martedì 9 agosto 2016

PNG: NEW HANOVER - PAK ISLAND - MANUS

2°04.456'S 147°35.657'E
Martedì 2 agosto salpiamo da Kavieng; per me e per Lilli inizia una nuova fase del nostro viaggio, di nuovo soli a bordo dopo quasi tre mesi. Francesco e Luciano sono stati ottimi compagni di navigazione, molto collaborativi e di compagnia, ma non ci dispiace nemmeno ritrovare un po' della nostra intimità.
Una breve tappa di 30 miglia e siamo all'isola di New Hanover: ancoriamo a SW di Tsoi Vuka Island sulla barriera NE di New Hanover, buon ancoraggio su sabbia in 7 metri (2°25.560'S 150°24.502'E). La cartografia Navionics è spostata circa 400-500 metri verso nord, e ci posiziona molto lontani dal reef in acque profonde, mentre la cartografia C-Map è corretta.
New Hanover è il proseguimento geografico di New Ireland, due isole più grandi separate da decine e decine di isolette e reef. Con un po' di attenzione ed una buona luce si può navigare ovunque, sarebbe bello fermarsi e provare i diversi ancoraggi possibili, ma noi abbiamo una tabella di marcia serrata e la sosta per la notte è stata programmata per ridurre la lunghezza della tappa successiva.
Riprendiamo infatti la navigazione il giorno successivo. Alle 7.15 salpiamo per Pak Island, a 173 miglia. Purtroppo il vento è latitante: proseguiamo a motore a basso regime, mantenendo comunque una media sui 6 nodi. Alle 20.00 riprendiamo i turni di guardia di tre ore, che Lilli ed io abbiamo sempre adottato senza alcuna difficoltà.
Giovedì 4 agosto, alle 12.10, arriviamo a nord di Pak Island. Ancoriamo nel canale che separa quest'ultima dall'isolotto Ulunai, su un fondo di sabbia di 6 metri (2°04.875'S 147°35.657'E).
Ancoraggio stupendo, con un'acqua eccezionalmente limpida, una visibilità sott'acqua di almeno 30 metri; c'è una leggera corrente verso ovest, variabile da 0,5 a 1 nodo.
Dopo il rituale controllo della posizione dell'ancora, Lilli ed io facciamo un po' di snorkeling: poco distante dalla barca. Con emozione ci accorgiamo che quella che da bordo sembrava una grande patata, a circa 50 metri dal nostro ancoraggio in direzione isolotto, è invece un relitto completamente coperto dal corallo! A fatica si distinguono il passauomo squadrato al centro della coperta ed i longheroni laterali, è incredibile come il corallo attecchisca e si sviluppi sul metallo, facendolo diventare un unico ammasso roccioso.
Nel primo pomeriggio viene a trovarci con la sua canoa a bilanciere James, sui 35 anni; abita nel villaggio subito dietro il pontile di cemento che si affaccia nel canale (dove - ci dice - c'è fondo sufficiente per attraccare con la barca); lavora come carpentiere a Lorengau, città sull'isola di Manus distante circa 20 miglia, dove resta tutta la settimana rientrando a casa nei week end; in barca a motore, il viaggio è di circa due ore. Questa settimana ha chiesto un permesso speciale per un importante funerale.
Ci racconta un po' di cose sulla sua bellissima isola: oltre il suo, ci sono altri quattro villaggi; molta parte è occupata da piantagioni di palme da cocco, realizzate quando queste terre erano colonie tedesche, ed ora tornate alla gente del posto; in zona si trovano molte tartarughe, che depositano le uova nella vicina Tong Island; nel reef di Ulunai invece ci sono le aragoste; non sa dirci nulla del relitto, quando lui è nato era già lì . James si sente fortunato a vivere in questa oasi di tranquillità, che senz'altro lui preferisce alla città: la comunità è autosufficiente e quando c'è bisogno di acquistare qualcosa i locali partono al mattino per Lorengau, dove si trova tutto, e ritornano la sera stessa.
Dopo un po' di queste piacevoli chiacchiere diciamo a James che per noi è ora di riposare un po', abbiamo una notte di navigazione alle spalle e l'indomani siamo di nuovo in partenza.
Anche Pak Island meriterebbe una sosta di qualche giorno almeno, ma noi dobbiamo procedere verso ovest, abbiamo ancora molta strada e tanti posti da vedere... Un po' malvolentieri, quindi,
venerdì 5 agosto lasciamo questo incantevole ancoraggio per raggiungere Lorengau; usciamo dal canale verso ovest, profondità minima sui 10-15 metri per circa 1 miglio.
Purtroppo l'assenza di vento ci costringe ancora a motore.
Entriamo nella barriera che circonda a NW l'isola di Manus tra le isole Hawei e Ndrilo, passaggio utilizzato anche dalle navi; alle 12.40 ancoriamo a circa 500 metri dal centro cittadino, appena ad est di una vasta secca segnalata da 2 beacon verdi, fondo fangoso ed acque torbide sui 6 metri (2°04.456'S 147°16.671'E). Un contrasto più evidente con il precedente ancoraggio non ci poteva essere!
Manus è l'isola più grande del gruppo denominato Admiralty Islands. Siamo nella più settentrionale delle 20 provincie della Papua Nuova Guinea, che comprende le Admiralty e i gruppi delle Hermit e Niningo Islands, 200 miglia ad Ovest di Manus.
Lorengau è il capoluogo; abbiamo letto sui blog di altri naviganti che questo è un posto da evitare, molta delinquenza e rischio di furti e rapine; d'altra parte questo problema è comune a molte, se non a tutte, le città: Honiara alle Salomon, Alotau e Rabaul in PNG hanno tutte una pessima fama.
I locali dicono che la criminalità sia alimentata soprattutto dai giovani che scelgono di abbandonare i loro villaggi di origine per cercare fortuna in città; come succede anche da noi, finisce poi che non trovano lavoro e, lontani dal controllo delle comunità tradizionali, imboccano la cosiddetta "cattiva strada". Insomma, bisogna stare all'erta.
Nel pomeriggio vado a terra da solo, mentre Lilli rimane in barca (di guardia!); atterro con il dinghy sulla spiaggia, dove ci sono decine di barche a motore provenienti dalle isole vicine. Sarà a causa delle ruote che mi permettono di tirare in secca il dinghy facilmente, da solo, ma tutte le persone intorno mi guardano come se fossi un marziano! Tolgo la chiavetta dell'accensione e chiedo dov'è il mercato. "Qui dietro", mi risponde una bella signora. Mi avvio, incrociando le dita e sperando di ritrovare il gommone al mio ritorno.
Molta gente per le strade, alcuni con aspetto poco rassicurante; sono le 16 e tutti i supermercati cinesi stanno chiudendo, anche al mercato ortofrutticolo, peraltro molto bello e grande, stanno ritirando la merce dai banchi. Acquisto al volo due papaie ed un ananas, metto il naso dentro due supermercati per trovare qualcosa di nuovo, senza successo. Torno alla spiaggia e con sollievo vedo il mio dinghy, tutto intero, attorniato da ragazzini curiosi.
Rientro in barca e poco dopo veniamo avvicinati da una barca a motore: è Paul, che vende frutta e ortaggi al mercato, e ora sta tornando alla sua isola. Ci chiede se abbiamo bisogno di frutta. Io sono alla radio nel collegamento serale con gli altri navigatori italiani, Lilli risponde che non abbiamo bisogno di niente, allora Paul chiede di poter salire a bordo e fare due chiacchiere. Il suo modo di fare non incute timore e Lilli lo lascia salire. Dopo qualche minuto li raggiungo in pozzetto: Paul parla un buon inglese, alla nostra domanda sulla sicurezza ci dice che dove siamo non c'è pericolo, la zona è illuminata e c'è anche un peschereccio ancorato vicino. "Recentemente non si sono verificati danni a barche di passaggio", dice, ma noi sappiamo che gran poche barche si fermano qui! Dopo mezz'ora, poco prima del buio, Paul finalmente ci lascia.
Per noi è ora di alzare la guardia, sgombrare coperta e pozzetto da tutto quello che può essere rubato, chiudere dall'interno i gavoni e prepararci per la notte. Dopo una lauta cena, naturalmente!