Venerdì 4 maggio di buon mattino salpiamo dalla
baia di Magoodhoo con destinazione Maafushi, nell’estremità SW dell’atollo
Dhaalu.
Il vento è sugli 8-9 nodi da ovest, per cui decido
di tentare la sorte costeggiando Dhaalu lungo il suo versante esterno
orientale, con la speranza di riuscire a fare un po' di vela. La scelta ha
anche un ulteriore duplice vantaggio: protezione dall’onda e maggior relax,
lontani dai pericoli sempre in agguato nelle navigazioni interne agli atolli.
Procediamo tranquillamente a vela fino a quando, verso mezzogiorno, il vento
gira a SW e rinforza sui 15 nodi. Fine della festa!
Proseguiamo a motore e tutto va bene (si fa per
dire) fino a quando giungiamo in prossimità dell’estremità SE di Dhaalu. La
nostra rotta diventa ora 235° e purtroppo, finita la protezione dell’atollo,
abbiamo 1 metro e mezzo di onda in prua. A fatica superiamo i 3 nodi di
velocità.
Qui si impone un cambio di strategia: invece di
entrare nell’atollo attraverso la pass più vicina alla nostra destinazione come
programmato, imbocchiamo quella precedente, tra Maeboodhoo e Issari. Dovremo
aguzzare la vista per evitare i grossi banchi di corallo sul percorso fino a
Maafushi, ma almeno non avremo più onda contraria e potremo avanzare più
spediti. Abbiamo infatti una certa premura di arrivare: il sole è quasi del
tutto oscurato da grossi nuvoloni grigi che non promettono nulla di buono … quattro
occhi che scrutano senza posa i fondali, ma almeno la velocità arriva oltre i 5
nodi.
Siamo ormai in avvicinamento a Maafushi, la cui
laguna è aperta verso E-NE: vediamo nelle immagini satellitari che nell’ampio
passaggio ci sono alcuni reef isolati, non ben definiti, non segnalati dalla
cartografia elettronica. Anche qui, molta prudenza. Finalmente alle 15.40 arriviamo
nella zona di ancoraggio, abbiamo il WP di Totem, una delle barche che seguiamo
che è stata qui prima di noi.
Quando stiamo per mettere ancora il cielo diventa
nero e improvvisamente il vento gira a nord, a 30 nodi. Facciamo appena in
tempo a dare 65 metri di catena su un fondale sabbioso di 15 metri prima che scoppi
il temporale, con pioggia torrenziale (2°53.162’N 73°02.975’E).
Con un fetch a nord di circa 20 miglia, in breve
tempo si alza un’onda di oltre un metro. Che fare? Resistere, resistere,
resistere. Come spesso succede, nel giro di un paio d’ore il temporale si
dissolve, il vento torna da W-SW ed anche l’onda si placa; diciamo che abbiamo
fatto un buon test per la tenuta dell’ancora!
Sulla stretta e lunga isola di Maafushi vediamo una
intensa attività edilizia: scavatrici in movimento, grandi lavori di
costruzione (otto case a due piani già edificate, tetto compreso), in fase di
completamento un lungo pontile in cemento che porta all’isoletta 500 metri più
a NW.
Rinunciamo ad andare a terra, ma il posto merita di
essere segnalato per la protezione da W-SW. Noi vi trascorriamo solo la notte,
per riprendere l’indomani la navigazione verso Veymandhoo, nell’atollo di Thaaa,
a circa 35 miglia.
Per raggiungere questa meta abbiamo due alternative:
navigare all’esterno dell’atollo di Thaa, lungo il versante occidentale, per
entrarvi dalla pass di Hirlandhoo e navigare le ultime 10 miglia all’interno,
oppure entrare nell’atollo da una pass a nord e fare tutto il percorso
all’interno. La prima soluzione ci espone all’onda e, con il vento su 8-9 nodi
da WSW, ci costringerebbe ad andare ancora a motore; la seconda invece assicura
mare più calmo ma comporta un’attenta guardia a prua, visti i numerosi reef
disseminati un po’ ovunque lungo il percorso. Poiché la visibilità, essenziale
per la seconda ipotesi, non è prevedibile fin quando non si è sul posto, rimandiamo
la decisione all’ultimo momento.
Quando usciamo dall’atollo Dhaalu il cielo è abbastanza
sereno: scegliamo di entrare nell’atollo Thaa a nord, e navigare al suo interno
fino a destino. Scelta fortunata! Per la prima volta riusciamo a fare tutto il
percorso a vela, di bolina e con una buona media; con il sole bello alto i reef da evitare
risultano ben visibili da lontano, ci permettiamo addirittura il lusso di orzare
e poggiare in base alle piccole variazioni di direzione del vento.
Alle 14, in anticipo rispetto alle previsioni,
siamo davanti alla piccola pass della laguna di Veymandhoo.
La pass (WP 2°11.499’N 73°05.444’E) è davvero
stretta, circa 20 metri, adiacente ad un isolotto minuscolo e segnalata da 2
paletti. Noi siamo larghi 4,60! Lilli è molto pallida e dice che non ce la fa ad
assistere al passaggio. Se non fosse che abbiamo tre WP di ancoraggio
all’interno, di barche passate prima di noi, non mi azzarderei ad entrare.
Per fortuna la pass è stretta ma anche corta, circa
80 metri, quindi il mal di pancia passa in fretta. La profondità minima registrata
sotto la nostra chiglia è 2,10 metri; la profondità è quindi 4,15 metri a mezza
marea crescente. Lilli riprende colore ed ancoriamo in 7 metri di fondale
sabbioso, libero da coralli (2°11.349’N 73°05.436’E).
Andiamo in visita al villaggio; nell’estremità est
della laguna c’è un pontile in cemento con gradini, dove si può ormeggiare il
dinghy; per proteggere il tratto di costa sono stati posizionati grossi sacchi
di sabbia.
A nord dell’isola c’è un porticciolo, “local harbour”, un po' più
grande di quelli visti finora. Molte costruzioni recenti, soprattutto
pubbliche, indicano lo sviluppo e forse la considerazione di cui questo
villaggio gode nelle sfere politiche: un ospedale in puro stile occidentale con
ambulanze (auto e barche), la sede dell’alto segretariato dell’atollo (!),
alcuni moderni edifici sedi di grosse società, una banca in costruzione, con sportello
ATM già funzionante.
Visitiamo alcuni negozi: vendono un po' di tutto, alimentari,
ferramenta, souvenir, abbigliamento e articoli per la casa. In uno di questi un
signore sulla cinquantina si presenta e ci chiede da dove veniamo; mostra
grande interesse per il nostro giro del mondo in barca. Anche lui ha avuto
esperienze di navigazione e ci consiglia di controllare le previsioni perché il
tempo sta cambiando. Prima di salutarci ha voluto che ci scambiassimo i numeri
di telefono, raccomandandoci di non esitare a chiamarlo se avessimo bisogno di
qualunque cosa, e addirittura offrirci una bibita fresca. Per l’ennesima volta
rimaniamo affascinati da un’accoglienza tanto calda e generosa.
Davanti al porto c’è la rivendita di carburante, dove
troviamo il miglior prezzo delle Maldive: 0,56 € al litro. Prendiamo accordi
per tornare il giorno dopo con le taniche.
Carichiamo otto taniche da 20 litri sul dinghy; da
vuote Lilli ed io ce la facciamo a portarle alla rivendita in un solo giro, da
piene sarebbe stato un po’ più complicato … ma il giovane del negozio coglie
subito il problema, carica le taniche sulla sua Ape elettrica e ci aiuta
perfino nel trasbordo sul dinghy. Che dire? A parte “Thank you so much” siamo senza parole.
Chiediamo informazioni a due giovani, mollemente
seduti all’ombra sulle solite panchine in rete, per un ristorante dove
pranzare; la risposta è: “Salite in moto con noi, vi accompagniamo!”. Non era
una grande distanza ma risparmiarci la camminata sotto la canicola è stato un
bel regalo. Ci portano al Garden Restaurant, un bel locale immerso nel verde,
con vasche di acqua in continuo movimento e pesci rossi; il menù qui si
arricchisce della pizza, che non assaggiamo; prezzi sempre bassi: 90 rupie per due
piatti di fried rice e acqua minerale (meno di 5 €).
Sulla via del ritorno passiamo dal porto e vediamo
che una grande barca a motore sta facendo rifornimento: la rivendita è dotata
di una lunga tubazione mobile per portare il gasolio in banchina. Poiché nel
serbatoio mi mancano ancora un centinaio di litri, chiedo se è possibile anche
per noi entrare nell’harbour con la barca per rifornirci direttamente. Il
nostro amico gestore risponde: “Certo, nessun problema!”.
Così prendiamo due piccioni con una fava:
rabbocchiamo il serbatoio risparmiandoci trasporto di taniche e travaso, e
abbiamo un posto sicuro da cui partire nel tardo pomeriggio, senza affrontare
la piccola pass con poca luce. Ne abbiamo bisogno perché il nostro programma
prevede che lasciando Veymandhoo faremo la prima navigazione notturna alle
Maldive: la prossima meta è nell’atollo Gaaf Alif, a 75 miglia, troppe per arrivare
in buone condizioni di visibilità.
Nel primo pomeriggio del 7 maggio usciamo quindi senza
difficoltà dalla laguna (la pass sembra essersi allargata di qualche
centimetro, ma è solo l’effetto dell’esperienza già fatta) ed entriamo nel “local
harbour”. C’è molto spazio libero, ormeggiamo all’inglese davanti alla
rivendita del carburante (profondità 3,3 mt.) e provvediamo al rabbocco. La
nostra sosta dura poco più di un’ora. Mentre alcuni locali vengono a vedere
Refola da vicino e Lilli intrattiene improbabili conversazioni
inglese/maldiviano, io preparo il minestrone, nostro usuale menu per la prima
serata delle navigazioni notturne.
Alle 17.20 molliamo gli ormeggi, ancora una volta si
parte...