2°32.381' S 140°42.508' E
Come detto lasciamo Vanimo e la Papua Nuova Guinea alle 9.30 del 17 agosto; il vento tanto per cambiare latita, quindi ci cucchiamo l'ennesima smotorata. Alle 16.00 dello stesso giorno entriamo nella spettacolare baia di Jayapura: siamo in Indonesia! Chiamiamo l'Harbour Master via VHF, ma non otteniamo alcuna risposta … solo più tardi scopriremo il perché.
Dai resoconti degli altri navigatori sappiamo che, se si vuole restare vicini alla città per le pratiche di ingresso e gli acquisti, bisogna ancorare su circa 30 metri; compiamo ugualmente il solito giro di perlustrazione, alla ricerca di profondità minori, ma è inutile, non ci sono alternative; rassegnati, gettiamo l'ancora su un fondale di 32 metri, proprio davanti al centro città (2°32.381' S 140°42.508' E). Caliamo 80 degli 85 metri di catena che abbiamo a disposizione; proviamo la tenuta con marcia indietro a 1800 giri e l'ancora tiene. La cartografia Navionics è sbagliata di 300-400 metri, e infatti posiziona Refola non DAVANTI al centro della città, ma proprio NEL centro città, a terra!
In acqua c'è un po' di tutto, da sacchetti di plastica di ogni genere e misura, a lattine vuote, a qualsivoglia oggetto galleggiante; in compenso la cornice a terra è splendida.
Vanimo e Jayapura si trovano entrambe sul versante settentrionale della grande isola di Nuova Guinea. Solo 38 miglia le separano, ma in mezzo c'è l'innaturale linea di confine verticale tra Papua Nuova Guinea e Indonesia: un confine che non è solo politico e amministrativo, ma sembra segnare un brusco passaggio nella storia, dall'età della pietra all'era moderna. Già appena entrati nella grande baia ci ritroviamo circondati da uno scenario completamente diverso dal mondo che abbiamo lasciato: in mare pescherecci mai visti prima, tipicamente indonesiani, a terra grandi palazzi, cupole di moschee, e tante tante case, abbarbicate sulle alte colline che si affacciano sul mare.
Uno scenario che diventa ancor più affascinante all'imbrunire, quando tutta la città si illumina. Rispetto alla Papua Nuova Guinea, ci sembra di essere a Montecarlo!
A terra c'è un grande movimento, centinaia di persone sul lungomare, cortei di motociclette e macchine strombazzanti, ovunque sventolano bandiere indonesiane; intorno a noi molte imbarcazioni sono bardate con il gran pavese. In breve ci rendiamo conto che deve essere un'importante ricorrenza nazionale (ecco perché l'Harbour Master non rispondeva). Consultiamo la Lonely Planet e ne abbiamo conferma: proprio il 17 agosto ricorre l'anniversario della prima dichiarazione di indipendenza dell'Indonesia dal dominio olandese, avvenuta il 17 agosto 1945, tre giorni dopo la resa del Giappone. Un'indipendenza che in realtà divenne effettiva solo nel 1949, dopo lunghe e sanguinose battaglie, e che peraltro non riguardò questa zona del paese, che restò parte dell'impero coloniale olandese fino al 1963, quando l'aggressiva politica indonesiana ne decretò l'annessione alla Repubblica Indonesiana. Fino a quella data Jayapura, con il nome di Hollandia, fu capitale della Nuova Guinea Olandese, e cambiò nome solo nel 1969.
Jayapura è quindi una città importante (300.000 abitanti), dalla storia lunga e travagliata, dove convivono culture ed etnie differenti; sono ancora presenti forti spinte autonomistiche ed il controllo indonesiano è percepibile dalla massiccia presenza di forze armate e polizia.
Per noi, dopo mesi di villaggi senza elettricità né strade né automobili, dove la vita delle persone sembrava ripetersi uguale da generazioni e generazioni, è quasi piacevole ritrovare un mondo che, pur diverso dal nostro, ci risulta in qualche modo più familiare. La baia è dominata da un'enorme scritta al neon "Jayapura City", e da due grandi croci, sempre al neon. Ma c'è pure una consistente impronta musulmana: molte donne portano il velo, gli altoparlanti dei minareti diffondono i richiami alla preghiera dei muezzin, non si trovano alcolici.
Il 18 agosto iniziamo le pratiche per l'ingresso, seguendo praticamente alla lettera le istruzioni di Tom e Susie, una coppia di inglesi che a bordo di "Adina" hanno fatto nel 2015 lo stesso nostro itinerario. Il loro dettagliato report, disponibile sia su Noonsite che sul loro sito yachtadina.co.uk, descrive la dislocazione dei vari uffici, con tanto di coordinate, la loro nomenclatura indonesiana, come raggiungere le varie località, insomma tutte quelle notizie utili per districarsi quando ci sono difficoltà di comunicazione. Qui infatti pochissimi parlano o capiscono l'inglese.
Per andare a terra, sempre seguendo le indicazioni di Adina, utilizziamo un pontile in legno della polizia nell'angolo nord della baia, adiacente ad un piccolo torrente. Timidamente proviamo a dire in indonesiano "possiamo attraccare qui?" … i poliziotti apprezzano il nostro goffo tentativo di esprimerci nella loro lingua e si fanno in quattro per aiutarci.
Con i nostri appunti sempre a portata di mano, iniziamo dall'Harbour Master, poi la Custom che ci fissa l'appuntamento per l'ispezione a bordo, poi la quarantena, nel pomeriggio completiamo le pratiche con l'immigrazione. Questi ultimi due uffici sono molto distanti, d'altronde la città di Jayapura si espande per una trentina di km, e ha ormai conglobato i piccoli paesi circostanti. Per spostarsi si utilizzano pulmini da 6 posti: quelli bianchi per il centro città, quelli blu per l'aeroporto e quelli verdi per i quartieri periferici; le tariffe variano da 2000 a 4000 Rupie (0,15-0,25 €); se invece si utilizza un pulmino in via esclusiva, come un taxi, la tariffa è circa 250.000 rupie/ora (circa 15 €), ma i prezzi sono trattabili.
Per andare agli uffici della quarantena, che sono decentrati e fuori dal raggio dei pulmini di linea, l'autista del pulmino bianco che ci aveva portato al porto ci chiede 250.000 rupie che contrattando diventano 200.000. Forse l'autista, che spiaccicava qualche parola di inglese, ci ha preso in simpatia, o forse ha apprezzato che lo aiutassimo a spingere quando il pulmino non partiva, comunque ci ha scarrozzato per l'intera mattinata nei vari uffici e a fare acquisti!
L'ispezione a bordo da parte della Custom è stata meticolosa: sono arrivati in sei con una lancia, hanno accostato, in quattro sono saliti su Refola ed hanno rovistato dappertutto. Ci sono limitazioni per l'importazione dell'alcool, un litro a persona, ma per non avere problemi noi abbiamo dichiarato tutte e 16 le bottiglie di vino che abbiamo, facendo gli gnorri sulla birra. Nell'ispezione hanno scovato altre tre bottiglie che avevamo dimenticato sotto la cuccetta di prua (erano lì dal 2012!), ma per fortuna non hanno preso provvedimenti, per loro l'importante è che l'alcool sia per uso personale e che non scenda a terra. Tutto si è risolto felicemente, li abbiamo omaggiati di una bottiglia che (a detta loro) sarebbe stata messa in una vetrina e non assolutamente bevuta. Peccato per loro, era una bottiglia di Valpolicella comprata alle Vanuatu!
Il giorno dopo iniziamo la trafila per ottenere la clearance di uscita dal porto e dalla quarantena ed il permesso della polizia per girare nella provincia. Scopriremo poi che la clearance di quarantena e il permesso della polizia erano perfettamente inutili.
Lilli ed io abbiamo sentito un'immediata simpatia per questa città e per la sua gente così gentile ed ospitale, che esprime, seppure in un inglese stentato, grande voglia di comunicare. Molte persone incontrate sottolineavano con orgoglio di essere papuani, non indonesiani. Lilli è andata in estasi quando un giovane, dopo averle chiesto fuoco per accendere una sigaretta, ha iniziato a chiacchierare e saputo che siamo italiani le ha detto: "Mi piace la musica italiana … gregorio ...". Mentre lei si stupiva che Francesco De Gregori fosse conosciuto anche qui, lui ha attivato la musica sul suo cellulare facendole sentire … un canto gregoriano! Lilli avrebbe voluto baciarlo, ma si è trattenuta, e con un grande sorriso gli ha detto: "Anch'io amo la musica gregoriana!".
Altro motivo di attrazione, i prezzi bassi: a Lilli non è sembrato vero trovare sigarette a 1,5 € al pacchetto, la simcard per internet (45 giorni di validità e 6 giga dati) a circa 5 €, al ristorante, con vista sulla baia e su Refola, mangiamo in due con 20 €.
C'è perfino un centro commerciale moderno, su cinque piani, con ipermercato alimentare, negozi di abbigliamento di grandi marche e ristoranti vari.
Ci saremmo volentieri fermati un po' più a lungo, ma abbiamo ancora molto mare davanti a noi... così, rifornita la cambusa, domenica 21 agosto subito dopo l'alba salpiamo per Biak, a 300 miglia.