazione di rotta di 30° di rotta. Tra breve Lilli, che
sta riposando, dovrà darmi il cambio. Posso lasciarla al timone in queste
condizioni? ce la farà?
Sento che ci vorrebbe un cambio di strategia, ma in
che direzione? Meglio assecondare la corrente ed andare verso est o assecondare
il vento ed andare verso ovest?
Mi dico che per il momento l’importante è uscire da
questo mare incrociato: aumento il numero di giri a 1.800, aumento la
sensibilità del pilota automatico in modo che il timone reagisca più
velocemente alle variazioni. La velocità aumenta tra i 4 ed i 5 nodi, ed il
pilota non va più in errore. Un gran sollievo!
Verso le 23 il vento cala sugli 8-9 nodi ed anche
l’onda si riduce sensibilmente. Posso riprendere la rotta sulla nostra
destinazione e ad aspettare tranquillo che Lilli venga a darmi il cambio. Le
racconto com’è andata mentre lei dormiva beatamente, le faccio gli auguri per
il suo compleanno e me ne vado in cuccetta, ne ho bisogno!
La notte passa senza altre brutte sorprese. Alle
0.50 Lilli segna sul libro di bordo il nostro ritorno nell’emisfero sud:
abbiamo attraversato di nuovo l’equatore (per la quinta volta, ci pare). La
mattina di venerdì 11 maggio entriamo nell’Addu Atoll da nord ed alle 9.30
siamo davanti all’isola di Gan. Ovunque profondità tra i 35 e i 40 metri; dopo
un giro di perlustrazione ancoriamo, tenendoci a debita distanza, davanti alla
pass per l’accesso alla piccola laguna, dove il fondale si alza un po', a 28 metri
(0°40.991’S 73°08.732’E).
Ci sono altre tre barche ancorate, tutte come noi
qui per l’uscita dalle Maldive ed in attesa di partire per Chagos.
Simpatizziamo subito con Paul, un danese con residenza a Lussemburgo armatore
di un Halberg Rassy 53, New Dawn, che
ha a bordo come equipaggio una coppia di giovani norvegesi; la loro rotta è
Chagos, Rodriguez, Mauritius, Madagascar via nord e Sudafrica.
Paul ci informa che la nostra rotta verso le
Seychelles ci fa passare in un’area monitorata per la pirateria, e che c’è una
organizzazione che si occupa di tutelare le barche in transito in queste zone.
Lui stesso si è iscritto per il tratto dalla Thailandia alle Maldive e ci
mostra i vari documenti, come accreditarsi ecc.. L’iscrizione è gratuita, unico
obbligo mandare ogni giorno una mail con la posizione, se questa non arriva
scatta una segnalazione di attenzione. Ringraziamo Paul per questa dritta, la
valuteremo prima di partire dalle Chagos, quando avremo anche verificato come
funzionano le nostre comunicazioni con Winlink.
L’atollo Addu, a differenza di quelli visti in precedenza,
non ha reef interni; la parte sud-occidentale è formata da 4 isolette, collegate
da una strada che con molta fantasia è stata chiamata Link Road.
L’isola più a sud è Gan, dove c’è l’aeroporto, ma
pochi negozi; poi viene Feydhoo, dove c’è un porto con distributore di
carburante, molti negozi, ristoranti, più vita insomma. L’isola successiva, in
direzione nord, è Maradhoo, altro centro abitato importante ed infine l’ultima,
Hithadhoo, è il centro amministrativo dell’atollo, a circa 10 km da Gan.
I nostri spostamenti con il dinghy sono verso il
porto di Feydhoo, a mezzo miglio, dove possiamo fare un po' di cambusa e
incontrare il nostro agente per le pratiche di uscita, Massud, il quale ci informa
che entrare nel local harbour con la barca è consentito solo per fare
rifornimento ed occorre una autorizzazione della dogana, al costo di 250 rupie
(13 €).
Il 12 maggio giunge all’ancoraggio anche Amandla.
Fabio conosce già le barche ancorate, e ciò facilita le comunicazioni, così
conosciamo il calendario delle partenze: la prima barca partirà lunedì 14 alle
5, poi Fabio ed un americano di nome Jeff partiranno martedì 15 alle 3 di notte,
Paul giovedì 17, noi abbiamo programmato per venerdì 18.
Domenica sera andiamo a cena tutti insieme ad un
ristorante indiano, per salutarci.
La nostra sosta si prolunga per una settimana, ma
non è certo noiosa. Dopo un periodo di tregua, vari guasti sono tornati a farci
compagnia. Il primo è stato il terzo frigorifero, che già ci aveva fatto penare
da Pangkor a Langkawi: la piastra nuovamente non raffredda. Con non poche
difficoltà riusciamo a portare a bordo un tecnico locale; in sua presenza
riaccendiamo il frigo, che riprende istantaneamente a funzionare spontaneamente.
Il tecnico sentenzia: “E’ il filtro! è sporco e andrebbe sostituito, ma noi qui
non ne abbiamo. Bisognerebbe andare a Malè e diventerebbe una spesa molto cara.
Meglio andare avanti così, di sicuro si fermerà nuovamente e potete solo sperare
che dopo un po’ riparta, come ha fatto ora.” Non è molto consolante, ma non ci
sono alternative. Lo paghiamo (25$) e incrociamo le dita…
Poi è la volta della pompa manuale di sentina, che
non aspira più. La smonto e trovo la valvola di aspirazione bucata; dopo averla
sostituita l’impresa più difficile è rimontare la pompa, come sanno tutti gli
armatori di Amel SM cui è toccata l’esperienza.
Per terza, a guastarsi è la pompa elettrica di
sentina. Smontata anche questa, dopo aver verificato il funzionamento della
parte elettrica sostituisco entrambe le valvole, aspirazione e scarico,
apparentemente non difettose, ma dopo la sostituzione la pompa riprende a funzionare
regolarmente.
Nei ritagli di tempo mi dedico alla pulizia della
carena; al mattino fino alle 10.30- 11.00 l’acqua è pulita, poi probabilmente a
causa della corrente di marea diventa torbida e con molta sospensione.
Il tempo alle Maldive sta decisamente cambiando: la
stagione delle piogge è arrivata e per noi è proprio tempo di lasciare queste
isole che pure abbiamo trovato affascinanti.
Il nostro permesso di sosta alle Chagos, richiesto
ed ottenuto in gennaio dall’Italia, decorre dal 25 maggio. Ne richiediamo per
e-mail la correzione, anticipando la data di arrivo al 21 maggio; in meno di 6
ore ci arriva il nuovo permesso con la data corretta. La nostra partenza di
conseguenza sarà venerdì 18 sera o sabato 19 mattina, aspettiamo le ultime
previsioni meteo per la decisione finale.
Nel frattempo è cominciato il ramadan: tutti i
ristoranti sono chiusi fino a sera, gli orari di negozi e uffici subiscono
variazioni per consentire ai fedeli di pregare nelle ore stabilite. Tutto
diventa un po’ complicato e Massud, il nostro agente, anticipa tutte le
pratiche di uscita per essere sicuro di farcela a consegnarci in tempo i
documenti.
Giovedì 17 maggio con l’autobus andiamo ad Hithadhoo,
dove rimpinguiamo la cambusa di frutta e verdura nel ben fornito negozio che ci
è stato raccomandato dagli altri velisti (“Daily fresh”) e rientriamo alla base
con un taxi (130 rupie, 8€). Chiamiamo Massud che puntuale ci restituisce i
passaporti timbrati e i documenti per l’uscita. Saldiamo il conto per il
permesso di navigazione e le tasse Maldiviane: in totale 54 giorni di
permanenza ammonta a 1195 $.
Non ci rimane che salpare l’ancora!