La traversata verso la Nova Scotia,
provincia atlantica del Canada, inizia alle 16 del 14 giugno; la nostra rotta è
ESE e nel primo tratto troviamo un bel venticello da SW sui 12-15 nodi, che ci
permette di navigare a vela fino alle 22 circa, quando purtroppo il vento ci
gira in prua costringendoci a motore fino all’arrivo. La mattina del 15 giugno,
a circa 3 miglia dalla costa, veniamo avvolti da una fitta nebbia che ci
accompagna per tutto il lungo canale di accesso a Yarmouth e fino al Killam
Brothers Marina, dove avevamo prenotato un posto in banchina.
Alle 11.55 ormeggiamo all’inglese sul
pontile esterno (43°50.194N 66°07.387W).
L’atterraggio a Yarmouth non era in realtà la nostra prima scelta: inizialmente avevamo previsto e prenotato un posto allo Shelburne Harbour Yacht Club & Marina, un’ottantina di miglia più avanti in direzione est. Ma è emerso poi che proprio la contea di Shelburne era tra le più colpite dai disastrosi incendi che stavano funestando la Nova Scotia, tanto che la segreteria del Marina ci ha avvisato che l’intera baia era stata chiusa alla navigazione per consentire ai Canadair (che curiosamente proprio in Canada sono chiamati “water bomber jets”) di rifornirsi d’acqua per combattere il fuoco. Da qui la ricerca di un nuovo posto in cui atterrare e fare anche le pratiche di ingresso, che ci ha portato a Yarmouth.
Il check-in con la dogana si rivela abbastanza semplice: prima una telefonata (la scheda americana della Verizon funziona anche in Canada) al numero 1 888 226 7277, in cui Lilli fornisce tutti i dati della barca e dell’equipaggio, poi la visita a bordo di due agenti, molto cordiali, che ci hanno pure timbrato i passaporti (cosa molto gradita per poter provare di aver lasciato gli Stati Uniti).
A Yarmouth ci sono circa 4 metri di marea e vedere Refola alzarsi ed abbassarsi ogni 6 ore fa un certo effetto. Per fortuna i pontili sono galleggianti e non dobbiamo preoccuparci delle cime di ormeggio.
Nei tre giorni di permanenza ci concediamo un’ottima cena al ristorante vicino al marina, dove spendendo relativamente poco gustiamo del pesce squisito, dall’aragosta all’halibut. Riusciamo fortunosamente anche a riparare lo scambiatore del generatore, cui si era rotta la chiusura posteriore: telefoniamo ad un meccanico indicatoci dal manager del marina; ci chiede di inviare una foto dello scambiatore; viene a bordo lo stesso pomeriggio (di sabato) portando con sé uno scambiatore uguale al nostro, ne smonta la chiusura e la reinstalla sul nostro pezzo. Veloce ed efficiente, in 5 minuti si è guadagnato 200 $ canadesi, compresivi anche del suo scambiatore, che ci lascia come ricambio.
Domenica 18 giugno ci svegliamo
circondati dalla nebbia, che ormai abbiamo capito essere parte essenziale del
menu meteorologico di queste zone. Alle 8.30 lasciamo Yarmouth con destinazione
Barrington Passage, a 45 miglia; col passare delle ore la nebbia diventa sempre
più fitta; ma fortunatamente si dirada al nostro arrivo, alle 16.30. Ancoriamo
nella parte NW della grande baia, su 3-5 metri di fondale con fango duro,
ottimo tenitore (43°29.756’N 65°38.545’W).
Il giorno seguente un’altra tappa di 46
miglia ci porta a Locke Island: sotto un cielo per lo più nuvoloso, con qualche
squarcio di azzurro, navighiamo un po' a vela e un po' a motore fino
all’arrivo; alle 16.20 caliamo l’ancora in acque tranquillissime, su un fondale
fangoso di 4-5 metri (43°42.277’N 65°06.505’W).
Un ancoraggio splendido, ben riparato da tutti i quadranti, appena fuori dal porticciolo di Lockeport, piccola e tradizionale cittadina di pescatori della Nuova Scozia. In serata ci godiamo un tramonto mozzafiato; la costa intensamente frastagliata di questa parte del Canada, con le sue mille isole e le ampie baie, ci sta davvero affascinando.
Saremmo tentati di fermarci, ma la
nostra tabella di marcia ci impone di arrivare ad Halifax sabato 24 giugno, e
pertanto martedì 20 alle 8.55 salpiamo con destinazione Liverpool, a 37 miglia.
Finalmente un’alta pressione a 1023 mb ci regala un bel sole e un cielo pulito
come non lo vedevamo da molto tempo. In compenso c’è poco vento e procediamo a
motore: alle 15.25 raggiungiamo la grande baia a SE della cittadina, dove ancoriamo
su fondale, sempre fangoso, di 5-6 metri (44°02.608’N 64°42.239’W).
Andiamo a terra con il dinghy, percorrendo il canale segnalato a nord dell’ancoraggio, navigabile fino al ponte, dove una piccola struttura può ospitare 2-3 barche. Noi proseguiamo sotto il ponte e ormeggiamo al dinghy dock comunale. C’è una grande piazza con un ufficio turistico; vista la scarsa recettività per le barche, sarà probabilmente dedicato ad escursionisti in bicicletta!
Facciamo un po' di spesa al vicino supermercato e
rientriamo in barca. Lilli ci spetta per l’aperitivo!
Il 21 giugno, dopo una notte tranquillissima
senza il minimo rumore o disturbo, salpiamo diretti a Lunenburg, distante 35
miglia. All’inizio il vento è pochissimo e andiamo a motore, consolati da uno
splendido sole, ma all’ora di pranzo arriva finalmente un po’ di vento e riusciamo
a spiegare le vele. Alle 14.50 siamo a destino; caliamo l’ancora davanti al
paese, appena fuori dal campo boe, sul “solito” fondale fangoso di 4-5 metri (44°22.358’N
64°18.457’W).
Eravamo al corrente che Lunenburg fosse
una famosa attrazione turistica, patrimonio dell’Unesco, ma pur preparati restiamo
ugualmente colpiti dallo scenario che ci circonda: a terra piccole costruzioni
in legno, colorate a tinte forti rese ancor più vivaci dalla vivida luce del
sole, e intorno a noi molte barche all’ancora ed ormeggiate ai pontili. È fantastico!
Scendiamo a terra e questa volta, armata del bastone acquistato a New York, anche Lilli si unisce a noi. C’è un sacco di gente in giro, per le strade e nei numerosi negozi, bar e ristoranti.
Visitiamo il museo del mare, dove sono esposti strumenti e attrezzatura di pesca, prototipi in scala di barche d’altri tempi, insomma un complesso espositivo su tre piani che impieghiamo due giorni a vedere interamente.
Venerdì 23 giugno partiamo per l’ultima breve
tappa di avvicinamento ad Halifax: 26 miglia fino a Church Point. C’è poco
vento ma riusciamo ad andare a vela, seppur lentamente; arriviamo alle 15.25 in
una piccola baia tranquilla. Ci sono zone con scogli semi-affioranti e fondo
roccioso, ma riusciamo a trovare uno spazio sabbioso in cui caliamo l’ancora su
5-6 metri (44°28.372’N 63°46.816’W). Ancora una volta il panorama è molto
suggestivo: una piccola chiesa, poche case, un’isoletta che diventa tale solo
con l’alta marea.
Verso il tramonto veniamo avvolti da una
nebbia fittissima; trascorriamo la notte immobili sull’acqua scura e super
piatta.
Il giorno seguente, perfettamente allineati alla tabella di marcia, partiamo per Halifax. Sono altre 26 miglia che però questa volta navighiamo con un bel SW sui 12-16 nodi; procediamo a vela fino a metà del profondo fiordo, sormontato da bellissime ville, che conduce al marina Armdale.
L’Armdale è un piccolo Yacht Club molto
attivo (durante la nostra permanenza ha organizzato due regate molto
partecipate). Non ha posti in banchina per barche superiori a 40 piedi, e per
questo ci hanno fatto ormeggiare nel lungo pontile del distributore. C’è un
ristorante carino ed abbastanza economico, ma i servizi sono invece piuttosto
carenti: una sola doccia per maschi e femmine, solo due WC, niente lavanderia.
Per facilitare gli spostamenti per/da
l’aeroporto, rimpinguare la cambusa, e portare il bucato alla lavanderia
automatica decidiamo di noleggiare un’auto per due giorni.
Fra tutte le cose da fare la sosta viene
prolungata a sei giorni: il 30 giugno siamo finalmente pronti a riprendere il
mare.
Alle 9,45 circondati da una spessa coltre
di nebbia molliamo gli ormeggi e seguiamo la traccia dell’arrivo fino a
raggiunger il mare aperto, o meglio l’Atlantico. Inizialmente avevo previsto un
paio di tappe intermedie prima dell’arcipelago Saint Pierre e Miquelon, che
sarà la base di partenza per la traversata verso le Azzorre. Ma dopo aver
navigato nella densa foschia per un centinaio di miglia, quando è il momento di
intraprendere l’ultimo bordo che doveva condurci a Tor Bay, la prima sosta, con
una breve consultazione dell’equipaggio decido di proseguire per altre 240
miglia fino alla destinazione finale, Saint Pierre.
La nebbia non ci abbandona, ma il vento
stabilizzato da SE sui 10- 16 nodi ci permette velocità medie di 7-8 nodi, al
punto che arriviamo alle 20.30 del 2 luglio: è ancora chiaro ma un dispettoso nebbione
riduce la visibilità meno di 50 metri. Aguzzando la vista riusciamo ad
avvicinarci e ad ormeggiare all’unico grande pontile davanti al marina della
scuola di vela.
Siamo un po’ provati ma soddisfatti:
Angelo prepara un bel Negroni per festeggiare l’arrivo, poi una ciotola di minestrone
caldo e infine … tutti a nanna!