30.06.2017
Sì, siamo ancora fermi qui, sempre in attesa delle batterie. Vengono dalla Cina, e probabilmente sia il trasporto che le procedure di dogana hanno risentito del mese di Ramadan e delle numerose festività a seguire. È un mese speciale per la comunità mussulmana... e lo sta diventando anche per noi, che in cinque anni non abbiamo mai fatto una sosta tanto lunga!
Durante il Ramadan la gente digiuna di giorno, ma recupera ampiamente di sera. Nel resort dove abbiamo alloggiato per 15 giorni abbiamo approfittato più volte del ricco buffet che veniva allestito ogni sera: grande quantità e varietà di pietanze, che non siamo riusciti ad assaggiare tutte. L'affluenza era sempre molto alta, e gli ultrasessantenni (ora anche Lilli appartiene alla categoria) godevano dello sconto del 50%: 5 € a testa anziché 10 €. Ovviamente da bere né vino né birra, ma solo the e altre bevande dolciastre non meglio identificate.
Ormai la lista dei più importanti lavori da fare su Refola è quasi tutta spuntata, anche se qualcosa di nuovo salta sempre fuori, come il motore fuoribordo del dinghy, Toahtsu 9.8 CV. Quando provo la messa in moto già immagino che dopo 6 mesi di sosta difficilmente partirà al primo colpo; così è infatti, salvo accendersi dopo 5-6 tentativi … per spegnersi 10 secondi dopo, definitivamente. Inizio una serie di controlli, a cominciare dal serbatoio della benzina; vi trovo una tale quantità di sporcizia, provocata dalla ruggine del galleggiante che segnala il livello, che ci sarebbe stato da stupirsi se il motore fosse partito. Poi sostituisco il filtro della benzina, smonto il carburatore ed il filtro dell'aria, pulisco le candele. Ho fatto insomma tutto quello che potevo, dopo di che gli ho detto (al motore): "ora tocca a te!". Macché, non meno di 200 tentativi di avviamento e … niente, solo una spalla dolorante! Mi sono arreso e ho chiamato un tecnico locale, che proprio oggi è venuto a ritirare il motore. Con l'occasione, gli ho rifilato anche il secondo fuoribordo, un Susuki 6 CV, che era fermo da 5 anni.
Qui siamo in buona compagnia. Ci sono i francesi Gerard e Claudine di Cassiopee, che conosciamo da molto tempo; hanno messo in vendita il loro Amel Super Maramu e pensano di restare in Malesia per molti anni, usandola come base di partenza per i loro viaggi nel SE asiatico.
Abbiamo conosciuto Fabio e Lisa di Amandla. Lui è italiano, 66 anni, ha vissuto un po' in Italia, un po' in America e un po' in giro nel resto del mondo. Dal 2004 vive in barca a tempo pieno; combatte un tumore da 5 anni, ma operazioni, terapie e controlli non gli hanno affatto passare la voglia di navigare, anzi. Lisa invece è americana, ha lasciato il lavoro a New York per imbarcarsi con Fabio, non parla né capisce l'italiano e il suo inglese è molto americano (anche Lilli fatica un po' nella conversazione), però è molto simpatica.
Lisa e Lilli si sono prese una mattinata di libertà e sono andate col piccolo aliscafo di linea alla "vera" Pangkor Island. Ricorderete, forse, che quella del Marina è un'isola artificiale, il cui progetto – davvero ambizioso – prevede l'edificazione di palazzi e torri che oggi non esistono. Ecco il masterplan del progetto
Nella vera Pangkor Island, invece, un bel tempio cinese, il Fu Lin Kong Temple, sui cui tetti numerose svastiche, che qui però hanno altro significato
l'immancabile moschea,
un tempio induista in costruzione,
belle spiagge,
un notevole cantiere di costruzione di pescherecci in legno
Ora parliamo un po' di questo marina-cantiere, che ormai conosciamo abbastanza bene. In acqua ci sono circa una cinquantina di posti, mentre a terra possono arrivare anche al doppio; le tariffe sono molto convenienti, del 40% inferiori a quelle normalmente in uso sia in Malesia e anche di più rispetto alla vicina Thailandia, ed è quindi sempre pieno. Bisogna prenotare per tempo per assicurarsi sia l'ormeggio che il posto a terra (ruz.pangkormarina@gmail.com).
James Khoo è il direttore del marina, una persona esperta e disponibile ad aiutare in ogni evenienza; non è sempre presente in ufficio, ma è coadiuvato da due segretarie Ruz ed Akina, altrettanto disponibili ed intraprendenti: non fai a tempo ad esporre loro una richiesta o un problema che immediatamente si attivano per metterti in contatto con la persona giusta per risolverlo. All'arrivo viene consegnato ad ogni cliente un foglio in cui sono elencati nomi e numeri di telefono, non solo dello staff, ma anche dei diversi tecnici che lavorano in proprio (meccanici, elettricisti, saldatori, lavorazioni per la vetroresina, pittori ecc.), oltre ad altri riferimenti utili (taxi, autonoleggio, hotel, appartamenti, trasporti pubblici, negozi e supermercati, strutture sanitarie e governative).
Ci sono poi 7-8 marinai che provvedono ad alaggi, vari, ormeggi etc, e che si alternano in turni 24/24 per assicurare anche il guardianaggio notturno. Non tutti parlano inglese ma in qualche modo ci si capisce sempre e i sorrisi non si contano.
Per l'alaggio qui è in uso un carrello telecomandato che scende in acqua e solleva la barca per mezzo di due longheroni tubolari in gomma orientabili, che permettono di tenere la barca sempre in posizione orizzontale, anche sullo scivolo inclinato; uno dei migliori sistemi che abbiamo avuto modo di sperimentare.
Quando siamo stati qui la prima volta, a novembre 2016, siamo rimasti talmente ben impressionati dall'organizzazione e dall'accoglienza che prima di tornare in Italia abbiamo preparato per Ruz ed Akina la nostra famosa ed apprezzata torta di mele.
Tutto sommato, anche se la nostra sta diventando una sosta forzata, qui al Pangkor Marina Island non si sta male: aria condizionata in barca, consumo di elettricità ed acqua a forfè 13 € al giorno ormeggio compreso, ristoranti economici… Non ci staremo abituando un po' troppo alle comodità?